La benedizione Urbi et Orbi del 25 dicembre 2018
Il 25 dicembre 2018, festa del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo, dalla loggia centrale della Basilica Vaticana, Papa Francesco ha impartito la benedizione Urbi et Orbi, dopo aver recitato l’Angelus e letto un messaggio al mondo.
Il messaggio è iniziato ricordando il canto degli Angeli alla nascita di Nostro Signore:
Glória in excélsis Deo, et in terra pax homínibus bonae voluntátis; ovviamente nella versione italiana che, da dopo il Vaticano II, recita: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama.
Questa versione un po’ libera e un po’ fantasiosa, comunque difforme dal testo latino del Vangelo di San Luca (Lc. 2, 14), è quella della versione italiana ufficiale del Vangelo, curata dalla C. E. I.
Ovviamente, è da decenni che si critica questa libera traduzione, perché differisce da quello che la Chiesa ha sempre insegnato: che la pace di Dio discende solo “sugli uomini di buona volontà”, cioè sugli uomini la cui volontà è retta perché orientata a Dio.
E’ ovvio, infatti, che sarebbe un’ingiustizia se Dio facesse scendere la Sua pace anche sugli uomini che Gli voltano le spalle, e siccome Dio è la suprema Giustizia questo non avviene.
Perché allora questa traduzione “aggiornata”, e cioè adulterata?
La prima risposta è che tale traduzione ha la funzione di diffondere una nuova teologia: se Dio concede la Sua pace agli uomini che Egli ama, significa che Dio la concede a “tutti” gli uomini, perché è scontato che Dio ami tutte le sue creature; diversamente ci si troverebbe a dover ammettere che di tutti gli uomini Dio ne ami una parte e non ne ami l’altra parte… il che è semplicemente inconcepibile.
Peraltro, tale nuova teologia è la medesima che ha provveduto ad “aggiornare”, e cioè ad adulterare, anche la preghiera della Consacrazione, nella nuova Messa, là dove si fa dire a Gesù: «Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me», mentre il testo latino ufficiale continua recitare, anche nella nuova Messa: Hic est enim calix sánguinis mei, novi et ætérni testaménti: qui pro vobis et pro multis effundétur in remissiónem peccatórum».
La sostituzione del latino “pro multis” con l’italiano “per tutti” è prima di tutto falsa ed irreale, e secondariamente, almeno in italiano, è chiaramente stupida, poiché è più che palese che il latino “multis” è identico all’italiano “molti”, e qualunque ragazzino italiano, all’udire “multis”, non si azzarderebbe a pensare a “tutti” piuttosto che a “molti”. Ma ai traduttori moderni dei testi della Scrittura manca il minimo pudore e non si fermano neanche di fronte all’ovvio, pur di perseguire lo stolto scopo di cambiare la teologia e la religione.
Non bisogna dimenticare che la versione “per molti”, riportata dal Vangelo, implica che il Sangue versato da Gesù serve per la remissione dei peccati di coloro che si predispongono ad accettarlo, cioè di coloro che fanno di tutto per salvarsi, cioè agli “uomini di buona volta”; mentre la versione “per tutti” scarta questa necessaria disposizione degli uomini e suggerisce un automatismo che sta solo nella testa dei nuovi teologi, automatismo che annulla il libero arbitrio e che rende superflue l’Incarnazione, la Passione e la Resurrezione del Signore, poiché per salvare tutti automaticamente a Dio sarebbe bastato appena uno schiocco di dita, per così dire.
Ma torniamo alla loggia vaticana e a papa Bergoglio.
Come è stato fatto notare da molti, questo Papa dà prova di voler portare alle estreme conseguenze l’installazione della nuova teologia e della nuova religione avviate dal Vaticano II.
