Ordinate delle diaconesse nella Chiesa siriaca ortodossa di Liegi
Intanto si compiono gesti e si procurano notizie atte ad assuefare i fedeli cattolici all'idea che le donne possano tranquillamente accedere all'Ordinazione; in attesa che si possa compiere il passo successivo dell'ordinazione sacerdotale delle donne, come accade nelle Chiese protestanti.
La rivoluzione nella Chiesa continua ad avanzare, oggi passo dopo passo, la sua opera di demolizione del cattolicesimo non si arresta e continua a trovare sempre nuovi vescovi e papi disposti ad avallarla e perfino a collaborare per portarla a compimento.
Notizia
Pubblichiamo questa notizia tratta dal sito cattolico belga CATHOBEL
La notizia è interessante perché il vescovo cattolico di Liegi, Mons. Jean-Pierre Delville, ha voluto felicitarsi pubblicamente con le diaconesse e si è fatto fotografare con esse, e la foto è stata diffusa anche dal sito cattolico menzionato.
Non sfugge il fatto che un gesto del genere da parte del vescovo equivale a dichiarare che egli è favorevole all'introduzione del diaconato femminile nella Chiesa cattolica.
La notizia è interessante perché il vescovo cattolico di Liegi, Mons. Jean-Pierre Delville, ha voluto felicitarsi pubblicamente con le diaconesse e si è fatto fotografare con esse, e la foto è stata diffusa anche dal sito cattolico menzionato.
Non sfugge il fatto che un gesto del genere da parte del vescovo equivale a dichiarare che egli è favorevole all'introduzione del diaconato femminile nella Chiesa cattolica.
Intanto si compiono gesti e si procurano notizie atte ad assuefare i fedeli cattolici all'idea che le donne possano tranquillamente accedere all'Ordinazione; in attesa che si possa compiere il passo successivo dell'ordinazione sacerdotale delle donne, come accade nelle Chiese protestanti.
La rivoluzione nella Chiesa continua ad avanzare, oggi passo dopo passo, la sua opera di demolizione del cattolicesimo non si arresta e continua a trovare sempre nuovi vescovi e papi disposti ad avallarla e perfino a collaborare per portarla a compimento.
Il 25 gennaio 2019, nella chiesa Saint-Lambert a Herstal, numerosi fedeli cattolici, protestanti, ortodossi e anglicani hanno potuto apprezzare la bellezza delle preghiere e dei canti della Chiesa siriaca, che è una delle più vicine alla Chiesa cattolica, grazie ai numerosi accordi teologici che sono stati firmati dopo il Concilio Vaticano II.
Mons. Jean-Pierre Delville, vescovo di Liegi, ha voluto felicitarsi con le nuove diaconesse, che hanno chiesto di essere fotografate con lui.
E’ in questo modo che è stato fatto conoscere all’opinione pubblica l’avvenimento poco banale che si è verificato il 3 dicembre 2018: quando 22 donne sono state ordinate diaconesse.
Mentre la Chiesa cattolica si interroga sul ripristino del diaconato femminile, la Chiesa siriaca le apre la strada ristabilendo questo antico ministero caduto in disuso.
Mons. George Gawriye, vescovo della Chiesa siriaca ortodossa, ha ordinato 11 lettori, 2 suddiaconi e 22 diaconesse a Herstal, nella chiesa dell’Immacolata Concezione de la Préalle, dove celebra la comunità siriaca Saint Simon des Oliviers, sotto la direzione del prete Fikri Gabriel.
Nella storia dei Siriaci di Liegi, l’ordinazione delle diaconesse è una primizia. Dopo 40 anni di presenza sul territorio di questa provincia, 22 giovani donne si sono presentate per servire la loro chiesa.
La cerimonia ha avuto luogo nella quinta Domenica di Avvento, che corrisponde alla Visitazione di Maria ad Elisabetta. Mons. Georges, dopo aver presieduto la Messa domenicale, ha chiesto al prete Fikri Gabriel di presentare le candidate, che sono volontarie per servire la loro Chiesa.
Per prima cosa, il vescovo ha ordinato 11 cantori al lettorato; poi, due lettori sono stati ordinati suddiaconi per la direzione dei canti liturgici e la traduzione delle letture. Infine, la cerimonia delle ordinazioni si è conclusa con la consacrazione delle diaconesse.
