ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 28 ottobre 2018

Mahperòdalità in progress

Sinodo, documento finale tra il vago e l'ambiguo

Oltre alle solite parole d'ordine su clericalismo e migranti, il documento finale del Sinodo fa ambigue aperture sul tema dell'omosessualità, promuove una sorta di sinodalità permanente, e suggerisce una inquietante schedatura dei siti internet cattolici.


La Chiesa «è una Madre santa con figli peccatori, e a causa dei nostri peccati il Grande Accusatore approfitta e gira cercando di accusare e in questo momento accusa forte, e diventa persecuzione: come i cristiani in oriente. L’accusa continua è fatta per sporcare la Chiesa. I figli sono sporchi, ma la Madre no. E’ ora di difendere la Madre con preghiera e la penitenza. E’ un momento difficile, l’Accusatore attacca la Madre e la Madre non si tocca!». Papa Francesco ieri ha concluso il Sinodo sui giovani e nella sua allocuzione ha difeso la Chiesa di fronte alle accuse che recentemente hanno riguardato preti e vescovi, accuse nate soprattutto a causa delle inchieste giudiziarie e canoniche per il fenomeno degli abusi nel clero. E poi ci sono le circostanze indicate nei memoriali dell’ex nunzio Carlo Maria Viganò, i quali hanno gettato una lunga ombra sulla gestione del potere ai massimi livelli del governo ecclesiale e su cui ancora non è stata fatta completa chiarezza.


ABUSI, LA CAUSA È IL CLERICALISMO

Del dramma abusi parla anche il lungo documento, 167 paragrafi, che rappresenta la conclusione finale dei lavori di tre settimane nell’Aula del sinodo. Un testo votato ieri dai padri paragrafo per paragrafo. AI numeri 29, 30 e 31 si trova la riflessione sulla piaga degli abusi, per cui «Si rende evidente il compito di sradicare le forme di esercizio dell’autorità su cui essi si innestano e di contrastare la mancanza di responsabilità e trasparenza con cui molti casi sono stati gestiti. Il desiderio di dominio, la mancanza di dialogo e di trasparenza, le forme di doppia vita, il vuoto spirituale, nonché le fragilità psicologiche sono il terreno su cui prospera la corruzione».

Il cuore del problema viene individuato in quel «clericalismo» che più volte Papa Francesco aveva già indicato come causa nel corso di questi mesi. Dopo aver ricordato che esistono diversi tipi di abuso, «di potere, economici, di coscienza, sessuali», il testo fa capire che per «andare alla radice» occorre riferirsi al «clericalismo», che «in particolare, nasce da una visione elitaria ed escludente della vocazione, che interpreta il ministero ricevuto come un potere da esercitare piuttosto che come un servizio gratuito e generoso da offrire».

«Il Sinodo esprime gratitudine verso coloro che hanno il coraggio di denunciare il male subìto» e «Il Sinodo ribadisce il fermo impegno per l’adozione di rigorose misure di prevenzione che ne impediscano il ripetersi, a partire dalla selezione e dalla formazione di coloro a cui saranno affidati compiti di responsabilità ed educativi».

OMOSESSUALITA’: APERTURA A UNA PASTORALE AD HOC

Il paragrafo 150 è quello che ha ricevuto il minor numero di placet durante la votazione di ieri. Scompare la parola Lgbt che tanto aveva fatto discutere per essere stata inserita nel documento di lavoro. Il testo del paragrafo dice che è «riduttivo definire l’identità delle persone a partire unicamente dal loro «orientamento sessuale», e quindi ecco scomparire etichette quali quella Lgbt, ma il paragrafo, nello stesso tempo, offre una chiara apertura all’accompagnamento delle persone omosessuali spingendosi a «raccomandare» cammini ad hoc come ne «esistono già in molte comunità cristiane». Si tratta senza dubbio di una opzione positiva per quella che alcuni definiscono già come pastorale Lgbt.

Inoltre, il paragrafo dice che occorre un maggiore «approfondimento» antropologico, teologico e pastorale su «questioni relative al corpo, all’affettività e alla sessualità», tra cui «emergono in particolare quelle relative alla differenza e armonia tra identità maschile e femminile e alle inclinazioni sessuali. A questo riguardo il Sinodo ribadisce che Dio ama ogni persona e così fa la Chiesa, rinnovando il suo impegno contro ogni discriminazione e violenza su base sessuale».

