“Complottista” è diventato un insulto? La potenza di ricatto detenuta dai Padroni del Discorso è così grande che la maggior parte delle persone, a cominciare dai "sedicenti intellettuali" cedono senza neanche provare combattere
i Francesco Lamendola
Che la cosa ci piaccia o no, siamo cittadini del terzo millennio, cioè siamo inseriti nelle strutture politiche, sociali, economiche, finanziarie, culturali e religiose di questo particolare momento storico. Se esse ci piacciono, se sono di nostro gusto, se soddisfano ragionevolmente i nostri bisogni e promettono di soddisfare le nostre aspettative, allora non c’è alcun problema: potete smettere di leggere queste righe e passare a fare qualcos’altro. Vuol dire che siete nel posto giusto e nel momento giusto. Se, invece, avete la sensazione, e anche qualcosa di più di una semplice sensazione, di essere nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, allora bisogna che vi facciate qualche domanda. La vostra insoddisfazione e la vostra inquietudine nascono da fattori puramente soggettivi, oppure sono oggettivi, cioè sono determinate da fattori esterni e riguardano anche moltissime altre persone, oltre a voi?
La prima cosa da fare è questa: resistere alla tentazione di colpevolizzarsi.
Fra i vostri amici e conoscenti, fra i vostri colleghi e concittadini, e persino tra i vostri familiari e le persone a voi più vicine, ce ne sono altre che condividono lo stesso tipo di malessere, la stessa frustrazione e la stessa convinzione che qualcosa non sia come dovrebbe essere? Nel primo caso, cioè nel caso che si tratti di un disagio tutto vostro, dovuto al vostro carattere, alla vostra condizione individuale, a ragioni personali e contingenti, perché avete perso il posto di lavoro, oppure vostra moglie se n’è andata, o vostro figlio si droga, eccetera, allora avete bisogno di chiarire a fondo le ragioni psicologiche della vostra sofferenza, magari con l’aiuto di un’altra persona, e, nei casi più gravi, se cioè state sprofondando nella depressione, avete bisogno anche di una vera e propria assistenza medica e psichiatrica. Il nostro consiglio è che non vi mettiate nelle mani di quegli stregoni e praticanti della magia nera che sono gli psicanalisti; ma del resto, fate come credete: ogni malato si sceglie il medico nel quale ha maggiore fiducia. Ovviamente potete anche non scegliere nulla, non fare nulla, e aspettare che le cose si aggiustino da sé: può essere una strategia valida; ma solo se il vostro male non è penetrato troppo in profondità e solo se il tipo di vita che conducete vi offre naturalmente delle occasioni di auto-guarigione. Se, viceversa, siete arrivati alla conclusione che la vostra inquietudine, il vostri disagio, il vostro senso di estraniamento e d’impotenza non dipendono da voi; se pensate che in voi non ci sia nulla che non va, ma che il problema sia esterno a voi, e abbia a che fare con i meccanismi della società odierna, ebbene anche in questo caso è necessario fare una distinzione. Si tratta di vedere, infatti, se il vostro giudizio è corretto: cosa non facile da capire, finché vi confrontate solo con voi stessi. La differenza fra un giudizio esatto e un giudizio errato, quando il senso di estraniamento rispetto alla realtà esterna è molto forte, e persino totale, è difficile da valutare: chi ne garantisce la correttezza, se colui che giudica e colui che viene giudicato sono la stessa persona? Se uno crede di essere Napoleone, i casi sono due: o lo è davvero, o non lo è. Se lo è, ma capita in un manicomio, gli daranno del pazzo; se non lo è, saranno i savi a dargli del pazzo: ma in entrambi i casi lui ripeterà la stessa cosa, di essere realmente Napoleone.
Bisogna abituarsi a sentirsi accusare di superbia. A sentirsi dire: chi credi di essere, per criticare il presidente della Repubblica? chi credi di essere, per criticare così il papa? Il vero problema oggi è se valga la pena di stare a discutere con gli idioti, con i cialtroni e con i bugiardi di professione o per vocazione.
Uno degli aspetti più brutti, più angosciosi e più ingiusti - se così possiamo dire, nel senso che urta maggiormente contro il senso innato della giustizia – della modernità, è che le categorie del vero e del falso tendono a liquefarsi e a scambiarsi i ruoli, grazie al relativismo imperante ed eretto a sistema (tirannico) del giudizio, o meglio del non-giudizio. Chi sono io per giudicare?, si sente dire sempre più spesso, anche da autorevolissimi pulpiti. Pare che giudicare sia diventata un’azione nefanda, della quale vergognarsi; invece è l’azione più giusta e necessaria di tutte. La vita si basa sul giudizio, dal principio alla fine: niente giudizio, niente vita. Noi tutti, per esempio, giudichiamo che nascere sia meglio che non nascere, e facciamo dei figli (o meglio, li facevamo); che sapere qualcosa sia meglio che non saper nulla, e studiamo; che lavorare sia meglio che vivere chiedendo l’elemosina o rubando, e cerchiamo un lavoro; che lasciar vivere sia meglio che togliere la vita, e ci asteniamo dall’omicidio; e così via. E tuttavia ci troviamo a vivere in una società e in una cultura che sembrano detestare il giudizio e che, nello stesso tempo, hanno preso una direzione nella quale non ci riconosciamo, che non ci piace, che non ci convince, che forse ci fa persino orrore. Ecco; se questo è il vostro caso, allora proviamo a riflettere su quel che può fare una persona che si accorge di trovarsi in una situazione di questo genere.