Si tratta di madri e di giovani nubili che hanno deciso liberamente di servire la santa Messa in collaborazione con i lettori, i suddiaconi e i diaconi. Qui presiedono la corale, le letture paoline e i canti domenicali. In caso di necessità possono ricoprire il ruolo di bnoth kyomo(figlie dell’alleanza), per visitare gli ammalati, portare la comunione e annunciare il Vangelo.
Mons. Jean-Pierre Delville, vescovo di Liegi, ha voluto felicitarsi con le nuove diaconesse, che hanno chiesto di essere fotografate con lui.
E’ in questo modo che è stato fatto conoscere all’opinione pubblica l’avvenimento poco banale che si è verificato il 3 dicembre 2018: quando 22 donne sono state ordinate diaconesse.
Mentre la Chiesa cattolica si interroga sul ripristino del diaconato femminile, la Chiesa siriaca le apre la strada ristabilendo questo antico ministero caduto in disuso.
Mons. George Gawriye, vescovo della Chiesa siriaca ortodossa, ha ordinato 11 lettori, 2 suddiaconi e 22 diaconesse a Herstal, nella chiesa dell’Immacolata Concezione de la Préalle, dove celebra la comunità siriaca Saint Simon des Oliviers, sotto la direzione del prete Fikri Gabriel.
Nella storia dei Siriaci di Liegi, l’ordinazione delle diaconesse è una primizia. Dopo 40 anni di presenza sul territorio di questa provincia, 22 giovani donne si sono presentate per servire la loro chiesa.
La cerimonia ha avuto luogo nella quinta Domenica di Avvento, che corrisponde alla Visitazione di Maria ad Elisabetta. Mons. Georges, dopo aver presieduto la Messa domenicale, ha chiesto al prete Fikri Gabriel di presentare le candidate, che sono volontarie per servire la loro Chiesa.
Per prima cosa, il vescovo ha ordinato 11 cantori al lettorato; poi, due lettori sono stati ordinati suddiaconi per la direzione dei canti liturgici e la traduzione delle letture. Infine, la cerimonia delle ordinazioni si è conclusa con la consacrazione delle diaconesse.
Si tratta di madri e di giovani nubili che hanno deciso liberamente di servire la santa Messa in collaborazione con i lettori, i suddiaconi e i diaconi. Qui presiedono la corale, le letture paoline e i canti domenicali. In caso di necessità possono ricoprire il ruolo di bnoth kyomo(figlie dell’alleanza), per visitare gli ammalati, portare la comunione e annunciare il Vangelo.
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febbraio 2019
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2809_Ordinate_diaconesse_siriache.html
Fratellanza, sfida per gli uomini più che per le religioni
Il Papa negli Emirati ha aperto una porta alla fratellanza tra le religioni. Ma ci sono religioni che non vogliono la pace. La soluzione è affidarsi al piano naturale, che ogni religione porta con sé dato che i fedeli sono tutti ugualmente uomini. La fratellanza non sarebbe delle religioni tra loro ma degli uomini delle varie religioni. E in questo scenario si colloca l’unicità di Cristo nel darci la vera pace.
Il Papa negli Emirati ha aperto una porta alla fratellanza tra le religioni e alla tolleranza. In un simile contesto egli certamente non poteva dire tutto, ma indicare una strada che permettesse un maggiore incontro e una maggior dialogo tra le religioni. Averlo fatto in quel luogo, davanti a quelle persone e durante quel congresso ha dato al suo intervento una risonanza e una autorevolezza capaci di produrre degli effetti. Ha contribuito a rasserenare gli animi e i rapporti e ha preparato nuovi auspicabili passi in avanti in futuro.
Sarebbe però irrealistico pensare che gli aspetti che non vengono fatti emergere per rendere possibile l’incontro non emergano in seguito, soprattutto se sono collegati non con contingenze storiche della vita delle religioni ma con la loro stessa essenza teologica. Aspetti, quindi, di cui le religioni non possono fare a meno altrimenti diventerebbero altro da quello che sono. E questo, proprio per il rispetto che si deve ai credenti di altre religioni, non lo si può chiedere a nessuno. Tutti concordano che, come ha ricordato anche papa Francesco, dal dialogo non deve derivare un sincretismo religioso, ogni religione deve rimanere quella che è.
