ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 26 dicembre 2018

Quando la Provvidenza si degnerà di concederlo

BARONIO A PADRE CAVALCOLI - UNA MEDITAZIONE FINALE



Ut in omnibus honorificetur Deus

Caro e reverendo padre Cavalcoli, 

la Sua ultima risposta, nella prossimità del Santissimo Natale secundum carnem del Salvatore Nostro Gesù Cristo mi suggerirebbe un commento articolato, per cercare ancora una volta di confutare le Sue tesi. Ma il mio temperamento incline all’indignatio, assieme al sostanziale disincanto che deriva dall’età e dall’esperienza, contraddirebbero allo spirito delle festività presenti. Mi permetto quindi di condividere con Lei questa riflessione personale, che La prego di voler accettare come una confidenza fraterna.

Da quel ch’Ella afferma a più riprese, mi pare possiamo concordare sul fatto che la Chiesa stia affrontando una crisi mai vista nella sua storia: solo durante l’arianesimo si era giunti ad una tale apostasia, e temo che nell’immediato futuro assisteremo ad un ulteriore incrudelimento dell’eresia e dell’immoralità non solo nei fedeli, ma anche e soprattutto nel Clero. La setta che eclissa la Santa Chiesa è complice ideologica del mondialismo massonico, al quale presta la propria voce per imporre l’ecumenismo irenista, il lassismo morale, il qualunquismo dottrinale e disciplinare, la devastazione liturgica, la desertificazione spirituale. 

Da sessant’anni assistiamo ad un’opera di demolizione sistematica di tutto ciò che nei secoli ha reso grande la Chiesa; questa vandalizzazione dei suoi più preziosi tesori non ha risparmiato nulla, dando prova di un odio teologico per tutto ciò che richiama il Vero, il Buono e il Bello. Prova ne sia lo stato di imbarbarimento in cui versano le Nazioni che un tempo furono cattoliche, oggi divenute nemiche di Dio e della Sua santa Legge: un imbarbarimento che non avrebbe potuto diffondersi a questi livelli se non avesse trovato uno zelantissimo apostolo negli ideologi della rivoluzione conciliare, nel consenso di tanti Papi, nella complicità del Clero e nella succube inerzia del popolo cristiano. 

Ella ha il merito di riconoscere la crisi, ma si limita a denunziare l’arma senza voler guardare chi la impugna; ed anche quando vede l’esecutore materiale di tanto crimine, non vuol riconoscerne il mandante. Siccome non posso credere ch’Ella lo faccia in malafede, devo presumere che la Sua pervicace difesa d’ufficio del Vaticano II risieda soprattutto nel non voler riconoscere con realismo - e forse con umiltà - d’esser stato vittima di una colossale frode, d’esser caduto nella trappola infernale tesa ai danni di tanti chierici e laici da parte di una minoranza di rinnegati. 

Non creda ch’io sia sfuggito allo stesso inganno: formato alla rigida scuola pacelliana e assiduo discepolo di illustri Prelati di sicura fede e spiritualità - tra i quali mi onoro d’annoverare mons. Piolanti e mons. Spadafora, tra gli altri - non potevo credere che ciò che la Chiesa aveva condannato da sempre potesse divenire prassi imposta da un Concilio Ecumenico e dalla Santa Sede. E posso garantirLe che anch’io - com’Ella ancor oggi - ho cercato in tutti i modi di giustificare quel che accadeva arrampicandomi sugli specchi per spiegare che, in fondo, la rivoluzione era frutto di un tradimento del Vaticano II, che gli orrori liturgici erano risultato di abusi mai autorizzati. Quante ore ho perso a leggere gli atti conciliari, le norme applicative della riforma liturgica! E quante ne ho perse a scrivere ai miei Superiori, alle Romane Congregazioni, al Vicariato per chiedere che venissero applicate le leggi, che si imponesse l’uso della veste talare quando previsto; che si esigesse l’uso dell’unico altare consacrato facendo rimuovere quelli posticci; che si proibissero certi eccessi negli incontri ecumenici; che non si profanassero le Sacre Specie dando la Comunione in mano, che si rimuovesse quel professore eretico, che si allontanasse quel sacerdote immorale, che non si ammettessero agli Ordini quei chierici ribelli e dissipati. 

