Le sue origini prossime e remote
PROLOGO
Nel precedente articolo abbiamo visto le tappe del processo di giudaizzazione dell’ambiente ecclesiale da Giovanni XXIII sino ai più recenti Documenti e libri di Benedetto XVI e Francesco. In esso mi sono soffermato alquanto sul Discorso di Giovanni Paolo II a Magonza (17 novembre 1980) sulla “Antica Alleanza mai revocata”.
Ora vorrei vedere in dettaglio come si è arrivati alla stesura della Dichiarazione Nostra aetate (1) (specialmente il n. 4, in cui si parla dei rapporti tra Cristianesimo e Giudaismo postbiblico) poiché essa è considerata comunemente il “principio e fondamento” della Teologia giudaico/cristiana della “Antica Alleanza mai revocata” (17 novembre 1980), in quanto già la stessa Dichiarazione conciliare NA del 28 ottobre 1965 asserisce che “gli Ebrei in grazia dei loro Padri rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento” (NA, n. 4/e).
Purtroppo questa Teologia giudaizzante oramai – con Benedetto XVI e Francesco, dopo il Pontificato teologicamente disastroso di Giovanni Paolo II – sta toccando il suo apice.
In effetti sia gli Ebrei che i “meta/Cristiani” giudaizzanti (come li pre-descriveva con molta lungimiranza Teilhard de Chardin) ritengono che “NA” sia il Documento (per esattezza è una “Dichiarazione”) più importante del Concilio Vaticano II, avendo dato luogo ad una nuova èra, quella giudaico/meta-cristiana della cosiddetta “chiesa conciliare” (card. Benelli et Kasper dixerunt) filo-giudaizzante, fondata sul dialogo (a senso unico) tra Ebraismo e Cristianesimo (tutto a favore del primo e a detrimento del secondo); in quest’èra, secondo i neomodernisti, “Gesù non è più necessario alla salvezza degli Ebrei”, i quali sono “sempre cari a Dio”, sono “tuttora il suo popolo eletto” e “restano nella sua Alleanza, che non è stata mai revocata”, anche dopo il Deicidio.
Purtroppo questa Teologia giudaizzante oramai – con Benedetto XVI e Francesco, dopo il Pontificato teologicamente disastroso di Giovanni Paolo II – sta toccando il suo apice.
In effetti sia gli Ebrei che i “meta/Cristiani” giudaizzanti (come li pre-descriveva con molta lungimiranza Teilhard de Chardin) ritengono che “NA” sia il Documento (per esattezza è una “Dichiarazione”) più importante del Concilio Vaticano II, avendo dato luogo ad una nuova èra, quella giudaico/meta-cristiana della cosiddetta “chiesa conciliare” (card. Benelli et Kasper dixerunt) filo-giudaizzante, fondata sul dialogo (a senso unico) tra Ebraismo e Cristianesimo (tutto a favore del primo e a detrimento del secondo); in quest’èra, secondo i neomodernisti, “Gesù non è più necessario alla salvezza degli Ebrei”, i quali sono “sempre cari a Dio”, sono “tuttora il suo popolo eletto” e “restano nella sua Alleanza, che non è stata mai revocata”, anche dopo il Deicidio.
MARX JULES ISAAC
Come si è arrivati a tanto? MARX JULES ISAAC, è stato uno dei protagonisti principali della formazione di “NA”; egli era un Ebreo, non credente, tendenzialmente comunista ed iscritto al B’nai B’rith (la massoneria ebraica, d’ora in poi B.B.), come ha rivelato il presidente del B.B. francese Marc Aron, il 16 novembre del 1991, nel discorso in occasione della premiazione del card. Decourtray “per meriti giudaico/massonici” o “modernisti” (qui sunt idem), essendo l’occultismo massonico una delle componenti del modernismo (2).
