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lunedì 6 agosto 2018

La crassa risata di questo mondo

IL RAPPORTO COL MONDO


Perché è sacrilega Amoris Laetitia. Il problema è il rapporto col mondo. Il rapporto del cristiano e della Chiesa col mondo è il nodo perenne, un segno di contraddizione: ed è anche la pietra d’inciampo di tutti i progressismi 
di Francesco Lamendola  

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Il problema è sempre quello, oggi come ieri, anche se i moderni coltivano la strana convinzione di essere sempre un caso a parte: il rapporto del cristiano e della Chiesa con il mondo. Tutto il resto deriva da quello. È un nodo perenne, un segno di contraddizione: ed è anche la pietra d’inciampo di tutti i progressismi, perché il progressista è, per definizione, colui che vuole affrettare l’avvento del nuovo, ma questa non può essere la prospettiva del cristiano, tutto il contrario: per quest’ultimo, si tratta di affrettare l’avvento del Regno di Dio. Il progressista attende la redenzione dal progresso, cioè dall’uomo stesso; il cristiano la spera solo da Dio, e si mette a disposizione di Lui per far sì che essa venga presto e che sia efficace per il maggior numero possibile di uomini. Non per tutti: Gesù Cristo non è democratico. E questo non perché Egli sia tirannico, o ingiusto, o perché goda di escludere qualcuno dalla salvezza; ma perché rispetta infinitamente l’umana libertà, e nell’umana libertà vi è anche la tremenda possibilità di rifiutare il Suo amore, di dire di no al Creatore e al Redentore. 

Ma, si dirà, Gesù Cristo è venuto nel mondo non per condannarlo, bensì per salvarlo: sono parole sue. Certo; ma Egli ha detto anche: il mondo non mi ha voluto; ha preferito le tenebre alla luce; perciò il mondo si è condannato da se stesso. L’equivoco di fondo, se di un equivoco si tratta, e non di una voluta ambiguità dettata da scopi inconfessabili, che è cosa ben diversa, consiste nel fatto che Gesù Cristo è venuto per salvare il mondo, non però alle condizioni degli uomini, ma alle sue condizioni. Per salvarsi, il mondo deve accettare Lui, il Cristo: Io sono la via, la verità e la vita; nessuno può venire al Padre se non per mezzo di me. Gesù non accetta le nostre condizioni: ecco perché è sacrilega l’affermazione di Amoris Laetitia, § 303, relativa ai separati o divorziati che sono passati a una nuova convivenza:
A partire dal riconoscimento del peso dei condizionamenti concreti, possiamo aggiungere che la coscienza delle persone dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa in alcune situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra concezione del matrimonio. Naturalmente bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata, formata e accompagnata dal discernimento responsabile e serio del Pastore, e proporre una sempre maggiore fiducia nella grazia. Ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo. In ogni caso, ricordiamo che questo discernimento è dinamico e deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno.

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Bergoglio e lo show di Napoli con le anziane suore di clausura: come in una fiction televisiva?

