ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 19 luglio 2019

Capiterà anche qui

La psicopolizia nella scuola del Grande Fratello

               

L’articolo che segue è del 1° marzo 2018 con il titolo “Psicopolizia scolastica”. Lo ripubblichiamo oggi perché quanto sta emergendo dall’inchiesta “Angeli e Demoni” riguardo al sistema dei servizi sociali della Val d’Enza e ad altre realtà italiane consente di leggerlo, o di rileggerlo, cogliendone appieno le implicazioni. Nella speranza che chi è genitore prenda coscienza dei rischi che si annidano sotto iniziative in apparenza utili e che chi ha responsabilità politiche o amministrative, sulla coscienza si metta una mano. Le degenerazioni venute alla luce sono figlie di vizi strutturali ed è solo incidendo in profondità nel corpo normativo, burocratico, amministrativo, culturale, che sarà possibile iniziare a controllare un sistema impazzito.  

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Circolare del dirigente, indirizzata ai genitori degli alunni di scuola media e intitolata “Avvio servizio Spazio Ascolto”: Dal mese di febbraio 2018, sarà attivato presso la scuola il servizio dello Spazio Ascolto, rivolto agli alunni di tutte le classi. Questo servizio, finanziato dall’istituto con il contributo volontario delle famiglie, sarà condotto da una psicoterapeuta opportunamente formata, che sarà a disposizione per un colloquio con i ragazzi che ne facciano richiesta prenotandosi attraverso un modulo apposito.
Lo sportello di Ascolto ha le seguenti finalità:
  • Costituire un’opportunità per favorire riflessioni
  • Costituire un momento qualificante di educazione alla salute e prevenzione del disagio, per il benessere psicofisico degli studenti
  • Promuovere negli alunni la motivazione allo studio e la fiducia in se stessi
  • Costituire un momento qualificante di ascolto e di sviluppo di una relazione di aiuto
Ai ragazzi verrà così offerta la possibilità di dialogare con un adulto competente ed estraneo all’ambiente quotidiano in cui vive sulle problematiche giovanili, sulle difficoltà con il mondo della scuola, la famiglia, i pari, ecc. Ogni colloquio può rappresentare un’opportunità preziosa di aiuto verso la soluzione di problemi che egli desidera affrontare in maniera autonoma dalle figure genitoriali. Con il procedere del processo maturativi, infatti, può emergere il desiderio e la necessità di trovare un interlocutore adulto – che non sia il genitore da cui fisiologicamente è spinto ad emanciparsi – per trattare piccoli o grandi problemi relativi al momento che si sta vivendo, o per condividere stupore, disorientamento o a volte l’ansia che il suo processo di crescita può comportare.
Vi invito a sostenere quest’iniziativa ricordandola ai vostri figli…
La scuola sottolinea, inoltre, che il minore può decidere autonomamente di usufruire del servizio, anche all’insaputa dei genitori, e che resta garantita la sua privacy anche nei confronti della famiglia, salvo casi particolari in cui emergano eventuali elementi penalmente rilevanti.
Ecco il volantino consegnato ai bambini:
Tutto bello? Un benemerito servizio offerto agli utenti dall’istituzione? Per il bene dei giovani alunni? Un aiuto alle famiglie?
COSA C’È SOTTO Proviamo a sfilarci di dosso gli occhiali glamour del politicamente corretto e a osservare la scena a occhio nudo, e magari a metterla insieme a qualche altra istantanea presa dalla cronaca, dalla politica, dalla legge e dalla giustizia, o da quel che ne rimane. Ne esce un’altra storia.
Dunque: padre e madre sono chiamati, dalla istituzione scolastica, a promuovere – e pure foraggiare – il proprio esautoramento, cioè ad abdicare all’esercizio della patria potestà a vantaggio di un soggetto estraneo, perfetto sconosciuto, ma per definizione “competente” perché ammaestrato presso le facoltà di pseudo-scienze cosiddette “umane” a parlare in gergo di ordinanza, a maneggiare le categorie di ordinanza, a simulare la presenza di un pensiero sottostante a quel gergo e a quelle categorie.
