ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 1 maggio 2018

Una «religione insipida e superficiale»

Traduzioni sbagliate

Testo dell'audio
In questa sezione faremo alcuni brevi commenti alle traduzioni, che si trovano nel Nuovo rito.
Abbiamo già osservato come uno dei vantaggi della lingua latina sia la sua universalità. Una volta tradotta la Messa, il senso della lingua volgare può non corrispondere esattamente al senso dell’originale o può essere addirittura completamente diverso da quel senso. In tali casi la fede non viene più espressa in modo chiaro e pure la validità stessa della Messa può essere messa a rischio.
La santa Messa è stata tradotta ormai in un’infinità di lingue: pensiamo solo a quelle dell’Africa, compresa ad esempio la bizzarra pseudo-lingua di pidgin-English. Ma queste traduzioni sono ovviamente state fatte senza che nessuno in Vaticano ne abbia potuto controllare l’accuratezza.

La difficoltà non si limita però alle lingue poco conosciute, perché anche nelle lingue europee si trovano molti e gravi errori di traduzione. Addirittura nella traduzione inglese del Nuovo rito non meno di 400 errori sono stati identificati dal latinista Christopher Monckton (MD p. 617). Questi errori non sono tuttavia il risultato d’incompetenza, bensì, nelle parole del dottor Monckton, «manifestai una caratteristica comune che rivela le intenzioni dei traduttori. Quella caratteristica è la diluizione o eliminazione di allusioni e riferimenti a quelle Dottrine della Messa che siano specificamente e particolarmente cattoliche». Tra queste dottrine troviamo ancora una volta il dogma della natura sacrificale della santa Messa [149].
La fonte di questi errori non stava, però, nell’atteggiamento modernista dei traduttori quanto nell’Istruzione del Consilium Comme le Prévoit (1969), che stabiliva le norme per tradurre i testi liturgici. Nella sintesi di don Cekada (WHH p. 99), quest’Istruzione promuove l’ecumenismo e lo spirito del mondo e si oppone alla Trascendenza, alla Maestà ed alla Misericordia di Dio, assieme alla peccaminosità, alla mortificazione ed all’umiltà dell’uomo. Il documento include un elenco di termini latini da non tradursi con i termini volgari equivalenti: pius, pietas, salus (salvezza), caro (carne), servus (schiavo, servo), beatissima gloriosa (riferito alla Madonna), sanctus (riferito ai Santi), humilis, dignare, clementissime, majestas, misericordia. La frase terrena despicere [150] in particolare, dichiara il documento, «non può essere più capita, perché contraria alle idee cristiane moderne».
La responsabilità ultima per queste false traduzioni ricade sul Papa stesso. Come mons. Bugnini racconta nel suo libro La riforma liturgica (p. 238-239), il Papa esaminò con attenzione le bozze dell’Istruzione, fece 47 annotazioni in 11 pagine e scrisse sul dossier: «Visto. È un po’ lungo; cfr. piccoli ritocchi, ma può andare». Don Cekada commenta: «Il Novus ordo “mal tradotto” è difatti la vera Messa di Paolo VI» (WHH p. 102).
Desideriamo esaminare adesso sei diversi errori più in dettaglio.
1) L’esempio più vistoso e meglio conosciuto è la traduzione di “pro multis” nella consacrazione della Messa con “per tutti” in italiano e lo stesso in inglese, tedesco e così via. Queste parole, che rompono una tradizione di 1500 anni, non hanno alcun precedente in qualsivoglia testo liturgico anteriore [151], ma derivano piuttosto da teorie teologiche moderne [152]. La Chiesa insegna che Cristo morì con l’intenzione di salvare tutti gli uomini, ma che non tutti gli uomini accettano il frutto della Sua morte. Le nuove parole si conformano all’insegnamento della Chiesa, se pensate come intenzione di Cristo; non sono conformi al Suo insegnamento, invece, se intese come il frutto della Sua morte. Le nuove parole sono infelici, primo perché costituiscono una traduzione errata, secondo perché possono essere prontamente intese in senso non-cattolico [153].