È sacrilega, perché dire che la coscienza individuale può scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, equivale a fare di Dio il mallevadore e il sobillatore dei nostri peccati, e imporre a Dio la logica del modo, che è la logica della carne e del peccato. Sappiamo bene che, a partire dal Vaticano II, è venuto di moda non parlare più del mondo in termini negativi e pessimistici; espressioni come “questa valle di lacrime”, o come “l’esilio terreno”, sono state eliminate e sostituite da altre, volte a sottolineare che il cristiano, nella vita terrena, ci si trova perfettamente a suo agio; che non ha alcuna fretta di lasciarla; che la sua principale preoccupazione è quella di renderla più confortevole, di viverla sino in fondo, di godersela quanto più a lungo gli riesca. Ma Gesù Cristo non ragionava così e non parlava così; né lo facevano san Pietro, san Giovanni, san Giacomo, san Paolo: in nessun autore del Nuovo Testamento viene espressa l’idea che la vita terrena sia la cosa più importante o che la preparazione alla vita eterna venga in secondo piano, bensì l’idea che la vita terrena è solo la preparazione alla vita eterna: che sarà eternamente beata o eternamente dannata, dopo che le anime avranno affrontato il Giudizio. Tale è il concetto cristiano del rapporto fra la vita terrena e la vita eterna, fra la natura e la grazia, fra la cane e lo spirito; e qualsiasi tentativo di modificarla, di annacquarla, di stemperarla, in favore di una rivalutazione decisa della vita terrena, e di un ridimensionamento, implicito o esplicito, della dimensione soprannaturale, equivale a una falsificazione del Vangelo. Su questo punto non c’è il minimo dubbio: se ne facciano una ragione i teologi neomodernisti e, se a loro ciò non piace, si facciano la loro religione, e fondino l’ennesima setta o conventicola protestante. Ma finché si dicono cattolici e vogliono parlare in conformità con il Magistero della Chiesa cattolica, sappiano che questo è il punto: Gesù Cristo è venuto per convertire il mondo e non per fare sconti all’ingrosso sui peccati, ma per chiedere conversione, pentimento, preghiera e penitenza; e se il  mondo non lo accetta, se non lo vuole ascoltare, se rifiuta di convertirsi, allora il mondo è condannato, anzi, il mondo si condanna con le sue stesse opere.

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Una volta sdoganata l’omosessualità, seguiranno a ruota tutti gli altri peccati, dando il via libera alla fine della Chiesa Cattolica?