La pace deve essere quindi perseguita dalle varie religioni rimanendo quello che sono, ossia per motivi religiosi non generici ma specifici. Ossia non perché in fondo tutte adorano Dio, né tantomeno perché tutte adorano lo stesso Dio: pensarla così significherebbe ricadere nel sincretismo e mettere da parte le specificità che contraddistinguono le varie religioni, arrivando ad una unica religione mondiale depotenziata, priva di dogmi. Cose da ONU, al massimo. Proprio questo però è il punto dolente: ci sono religioni che non vogliono la pace. Dire che tutte le religioni vogliono la pace è scorretto dal punto di vista della fenomenologia religiosa e una apertura, di nuovo, ad un sincretismo indifferenziato.
Puntare quindi sui motivi religiosi della pace è certamente di buon auspicio ed esprime un desiderio condivisibile che nell’immediato può anche portare a pratiche di comprensione, dialogo e collaborazione. Non sembra però poter essere decisivo, perché comporterebbe di non riconoscere che non tutte le religioni sono pacifiche o, se vogliamo ridurre l’impatto della frase, che le religioni non sono tutte ugualmente pacifiche.
La soluzione a questo punto sembra poter essere di affidarsi al piano naturale, che ogni religione porta con sé dato che i fedeli delle diverse religioni sono tutti ugualmente uomini, condividono la medesima natura che li spinge a cercare il bene e fuggire il male, compreso il bene della pace e il male della guerra. Si tratterebbe di appellarsi alla comune umanità e alla religione come atteggiamento naturale, più che alla specificità dei contenuti delle varie religioni. In questo senso la fratellanza di cui si è parlato negli Emirati non sarebbe delle religioni tra loro ma degli uomini che appartengono alle religioni in quanto uomini.
A questo livello però nasce un altro problema. Ci sono religioni che non rispettano alcuni dettami della legge morale naturale, il che fa pensare che tra le religioni ci sia una diversa concezione della stessa natura umana. Un grande motivo di discrimine a questo proposito, come disse Benedetto XVI a Regensburg, è se le fedi religiose accettano di avere un rapporto essenziale con la ragione umana. Se non lo accettano – e qualcuna è certo che non l’accetta – è difficile farle convergere tutte in una fratellanza umana con delle regole comuni, perché le esigenze della natura umana risultano alla luce della ragione. Se la legittima autonomia della ragione non viene ammessa, oppure se viene oscurata e sminuita, comunque non pienamente valorizzata, a partire dalla convinzioni religiose, è difficile che essa possa fare pienamente il suo lavoro nell’ordine naturale. È come se chiedessimo alle religioni di convergere a protezione della famiglia e della vita in quanto elementi naturali. Scopriremmo così facendo che le varie religioni influenzano anche la visione naturale della famiglia e della vita sicché questa loro convergenza non si verifica. Lo stesso accade per la pace.
Le difficoltà, anche quelle teoriche e dottrinali, che sono le principali e le più resistenti, non devono bloccare le iniziative di incontro e di pace, però i problemi che esse coerentemente pongono prima o devono dovranno essere affrontati.
Tra queste difficoltà si colloca anche l’unicità di Cristo nel darci la vera pace. La pace in senso limitato, ossia come convivenza, come rispetto, come tolleranza reciproca, come fare qualche tratto di strada insieme per finalità mirate, sono possibili, pur con le difficoltà viste sopra, ma la pace “vera”, quella “che il mondo irride ma che rapir non può” la dà solo Gesù Cristo. Se così non fosse, Cristo sarebbe sì utile ma non indispensabile e non avrebbe detto “vi do la mia pace”, si sarebbe limitato a dire “vi do la pace”. Il modo incompleto di considerare la pace propria delle altre religioni – incompleto se paragonato alla pienezza cristiana – non potrà darci la pace vera. Ciò non comporta rinunciare a fare passi di dialogo, anzi, ma nella consapevolezza che in quei modi ci si potrà avvicinare alla pace o la si realizzerà come non-belligeranza e con-vivenza, ma non nella sua pienezza né di ordine soprannaturale né di ordine naturale.
Stefano Fontana
http://lanuovabq.it/it/fratellanza-sfida-per-gli-uomini-piu-che-per-le-religioni
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