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Il contrasto […] sembrava compendiare l’abisso che separa la fede dei santi dal modernismo prematuramente invecchiato […]. Il più grande miracolo dei nostri tempi è che la fede cattolica sia sopravvissuta alla riforma liturgica. […] il nuovo rito funebre ci offre un’esperienza impoverita a livello simbolico, sensibilmente ricostruita, sterilizzata e terapeutica del lutto cristiano che si rifiuta di scuotersi di fronte a grandiose realtà metafisiche (Peter Kwasniewski, 2 novembre 2018).
Sono affermazioni che valgono per tutta la nuova liturgia. L’autore è un laico americano. L’attuale rito delle esequie è particolarmente paradigmatico di un globale cambiamento di prospettiva: dalla fede cattolica all’umanesimo cristiano. Effettivamente c’è un abisso. Le esequie non servono più al suffragio del defunto, ma alla consolazione dei vivi. L’orizzonte religioso non è più la beatitudine eterna, ma il benessere terreno. Il culto non è più rivolto a Dio, ma all’uomo. Al cielo si preferisce il mondo; visto che il secondo rigurgita di male, si è eliminato il problema abolendo la nozione stessa di peccato o imputandone l’origine all’opera difettosa del Creatore, o per lo meno riformulandone il concetto e restringendolo alle colpe sociali, di cui è sempre responsabile qualcun altro o l’intera società. Le straordinarie realtà soprannaturali contenute e promesse nell’annuncio evangelico sono state sistematicamente sprofondate nell’oblio; i Novissimi, del resto, sarebbero di imbarazzo nel penoso cabaret in cui sedicenti comunità cristiane celebrano sé stesse.
Questo rifiuto della trascendenza, che si sta manifestando in modo sempre più aggressivo e arrogante, è il criterio con cui un prelato massone ha selvaggiamente spogliato la liturgia cattolica di gran parte dei suoi simboli e smembrato i riti della Messa e dei Sacramenti al fine di ricostruire a tavolino un culto artificiale che proprio in quanto tale è già invecchiato, legato com’è a un determinato momento storico, e sfiorito perché privo di radici. Oltretutto la sua inesorabile imposizione non è stata affatto legittima, visto che la bolla con cui san Pio V promulgò il Messale da lui riformato (Quo primum tempore, 1570) proibisce severamente e in perpetuo di rimettervi mano, a meno che non si consideri il nuovo rito una mera alternativa a quello perenne, la cui vigenza non è mai cessata. In ogni caso, la Messa di Paolo VI è valida per la presenza della forma sacramentale dell’Eucaristia; la partecipazione ad essa soddisfa altresì al precetto festivo, in quanto è quella ordinariamente celebrata e non si possono esigere dai fedeli sforzi impossibili. Ovviamente, chi ha l’opportunità di partecipare alla Messa tradizionale fa molto bene a preferirla, piuttosto che sottoporsi alla tortura di celebrazioni che, sia nel rito stesso che nelle modalità esecutive, sfigurano l’augusto mistero del Sacrificio di Cristo e impongono spesso un arduo esercizio spirituale per conservare la fede.
Il più grande miracolo dei nostri tempi, effettivamente, è che la fede cattolica sia sopravvissuta a tale sconvolgimento, nonostante la sterilizzazione del culto. Io stesso, pur essendomi reso conto, fin dai primi anni di ministero, che qualcosa non funzionava e avendo gradualmente aperto gli occhi sulla globale mistificazione del postconcilio, non sono stato in grado di cogliere tutta la profondità del problema finché non ho riscoperto la vera Messa, così da poter misurare, in qualche modo, l’abisso che ci separa dalla fede e dalla forma mentis dei nostri padri. Nella Chiesa – e, a cascata, nella società – è avvenuta una vera e propria mutazione religiosa, culturale e, di conseguenza, anche antropologica. Dobbiamo riconoscere che non siamo più gli stessi di una volta: volenti o nolenti, abbiamo metabolizzato il modo di essere, pensare e agire dell’ambiente che ci ha plasmato. Per ricuperare la genuina identità del cristiano non basta esser tradizionalisti come se si fosse iscritti a un partito o legati a un movimento di pensiero, senza sforzarsi di riformare seriamente la propria vita e di disintossicarsi dalla cultura dominante.
Se non interiorizziamo l’amore per la Tradizione in un’autentica vita spirituale, può capitare anche a noi di annoiarci a un pontificale (non pensando che è un atto disinteressato rivolto alla gloria di Dio piuttosto che alla soddisfazione dei nostri gusti) oppure, in una Messa da Requiem, di scalpitare per la lunghezza del Dies irae cantato o per l’apparente superfluità della benedizione del tumulo, (non tenendo presente che lo scopo non è il nostro godimento estetico, ma il suffragio a vantaggio di anime le cui sofferenze vengono così alleviate). Per inciso, chi volesse meditare il magnifico testo attribuito a Tommaso da Celano resterà sbalordito per la potenza espressiva delle immagini, la profondità della dottrina soggiacente, lo spessore biblico e l’intensità della preghiera. Non imitiamo i modernisti: ogni tanto dimentichiamo i nostri miseri bisogni immediati e lasciamoci trasportare in alto, verso la luce e la pace di quel Regno che ci aspetta – se ne saremo degni – e che la liturgia fa pregustare sulla terra a quanti lo cercano sopra ogni cosa.