Occorre sapere che il Magistero della Chiesa ha condannato la massoneria in circa seicento documenti; Leone XIII nell’Enciclica Humanum Genus del 1884 ha sviscerato il problema definendo la Libera-Muratoria come diametralmente opposta alla religione cattolica. Infatti il fine della setta è la distruzione della Società civile cristiana e – se fosse possibile – della Chiesa. In realtà, essa vuole instaurare una “Repubblica universale”: il “Nuovo Ordine Mondiale”, con un “Tempio universale”: la “religiosità pan-ecumenista” di “Assisi/1986” dell’unità trascendente di tutte le religioni, la quale sarebbe nient’altro che la preparazione del Regno dell’Anticristo, avente come sua “anima” la Càbala giudaica. Le caratteristiche ideologiche della setta sono il laicismo, il pluralismo, il relativismo soggettivista, il liberalismo, il razionalismo naturalista, la tolleranza dogmatica o per principio e la libertà delle false religioni. Infine secondo la Libera-Muratoria Dio non esiste realmente, ma solo nella ragione degli uomini che hanno bisogno di “credere sentimentalmente” in un Ente che li aiuti a comportarsi bene, come insegnava Kant, la cui filosofia è il “cuore” del modernismo.
L’incontro tra Roncalli e Isaac (13 giugno 1960) fu organizzato dal B.B e da alcuni uomini politici socialcomunisti (3).
AGOSTINO BEA, NAHUM GOLDMAN E LABEL KATZ
L’altro artefice di “NA” fu il card. AGOSTINO BEA (4), che volle incontrare – sùbito dopo aver ricevuto da Roncalli l’incarico di arrivare ad un documento “revisionista” sui rapporti giudaico/cristiani – NAHUM GOLDMAN (Presidente del Congresso Mondiale Ebraico, nonché ideatore del Processo di Norimberga nel 1946) a Roma il 26 ottobre 1960. Bea chiese a Goldman, da parte di Roncalli, una bozza per il futuro documento del Concilio sui rapporti con gli Ebrei e sulla libertà religiosa (“NA” e “Dignitatis humanae personae”). Il 27 febbraio 1962 il memorandum fu presentato a Bea da Goldman e LABEL KATZ (anche lui membro del B.B.), a nome della Conferenza Mondiale delle Organizzazioni Ebraiche. Ebbene, questa bozza ispirata dalla massoneria ebraica (B.B.) e dal Congresso Mondiale Ebraico, ha prodotto “NA” (5).
ABRAHAM YOSHUA HESCHEL
Lo stesso Bea, sin dal 1961, incontrava spesso, a Roma, il rabbino ABRAHAM YOSHUA HESCHEL, professore al “Seminario Teologico Ebraico” statunitense. Egli fu il padre spirituale dei “teo-conservatori” cristianisti dell’amministrazione Bush jr., e «come collega scientifico di Bea... esercitò un notevole influsso sulla elaborazione di “NA”» (6).
YVES CONGAR, ISAAC & GOLDMAN
Nel 1990 JEAN MADIRAN ha svelato l’accordo segreto di Bea-Roncalli con i due dirigenti Ebrei (JULES ISAAC – NAHUM GOLDMAN), citando due articoli di LAZARE LANDAU, sul Quindicinale ebraico/francese “Tribune Juive” (n. 903, gennaio 1986 e n. 1001, dicembre 1987). Landau scrive: «Nell’inverno del 1962, i dirigenti Ebrei ricevevano insegreto, nel sottosuolo della sinagoga di Strasburgo, un inviato del Papa [...] il padre domenicano YVES CONGAR, incaricato da Bea e Roncalli di chiederci, ciò che ci aspettavamo dalla Chiesa cattolica, alla vigilia del Concilio [...] la nostra completa riabilitazione, fu la risposta [...]. In un sottosuolo segreto della sinagoga di Strasburgo, la dottrina della Chiesa aveva conosciuto realmente una mutazione sostanziale» (7) .
STANISLAS FUMET E JACQUES MARITAIN
Una rivista francese (Histoire du Christianisme Magazine) (8) parla di alcuni «Ebrei convertiti al Cristianesimo, “Cristiani giudaizzanti” ed “Ebrei cristianizzanti”» (9), che dettero luogo alla formazione del documento conciliare “NA”.
