ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 21 agosto 2018

L'elefante muto

IL PAPA SCRIVE DI ABUSI
L'omosessualità devasta la Chiesa, ma non se ne parla più

Arriva la “Lettera del Papa al popolo di Dio” che conferma un dato ormai inequivocabile: di omosessualità la Chiesa di oggi non vuole più parlare, il tema è formalmente escluso dalla predicazione. Se ci guardiamo intorno dobbiamo constatare che tutti, nella Chiesa, hanno da tempo cessato di valutare moralmente l’omosessualità e addirittura evitano di parlarne. Il tema è sparito dalle omelie, dai discorsi, dalla stampa cattolica. Rimane l’espressione solo in qualche iniziativa pastorale rivolta ad includere le coppie omosessuali nel tessuto ecclesiale con modalità espressive che sanno solo di accoglienza e mai di valutazione.


Alla fine è arrivata la “Lettera del Papa al popolo di Dio” che conferma un dato ormai inequivocabile: di omosessualità la Chiesa di oggi non vuole più parlare, il tema è formalmente escluso dalla predicazione. Infatti, anche nella Lettera scritta da Papa Francesco diramata ieri e riguardante la “devastazione” della Chiesa americana provocata dall’esercizio dell’omosessualità nel clero, sull’omosessualità nessuna parola. Si parla solo di “abusi”, come se abituali relazioni omosessuali di un cardinale con sacerdoti e laici potessero parlare sotto silenzio data la maggiore età e il consenso dei protagonisti. Come se non sia ormai accertato che è l’omosessualità a provocare, dilagando, gli abusi e non gli abusi a suscitare l’omosessualità. Come se solo gli abusi, e non anche l’omosessualità, siano una forma di lacerazione della coscienza che Papa rancesco denuncia nella sua Lettera, esemplificandola con un non meglio indentificato “clericalismo” e senza attribuirla all’omosessualità. 


Lo scandalo che ha travolto il cardinale McCarrick, che ha obiettivamente lambito molto da vicino il cardinale Farrell, e che di recente è esploso con il rapporto sulla Pennsylvania, ha per oggetto l’esercizio dell’omosessualità nella Chiesa e non altro. Esercizio dell’omosessualità che ha largamente investito la Chiesa americana ed è salito molto in alto nelle gerarchie ecclesiali e vaticane. Ma di fronte alla devastante situazione che, lo ripetiamo, ha per oggetto l’omosessualità e non altro, tutto si dice ma non che l’omosessualità è un disordine, un male intrinseco, una inammissibile violenza, una pratica sempre gravemente immorale, un peccato, la negazione del piano della creazione. Alla gravità inaudita della situazione si aggiunge la gravità ancora più inaudita del silenzio, che di fatto copre la gravità della situazione, la nasconde dirottando l’attenzione su altre cose, importanti ma non centrali. Senza chiamare male il male come si potrà combatterlo? Ed evitando di chiamare male il male non si è già complici anche senza fare nulla?

Se ci guardiamo intorno dobbiamo constatare che tutti, nella Chiesa, hanno da tempo cessato di valutare moralmente l’omosessualità e addirittura evitano di parlarne. Il tema è sparito dalle omelie, dai discorsi, dalla stampa cattolica. Rimane l’espressione solo in qualche iniziativa pastorale rivolta ad includere le coppie omosessuali nel tessuto ecclesiale con modalità espressive che sanno solo di accoglienza e mai di valutazione. Durante il lungo inter del caso di Staranzano mi sembra di non aver mai letto una qualche dichiarazione del vescovo di Gorizia che ribadisca la valutazione negativa dell’omosessualità espressa da sempre dalla Scrittura e dal magistero della Chiesa. Nel caso del parroco veronese che si è “sposato” con il compagno, il Vescovo ha detto e scritto delle cose belle sul matrimonio e sulla famiglia, ma non ha confermato espressamente la dottrina cattolica sull’omosessualità.

