ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 17 dicembre 2018

Mentre il Santo Vangelo brucia

PUÒ UN ROMANO PONTEFICE LEGITTIMAMENTE ELETTO E SUCCESSORE LEGITTIMO DEL BEATO APOSTOLO PIETRO ESSERE PRIVO DELLA GRAZIA DI STATO ?
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Cari e numerosi Lettori: io non vi prenderò mai in giro, perché «Dio vi ha affidati a me», ed un padre non può né mai deve prendere in giro i figli che domandano conforto, aiuto e sostegno nella prova, pur di non affrontare gli spettri dei Dèmoni che ci volteggiano attorno e che ci spaventano moltissimo in questa notte buia.
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la statua di San Pietro Apostolo nella omonima arcibasilica vaticana

In questo momento dovremmo far tesoro delle parole del Cardinale Charles Journet [1891-1975] che nella sua opera Eglise du Verbe Incarné  spiega: 
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«L’assioma “dov’è il Papa lì è la Chiesa”, vale quando il Papa si comporta come Papa e Capo della Chiesa; in caso contrario, né La Chiesa è in lui, né lui è nella Chiesa».
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Sono stanco di dibattere inutilmente con coloro che in modo deciso e assoluto negano di prendere solo in vaga considerazione l’ipotesi che un Sommo Pontefice possa essere chiuso alle azioni di grazia dello Spirito Santo, su di lui riversate con indubbia abbondanza, ma che in lui ed attraverso di lui possono operare solo se egli accetta i doni di grazia e li mette a frutto. Ecco allora che questi soggetti si arrampicano sugli specchi del loro totale rifiuto, ed a questo problema reagiscono confermando e sostenendo come dei juke box a gettone la cantilena … «Si, però il Sommo Pontefice non può mai errare quando si pronuncia in materia di dottrina e di fede, è dogma, dogma, dogma!».
Domanda molto seria: ma è la grazia di Dio che parla e agisce attraverso di lui, od è invece lui che agisce a prescindere dalla grazia, giacché essendo magicamente non defettibile in materia di dottrina e di fede, può esprimersi infallibilmente anche se chiuso alla grazia e fuori dalla grazia santificante di Dio? Perché in tal caso non siamo né dinanzi alla metafisica né dinanzi alla dogmatica, ma dinanzi alla magia. È infatti la magia che in sé e di per sé è totalmente irrazionale, mentre la dogmatica ed il dogma non sono affatto irrazionali, si edificano su principi razionali, per quant’è vero che il Verbo s’è fatto carne, non s’è fatto pensiero vaporoso, si è fatto fisicamente e razionalmente carne.
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Dinanzi a queste forme di chiusura al ragionamento che sono la conseguenza della fuga dalla realtà da parte di tutti coloro che presumono di avere sempre una decisa risposta logica per tutto, salvo rinchiudersi in quattro formule protettive quando di risposte da dare al momento non ve ne sono, torno a ripetere che non siamo nell’ambito né della metafisica né in quello della dogmatica, ma nell’ambito della magia, se non peggio dello gnosticismo. Come può infatti lo Spirito Santo, attraverso le sue azioni di grazia, annullare la volontà o la non volontà dell’uomo, vale a dire la sua libertà ed il suo libero arbitrio, per sdoppiarlo a proprio piacimento e renderlo così all’occorrenza totalmente indefettibile, qualora la sua natura non fosse liberamente aperta alla grazia di Dio? Perché se ciò avvenisse, in tal caso Dio entrerebbe in contraddizione con il mistero della creazione e quindi con sé stesso per opera dello Spirito Santo, ed in tal caso il nostro Dio sarebbe un dio magico, un dio gnostico. Il tutto sempre per tornare alle grandi menti speculative che di fronte a problemi sino a pochi anni prima inimmaginabili, ma purtroppo oggi reali, anziché speculare veramente si rinchiudono dentro la gabbia delle loro quattro formule dogmatiche ribadendo decisi e inamovibili dinanzi alla tragica evidenza dei fatti: «… è indefettibile, non può errare, è dogma, dogma, dogma!» …
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… e qui merita ricordare che i dogmi non sono gabbie per uomini che rivendicano a un certo punto il diritto a non ragionare, ma sono il cuore più profondamente ragionato del mistero della fede, perlomeno stando ad un grande maestro della scolastica, Sant’Anselmo d’Aosta, che afferma in che misura «la fede richieda l’intelletto e l’intelletto la fede» [Fides quaerens intellectum. In Prosl., Proemio], ed ancora: «Credo per comprendere, comprendo per credere» [credo ut intelligam, intelligo ut credam]. E questi due sono i fondamenti portanti della filosofia scolastica, la quale mai, a proprio fondamento, ha posta la magia.
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Ebbene confesso che di questi ragionamenti sono stanco. Sono stanco di coloro che dinanzi ad un incendio in una biblioteca di testi sacri destinati ad andare perduti per sempre, si precipiterebbero a salvare il libro Iota Unumdi Romano Amerio mentre il Santo Vangelo brucia. Come del resto sono un po’ stanco in generale, tanto da chiedermi con una certa frequenza: merita seguitare a speculare, analizzare e scrivere, oppure sarebbe più opportuno rinchiudersi per tutta la vita che mi resta in una certosa con voto di assoluto silenzio, dedicandomi alla preghiera e alla penitenza sino alla morte? Nel mese di agosto, pochi giorni dopo il compimento del mio 55° compleanno, mentre il tempo scorre veloce mi sono proposto più che mai di lavorare ad impiegare bene tutto il tempo di questa vita che mi separa dalla morte, né intendo sprecarlo per difendere l’indifendibile o per salvare l’insalvabile, meno che mai per esporre la mia dignità umana e sacerdotale al pubblico ridicolo pur di cercare nei documenti del Sommo Pontefice Francesco I ciò che egli non ha mai detto e scritto, tirando fuori a tutti i costi da essi il buono che semmai non c’è, attraverso artifici interpretativi che hanno invero del patetico, perché non gli si può mettere sulla bocca quel che di buono non ha detto dopo avere fatto il processo alle sue più profonde intenzioni …