I CONIUGI MARITAIN, LEON BLOY, CHARLES PEGUY E CHARLES JOURNET
Secondo l’autore dell’articolo: Michel Fourcade (molto ben informato), RAÏSSA MARITAIN, nata ebrea e «impregnata di chassidismo [la mistica o Càbala ebraica luriana, ndr]» (10), ebbe un influsso notevole sul suo sposo JACQUES MARITAIN. Attorno ai Maritain si formò un cenacolo d’intellettuali, esteti, misticoidi che ebbero un ruolo fondamentale nella revisione della Teologia della sostituzione della Sinagoga da parte della Chiesa. Uno di essi fu LÉON BLOY «la cui influenza sarà importante sulla coppia Maritain» (11), un altro è «CHARLES PÉGUY, che dopo Bloy, è stato uno dei grandi ispiratori del filosemitismo in ambiente cristiano» (12), e in fine il futuro cardinale CHARLES JOURNET.
RAÏSSA, nacque UMANSHOFF, in Russia donde emigrò dieci anni dopo la sua nascita (1883), incontrò Jacques nel 1901, nei primissimi anni del Novecento conobbero Léon Bloy, “bisogna rivivere il clima di tensione e di esaltazione in cui li ha immersi [la conoscenza di Bloy, ndr], per capire meglio le ragioni che hanno spinto nel 1906 i Maritain a riesumare e ripubblicare a proprie spese un libro di Bloy così strano e complesso come Le salut par lesJuifs (13)” (14).
Bloy rivela a Raïssa che tra Cristianesimo e Giudaismo postbiblico «non c’è che unità, continuità, perfetta armonia» (15).
Attorno ai coniugi Maritain, ma sotto la ferrea direzione di Raïssa, si forma un cenacolo di artisti, dacché Raïssa pensava che la cultura e l’arte assieme alla “mistica” chassidica luriana, potessero “rinnovare” il Tomismo, il Cristianesimo e la Cristianità (demolendoli). Gran parte di questi personaggi esteti e bizzarri erano dei deviati (Jean Desbordes, François Mauriac, Julien Green e Jean Cocteau erano omosessuali dichiarati, qualcuno era tossicomane e scrivevano romanzi incitanti alla perversione morale), essi hanno creato uno stato di spirito e un atteggiamento mentale, decadente, dandy, pieno di disfacimento intellettuale e morale, dacché si pensa come si vive. Purtroppo da tale cenacolo è uscito l’Umanesimo integrale di Jacques Maritain (1936), e il neo cattolicesimo-liberale o democrazia-cristiana sillonista; assieme al Cristianesimo/giudaizzante rifacentesi al Giudaismo talmudico (definito da Jacques Maritain, sin dal 1906 “la razza primogenita di Dio” (16)) che, pian piano, dagli anni Venti si è sviluppato sino a crescere e a primeggiare nel 1965 con NA, e soprattutto con il lungo regno di Karol Wojtyla (che nel 1986 ha definito il Giudaismo come “Fratello maggiore del Cristianesimo”); esso rappresenta la vera peste e la grande apostasia del nostro tempo.
I CONIUGI FUMET, JEAN DE MENASCE E JEAN MARIE LUSTIGER
Mi sembra, tuttavia, che la figura di spicco, anche se poco conosciuta, sia quella di STANISLAS FUMET (17) (1896-1983), vissuto sino al pontificato di Giovanni Paolo II, «amico ardente d’Israele, egli voleva conciliare l’avanguardia artistica, la vita mistica [“chassidica o cabalistica e lo Zohar”, ndr] (18) e il rinnovamento del Tomismo [in chiave “umanistico-integrale”, ndr]; convertitosi verso gli inizi del Novecento, proveniente dall’anarchismo e dall’occultismo ebraico, «transfuga dall’anarchia e dallo spiritismo verso un Cristianesimo alquanto esoterico... si sente vicino al Sillon» (19).
Egli introdusse in ambiente cattolico a partire dal 1920, una nota di non-conformismo e uno stile fortemente bohemien alla Oscar Wilde. Anche il suo itinerario è passato attraverso Péguy e Léon Bloy, «un altro libro che risente dell’influsso di Fumet è quello del giovane Ebreo di origine egiziana, divenuto poi frate Domenicano, JEAN DE MENASCE, Quand Israel aime Dieu (1931)» (20). Nel 1976 il futuro cardinal JEAN MARIE LUSTIGER, ebreo “convertito” ma giudaizzante, scrisse a Stanislao Fumet per avere maggiori informazioni sul padre Domenicano Jean de Menasce, «il cui libro lo aveva affascinato» (21).