Sono, costoro (fatte le debite, rare, eccezioni), i portatori (in)sani delle idee degenerate che è prescritto a tutti di dover pensare – per poi produrre comportamenti conformi – e tutti insieme compongono un organo di trasmissione capillare, onnipresente, tra la centrale di comando e la massa telecomandata. E si capisce: al tiranno travestito da salvatore serve un popolo sciolto dai suoi legami naturali (leggi: famigliari) e dipendente a vita dalla terapia, dalla culla alla tomba; un popolo stordito dal suono monocorde delle formule vuote salmodiate dai professionisti del nulla, quanto basta per fidarsi ciecamente di loro senza chiedersi alcun perché. 
Del resto, dalle fucine accademiche di taglio sociopsicopedagogico vengono liberati a getto continuo sciami di mestieranti “formatori”, magari (o possibilmente) analfabeti ma – in quanto rimpinzati di poltiglia tossica fino ad esserne strutturalmente compenetrati – eletti a esemplari umani di prima scelta, ovvero “esperti” certificati a norma europea, depositari per definizione del benessere dei propri simili. Anche, soprattutto, di quello dei nostri figli. Perché più precocemente si mette mano ai cervelli altrui, più alte sono le chances di assicurare al futuro la produzione di materiale umano docile, obbediente, omologato.
Ecco spiegata la premura dello Stato per la valorizzazione e per la piena occupazione della categoria, a dispetto della sua intrinseca pochezza e anche della sua magnitudine numerica. Il socio-psico-pedagogo è dappertutto: deve diventare l’angelo custode di Stato, sostituto laico del suo omologo celeste. L’Angelo di Dio assegnato a ciascuno dalla pietassuperna è già da tempo in soffitta tra quelle robe vecchie cui gli adepti della religione del fitness non credono più (compreso l’inquilino di Santa Marta che alterna con disinvoltura le sedute dall’analista e dal confessore).
Ma l’infiltrazione nelle scuole di ogni ordine e grado, sponsorizzata o sopportata che sia da dirigenti più o meno allineati, non è né una novità né un’invenzione estemporanea. È una iattura antica, parte integrante di uno smottamento strategico che punta all’esautoramento del primo, fondamentale, nucleo sovrano della società: la famiglia. La famiglia va svuotata, dove c’è. E dove non c’è, perché bruciata nel rogo ”culturale“ libertario e nichilista, chi ha appiccato l’incendio è pronto a riciclarsi come pompiere.
I PRESUPPOSTI NORMATIVI Madre degli sportelli di ascolto o similari sono i cosiddetti CIC (Centri di Informazione e Consulenza), istituiti nel lontano 1990 dal Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 9/10/1990 n. 309), per le scuole secondarie superiori, con la specifica funzione di ausilio nella prevenzione o cura della tossicodipendenza, quando questa era ancora avvertita come problema.
Ma mentre l’allarme-droga progressivamente evaporava nell’immaginario collettivo, dissolto in chiacchiere di liberalizzazione e liberismo e libertà, i C.I.C., lungi dal subire un corrispondente ridimensionamento, acquisivano rinnovato impulso estendendo il proprio raggio di azione ad un ambito di portata generale e indeterminata. Una dopo l’altra, successive circolari ministeriali hanno perseguito il chiaro intento di attribuire agli esperti di psiche e dintorni la legittimazione istituzionale per penetrare in tutte le scuole, fin dalle materne («data la particolare importanza della precocità e della processualità degli interventi» vòlti a «promuovere lo “star bene” del bambino», recita la normativa), e così appropriarsi dei figli degli altri indossando la veste dei benefattori.
Ministro dell’Istruzione Rosa Russo Iervolino, stridulissimo esemplare di democristianismo in gonnella, i Centri concepiti per un problema circoscritto venivano ufficialmente dichiarati onnipotenti e investiti del compito totalizzante – da riferire agli «obiettivi primari della scuola» – di «promuovere il benessere degli alunni».
Ai sensi della Circolare Ministeriale 9 aprile 1994 n° 120, attuativa del predetto testo unico – il quale «vincola le scuole a progettare attività di educazione alla salute», dove per ”salute“ si intende, come stabilito dall’OMS, «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o infermità» – è «sempre più importante che il C.I.C. sia di fatto previsto e inserito in un progetto educativo d’istituto».