Se potete partecipare alla Messa antica solo di rado o a costo di grandi sacrifici, andate in cerca di sacerdoti che celebrino quella nuova in modo degno e conforme alla fede. Sì, con la prima domenica di Avvento sarà imposta la traduzione balorda del Pater noster: che ve ne importa? chi vi impedisce di continuare a recitarlo come prima? Non si può obbligare nessuno ad accettare una falsificazione del testo evangelico. Non possono farvi un bel niente; il problema, semmai, sarà per i parroci che si sentiranno obbligati a violentare la propria coscienza. Faranno meglio a chiedere un anno sabbatico reiterabile, in attesa che cessi questo regime. E se vi negano la comunione in ginocchio? Rimanete piantati sul gradino dell’altare finché il prete non sia costretto a darvela come è vostro sacrosanto diritto, oppure cambiate parrocchia. All’omelia udite eresie o affermazioni scandalose? Uscite di chiesa e rientrate al Credo. Vi tocca esser spettatori di abusi liturgici? Riprendete apertamente il prete e, se ciò non sortisce alcun effetto, andate altrove.
Per rimanere in tema di pseudoversioni liturgiche in vernacolo (a cui Benedetto XVI, fra l’altro, era nettamente contrario): anziché perder tempo in simili corbellerie, i Pastori dovrebbero preoccuparsi del fatto che, tra vent’anni, in chiesa non ci verrà più nessuno, visto che i bambini e adolescenti di oggi vengon cresciuti come perfetti materialisti atei e che domani né si sposeranno né battezzeranno i figli, come del resto già fanno molti loro genitori. Ci sarebbe da ridere, ma di una cosa vi prego sul serio: al Sanctus non ripetete più Dio dell’universo, che non è affatto la traduzione di Deus Sabaoth, bensì una designazione cabalistica di Lucifero; semmai recitatelo in latino. Ancora, in nome dello zelo episcopale per le traduzioni esatte: quale rapporto linguistico esiste tra Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum e Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa? L’unico legame, probabilmente, è l’intento di oscurare nei fedeli la consapevolezza della Presenza reale, ma questa non è una questione filologica.
Riguardo alle voci sull’invalidazione della Messa, mantenete i nervi saldi: è altamente improbabile che facciano un passo così plateale da scatenare una reazione di massa. Se poi giungeranno davvero a pubblicare canoni zoppicanti quanto alla forma sacramentale, vorrà dire che così avrà disposto il Signore per non esser più continuamente oltraggiato nell’Eucaristia e porre fine alle innumerevoli comunioni sacrileghe con cui tante anime rischiano di dannarsi; ma voi avrete già individuato sacerdoti sicuri che non li useranno. A mio avviso, una modalità più lunga, ma meno appariscente, di rendere nulli i Sacramenti sarebbe quella seguita dagli anglicani: l’invalidazione del sacerdozio mediante una riforma del rito di ordinazione o l’ammissione di donne. Anche in quest’ultimo caso, però, uno scisma sarebbe dietro l’angolo e i rivoluzionari non vogliono esser loro a caricarsene la responsabilità davanti alla storia; piuttosto stan facendo di tutto perché i “tradizionalisti” si tolgano dai piedi di propria iniziativa compiendo un atto che li ponga fuori della comunione ecclesiale. Per favore, non diamo loro questa soddisfazione.
Ricordate che l’aver potuto conservare o ritrovare la fede, in un marasma del genere, è una grazia incommensurabile che Dio ci ha concesso: possiamo proprio chiamarla un miracolo – e dei più straordinari! Non perdiamo la serenità e la gratitudine per nessun motivo: la Chiesa è di Cristo ed è Lui a tenerla saldamente in mano; quello che sta permettendo è in vista di un bene maggiore di cui non abbiamo idea. Quando arriverà il castigo, la gente si riverserà nelle chiese e nei confessionali; allora tutti i preti a cui sarà stato proibito o limitato l’uso del Vetus Ordo, non potendo più essere controllati né sanzionati per via di circostanze eccezionali, verranno allo scoperto e grandi folle li seguiranno per mettersi spiritualmente al sicuro, non esitando un attimo ad abbandonare i mercenari modernisti, incapaci di prestare valido soccorso e di fornire risposte affidabili già in tempo di tranquillità, ma buoni solo a intrattenere o coccolare con qualche emozione a buon mercato… Non temete: le forzature innaturali, prima o poi, esauriscono la spinta e la normalità, nella vita come nella religione, riprende il suo corso. Altro che irreversibilità della riforma liturgica! Si può sbarrare un fiume, ma non spingerlo a ritroso: prima o poi tracima.
Sanctus, sanctus, sanctus Dominus Deus Sabaoth. Pleni sunt coeli et terra gloria tua. Hosanna in excelsis. Benedictus qui venit in nomine Domini. Hosanna in excelsis.
Testo integrale dell’articolo citato:
https://www.lifesitenews.com/blogs/the-scandal-of-the-modern-catholic-funeral (traduzione italiana: https://lucechesorge.org/2018/11/11/lo-scandalo-del-moderno-funerale-cattolico/)
Parole profetiche:
https://lascuredielia.blogspot.com/p/documenti.html
Pubblicato da Elia
http://lascuredielia.blogspot.com/2018/11/ilpiu-grande-miracolo-dei-nostri-tempi_24.html
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