«Come il suo amico Jacques Maritain, Stanislas Fumet ha sposato (1919) un’Ebrea convertita d’origine russa, di nome ANIOUTA ROSENBLUM, che assieme a RAÏSSA UMANSHOFF-MARITAIN hanno trasmesso ai rispettivi sposi l’amore per l’oriente russo-ebraico..., per il filosemitismo ardente che si prolunga nel filosionismo» (22).
FRANCESKA VAN LEER
Le origini di tale filosionismo vanno ricercate in Bloy, secondo il quale – la salvezza venendo ancora dopo il Calvario dal Giudaismo postbiblico – occorre «accordare al “focolare nazionale ebraico” tutta la simpatia e... sogna una Chiesa giudaico-cattolica, come vi è una Chiesa greco-cattolica» (23). I coniugi Fumet stanno all’origine dell’Unione degli Amici d’Israele (nata nel 1925 e condannata dal S. Uffizio nel 1928), assieme alla fondatrice vera e propria, FRANCESKA VAN LEER, Ebrea olandese mal convertita, la quale, dopo la condanna, tornò al marxismo rivoluzionario di Rosa Luxemburg, donde veniva (24).
Stanislas Fumet, proprio nel 1925, parla di “Fratelli maggiori” riguardo agli Ebrei, espressione già usata da Adam Mickiewicz (1798-1885) nel 1842, amico di Andrea Towianski (1799-1878).
Tale espressione sarà ripresa da Giovanni Paolo II, il 13 aprile 1986 nel suo discorso alla sinagoga di Roma; egli aveva esaltato come suo maestro, il giorno della sua elezione (16. X. 1978), proprio Adam Mickiewicz.
JERZY TUROWICZ
Un altro grande ammiratore di Maritain è stato JERZY TUROWICZ (1912-1999), amico personale di Karol Woytjla, il quale nel 1968 fu spinto proprio dal Turowicz ad esprimere il primo di una lunga serie di mea culpa, nei confronti dell’Ebraismo, da parte della Chiesa romana, in una sinagoga di Cracovia, ove Woytjla era arcivescovo. I Turowicz erano Ebrei frankisti (come Mickiewicz) e si convertirono esteriormente al Cristianesimo, restando interiormente Ebrei, nel 1760, dietro ordine del marrano Jacob Frank (25).
Secondo Stanislas Fumet occorre «far conoscere ai Cattolici la filosofia mistica degli Chassdim [la Càbala spuria, ndr], bisogna che i Cristiani sappiano che esiste, nei loro Fratellimaggiori un’elevazione spirituale e mistica» (26).
Fumet sosteneva che «quando un Cristiano comunica, diviene della razza d’Israele, poiché riceve il sangue [minuscolo, ndr] di Israele nelle sue proprie vene» (27) (S. FUMET, Histoire de Dieu dans ma vie, cit., pp. 297-298). Si noti come il Fumet equivalga e addirittura rimpiazzi Gesù con Israele, secondo la Càbala luriana e parli esplicitamente di sangue e di razza. Quindi i Cristiani devono comunicare frequentemente per diventare della stessa “razza” (parola impiegata dal Fumet) degli Ebrei, tramite una sorta di “trasfusione di sangue”. Perciò i due Testamenti e i due popoli sono uno solo, l’Israele postbiblico. «Il S. Uffizio non poteva lasciar passare tale teoria e condannò l’Associazione Amici d’Israele nel 1928» (28).
JACQUES CHIRAC
Fumet è stato amico di Jacques Chirac ed assieme a lui uno dei primi gaullisti della Francia petainista, «prima del 1939 De Gaulle era un amico di Temps Présents, il settimanale diretto da Fumet» (29).
Dopo il Concilio Vaticano II, nel 1968, il suo estetismo lo fa «ingaggiare personalmente [come tante altre personalità che amavano il canto gregoriano e il latino, ma non tanto la Messa romana, ndr] nel movimento Una voce» (30), come pure il suo amico Maritain.