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… e dinanzi all’indifendibile le soluzioni sono tre: i rimproveri e le denunce di San Giovanni Battista, il quale come sappiamo perse la testa; la analisi speculativa della situazione per ciò che è, non invece per ciò che vorremmo che fosse; il completo ritiro dal mondo e il voto di totale silenzio per tutta la vita. Sono tre modi diversi ma tutti efficaci per operare al meglio in questa situazione disastrosa e irreversibile. Per adesso io ho scelto la prima soluzione, il modello Giovanni Battista, ma potrei anche decidere di scegliere la terza, con efficacia forse persino maggiore.
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Il problema, non è infatti lieve: come possiamo, noi, interpretare colui che dovrebbe essere il custode e l’autentico interprete della fede? O duole proprio molto a certe menti dover accettare ed ammettere che il custode della “magica infallibilità”, da cinque anni a questa parte ha dimostrato con le sue deliberate e per nulla involontarie ambiguità, di aver fatto esplodere nella Chiesa il relativismo teologico e morale, assieme allo sconcerto e alla divisione, come mai prima s’era visto nella Chiesa visibile? Possibile che tra i soloni della grande teologia, non ce ne sia uno solo che si ponga un quesito, semmai destinato a rimanere senza risposta, vale a dire questo: potrebbe verificarsi un caso nel quale un Sommo Pontefice, chiuso alle azioni della grazia santificante dello Spirito Santo, finisca col risultare privo della grazia di stato che è propria del suo alto ufficio, semmai con tutte le conseguenze che oggi abbiamo sotto gli occhi, il tutto a prescindere dalla sua legittima elezione e dal ruolo da egli altrettanto legittimamente occupato?
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E con questo è presto detto, cari e numerosi Lettori: io non vi prenderò mai in giro, perché «Dio vi ha affidati a me», ed un padre non può né mai deve prendere in giro i figli che domandano conforto, aiuto e sostegno nella prova, pur di non affrontare gli spettri dei Dèmoni che ci volteggiano attorno e che ci spaventano moltissimo in questa notte buia.
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In questo momento la nostra salvezza è racchiusa nella virtù teologale della speranza, sulla quale scrissi abbondantemente nel 2014 [vedere QUI]. La speranza è la grande virtù mediana che lega assieme fede e carità. E siccome io sono stato istituito a servizio del Popolo di Dio ed immesso col sacerdozio nella paternità universale, a questo Santo Popolo intendo offrire la via della speranza, mai però la via dell’illusione, proprio perché sono un sacerdote di Cristo, non uno spacciatore di acidi allucinogeni, ma soprattutto perché considero quello di Dio un Popolo Santo, non un popolo bue al quale dare una carezza e un’aspirina mentre un cancro in fase terminale corrode da tempo il nostro corpo ecclesiale ed ecclesiastico, mentre la Chiesa visibile è già nell’anticamera di un obitorio ridotto per l’occasione ad un circo equestre di pagliacci, nani e ballerine.
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Volete sapere che cosa ha sempre salvato il mio sacerdozio? Forse la scolastica, che ho studiata e approfondita; forse la metafisica, che ho studiata e approfondita; forse San Tommaso d’Aquino, che ho studiato e approfondito? Ebbene, il mio sacerdozio non è stato salvato da questi “mezzi” efficaci, ma pur sempre mezzi. È stato salvato dal mio profondo amore per la Chiesa Corpo Mistico, di cui Cristo è Capo e noi membra vive; è stato salvato dall’amore per quella Chiesa che è opera divina nata dall’amore del Cuore Divino. È con questa consapevolezza che tutti i giorni sollevo il Corpo e il Sangue di Cristo sull’altare acclamando:
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Per ipsum, et cum ipso, et in ipso
est tibi, Deo Patri omnipotenti,
in unitate Spiritus Sancti,
omnis honor et gloria
per omnia saecula saeculorum.
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O qualcuno pensa forse che io avrei dato un solo giorno della mia preziosa vita a questa povera mignotta di Chiesa visibile che oggi abbiamo sotto gli occhi, devastante opera tutta quanta puramente umana di nani, ballerine e buffoni in carriera alla Corte dei Miracoli del grande Re Nudo ?

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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dall’Isola di Patmos, 16 dicembre 2018
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Questo articolo è solo l’ultima parte rivisitata di un articolo molto più articolato pubblicato il 10 settembre 2018 e che potete trovare nel nostro archivio sotto il titolo: «Dinanzi ad una Chiesa visibile affetta da una decadenza dottrinale e morale irreversibile, è necessario aprire quanto prima la banca del seme» [il testo è leggibile QUI]

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