2) Un secondo esempio è la traduzione francese di “consubstantialem Patri” nel Credo con “de même nature que le Père”[154]. Qui la formulazione del Concilio di Nicea del 325 è sostituita da una frase, che è vaga. Il professor Salleron ha paragonato la nuova frase con la formulazione che aprì le porte all’arianesimo. La nuova versione francese di questo articolo del Credo è davvero infelice: I) perché è una traduzione errata; II) perché è aperta all’eresia; III) perché, come il card. Journet osserva (citato a p. 25 della Nouvelle Messe), non presenta «ce mot béni et si profondément traditionnel de consubstantiel (questa parola benedetta e così profondamente tradizionale di consustanziale)» in un’epoca in cui inter alia il dogma della Divinità di Cristo è messo tra parentesi. Difatti, il prof. Salleron è andato oltre e ha letto nel cambiamento un odio verso il dogma stesso [155].
3) Un’altra significativa traduzione sbagliata o meglio un paio di traduzioni sbagliate concerne la preghiera, che precede la santa Comunione: «Domine non sum dignus ut intres sub tectum meum, sed tantum dic verbo et sanabitur anima mea» [156]. Questa viene tradotta in italiano con: «Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato» ed analogamente in inglese [157].
Qui la desacralizzazione, già notata nel fatto che questa preghiera non sia più ripetuta tre volte come nel Rito antico, è anche evidente nella traduzione di anima come “io” [158] e nel distanziarsi dal dogma eucaristico, per il quale nella santa Comunione Dio stesso entra nell’anima, nel più intimo dell’uomo. Poiché questa idea in italiano è stata sostituita dall’idea di «una semplice commensalità e familiarità»159, dove osserviamo, ancora una volta, il movimento verso una teologia protestante incentrata sul pasto.
Aggiungiamo due esempi presi dalle collette (dal libro “Liturgia” di Lorenzo Bianchi), che sono eloquenti, anche se meno importanti.
4) Il lunedì della prima settimana di Quaresima, nel Rito antico, si nomina ieiunium (digiuno); nel Nuovo rito diviene opus quadragesimale (opera quaresimale); e, nella traduzione del 1983, diviene “impegno quaresimale”. La soppressione del riferimento al digiuno è tipica delle nuove preghiere. Come osserva don Cekada, questo corrisponde alla sua effettiva abolizione con la Costituzione apostolica Paenitemini del 1966.
5) Il Venerdì santo, la preghiera universale per il governo nel Rito antico contiene la preghiera per motivarla come religionis integritas, integrità di religione (in altre parole, della religione cattolica). Nel Nuovo rito contiene la preghiera per la populorum (gentium) prosperitas religionis libertas (la prosperità dei popoli e la libertà di religione). Nelle traduzioni italiane del 1970, 1973 e 1983, questo viene tradotto come “progresso sociale” e “libertà religiosa”.
6) Come ultimo esempio di traduzione errata, nel più ampio senso di sostituzione di un termine con un altro, ci riferiamo al primo capitolo dell’opera di Bianchi, in cui l’autore considera la sostituzione del nome Gesù Cristo (o Cristo Gesù) nella (fedele) traduzione italiana del Rito antico, con i nomi Cristo o “il Cristo” nel volgare del Nuovo rito. La frequenza di menzione di Gesù Cristo o Cristo Gesù in proporzione a Cristo nel rito antico è di 2235:180; nella traduzione del 1970 del Nuovo rito è di 353:1114. La frequenza de “il Cristo” nel Rito antico è di 35 volte; nella traduzione italiana dell’anno 1970 del Nuovo rito è di 40; nella traduzione del 1973 è di 220; in quella del 1983 è di 308.
Qui osserviamo una notevole diminuzione del nome “Gesù Cristo” nelle traduzioni posteriori ed un notevole aumento del nome “Cristo”Dal 1970 in avanti, vediamo un ulteriore e parimenti notevole aumento del nome “il Cristo”: questo può avvenire sia sostituendo il termine “Cristo” nell’edizione italiana (come nella versione del 1970 della preghiera del Venerdì santo) con “il Cristo” (nella versione del 1973); sia introducendo il termine “il Cristo” quando non ci sia equivalente nel testo precedente.