MARX JULES ISAAC
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, Jules Isaac, discepolo di Péguy, lancia l’offensiva volta a giudaizzare il Cristianesimo, partendo dalla shoah. Egli riuscirà a preparare (con l’aiuto del Bené Berìth) il documento conciliare Nostra aetate, voluto da Giovanni XXIII e “imbastito” dal cardinal gesuita Agostino Bea, dal padre domenicano Jean de Menasce (Ebreo “convertito”) e da padre Paul Démann (idem) della congregazione dei Padri di Sion. Loro scopo era soprattutto di impedire di «abbassare il Giudaismo biblico e postbiblico per esaltare il Cristianesimo» (31), di seppellire la Teologia della sostituzione e di mescolare il Giudaismo veterotestamentario con quello talmudico o anticristiano.
Purtroppo la Dichiarazione NA fu accolta dai padri conciliari nel 1965, ed è diventata il cavallo di battaglia dell’insegnamento wojtyliano, secondo il quale Cristo è il mediatore tra Dio e i Cristiani, mentre gli Ebrei non hanno bisogno di Gesù poiché aspettano ancor oggi un loro “messia”.
Per capire appieno la genesi di Nostra aetate era indispensabile scandagliare questo mondo oscuro e segreto di marrani, misticoidi, modernisti e deviati che ha infiltrato “il cavallo di Troia nella Chiesa di Dio”, contro la quale, tuttavia, “non prevarranno”, secondo le promesse del Divin Redentore.
LE TAPPE PROSSIME DI “NOSTRA AETATE”
1) II sessione del Concilio (1963). Capitolo IV dello schema De Oecumenismo: «La Chiesa [...] riconosce che le primizie della sua fede ed elezione..., sono i patriarchi e i profeti d’Israele... ma la maggior parte del popolo ebraico resta lontana da Cristo; tuttavia è ingiusto dichiarare questo popolo maledetto mentre resta carissimo a Dio, a causa dei suoi padri [...] oppure deicida, poiché la causa della passione e morte di Cristo furono i peccati di tutti gli uomini [...] la morte di Gesù non è stata provocata da tutto il popolo ebraico di allora e neppure da quello di oggi...» (Testo distribuito ai Vescovi l’8 novembre 1963, discusso, ma ritirato).
2a) III sessione (1964). Dichiarazione sui rapporti della Chiesa con le religioni non cristiane: «La Chiesa... riconosce che le primizie della sua fede ed elezione..., sono i patriarchi e i profeti d’Israele... Siccome i Cristiani hanno ricevuto un sì grande patrimonio dagli Ebrei, questo santo Concilio vuole raccomandare tra loro la conoscenza e stima mutua... per questo motivo non bisogna presentare il popolo ebraico come riprovato da Dio e non si deve imputare ad esso le cose che sono state compiute durante la passione di Cristo» (Testo distribuito il 25 settembre 1964 e discusso dal 28 al 30 settembre, 89ª-94ª Congregazione, ridotto nel paragrafo riguardante gli Ebrei, raddoppiato per l’aggiunta di due paragrafi: uno sulla paternità universale di Dio, con un cenno ai Musulmani, l’altro con la condanna d’ogni forma di discriminazione; primo testo mitigato).
2b) III sess. (1964). Dichiarazione sui rapporti della Chiesa con le religioni non cristiane: «La Chiesa... riconosce che le primizie della sua fede ed elezione..., sono i patriarchi Mosè e i profeti d’Israele... siccome i Cristiani hanno ricevuto un sì grande patrimonio dagli Ebrei, questo santo Concilio vuole raccomandare tra loro la conoscenza e stima mutua... Il Concilio deplora e condanna l’odio e le persecuzioni contro gli Ebrei... Il popolo ebraico non deve essere mai presentato come maledetto, riprovato o deicida. Infatti, le cose successe durante la Passione di Cristo non possono essere minimamente imputate a tutto il popolo ebraico di allora ed ancor meno a quello odierno...» (Testo corretto ed ampliato, distribuito il 18 novembre 1964, discusso e votato il 20 novembre, con 1651 placet, 99 non placet, 242 placet iuxta modum, 4 voti nulli, 125ª Congregazione; doveva venir messo in appendice al De Ecclesia; ritorno alle idee originarie).
3) IV sessione (1965) Dichiarazione Nostra aetate, De Ecclesiae habitudine ad religiones non christianas, paragrafo 4: De Judaeis.