Il mio errore, allora, fu il credere nella buonafede di chi era costituito in autorità. Forse, all’inizio, anche alcuni dei Prelati cui mi rivolgevo erano a loro volta vittima dell’inganno, e nemmeno loro osavano pensare che i loro Superiori agissero in malafede, o addirittura col chiaro intento di sovvertire l’ordinamento cattolico per trasformare la Chiesa di Cristo in una anti-chiesa. Ma le pie illusioni furono presto sconfessate dalla realtà, dalla tetragona ostinazione nel precipitarsi verso il baratro, nella volontaria cecità dinanzi alla rovina. 

E non parlo, sia chiaro, della sola riforma liturgica, che pure rappresenta il compendio della demolizione perpetrata in tutti gli ambiti ecclesiali. Parlo dell’insieme, dello sguardo generale su come è stata condotta questa battaglia, su come i generali abbiano obbedito agli ordini dello stato maggiore, su come le truppe d’assalto abbiano conquistato posizioni sbaragliando una resistenza pressoché nulla e riuscendo ad esiliarla, a farla dichiarare nemica. 

In campo politico, sin dalla sua fondazione, l’Europa aveva come scopo preciso il soverchiare le Nazioni e i popoli, per imporre un governo tirannico che preparasse la sinarchia massonica, preludio dell’avvento dell’Anticristo. In ambito ecclesiastico, sin dal Vaticano II, la neo-chiesa ha usato non dissimile strategia per imporre una tirannide in seno alla Chiesa, costringendo i Vescovi ad abdicare alla loro autorità apostolica a vantaggio di organismi collegiali coordinati da un’élite di corrotti. E come le norme europee impediscono qualsiasi sovranità nazionale in nome di una pretesa democrazia, così le attuali leggi canoniche sono strumentali all’imposizione della dittatura della setta modernista, preludio dell’avvento del Falso Profeta. Chi crede di poter ritornare ai presunti ideali dei padri fondatori dell’Unione Europea correggendo gli errori politici imposti dalla finanza speculativa commette lo stesso errore di chi - come Lei - crede di poter ritornare ai presunti ideali dei padri conciliari correggendo gli errori dottrinali imposti dal cosiddetto postconcilio. Ma non c’è nessun sogno europeo, bensì un incubo dei peggiori, che ha ridotto in miseria intere nazioni e imposto una rivoluzione  ideologica ricorrendo a mezzi di coercizione di natura economica. Similmente, non c’è nessun sogno conciliare, ma un incubo che ha causato danni incommensurabili al popolo cristiano, imponendo una rivoluzione dottrinale e morale ricorrendo a mezzi di coercizione per via liturgica. 

Uscire da questi due incubi richiede il riconoscimento dell’inganno, e la forza di affrontare una vera e propria rivolta, una forma di resistenza, di obiezione di coscienza, una lotta coraggiosa per difendere la nostra identità e non lasciarci render schiavi della tirannide. Sono due facce della stessa moneta, ed è significativa la perfetta corrispondenza tra quanto impone l’ideologia mainstream e quel che predica la setta. Credo che oggi sia quantomai evidente che non vi è più alcuna opposizione tra il mondo e la Chiesa, per il semplice motivo che la Gerarchia parla la stessa lingua del mondo, ne condivide le istanze, ne abbraccia l’ideologia, ne sposa le tesi. E se non vi è opposizione tra il mondo e la Chiesa, significa che quella che si definisce tale è una sua turpe parodia, cui presiedono osceni personaggi. E a breve vedremo che le concessioni e le presunte libertà accordate alla Liturgia perenne saranno progressivamente revocate, perché non vi può esser cittadinanza per il Bene, laddove si vuol che trionfi il Male, non vi può esser spazio per la voce della Sposa Immacolata, dove schiamazzano i ribelli e gli impuri servi della controchiesa.

Ciò non significa che la Chiesa non esista più: essa è eclissata, viva in Cristo Sommo Sacerdote, nei Sacramenti e nel Sacerdozio grazie a tanti buoni ministri e ad una moltitudine di anime sante. É grazie a loro che essa risorgerà, quando la Provvidenza si degnerà di concederlo. Ma ripeto: nulla di quella turpe frode potrà esser salvato, perché porta con sé il marchio infame del Nemico; e se qualcosa di buono dovesse esser sopravvissuto a questi decenni di apostasia, sarebbe da attribuirsi alla Grazia, che ha potuto operare ed opera ancor oggi nonostante la setta.

Vede, reverendo Padre: la speculazione ci aiuta a comprendere il quadro complessivo della realtà, soprattutto se illuminata dalla Fede e alimentata dalla Speranza. Ma occorre anzitutto che sia la Carità a guidarci. E questa Carità - com’Ella m’insegna - ci permette di capire solo dopo aver creduto, perché l’atto di sottomissione della volontà a Dio deve precedere l’atto di sottomissione dell’intelletto. 