Oggi è palesemente in atto una manovra per sdoganare tutta una serie di peccati, in particolare l’omosessualità, anche per via delle presenza di una potentissima lobby gay in Vaticano e nelle alte sfere della Chiesa, come l’ultimo gravissimo scandalo, quello relativo al cardinale McCarrick, arcivescovo emerito di Washington, ha dimostrato ampiamente. Se questa lobby riuscirà a modificare la dottrina della Chiesa  a proposito del peccato contro natura, quella sarà la breccia attraverso la quale verranno poi sdoganati tutti gli altri peccati, uno dopo l’altro, anche i più turpi, come la pederastia e la pedofilia: perché a quel punto sarà passata l’idea che ogni essere umano ha il diritto di “realizzarsi” secondo la propria natura, e che la cosa essenziale è “l’amore”, sempre in un senso puramente naturalistico, per non dire animale. Come ha detto il signor Bergoglio a un giovane omosessuale, durante il viaggio apostolico in Cile:che tu sia gay non importa. Dio ti ha fatto così e ti ama così e non mi interessa. Il papa ti ama così. Devi essere felice di ciò che sei.Un omosessuale deve essere felice di essere come è? Addirittura, si può dire che Dio lo ha “fatto così” e “lo ama così?”. Questo significa non solo porre la natura un gradino più in su della grazia; significa anche prostituire la grazia e ridurla a fare da ancella alla natura – ammesso e non concesso che il peccato contro natura sia, in ultima analisi, un peccato secondo natura, il che è tutto da dimostrare. Ma piuttosto che ammettere, anche solo in via d’ipotesi, che una persona possa diventare omosessuale a causa di negative esperienze esistenziali, specialmente infantili, oltre che per delle scelte morali sbagliate (e Bergoglio, nel caso specifico, parlava a un giovane che è stato abusato nell’adolescenza da indegni sacerdoti); piuttosto che ammettere che l’omosessualità è una deviazione, non solo dalla legge di Dio, ma anche dalle leggi della natura, si preferisce dichiarare che essa è secondo natura, e quindi, implicitamente, accusare Dio di essere il primo a rallegrarsi che ci siano delle persone omosessuali, perché ciò sarebbe perfettamente normale e naturale, e quindi conforme al volere divino. Insomma, a questo punto non ci sarebbe proprio niente che non va nella condizione omosessuale: l’omosessuale è un prodotto della natura tanto quanto l’eterosessuale; Dio, di conseguenza, lungi dal considerare l’omosessualità un peccato, la considera come una condizione assolutamente legittima, la rispetta, la accetta, e ama l’omosessuale così come è, ossia non si aspetta né desidera che egli faccia il benché minimo sforzo per tornare al normale orientamento sessuale, dell’uomo verso la donna e della donna verso l’uomo; anche perché gli orientamenti sono tutti legittimi, non c’è quello normale e quello anormale, vengono tutti dalla natura e quindi sono tutti approvati e accettati da Dio. E che cos’è tutto questo, se non un fare di Dio un semplice passacarte, una semplice cinghia di trasmissione, peraltro sostanzialmente inutile, fra ciò che la natura produce nel nostro essere, e ciò che noi decidiamo di fare della nostra vita? Dio, insomma, non ci chiede niente, per il semplice fatto che chiederci qualcosa vorrebbe dire che Egli non ci rispetta così come siamo, che non ci accetta, che non ci ama.
E ora proviamo a immaginare Gesù Cristo che, davanti all’adultera, colta in flagrante e scampata per un pelo alla lapidazione (per merito Suo), le dice: Cara amica, non preoccuparti; la natura ti spinge a fare quel che hai fatto, e allora va bene così: la tua natura è quella, Dio ti ha fatta così, Dio non si aspetta da te se non che tu le offra quel che le puoi offrire, cioè la tua vita di adulterio impenitente. Sarebbe un magnifico discorso, vero? Secondo il gesuita James Martin, secondo il cardinale De Kesel, secondo il vescovo Bonny e secondo molti altri personaggi dell’establishment bergogliano, oltre naturalmente allo stesso Bergoglio, questo è ciò che possiamo ragionevolmente immaginare di Gesù Cristo, grazie al fatto che essi, in virtù del Concilio, e più ancora dello “spirito” del Concilio (ma non certo lo Spirito Santo), hanno penetrato più a fondo il mistero dell’amore di Dio e hanno meglio compreso quel che Lui desidera da per noi, ossia che ci concediamo il “meglio” dalla vita, intendendo, per meglio, ciò che il mondo giudica tale, in senso materialistico ed edonistico. E che sollievo, che gioia, non doversi più preoccupare di quel che vuole Dio da noi, visto che è sufficiente quel che noi vogliano da Lui, beninteso dopo avere interpellato – ma in maniera soggettiva e puramente umana - la nostra “coscienza”. Ripetiamo: una volta sdoganata l’omosessualità, seguiranno a ruota tutti gli altri peccati. L’adulterio diverrà un peccato veniale, l’aborto anche, il divorzio non sarà nemmeno considerato un peccato, l’eutanasia neppure; non parliamo poi della droga. Il celibato ecclesiastico non sarà più una virtù, e verrà lasciato cadere: si aprirà così la strada alla protestanizzazione della Chiesa anche per questo verso, cioè mettendosi nella scia dell’esempio di quel che Lutero ha detto e fatto cinque secoli fa, quando si è sposato con una ex suora. Infatti: se la natura è buona, perché reprimere l’istinto sessuale? Che cos’è questa storia della verginità, offerta come un fiore a Dio? E la castità, la continenza, non saranno forse viste e giudicate come altrettanti residui del passato, un po’ superstiziosi? Certamente qualche Paglia, qualche Galantino, qualche Tarquinio e qualche Bianchi verranno fuori a dirci che è meglio, cento volte meglio una moglie adultera, ma innamorata, piuttosto che una vergine che non ama nessuno (come se le suore di clausura, per esempio, non entrassero in convento per una sovrabbondanza di amore, ma non in senso naturalistico, bensì in senso spirituale). L’episodio, apparentemente minore, per non dire insignificante, del signor Bergoglio che si reca in visita ad un monastero femminile di clausura e poi si fa fotografare in mezzo alle suore, che diverte con le sue barzellette e le fa ridere come matte, è altamente significativo: questa neochiesa apostatica e infedele non crede allo spirito, crede solo alla carne; e dietro il velo apparentemente innocente di una sana capacità di stare allegri nella vita, fa entrare anche nei luoghi e nelle situazioni di silenzio, meditazione e preghiera, la crassa risata di questo mondo.

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La risata non è cattiva di per sé, ma è pur sempre l’espressione di passioni terrene, che non elevano lo spirito?



Il problema è il rapporto col mondo

di Francesco Lamendola
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