La potenza di ricatto detenuta dai Padroni del Discorso è così grande che la maggior parte delle persone, a cominciare dai sedicenti intellettuali, cedono senza neanche provare combattere: tale è la paura di essere bollati, ad esempio, come “complottisti”.
Ora, qual è la prima cosa da fare, se ci si rende conto di non avere in sé niente che non va, ma di trovarsi a vivere in una società che ha molte, troppe cose che non vanno; in una società che è profondamente malata; in una società pressoché invivibile, cioè dominata da meccanismi che producono necessariamente un abbrutimento, una perdita di umanità, un senso crescente d’isolamento, di rimpicciolimento, di alienazione? Ebbene, la prima cosa da fare è questa: resistere alla tentazione di colpevolizzarsi; rifiutare il ricatto del: se non ti adatti come gli altri è solo colpa tua, perché gli altri stanno benissimo; riaffermare, contro il relativismo, il proprio diritto a giudicare, e precisamente a giudicare stupido ciò che è stupido, volgare ciò che è volgare, menzognero ciò che è menzognero, anche se pare che tutti, o quasi tutti, trovino che le cose stupide siano intelligenti, che le cose volgari siano gradevoli e che le menzogne siano altrettante, sacrosante verità. In alte parole, bisogna vincere, ma all’incontrario, il complesso di Napoleone; e se qualcuno venisse a chiederci, con aria di sfida, forte del fatto di essere in numerosa compagnia, mentre noi siamo praticamente soli: Ma tu chi credi di essere, Napoleone?, a costui bisogna rispondere come si merita: Tu l’hai detto; io sono proprio Napoleone. Lui voleva dire chi ci crediamo di essere, e come ci permettiamo di crederci nel giusto, se apparteniamo a una piccolissima minoranza, mentre tutti gli altri dicono, pensano e fanno il contrario di noi; e noi gli facciamo capire di non avere alcuna soggezione, alcun complesso d’inferiorità; perché deve sentirsi a disagio non chi è solo, o in piccola compagnia, rispetto a chi appartiene a un esercito numeroso, ma chi è nella falsità, nella stupidità e nella volgarità, anche se è talmente immerso nella menzogna da non rendersene neppure conto.Questo, semmai, è il problema: se valga la pena di stare a discutere con gli idioti, con i cialtroni e con i bugiardi di professione o per vocazione. E la risposta è no, in linea di massima; solo se è in ballo qualcosa d’immediato e di molto importante ci si può provare; ma sapendo in partenza che è perfettamente inutile. Naturalmente, comportandosi così, si passa per dei presuntuosi, dei superbi, degli arroganti; non fa nulla: chi è che lo pensa?, della gente che non vale nulla. Bisogna temere il giudizio delle persone di valore, delle persone oneste, delle persone coerenti e sincere; non quello degl’imbecilli e dei cialtroni.
La radice di tutti i problemi è l’io: la smania dell’io di avere, di apparire, di essere ammirato: è sul ricatto dell’io che si basa tutta l’impalcatura della tirannide plutocratica.
Di fatto, oggi il potere mondiale è detenuto da una minuscola oligarchia di plutocrati dell’alta finanza che manovra, direttamente o indirettamente, i governi, l’economia, l’informazione, la sanità, la cultura, eccetera. Prendiamo il caso della sanità. Perché un certo governo decide improvvisamente, che tutti i bambini devono sottoporsi a un determinato vaccino, o magari a una decina di vaccini obbligatori? E perché la stampa e la televisione dicono, all’unisono, che è giusto così, e che opporre resistenza significa esporre a dei gravi rischi non solo i propri figli, ma tutti i bambini che frequentano un asilo o una scuola? E perché medici, intellettuali, magistrati, si affrettano a rincarare la dose, dipingendo come irresponsabili e quasi come criminali quelli che esprimono dubbi e perplessità? Da dove vengono tanto unanimismo, tanto tempismo, tanta solidarietà? E come mai quasi nessuno, fra quelli che contano, a cominciare dal legislatore, cioè dai membri del parlamento, fa mai le domande scomode? Perché non chiedono prove, statistiche, fatti oggettivi, che dimostrino sia la necessità della vaccinazione obbligatoria, sia il rispetto dei normali procedimenti scientifici e precauzionali per attestare l’assenza di pericoli ed effetti collaterali per i bambini che vengono vaccinati? Abbiamo fatto un esempio fra cento, fra mille:nel totalitarismo plutocratico mascherato da democrazia, pare che il popolo sia effettivamente sovrano e che tutto quello che avviene, avvenga su richiesta o con il consenso dei cittadini elettori. Ma non è così. Se i cittadini sono ridotti a una mandria di pecore che non ragionano più, che hanno subito il lavaggio del cervello, che si preoccupano solo di frivolezze insulse e nocive, come procurarsi l’ultimo modello di telefonino e passarci la giornata attaccati, e questo, magari, fin dalla più tenera età, allora non è vero che viviamo in democrazia e, comunque, non è vero che tutto quanto avviene, avviene con il consenso o su richiesta dei cittadini. È vero, al contrario, che quasi tutte le decisioni importanti avvengono sulla testa della gente comune, ridotta al ruolo di consumatrice passiva e di cavia per esprimenti diabolici, che vanno dall’educazione, alla salute, all’economia, alla formazione intellettuale, alla stessa fede religiosa.
La tirannide plutocratica controlla l’informazione, la stampa, la televisione e il cinema; controlla il linguaggio: e ciò le consente, attraverso i suoi "Servi" di bollare in positivo o in negativo qualsiasi cosa o persona.
La prima cosa da fare
di Francesco Lamendola
continua su:
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.