La sequenza dei ”criteri guida“ per la scelta, e il conseguente finanziamento, dei progetti di ”educazione alla salute“ rappresenta un campione istruttivo di delirio non solo letterario, che ottiene una sorta di interpretazione autentica dal successivo non meno delirante DM 26 nov 1998, n. 463, ministro Luigi Berlinguer, dove vengono illustrate le funzioni della disciplina.
IL POTERE DELL’”ESPERTO” Ma torniamo a quel nostro figlio adescato, tra le rassicuranti mura scolastiche, dal manipolatore di cervelli arruolato in servizio permanente effettivo. Capita pure – è anzi pratica diffusa – che, per procacciarsi la clientela, l’intraprendente professionista giri per le classi ad esortare i bambini a vincere ogni possibile vergogna ed approfittare del trattamento.
Ad adescamento avvenuto – cosa non certo difficile in una età in cui la mamma e il papà talvolta possono essere scomodi – l’estraneo ha spalancate le porte di tutt’un universo interiore, delicatissimo e sacro, in cui poter sguazzare liberamente, avendone titolo formale, al riparo del segreto professionale. Beffardo paradosso: l’adulto navigato, avvezzo a maneggiare gli strumenti del mestiere, è blindato a proprio esclusivo vantaggio nella privacy del suo simile implume, disarmato e indifeso. Può entrare a gamba tesa in una zona franca, priva di ogni regolamentazione. La guarentigie poste nel processo penale a garanzia dell’imputato, come il divieto di subornazione del testimone o il divieto di domande suggestive, non sono contemplati nel processo psicopedagogico, guarda un po’, dove il minore è in balia del funzionario di apparato, legittimato a carpire tutto ciò che vuole dei suoi pensieri, dubbi, pulsioni, ”piccoli e grandi problemi“, problemi veri o immaginari o indotti. Plateale arbitraria intrusione nella sfera privata dello scolaro e, di rimbalzo, della sua famiglia.
Non è frutto di fantasia né di esagerazione né di complottismo fantascientifico scorgere in questo modello, eretto oggi a sistema, un micidiale dispositivo di suggestione esogena e di spionaggio famigliare; un mezzo occhiuto, appuntito e invasivo fatto per spremere l’intimità dei piccoli, sfruttare la loro sacra ingenuità, manipolare la loro mente, procacciare informazioni all’apparato. Non per nulla in Unione Sovietica i commissari di regime usavano i bambini come strumenti di intelligence per stanare i cristiani clandestini.
La prossima fase, appena dietro l’angolo, ce la anticipano i paesi scandinavi, che come sempre marciano un passo avanti a noi. Lì il totalitarismo antifamigliare ha raggiunto il punto, autenticamente disumano, in cui, siccome i bambini sono di proprietà dello Stato, i poliziotti possono entrarti in casa e portarteli via a forza se, per esempio, scegli per loro l’istruzione parentale.
Capiterà anche qui. Scatterà l’ispezione dell’assistente sociale, saltasse fuori per esempio, in psico-colloquio scolastico a porte chiuse, che in famiglia non tutti sono dell’idea che omosessuale è bello, o che è cosa buona e giusta traslocare da un sesso all’altro a seconda di come tira il vento. Insomma, si potrà intervenire ovunque, prove testimoniali alla mano, emergano elementi pericolosamente sovversivi per la quiete funebre in cui il mondo nuovo riappacificato, liquido e omogeneizzato deve stabilizzarsi per ordine superiore.
Capiterà.
Ma andrà bene così ai bravi cittadini educati alla legalità, cioè alle belle persone amanti del dialogo della condivisione e della pace. Perché tutto passerà sotto l’arco trionfale dei buoni sentimenti e delle belle parole. La barbarie si farà scudo dei diritti umani e, in particolare – agghiacciante paradosso – dei ”diritti dei bambini“ (tra cui si annoverano il diritto alla privacy, il diritto all’informazione libera, i diritti ”sessuali e riproduttivi“, cioè diritto al piacere sessuale, alla contraccezione, semmai all’aborto, con tanti saluti ai genitori), lasciapassare attraente e inattaccabile confezionato su misura per servire la causa degli orchi. E sta già dando infatti, a molti, parecchie soddisfazioni… Ma questo è un altro grande capitolo.
Elisabetta Frezza Luglio 19, 2019

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