(Testo rivisto dal Segretariato nel maggio 1965, distribuito ai Padri conciliari l’11 ottobre 1965, discusso ed emendato il 14-15 ottobre e dopo 8 votazioni ottenne 1763 placet, 250 non placet, 10 voti nulli, adottato nella votazione definitiva il 28 ottobre, 7ª sessione pubblica, con 2041 placet, 88 non placet, 3 voti nulli; testo finale mitigato).
4) Testo definitivo (28 ottobre 1965) di Nostra Aetate in «Enchiridion Vaticanum, testo latino-italiano. Documenti. Il Concilio Vaticano II», EDB, Bologna, 9ª ed., 1971.
Nostra aetate n. 4: «Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.
La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti.
Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i Gentili. La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i Gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso. Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua razza: «ai quali appartiene l'adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne» (Rom., IX,4-5), figlio di Maria vergine.
Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.
Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata; gli Ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, e, anzi, non pochi si sono opposti alla sua diffusione. Tuttavia secondo l'Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento. Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e «lo serviranno sotto uno stesso giogo» (Sof., III, 9).
Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a Cristiani e ad Ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo.
E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo.
E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo.
La Chiesa, inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia».
CONSIDERAZIONI FINALI SU NOSTRA AETATE
Tra la Tradizione divino/apostolica e la Dottrina cattolica (i Padri ecclesiastici e il Magistero pontificio da San Pietro sino a Pio XII (32)) e Nostra aetate (28 ottobre 1965) vi è difformità. Ora la Tradizione cattolica è una delle due Fonti della Rivelazione, essa consiste nell’insegnamento unanimemente comune dei Padri, che è infallibile; mentre Nostra aetateha un valore unicamente prudenziale o “pastorale” – per esplicita volontà di Giovanni XXIII e Paolo VI, che indissero e conclusero il Concilio Vaticano II come “Concilio pastorale” – poiché esso consiste nell’applicazione della dottrina al caso pratico. Quindi non è infallibile né irreformabile ed essendo in rottura o in difformità con la Tradizione apostolica costante, deve essere corretto e riformato, compresa soprattutto NA.
Per fare un esempio, il Dio degli Ebrei talmudisti (l’En Soph, indeterminato, non personale né trascendente il mondo, da cui emanano una serie indeterminata di Sefiroth o Eoni e Semidèi) non è quello dei Cristiani, che è la SS. Trinità, di cui Gesù Cristo è la Seconda Persona Incarnata nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Questi due dogmi principali del Cristianesimo, per l’Ebraismo attuale o post-biblico (che non è l’Antico Testamento, ma il Talmudismo rabbinico), sono una “bestemmia” come disse Caifa, per la quale Cristo fu crocifisso “poiché da uomo, si faceva Dio” (Gv., X, 33) e S. Stefano fu lapidato.
L’ambiguità di “NA”, consiste nel far passare tutti coloro che discendono geneticamente da Abramo, come aventi legami spirituali o di fede con la Chiesa di Cristo.
Al n. 4-e, “NA” insegna: “Secondo S. Paolo gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento”. Invece S. Paolo dice solo che la vocazione (chiamata o dono) da parte di Dio non muta (“Ego sum Dominus et non mutor”). Invece la risposta alla chiamata di Dio può cambiare da parte dell’uomo, com’è stato per la maggior parte del popolo d’Israele (per Lucifero, inizialmente per Adamo/Eva, per Caino, per Esaù, per Giuda Iscariota e così via), che durante la vita di Gesù, ha malamente corrisposto alla chiamata e al dono di Dio, uccidendo prima i Profeti e poi Cristo stesso ed infine i Suoi Apostoli; onde sono cari a Dio, ossia stanno in grazia di Dio, solo “il piccolo resto” di coloro che hanno accettato il Messia Cristo venuto (Nuovo Testamento), come lo accettarono venturo i loro padri nell’Antico Testamento.