MIGRANTI: PARADIGMA DEL NOSTRO TEMPO E RISORSA

Secondo «molti padri sinodali» il fenomeno delle migrazioni è un «paradigma capace di illuminare il nostro tempo, in particolare la condizione giovanile, e ci ricordano la condizione originaria della fede, ovvero quella di essere “stranieri e pellegrini sulla terra”. Si fa riferimento al brutale sfruttamento che viene fatto sulla pelle dei migranti da parte di veri e propri «trafficanti senza scrupolo, spesso legati ai cartelli della droga e delle armi, sfruttano la debolezza dei migranti, che lungo il loro percorso troppo spesso incontrano la violenza, la tratta, l’abuso psicologico e anche fisico, e sofferenze indicibili».  Si rigetta anche la «mentalità xenofoba» in «alcuni Paesi di arrivo dei migranti», una mentalità, scrive il sinodo, «di chiusura e di ripiegamento su se stessi, a cui occorre reagire con decisione». Quindi, si sottolinea che «per le comunità e le società in cui arrivano sono una opportunità di arricchimento e di sviluppo umano integrale di tutti».

DIGITALE

Dopo aver preso atto della pervasività del mondo web il sinodo segnala il lato oscuro della rete, perché i «media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche». Si mette in guardia anche da «meccanismi di manipolazione delle coscienze e del processo democratico». Il Sinodo «auspica che nella Chiesa si istituiscano ai livelli adeguati appositi Uffici o organismi per la cultura e l’evangelizzazione digitale» e desta curiosità la proposta che fra i compiti di questi Uffici venga segnalato anche quello di «gestire sistemi di certificazione dei siti cattolici, per contrastare la diffusione di fake news riguardanti la Chiesa».

SINODALITA’: UN NUOVO MODO DI ESSERE CHIESA

Secondo molti commenti dentro e fuori dall’Aula la novità potenzialmente più forte contenuta nel testo del documento finale è il capitolo dedicato alla sinodalità. Si tratta di un tema mediaticamente con poco appeal ma che può davvero incidere sulla vita della Chiesa, ed è l’applicazione pratica di uno dei punti cardine del pontificato di Francesco, quello di «aprire processi».

Lo si comprende bene leggendo il paragrafo 120: «Il termine dei lavori assembleari e il documento che ne raccoglie i frutti non chiudono il processo sinodale, ma ne costituiscono una tappa. (…) invitiamo le Conferenze Episcopali e le Chiese particolari a proseguire questo percorso, impegnandosi in processi di discernimento comunitari che includano anche coloro che non sono vescovi nelle deliberazioni, come ha fatto questo Sinodo». Si tratta quindi di un metodo che deve essere sempre in progress e aperto. Francesco ha chiaro l’obiettivo di trasferire la Chiesa verso una continua sinodalità missionaria, così, si legge, «potremo procedere verso una Chiesa partecipativa e corresponsabile».