Se si legge il testo ufficiale del suo messaggio, riportato dal sito del Vaticano, si nota che l’espressione del canto degli Angeli: “pace in terra agli uomini che Egli ama”, contiene una virgola che non è presente nel testo CEI del Vangelo:
“pace in terra agli uomini, che Egli ama”;
virgola che è chiaramente indicata con una pausa nella registrazione ufficiale dell'evento, trasmessa dal sito del Vaticano e reperibile per intero su youtube.
https://www.youtube.com/watch?v=qcDcHCtkSEA
Ora, se fino al 25 dicembre 2018, preti e teologi moderni hanno cercato di giustificare la nuova traduzione degli “uomini di buona volontà” con gli “uomini che egli ama”, come se si trattasse di un’equivalenza, da questa data ogni equivoco non sussiste più, papa Bergoglio ha voluto gettare la maschera, come a voler dire che non è più tempo di giustificazioni postume: la nuova teologia e la nuova religione devono essere dichiarate apertamente senza alcuna titubanza.
«pace in terra agli uomini», cioè a tutti gli uomini: credenti e miscredenti, credenti che si sforzano di aderire alla volontà di Dio e credenti che se ne fregano della volontà di Dio (che tra parentesi significa che di fatto sono anch’essi dei miscredenti);
virgola,
«che Egli ama», cioè che Dio ama indipendentemente dalla loro “buona” o “cattiva” volontà; indipendentemente dal fatto che aderiscano alla verità o all’errore, indipendentemente dal fatto che intendano servire Dio o il diavolo.
Il passaggio non è da poco, poiché, insieme alla volutamente errata traduzione del Canone, ribadisce che con l’Incarnazione, e con la Passione e la Resurrezione, Dio avrebbe redento tutti gli uomini, facendo sì che per la venuta del Salvatore tutti si salverebbero, indipendentemente dalla loro volontà, cosa che in pratica equivale alla cancellazione del libero arbitrio e accomuna l’insegnamento della Chiesa all’insegnamento della contro-chiesa inventata da Lutero.
Ed in effetti fu questo, e continua ad essere questo, lo scopo del Vaticano II: protestantizzare la Chiesa cattolica, non solo per compiacere gli eretici, ma per compiacere il mondo, che vuole una Chiesa insignificante, una Chiesa inutile, se non idonea a servire da strumento per le mire mondialiste che perseguono un “nuovo ordine mondiale” propedeutico all’effimero regno dell’Anticristo.
Questo assunto non è una deduzione che qualcuno potrebbe chiamare gratuita e interessata, ma è lo stesso che spiega Papa Bergoglio nel seguito del suo messaggio.
«E che cosa ci dice quel Bambino, nato per noi dalla Vergine Maria? Qual è il messaggio universale del Natale? Ci dice che Dio è Padre buono e noi siamo tutti fratelli. Questa verità sta alla base della visione cristiana dell’umanità. Senza la fraternità che Gesù Cristo ci ha donato, i nostri sforzi per un mondo più giusto hanno il fiato corto, e anche i migliori progetti rischiano di diventare strutture senz’anima. Per questo il mio augurio di buon Natale è un augurio di fraternità. Fraternità tra persone di ogni nazione e cultura. Fraternità tra persone di idee diverse, ma capaci di rispettarsi e di ascoltare l’altro. Fraternità tra persone di diverse religioni. Gesù è venuto a rivelare il volto di Dio a tutti coloro che lo cercano. E il volto di Dio si è manifestato in un volto umano concreto. Non è apparso in un angelo, ma in un uomo, nato in un tempo e in un luogo. E così, con la sua incarnazione, il Figlio di Dio ci indica che la salvezza passa attraverso l’amore, l’accoglienza, il rispetto per questa nostra povera umanità che tutti condividiamo in una grande varietà di etnie, di lingue, di culture…, ma tutti fratelli in umanità!»
Chi non vedesse in queste parole il capovolgimento dell’insegnamento cattolico di sempre, dimostrerebbe di non essere in buona fede o di non essere cattolico.
In questa festa del Natale, nella terza Messa del giorno, sia il Vetus sia il Novus Ordo leggono il Prologo del Vangelo di San Giovanni: In princípio erat Verbum – In principio era il Verbo. Ai versetti 12 e 13, il testo recita: «A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati».
