ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 1 agosto 2018

Chi aspetta non spera

Gli eterni aspettanti


 Per quale ragione siamo in fondo convinti che non si possa rifare almeno un pezzo di Cristianità? Qual è il motivo di fondo che ci impedisce anche solo il desiderare sul serio che la società torni ad essere cristiana, nelle sue espressioni e nelle sue istituzioni?
  Qual è il segreto macigno che ci impedisce, anche quando un briciolo di questo desiderio si manifesta ancora in noi; qual è il segreto macigno che blocca il nostro reale operare, perché il nostro mondo torni ad essere cattolico?

  I motivi secondari sono tanti, ci sono di mezzo, certamente, il nostro peccato e tutte le nostre meschinità, ma tutto questo viene dopo la pietra d’inciampo, che è ormai un vero macigno:
  il più delle volte noi viviamo come se tutto non fosse compiuto. Viviamo in fondo come gli Ebrei che attendono ancora e questo costituisce il nostro tradimento.

  Gli Ebrei furono definiti “gli eterni aspettanti”, perché non accolsero il Messia volendone un altro; ma come dovremo essere definiti noi, se vivremo senza la convinzione che tutto è compiuto?

  “Consummatum est” disse Cristo sulla Croce, tutto è compiuto. Gesù Cristo Signore Nostro ci ha già redenti, ha ottenuto per noi tutte le grazie che ci sono necessarie; ci ha dato tutti gli strumenti, nei Sacramenti, perché la nostra trasformazione in lui avvenga; ci ha consegnato tutte le verità necessarie per la nostra salvezza, perché si compia la nostra santificazione. La Rivelazione è conclusa con la morte di S. Giovanni; il tesoro di grazia è al completo per noi, tutto è compiuto, tutto ci è dato.

  Invece noi, per non operare, per non “trafficare” la grazia dataci, attendiamo ancora… alcuni passano tutta la vita così, ed è terribile!

  Attendono ancora che qualcosa capiti, come se Cristo non fosse venuto.
  Alcuni, molti, attendono ancora come se Cristo non avesse tutto compiuto.
  Alcuni, troppi, attendono ancora come se non avessero tutti gli strumenti necessari per la grande operazione: la santificazione della propria vita e la trasformazione del mondo in Cristianesimo, in Cristianità.
  Esattamente come gli Ebrei, attendono ancora e questa attesa è tradimento.

  “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?” (Mt 11,3) chiese dal carcere San Giovanni Battista. E saputo che la salvezza era presente (“Andate e riferite a Giovanni... i ciechi vedono, gli storpi camminano, ... ai poveri è annunciata la buona novella” Mt 11,4-5), consegnò la vita nel supremo martirio e i suoi discepoli seguirono il Messia e fecero il Cristianesimo.

  Non dobbiamo attendere un altro e Cristo ha già tutto compiuto, se aspettassimo ancora compiremmo il supremo tradimento.

  I santi di tutti i tempi sanno questo e, nell’ora del loro presente, compiono l’opera di Dio.

  Hanno fatto la Cristianità, cioè la trasformazione della società umana in cristiana, coloro che non attendevano altro perché sapevano che tutto è compiuto. Uomini e donne indecisi sulla definitività della Rivelazione non avrebbero combinato nulla. Uomini e donne impegnati a reinterpretare la Rivelazione per scoprirne novità rivoluzionarie, non avrebbero costruito niente.

  Certo, il cristiano è colui che attende: attende però il ritorno definitivo di Cristo, non il compimento della sua Rivelazione e della sua opera, c’è una bella differenza!

  Il cristiano è costituito dall’attesa del ritorno definitivo di Cristo, quando verrà a giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine.

  Attende, il cristiano, la ricapitolazione di tutta la realtà in Cristo quando lui porterà a compimento, purificando, la cristianizzazione della realtà.

  Per questo il cristiano, che ha ormai tutte le grazie per quest’opera, inizia questo lavoro di trasformazione della realtà; la inizia nel tempo, in questo tempo che gli è dato; inizia questo lavoro, che Cristo porterà definitivamente a compimento con il suo ritorno, in questo costituisce il Giudizio.

  E noi rischiamo di attendere ancora per non compiere il nostro lavoro!

  Anche noi, carissimi, che orgogliosamente amiamo definirci tradizionali, anche noi rischiamo di attendere ancora. Certo, sappiamo bene che la Rivelazione è conclusa, poi però aspettiamo sempre che qualcosa capiti nella Chiesa per poter iniziare un lavoro su di noi e sul mondo… e non capiterà nulla di nuovo, se non la nostra santificazione o il nostro tradimento.

  Anche noi rischiamo di essere “eterni aspettanti” come gli Ebrei; come i cristiani che attendono qualche nuova interpretazione della legge di Dio, qualche novità che renda più allettante la fede; qualche novità nei Comandamenti, nei Sacramenti e nella Messa che li renda più efficaci.

  Ma questi aspettanti non fanno la storia, perché la storia è di Dio e tutto è già compiuto.

GLI ETERNI ASPETTANTI
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XI n° 8 - Agosto 2018





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