Tutti tacciono sull’omosessualità, però poi si permette a padre James Martin di parlarne al Congresso della Famiglie di Dublino e di parlarne non solo come un problema pastorale bensì come di una opportunità per la vita di grazia. Nascono le proteste, cardinali si dimettono, altri dicono che non vi parteciperanno… ma padre Martin non si tocca. Capisco che, per opportunità politica, alcuni eminenti uomini di Chiesa ormai molto compromessi e che siedono alla presidenza di importanti dicasteri, vengano magari spostati dopo Dublino. Viceversa il fracasso sarebbe troppo. Ma padre Martin potrebbe essere tolto dal programma.

E’ a questo punto che il semplice fedele della Chiesa cattolica elabora due sue idee che riassumono la situazione. La prima cosa che gli pare evidente è che esiste una forte presenza omosessuale nella Chiesa, la seconda è che questa forte presenza operi per cambiare la dottrina della Chiesa sull’omosessualità. E’ per fugare questa ipotesi che si sente in modo impellente il bisogno che Papa, cardinali e vescovi chiamino l’omosessualità col suo nome, senza conservarla nel silenzio sotto vuoto spinto.

Mah, si dirà, nel Catechismo e in mille altri documenti del Magistero – oltre che in San Paolo – la cosa è chiarita, e per sempre. E’ vero, ma conosciamo il clima teologico di oggi: non parlare più di omosessualità, oppure parlandone senza condanna e dentro un aperto e dialogante contesto pastorale, con l’intento di costruire ponti e non muri, di concentrarsi sulle cose che uniscono e non su quelle che dividono, nell’impossibilità di giudicare perché solo Dio giudica ed altri slogan simili … significa lasciarle le porte aperte, permetterne l’accettazione di fatto su cui poi i teologi costruiranno l’accettazione di diritto, tanto ci stanno già lavorando da tempo. Non si parla più di omosessualità nella Chiesa perché ormai la si intende come una situazione “imperfetta” da accogliere e purificare valorizzando i suoi aspetti positivi. Ma allora il silenzio nasconde già una nuova dottrina.

Stefano Fontana

-Il PAPA CHIEDE PENITENZA di Lorenzo Bertocchi

-"E' OMOSESSUALITA'". VESCOVO TUONA CONTROCORRENTE di Marco Tosatti

http://www.lanuovabq.it/it/lomosessualita-devasta-la-chiesa-ma-non-se-ne-parla-piu

LETTERA DEL PAPA SUGLI ABUSI. MA NON VEDE L’ELEFANTE NELLA SACRESTIA. O NON NE PARLA. PERCHÉ?