Lorenzo Bertocchi

http://www.lanuovabq.it/it/sinodo-documento-finale-tra-il-vago-e-lambiguo

Il documento finale del sinodo. I voti sui punti più controversi


Nel votare punto per punto il documento finale del sinodo sui giovani, nel pomeriggio di sabato 27 ottobre, i padri sinodali hanno quasi sempre approvato il testo a larghissima maggioranza.
Su 167 punti messi ai voti, per ben 125 volte i voti contrari sono stati inferiori a 10 e i voti favorevoli uguali o superiori a 240.
Solo su quindici punti i voti contrari sono stati uguali o superiori a 30. E in soli due casi i voti contrari sono stati più di 50, comunque abbastanza lontani dalla soglia degli 83 “non placet”, equivalenti a un terzo dei votanti, che se valicata avrebbe comportato la mancata approvazione del paragrafo.
Nel primo caso, con 51 voti contrari, la questione in gioco riguardava l’incremento della “sinodalità” nella Chiesa. Anzi, i sei paragrafi consecutivi riguardanti questo tema hanno tutti ricevuto più di 30 voti contrari.
Nel secondo caso, con 65 voti contrari, il punto in discussione riguardava la sessualità e in particolare l’omosessualità, parola che ricorre solo due volte nell’intero documento – nei paragrafi 39 e 150, dove si rimanda rispettivamente al Catechismo della Chiesa cattolica e alla lettera del 1986 della congregazione per la dottrina della fede – ma che in realtà è stata il convitato di pietra dell’intero sinodo, anche là dove nel documento è taciuta, ad esempio a proposito dei seminari e della formazione dei futuri sacerdoti.
Qui di seguito sono riportati otto paragrafi del documento finale fatti segno ciascuno di qualche decina di voti contrari. Con l’avvertenza che i voti contrari non sono automaticamente assegnabili all’uno o all’altro fronte, progressista o conservatore, ma possono anche essere espressione di entrambi, per ragioni diverse e talora opposte.
Ma prima è anche utile segnalare che alla vigilia del voto sul documento finale i padri sinodali hanno eletto 16 membri dei 21 che comporranno il nuovo consiglio della segretaria del sinodo che preparerà la prossima assise.
Essi sono:
Per l’Africa:
Dieudonné Nzapalainga, cardinale arcivescovo di Bangui, Repubblica Centroafricana;
Gabriel Mbilingi, arcivescovo di Cubango, Angola;
Andrew Ikea Fuanya, vescovo di Mamfe, Camerun.
Per l’America latina:
Daniel Fernando Sturla Berthouet, cardinale arcivescovo di Montevideo, Uruguay;
Jaime Calderón Calderón, vescovo di Tapachula, Messico;
Sérgio de Rocha, cardinale arcivescovo di Brasilia, Brasile.
Per l’America del Nord:
Gérald Cyprien Lacroix, cardinale arcivescovo di Québec, Canada;
Joseph W. Tobin, cardinale arcivescovo di Newark, Stati Uniti.
Per l’Asia:
Luis Antonio G. Tagle, cardinale arcivescovo di Manila, Filippine;
Oswald Gracias, cardinale arcivescovo di Bombay, India;
Charles Maung Bo, cardinale arcivescovo di Yangon, Myanmar.
Per l’Europa:
Christoph Schönborn, cardinale arcivescovo di Vienna, Austria;
Matteo M. Zuppi, arcivescovo di Bologna, Italia;
Juan José Omella Omella, cardinale arcivescovo di Barcellona, Spagna.
Per l’Oceania:
Anthony Colin Fisher, arcivescovo di Sydney.
Per le Chiese orientali:
Ignace Youssif III Younan, patriarca di Antiochia dei Siri.
Oltre a questi, faranno parte del nuovo consiglio sinodale un capo di dicastero di curia e quattro presuli di nomina pontificia.
*
Introduzione
Il Documento finale dell’Assemblea sinodale
3. È importante chiarire la relazione tra l’Instrumentum laboris e il Documento finale. Il primo è il quadro di riferimento unitario e sintetico emerso dai due anni di ascolto; il secondo è il frutto del discernimento realizzato e raccoglie i nuclei tematici generativi su cui i Padri sinodali si sono concentrati con particolare intensità e passione. Riconosciamo quindi la diversità e la complementarità di questi due testi.
Il presente Documento è offerto al Santo Padre (cfr. Francesco, Episcopalis communio, n. 18; Istruzione, art. 35 §5) e anche a tutta la Chiesa come frutto di questo Sinodo. Poiché il percorso sinodale non è ancora terminato e prevede una fase attuativa (cfr. Episcopalis communio, n. 19-21), il Documento finale sarà una mappa per orientare i prossimi passi che la Chiesa è chiamata a muovere.
Voti favorevoli 191, contrari 43
I Parte
Capitolo II - Tre snodi cruciali
Riconoscere e reagire a tutti i tipi di abuso
Andare alla radice