Diversamente da come afferma papa Bergoglio urbi et orbi: «Qual è il messaggio universale del Natale? Ci dice che Dio è Padre buono e noi siamo tutti fratelli», la stessa Chiesa moderna ricorda l’insegnamento secondo il quale non siamo “tutti fratelli”, ma possono diventarlo coloro che “l’hanno accolto”, coloro che “credono nel suo nome”, coloro che non sono fratelli per il solo fatto di esistere (nati da sangue… da volere di carne… da volere di uomo), ma lo diventano se accolgono il Verbo Incarnato e credono nel Suo Nome.
La falsità dell’affermazione di Bergoglio rivela in tutta la sua ampiezza il cambio di religione che questo papa sta proseguendo ed accentuando.
«Fraternità tra persone di ogni nazione e cultura. Fraternità tra persone di idee diverse, ma capaci di rispettarsi e di ascoltare l’altro. Fraternità tra persone di diverse religioni».
Com’è possibile che si possa essere fratelli nella diversità di cultura, idee e religioni?
E’ impossibile, poiché si è fratelli solo quando si è figli dello stesso padre, e cioè quando si è figli della stessa famiglia in cui il padre ha infuso cultura, idee e religione.
Questa spuria fraternità bergogliana, invece, non è la fraternità cristiana, ma la fraternità rivoluzionaria, inventata dalla Rivoluzione francese e portata avanti da ogni tipo di laicismo, fino alle deviazioni rivoluzionarie del Vaticano II.
Non a caso lo stesso papa Bergoglio conclude la sua tiritera con la coerente affermazione: «tutti fratelli in umanità!», a conferma che non parla da cattolico, ma da acattolico, da laico, da rivoluzionario. La sua novella fratellanza o fraternità non è quella portata da Gesù, ma quella inventata dai filosofi dell’Illuminismo, Rousseau, Voltaire e Montesquieu, fondata su una realtà inesistente che dovrebbe essere realizzata demolendo la realtà vera e cioè il diritto naturale insito nell’uomo per volontà di Dio e collimante con i suoi Comandamenti.
Con tale espressione, Bergoglio dimostra di aver fatto propria la fraternità rivoluzionaria e di aver rigettato la fraternità cattolica: «siamo tutti fratelli in umanità!», non “fratelli in Cristo, in Dio”!
E il seguito del messaggio conferma questo cambio di riferimento, da Dio all’umanità, questo cambio di religione, dalla religione di Dio alla religione dell’umanità: «L’esperienza della famiglia ce lo insegna: tra fratelli e sorelle siamo diversi l’uno dall’altro, e non sempre andiamo d’accordo, ma c’è un legame indissolubile che ci lega e l’amore dei genitori ci aiuta a volerci bene. Lo stesso vale per la famiglia umana, ma qui è Dio il “genitore”, il fondamento e la forza della nostra fraternità».
Questa espressione è come se spiegasse che la precedente fraternità “in umanità”, nonostante se stessa, sarebbe una fraternità “in Dio”: «il fondamento e la forza della nostra fraternità»; tuttavia essa conferma chiaramente che, secondo Bergoglio, l’essere “fratelli in umanità” sarebbe la stessa cosa che l’essere “fratelli in Dio”, arrivando quindi al paradosso panteista che ci sarebbe identità tra l’umanità e Dio, che ci sarebbe identità fra il Creatore e la creatura; siamo al “sarete come dei” del peccato originale.
E convincere, o cercare di convincere, che l’umanità sarebbe il nuovo dio da adorare, significa che, per Bergoglio, il culto dovuto all’Unico Vero Dio, può tranquillamente essere sostituito con un nuovo culto da rendere al “Principe di questo mondo”.
Con questa partenza, per il nuovo anno 2019 non ci si potrà aspettare certo qualcosa di buono da parte di Bergoglio, è necessario allora pregare il Signore perché ci liberi al più presto dai falsi profeti che imperversano tra noi, e perché ci aiuti sempre più a riconoscerli e a fuggirli.
Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. (Mt. 7, 15)
di Giovanni Servodio
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