Sempre secondo la dottrina conciliare (cfr. Nostra aetate: “i doni di Dio sono irrevocabili”) e postconciliare (cfr. GIOVANNI PAOLO II alla sinagoga di Magonza il 17 novembre 1980: “L’Antica Alleanza mai revocata”) l’Ebraismo attuale sarebbe ancora titolare dell’Alleanza con Dio. Invece la Tradizione cattolica (S. Scrittura interpretata unanimemente dai Padri e dal Magistero ecclesiastico costante e uniforme) insegna che «c’è una prima e c’è una seconda Alleanza: irrevocabile è ciò che dalla prima passa alla seconda, subentrata all’altra, quando questa “antiquata e soggetta ad invecchiamento ulteriore, sta ormai per scomparire” (S. PAOLO, Ebr., VIII, 8-13). Se non che la grazia promessa ai titolari dalla prima Alleanza non muore con essa, ma viene elargita ai titolari della seconda: questo, infatti, si verificò, quando, quasi tutti i titolari della prima, rifiutando Cristo, non riconobbero il tempo in cui Dio li aveva visitati (Lc., XIX, 44). “A quelli, però, che l’accolsero” il Visitatore “fece il dono della figliolanza divina” (Gv., I, 12), strinse con essi (la “piccola reliquia” del popolo ebraico che accettò Cristo) la seconda Alleanza e l’aprì a quanti (i Pagani) sarebbero sopraggiunti “dall’oriente e dall’occidente” da settentrione e da mezzogiorno (Lc., XIII, 29), trasferendo alla seconda tutti i doni già in possesso della prima. Quindi molti membri del popolo eletto rifiutarono Cristo, ma “un piccolo resto” (Apostoli e Discepoli) Lo accolse (Rom., XI, 1-10). Inoltre prima della fine del mondo S. Paolo prevede e rivela, divinamente ispirato, la conversione finale, in massa, di molti altri (Rom., XI, 26: “Et sic omnis Israel salvus fieret”). Questa parola “conversione”, “salvezza” non piace agli Ebrei attuali e purtroppo dispiace anche ai prelati conciliari e post-conciliari.
Riguardo alla uccisione di Gesù “NA” insegna: “Quanto è stato commesso durante la Sua Passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo”.
Invece il “Dottore Comune” della Chiesa, S. Tommaso d’Aquino, (S.Th., III, q.47, a.6, ad 1um) si chiede «se i Capi dei Giudei sapevano che la Persona che crocifiggevano era Dio stesso incarnato, la seconda Persona della SS. Trinità?» Egli risolve il dubbio con una distinzione: “Prima del peccato originale l’uomo ebbe fede esplicita del¬l’In¬carnazione del Verbo... non in quanto era ordinata a liberare dal peccato con la Passione e la Risurrezione, perché l’uomo non prevedeva il suo peccato. Invece si arguisce che credeva nell’Incarnazione del Verbo (in quanto ordinata alla pienezza della gloria) dalle parole: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si stringerà alla moglie” (Gen., II, 24). Parole che secondo S. Paolo stanno ad indicare il “gran mistero in Cristo e nella Chiesa” (Ef,. V, 32); mistero che non è credibile sia stato ignorato da Adamo (S. Th., II-II, q. 2, a.7, in corpore). In breve quando Dio parlò ad Adamo del matrimonio gli spiegò che era una figura dell’unione di Cristo e della Chiesa; quindi gli dovette spiegare allora il mistero della Trinità ed Unità di Dio e quello dell’Incarnazione del Verbo. “Dopo il peccato originale – prosegue S. Tommaso – il mistero del¬l’Incarnazione fu creduto esplicitamente anche rispetto alla Passione e Resurrezione, con le quali l’umanità viene liberata dal peccato... altrimenti gli antichi non avrebbero prefigurato la Passione di Cristo con i sacrifici... e di questi sacrifici i maggiorenti (principes judeorum) conoscevano esplicitamente il significato; mentre il popolo ne aveva soltanto una conoscenza confusa” (Ibid., in corpore). Perciò i principi dei Giudei avevano una conoscenza esplicita del mistero dell’Incarnazione, Passione e Morte del Verbo Incarnato. Quanto poi al mistero