Chiunque, speculativamente, può riconoscere che la Messa perenne è lavia regia con cui la Chiesa ci conduce dinanzi al trono della Divina Maestà. Ne sono stati capaci anche illustri intellettuali non cattolici, non indifferenti al fascino della lingua sacra, alla ricchezza dei suoi tesori di dottrina, di spiritualità, di poesia e di arte. Ma un’anima che ama Dio, per un’ineffabile miracolo di Carità, non ha bisogno di altra motivazione, che non sia lo stesso amore verso il Signore. 

Mi permetta di usare una similitudine. Potrò spiegare ad un giovane quanto sia elegante, quanto sia bella, quanto sia intelligente una ragazza; potrò decantare le sue lodi, elogiarne la devozione, magnificarne l’altera modestia; ma se non scatta quella scintilla, avrò da lui solo un’ammissione del dato in sé, senza ch’egli se ne innamori. Eppure, nell’istante in cui quel giovane si innamora di quella fanciulla, non serviranno spiegazioni di alcun tipo per giustificare i suoi sentimenti, perch’egli sa già ch’ella è l’unica, la perfetta, l’amata. E quell’amore ch’egli prova gliela rende preferibile a qualsiasi altra. Lo stesso avviene nell’anima toccata dalla Grazia divina, in cui il fuoco della Carità che arde nel cuore illumina anche l’intelletto, e fa capire tutto, tutto rende perfetto, tutto meravigliosamente chiaro. E se nei sentimenti umani c’è sempre qualche imperfezione, qualche debolezza; nell’amore verso Dio non c’è nulla di imperfetto, poiché perfetto è l’oggetto dell’amore e perfetta e sovrabbondante la risposta di Dio alla miseria del nostro essere. 

Il sacerdote che ascende l’altare ed ama il Signore, al punto di poter dire «Zelus domus tuae comedit me», comprende quale abisso incolmabile vi sia tra la Messa e quel rito in cui «si può intuire la volontà del Liturgista di avvicinare la Messa cattolica alla Cena luterana», come Lei dice. Non occorre nessuna spiegazione, nessuna argomentazione, nessuna prova. Similmente, non occorre nessuna spiegazione nemmeno per rendere impensabile, ad un’anima che arde di Carità, abbassarsi a rivolgersi al Re de Re con le parole che, per quanto teoricamente accettabili sotto il profilo dottrinale, sono parole doppie di un adultero. Perché, in definitiva, il voler accettare la coesistenza di due riti è solo un modo per istituzionalizzare l’adulterio, un sistema per non ripudiare del tutto la Sposa legittima ma tenersi accanto la concubina, credendo di piacere ad entrambe. La nostra Religione non conosce mezze misure, mentre l’adulterio teorizzato da Amoris Laetitia è solo una triste conferma di una mentalità corrotta, che non solo non vuole obbedire alla Legge divina, ma che non è capace di amare Dio. Perché chi ama Dio, pur con tutti i propri difetti, non tollera compromessi, non concepisce nemmeno l’ipotesi che Gli si possa recare offesa servendo due padroni, o presumendo di poter amare entrambi. E chi ama Dio, desidera che tutti Lo riconoscano come loro Signore, che tutti possano condividere quell’Amore infinito, esser consumati dal fuoco della Carità, illuminati dallo splendore della Fede. Ma sono cose che si comprendono solo se si ama e se ci si lascia amare. E quando ciò avviene, diventiamo davvero ejus divinitatis consortes, qui humanitatis nostrae fieri dignatus est particeps. Solo allora comprendiamo che la humanae substantiae dignitas, mirabilmente creata da Dio ed ancor più mirabilmente redenta col sacrificio della Croce, non ci permette di fornicare con gl’idoli: non solo perché ciò è contro la Fede, ma perché ripugna alla Carità, che con quella coincide in Dio. 

Il mio augurio più sincero, il mio voto più ardente, è che Ella possa sperimentare questa unicità ineffabile, questo coinvolgimento inesprimibile, questo respiro d’eternità. Ella scoprirà che solo nell’annichilimento della Sua fragilità può risplendere il Sacerdozio di Cristo, facendoLa esclamare con Sant’Agostino: «Admiramini, gaudete: Christus factus sum». Non serviranno più dispute, mi creda. 

Santissimo Natale di Nostro Signore,

nell’anno di Grazia MMXVIII.

Copyright MMXVIII - Cesare Baronio

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