20 agosto 2018 Pubblicato da  35 Commenti --


“Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme”: una citazione della lettera di San Paolo ai Corinzi apre la lettera nella quale il Papa, invita il “popolo di Dio” al digiuno e alla preghiera per il “crimine” degli abusi sessuali sui minori nella Chiesa: con “vergogna e pentimento, scrive Jorge Mario Bergoglio, come Chiesa ammettiamo “che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite”, “abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli”. Non solo: il lamento delle vittime “per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere”. Il Pontefice regnante afferma che “dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo” e sottolinea che “l’unico modo che abbiamo per rispondere a questo male che si è preso tante vite è viverlo come un compito che ci coinvolge e ci riguarda tutti come Popolo di Dio”.
È sicuramente una lettera ad effetto, in puro stile ecclesiastico e pontificio. E certamente come tale verrà letta e apprezzata dai media e dal grande pubblico. In particolare l’accenno critico al clericalismo, che è sempre un bersaglio facile è apprezzato. Ma il suo effetto può essere mistificante.
Un sacerdote cattolico, convertito dall’anglicanesimo, sui social la rassume così: 1)Mette molta enfasi sulla cura delle vittime; 2)Sparge il biasimo su “tutti noi”; Glissa su enormi crimini episcopali; 4) Non menziona mai l’omosessualità.
Ora, nel giugno del 2002 Mary Eberstadt scrisse un articolo che si intitolava “L’elefante in sacrestia”. Si parlava in esso di un sacerdote, Rudolph Kos, un molestatore seriale
Scriveva: “La ragione per cui i vescovi dovrebbero tenere particolarmente conto di Kos è che è tipico di molti altri preti-criminali che popolano i titoli di questi giorni. Per suo conto, Kos è stato lui stesso abusato da bambino. Da adolescente, ha molestato o tentato di molestare altri ragazzi più giovani. Con l’aiuto di alcuni sacerdoti-mentori che erano a conoscenza della sua storia personale e apparentemente indifferenti ad essa, Kos allora gravitava sul sacerdozio – in particolare, in un seminario del Texas dove l’omosessualità era apparentemente fuori dal coro. Uno dei suoi insegnanti sarebbe diventato uno scrittore gay famoso. Paul Shanley – il più famoso pedofilo tra i membri del clero di Boston – era un docente ospite sull’omosessualità lì. Come sacerdote, oltre ad abusare di ragazzi da adolescenti fino a 9 anni, Kos era anche (come in seguito si descrisse) un “omosessuale”. In effetti, i documenti del tribunale mostrano che un compagno sacerdote si è lamentato una volta in una lettera dei “ragazzi e giovani che si trattengono da un giorno all’altro [Kos]”.
“Ciò che anche questa breve recitazione chiarisce è un insieme di fatti troppo enormi da ignorare, sebbene molti lavorino potentemente per distogliere lo sguardo. Chiamalo l’elefante in sacrestia. Un fatto è che l’autore del reato è stato molestato da bambino o da adolescente. Un altro è che alcuni seminari sembrano aver avuto più futuri molestatori tra i loro studenti rispetto ad altri. Un terzo fatto è che questa crisi che coinvolge minori – questo ininterrotto orrore istituzionalizzato – riguarda quasi interamente il sesso uomo-ragazzo. Non vi è alcun focolaio di molestie eterosessuali nella chiesa americana. Nelle parole del defunto reverendo Michael Peterson, che ha co-fondato il noto istituto St. Luke che trattava il clero, ‘Non vediamo affatto pedofili eterosessuali’. In altre parole, sarebbe profondamente fuorviante raccontare la storia di Rudolph Kos – quello che era e ciò che ha fatto – senza fare riferimento alle parole ‘omosessuale’ e ‘gay'”.
Il direttore della rivista che l’ha ripubblicato scrive: “Non è un segreto, o clericalismo, dice Mary Eberstatd. ‘ il problema reale di fronte alla Chiesa cattolica è che troppi ragazzi sono stati sedotti o forzati ad atti omosessuali da certi preti”.
E d’altronde c’è chi nell’episcopato USA, come il vescovo Morlino di Madison che ha parlato di una “sottocultura omosessuale” devastante per la Chiesa americana. E non solo per quella americana: chiunque parli con persone che sono state in ordini religiosi o seminari, anche in Italia, udrà racconti simili.
Allora, la vera domanda è: perché il Pontefice non riesce a vedere l’elefante nella sacrestia, e come lui non la vedono quelli della sua cerchia? Ho in mente un editoriale di Avvenire sulla tragedia americana, in cui la parola omosessualità non viene neanche citata; così come non è citata nella lettera che il cardinale di Chicago Blaise Cupich, pupillo di McCarrick ha indirizzato alla diocesi, e potrei fare molti altri esempi, oltre a quello del gesuita attivista LGBT James Martin. Perché? Purtroppo non c’è una risposta, e quelle che vengono in mente sono una peggio dell’altra. Anche considerando chi lo consiglia, e chi sceglie
.Marco Tosatti
http://www.marcotosatti.com/2018/08/20/lettera-del-papa-sugli-abusi-ma-non-vede-lelefante-nella-sacrestia-o-non-ne-parla-perche/

SUPER EX. “CHI SONO IO PER GIUDICARE…” HA DATO IL VIA LIBERA ALL’OMOERESIA NELLA CHIESA.