30. Esistono diversi tipi di abuso: di potere, economici, di coscienza, sessuali. Si rende evidente il compito di sradicare le forme di esercizio dell’autorità su cui essi si innestano e di contrastare la mancanza di responsabilità e trasparenza con cui molti casi sono stati gestiti. Il desiderio di dominio, la mancanza di dialogo e di trasparenza, le forme di doppia vita, il vuoto spirituale, nonché le fragilità psicologiche sono il terreno su cui prospera la corruzione. Il clericalismo, in particolare, «nasce da una visione elitaria ed escludente della vocazione, che interpreta il ministero ricevuto come un potere da esercitare piuttosto che come un servizio gratuito e generoso da offrire; e ciò conduce a ritenere di appartenere a un gruppo che possiede tutte le risposte e non ha più bisogno di ascoltare e di imparare nulla, o fa finta di ascoltare» (Francesco, Discorso alla I Congregazione Generale della XV Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, 3 ottobre 2018).
Voti favorevoli 204 , contrari 31
Capitolo III - Identità e relazioni
Corpo e affettività
Le domande dei giovani
39. La Chiesa ha una ricca tradizione su cui costruire e da cui proporre il proprio insegnamento su tale materia: per esempio il Catechismo della Chiesa Cattolica, la teologia del corpo sviluppata da san Giovanni Paolo II, l’Enciclica Deus caritas est di Benedetto XVI, l’Esortazione Apostolica Amoris laetitia di Francesco. Ma i giovani, anche quelli che conoscono e vivono tale insegnamento, esprimono il desiderio di ricevere dalla Chiesa una parola chiara, umana ed empatica. Frequentemente infatti la morale sessuale è causa di incomprensione e di allontanamento dalla Chiesa, in quanto è percepita come uno spazio di giudizio e di condanna. Di fronte ai cambiamenti sociali e dei modi di vivere l’affettività e la molteplicità delle prospettive etiche, i giovani si mostrano sensibili al valore dell’autenticità e della dedizione, ma sono spesso disorientati. Essi esprimono più particolarmente un esplicito desiderio di confronto sulle questioni relative alla differenza tra identità maschile e femminile, alla reciprocità tra uomini e donne, all’omosessualità.
Voti favorevoli 195, contrari 43
II Parte
Capitolo IV - L’arte di discernere
La Chiesa, ambiente per discernere
La coscienza ecclesiale
109. La coscienza di ogni credente nella sua dimensione più personale è sempre in relazione con la coscienza ecclesiale. È solo attraverso la mediazione della Chiesa e della sua tradizione di fede che possiamo accedere all’autentico volto di Dio che si rivela in Gesù Cristo. Il discernimento spirituale si presenta quindi come il sincero lavoro della coscienza, nel proprio impegno di conoscere il bene possibile in base a cui decidersi responsabilmente nel corretto esercizio della ragione pratica, all’interno e alla luce della relazione personale con il Signore Gesù.
Voti favorevoli 205 , contrari 34
III Parte
Capitolo I - La sinodalità missionaria della Chiesa
Un dinamismo costitutivo
La forma sinodale della Chiesa
121. L’esperienza vissuta ha reso i partecipanti al Sinodo consapevoli dell’importanza di una forma sinodale della Chiesa per l’annuncio e la trasmissione della fede. La partecipazione dei giovani ha contribuito a “risvegliare” la sinodalità, che è una «dimensione costitutiva della Chiesa. […] Come dice san Giovanni Crisostomo, “Chiesa e Sinodo sono sinonimi” – perché la Chiesa non è altro che il “camminare insieme” del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore» (Francesco, Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015). La sinodalità caratterizza tanto la vita quanto la missione della Chiesa, che è il Popolo di Dio formato da giovani e anziani, uomini e donne di ogni cultura e orizzonte, e il Corpo di Cristo, in cui  siamo membra gli uni degli altri, a partire da chi è messo ai margini e calpestato. Nel corso degli scambi e attraverso le testimonianze, il Sinodo ha fatto emergere alcuni tratti fondamentali di uno stile sinodale, verso il quale siamo chiamati a convertirci.
Voti favorevoli 191, contrari 51
Capitolo III - Un rinnovato slancio missionario
Le donne nella Chiesa sinodale
148. Una Chiesa che cerca di vivere uno stile sinodale non potrà fare a meno di riflettere sulla condizione e sul ruolo delle donne al proprio interno, e di conseguenza anche nella società. I giovani e le giovani lo chiedono con grande forza. Le riflessioni sviluppate richiedono di trovare attuazione attraverso un’opera di coraggiosa conversione culturale e di cambiamento nella pratica pastorale quotidiana. Un ambito di particolare importanza a questo riguardo è quello della presenza femminile negli organi ecclesiali a tutti i livelli, anche in funzioni di responsabilità, e della partecipazione femminile ai processi decisionali ecclesiali nel rispetto del ruolo del ministero ordinato. Si tratta di un dovere di giustizia, che trova ispirazione tanto nel modo in cui Gesù si è relazionato con uomini e donne del suo tempo, quanto nell’importanza del ruolo di alcune figure femminili nella Bibbia, nella storia della salvezza e nella vita della Chiesa.