Ad esempio, il Venerdì santo nel Nuovo rito, Salus mundi (il Salvatore del mondo) viene tradotto come “colui che è la salvezza del mondo” nel 1970 e come “il Cristo Salvatore del mondo” nel 1973. In ciò noi assistiamo ad uno slittamento da un nome personale del Salvatore ad uno meno personale e più astratto e poi ad un nome ancor meno personale e più astratto. Questo distanziarsi da Nostro Signore Gesù Cristo nelle letture corrisponde al distanziarsi da Lui nella sua Presenza reale. Abbiamo visto una tendenza simile nel passaggio dal nome di Dio Padre a quello di “Dio dell’Universo”.
Come ha affermato il dottor Monckton in rapporto al Novus ordo inglese, possiamo constatare, in rapporto a tutti gli esempi sopra citati, un’avversione per ciò che è proprio del Cattolicesimo: il dogma; la Persona di Gesù Cristo; la Divinità di Gesù Cristo; il numero limitato degli eletti; il peccato e la mortificazione. Essi esprimono la «generale tendenza alla soggettivazione e all’affrancamento da ogni dato immutabile» (Iota Unum s. 280, p. 521) a favore di valori umanisti e materialistici.
Abbiamo visto nelle caratteristiche generali della Messa un processo di desacralizzazione da una parte e di esaltazione dell’uomo dall’altra; nei Propri, abbiamo visto una tendenza corrispondente ad eliminare il senso di Dio come Re, come Giudice e come l’esecutore dei suoi giudizi da una parte e la colpevolezza dell’uomo ed il suo bisogno di mortificarsi dall’altra. Le sei traduzioni errate che abbiamo considerato rivelano un’ideologia simile. Tutti questi cambiamenti presentano ai fedeli una «religione insipida e superficiale», come afferma don Cekada. Presi nell’insieme, rappresentano un abbandono del culto di Dio a favore del culto dell’uomo.
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149 Ad esempio hostia (vittima sacrificale) viene tradotta come sacrifice (sacrificio); calice — dopo la consacrazione — viene tradotto come wine (vino).
150 Ne abbiamo visto esempi nella nostra discussione sulle collette.
151 Eccetto per la Cena di Martin Lutero dove pro multis non appare più (vedi Don Léon Cristiani op. cit.).
152 Vedi monsignor Gamber: Weitere kritische Bemerkungen zum neuen Meszordo, cap. 5 di Die Reform der Roemischen Liturgie (op. cit.).
153 Come Romano Amerio dichiara in Iota Unum cap. 281, pag. 522: «Ma è chiaro che, le due formule terminando al medesimo significato, non si sarebbe trovato motivo di così improvvisa e vistosa novità se non si fosse voluto cansacrare sin l’ombra del dogma cattolico della predestinazione e insinuare per converso la universalità di fatto della salvezza».
154 (vedi “La Nouvelle Messe”, Louis Salleron, cap. 1.2). Osserviamo che un errore simile è stato fatto nella traduzione inglese of one being with the Father (di un essere col Padre). Questa traduzione può essere criticata negli stessi tre modi. Ricordiamo che papa san Damaso (366-384) anatematizzava tutti coloro che si rifiutassero di usare il termine consubstantialis. Se queste traduzioni false sono compatibili col semi-arianesimo, si trova anche una traccia dell’arianesimo puro nel Novus Ordo (nella prece eucaristica IV): « Padre in cielo…Tu solo sei Dio vivente e vero» (MD p. 621).
155 Romano Amerio (282 p. 525) fa riferimento ad una dettagliata analisi del “Missel Romain” nel quale questa traduzione errata apparve: Missale Romanum et Missel Romani, J. Renié, Parigi 1975, e commenta: «Vi si mostra come le nuances eterodosse riflettano le credenze eterodosse dei cattolici di Francia, il 20% dei quali non accettano la divinità di Cristo».
156 Signore non son degno di riceverVi sotto il mio tetto, ma dite soltanto una parola e l’anima mia sarà salvata.
157 Signore non son degno di riceverTi, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato.
158 Menzioniamo che il termine anima è stato eliminato anche dalla preghiera del celebrante per la distribuzione della santa Comunione. Ricordiamo la soppressione di questo termine dalle sante Messe per i defunti (cfr. sopra nella sezione sulla Chiesa).
159 Iota Unum 282.

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