20 agosto 2018 Pubblicato da  45 Commenti --

Potete crederci o non crederci, ma quando ho ricevuto questo articolo da Super Ex (Ex di Movimento per la vita, ex di Avvenire e anche d altre robe soi-disant cattoliche; ma ancora, grazie a Dio, cristiano e cattolico) sono rimasto sbalordito. Perché non ci siamo parlati da settimane, eppure queste sono righe che avrei potuto scrivere io, tranquillamente. Eccole.
“Chi sono io per giudicare?” Ricordate? L’entusiasmo per Bergoglio raggiunse l’apice in occasione di quella frase sibillina, ambigua, in perfetto stile gesuitico.
E in fondo Bergoglio è tutto lì: nell’invito a non giudicare, mai; a non distinguere il bene dal male; a tacere davanti al peccato; a inondare di melassosa misericordia ogni idea di giustizia; a derubricare ogni peccato, compreso l’adulterio, ad una questione soggettiva; a distruggere la tradizionale distinzione cattolica tra errore (da respingere sempre), ed erante (da amare, sempre) …
Da lì anche gli abbracci pubblici, clamorosi, ai nemici del cattolicesimo più incalliti (da Eugenio Scalfari ad Emma Bonino) e le frecciate velenose o persino le punizioni nei confronti degli ortodossi (Francescani dell’Immacolata, cardinal Burke…).
Ma oggi? Oggi che negli Usa i pupilli di Bergoglio sono finiti nell’occhio del ciclone? Oggi che è sempre più chiaro quale sia il vero problema morale nella Chiesa – non la pedofilia, ma l’omosessualità-, come la mettiamo con il “Chi sono io per giudicare?”.
Ricordate la Relatio intermedia al Sinodo della famiglia? C’era l’apertura persino alla benedizione per le unioni gay, promossa dagli uomini a lui più vicini (il cardinal Marx, Antonio Spadaro, Bruno Forte….)! Il “Chi sono io per giudicare?” era già diventato: giudichiamo positive le unioni gay “durature”.
Malizia? E allora come giustificare le nomine a cardinali dei pupilli del sodomita McCarrick, da Cupich a Tobin, a Farrell? Come il grande spazio lasciato a mons. Dario Edoardo Viganò, e tramite lui, ad una pletora di avvocati del mondo LGBT, compreso il gesuita James Martin, o quel monsignore, di cognome Galantino, che distorce persino la Bibbia riguardo a Sodoma e Gomorra?
E come giustificare il silenzio assordante di Bergoglio all’epoca del matrimonio gay in Irlanda e Germania, e della legge Cirinnà in Italia?
Non bisogna dimenticare che Bergoglio si rifiutò anche solo di salutare ben due Family Day, lui abituato per lungo tempo, finché era in auge, a plateali telefonate a chicchessia!
Adesso che la chiesa progressista americana, quella più vicina a Bergoglio, quella da lui premiata con varie berrette cardinalizie, appare vergognosamente colpevole di abusi omosessuali in serie, Bergoglio dirà ancora “Chi sono io per giudicare?”, o proverà ad invertire la rotta, quantomeno per salvarela faccia?
Staremo a vedere, ma è certo che stiamo vivendo la fase finale della tragedia: è un lento declino, quello del pontificato di Bergoglio, che lascerà morti e feriti sul campo, in numero altissimo. Ma avrà anche diviso i discepoli di Cristo e gli uomini fedeli alla vera Chiesa: da una parte coloro che sono nella Chiesa, ma non sono “della Chiesa”, come diceva sant’Agostino, dall’altra i Giuda di ogni genere.
Come Giuda sembrò vincitore, per qualche tempo, e Cristo apparve sconfitto, così la finta Chiesa è sembrata per qualche tempo inarrestabile. Ma forse, visto mil clima da disfatta, il buio più profondo sta per passare, e la Risurrezione si avvicina…
Marco Tosatti



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