Voti favorevoli 201, contrari 38
Sessualità: una parola chiara, libera, autentica
150. Esistono questioni relative al corpo, all’affettività e alla sessualità che hanno bisogno di una più approfondita elaborazione antropologica, teologica e pastorale, da realizzare nelle modalità e ai livelli più convenienti, da quelli locali a quello universale. Tra queste emergono in particolare quelle relative alla differenza e armonia tra identità maschile e femminile e alle inclinazioni sessuali. A questo riguardo il Sinodo ribadisce che Dio ama ogni persona e così fa la Chiesa, rinnovando il suo impegno contro ogni discriminazione e violenza su base sessuale. Ugualmente riafferma la determinante rilevanza antropologica della differenza e reciprocità tra l’uomo e la donna e ritiene riduttivo definire l’identità delle persone a partire unicamente dal loro «orientamento sessuale» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1 ottobre 1986, n. 16).
Esistono già in molte comunità cristiane cammini di accompagnamento nella fede di persone omosessuali: il Sinodo raccomanda di favorire tali percorsi. In questi cammini le persone sono aiutate a leggere la propria storia; ad aderire con libertà e responsabilità alla propria chiamata battesimale; a riconoscere il desiderio di appartenere e contribuire alla vita della comunità; a discernere le migliori forme per realizzarlo. In questo modo si aiuta ogni giovane, nessuno escluso, a integrare sempre più la dimensione sessuale nella propria personalità, crescendo nella qualità delle relazioni e camminando verso il dono di sé.
Voti favorevoli 168, contrari 65
Capitolo IV - Formazione integrale
La formazione dei seminaristi e di consacrati/e
163. Il compito specifico della formazione integrale dei candidati al ministero ordinato e alla vita consacrata maschile e femminile rimane una sfida importante per la Chiesa. Si richiama anche l’importanza di una solida formazione culturale e teologica per consacrate e consacrati. Per quanto riguarda i seminari, il primo compito è ovviamente l’assunzione e la traduzione operativa della nuova Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis. Durante il Sinodo sono emerse alcune sottolineature importanti, che conviene menzionare.
In primo luogo la scelta dei formatori: non basta che siano culturalmente preparati, occorre che siano capaci di relazioni fraterne, di un ascolto empatico e di profonda libertà interiore. In secondo luogo, per un accompagnamento adeguato sarà necessario un serio e competente lavoro in équipe educative differenziate, che includano figure femminili. La costituzione di queste équipe formative in cui interagiscono vocazioni diverse è una piccola ma preziosa forma di sinodalità, che incide sulla mentalità dei giovani nella formazione iniziale. In terzo luogo, la formazione deve puntare a sviluppare nei futuri pastori e consacrati la capacità di esercitare il loro ruolo di guida in modo autorevole e non autoritario, educando i giovani candidati a donarsi per la comunità. Particolare attenzione va prestata ad alcuni criteri formativi quali: il superamento di tendenze al clericalismo, la capacità di lavoro in équipe, la sensibilità per i poveri, la trasparenza di vita, la disponibilità a lasciarsi accompagnare. In quarto luogo è decisiva la serietà del discernimento iniziale, perché troppe volte i giovani che si presentano ai seminari o alle case di formazione vengono accolti senza una conoscenza adeguata e una rilettura approfondita della loro storia. La questione diventa particolarmente delicata nel caso di “seminaristi vaganti”: l’instabilità relazionale e affettiva, e la mancanza di radicamento ecclesiali sono segnali pericolosi. Trascurare la normativa ecclesiale a questo riguardo costituisce un comportamento irresponsabile, che può avere conseguenze molto gravi per la comunità cristiana. Un quinto punto riguarda la consistenza numerica delle comunità di formazione: in quelle troppo grandi si corre il rischio della spersonalizzazione del percorso e di una conoscenza non adeguata dei giovani in cammino, mentre quelle troppo piccole rischiano di essere soffocanti e sottomesse a logiche di dipendenza; in questi casi la soluzione migliore è costituire seminari interdiocesani o case di formazione condivise tra più province religiose, con progetti formativi chiari e responsabilità ben definite.
Voti favorevoli 217, contrari 22

Settimo Cielo di Sandro Magister 27 ott

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