della Trinità S. Tommaso risponde: “Fin dal principio fu necessario per salvarsi credere il mistero della Trinità. ... non è possibile credere esplicitamente il mistero di Cristo, senza la fede nella Trinità... perciò prima di Cristo il mistero della Trinità fu creduto come il mistero dell’Incarnazione e cioè esplicitamente dai maggiorenti ed in maniera implicita e quasi velata dalle persone semplici” (S. Th., II-II, q.2, a 8, in corpore). Lo stesso concetto è ripreso dall’Angelico nel Commento alle Sentenze: “Dopo il peccato originale, prima dell’Avvento di Cristo, alcuni avevano la fede esplicita nel Redentore, ai quali era stata fatta una rivelazione speciale, ed essi erano i majores. Altri invece, come i minores avevano una fede implicita [nel Redentore] nella fede dei majores” (In III Sent., dist. 25, q.2, a. 2, qcq. 2). Ed ancora: “Sia prima che dopo il peccato originale fu necessario che i majores avessero una fede esplicita nella Trinità; non fu tuttavia necessario per i minores dopo il peccato. ... e similmente dopo il peccato originale fino al tempo della grazia i majores erano tenuti ad avere la fede esplicita nel Redentore, i minores invece soltanto implicita o contenuta virtualmente nella fede dei Patriarchi e dei Profeti” (De Verit., q.14, a. 11, in corpore). Ancora nel Commento alla Epistola agli Ebrei S. Tommaso afferma: “Alcuni più esplicitamente [credevano alla Trinità, ndr], ed erano i majores ai quali fu fatta aliquando Revelatio specialis” (Ad Haebr., Cap. XI, lectio II, n. 576, Marietti, Torino, 1953).
La Dichiarazione “NA” non reca una sola citazione di un solo Padre della Chiesa, di un solo Papa o di un solo pronunciamento del Magistero.
Attenzione: il Vangelo ammonisce anche noi come ammonì i Farisei: “Il Regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato ad altri”. l’Alleanza con Dio è definitiva solo per quanto riguarda la Chiesa di Cristo; quanto riguarda gli altri presuppone una corrispondenza al piano divino. Da qui nasce il problema della vera Dottrina e Carità, che occorre professare e vivere integralmente per essere “veramente figli di Dio”.
NOTE
1 - D'ora in poi «NA». 2 - Cfr. E. RATIER, Mystères et secrets du B’nai Brith, Paris, Facta, 1993, pp. 114-115 e 371-381; tr. it., Misteri e segreti del B’nai Brith, Verrua Savoia – Torino, CLS, 1995; cfr. anche GIOACCHINO AMBROSINI, Occultismo e Modernismo, Bologna, Tipografia Arcivescovile, 1907.
3 - N. GOLDMANN, Staatmann ohne Staat. Autobiographie, Koln-Berlin, 1970, pp. 378 ss.
4 - J. MADIRAN, L’accord secret de Rome avec les dirigeants juifs, in «Itineraires», n. III, settembre 1990, p. 3, nota 2.
5- S. SCHMIDT, Agostino Bea. Il Cardinale dell’unità, Roma, Città Nuova, 1988, p. 612, nota 179; cfr. anche S. SCHMIDT, Agostino Bea. Il Cardinale dell’ecumenismo e del dialogo, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1996.
6- J. MADIRAN, in «Itinéraires», autunno 1990, n. III, pp. 1-20.
7- Cfr. T. FEDERICI, Israele nella storia della salvezza, in «Humanitas», 22/1-2, (anno 1967), pp. 75-109.
8 - Histoire du Christianisme Magazine, 2003, n. 16, pp. 48-71, a cura di MICHEL FOURCADE.
9 - Ibidem, p. 48.
10 - Histoire du Christianisme Magazine, ibid., p. 50. Lo Chassidismo ha un «carattere esoterico... ha tradotto in forme popolari la Càbala che si trasformò in movimento popolare» (J. MAIER - P. SCHAEFFER, Piccola Enciclopedia dell’Ebraismo, Marietti, Casale Monferrato, 1985, p. 128). Esso ha un fondamento “magico”, crede nell’immanenza di Dio e «la sua influenza si è fatta sentire sino all’età moderna [Levinas e Buber i quali hanno influenzato Woytjla e Ratzinger, ndr]» (A. UNTERMANN, Dizionario di usi e leggendeebraiche, Laterza, Bari, [1991] 1994, p. 63). Il padre remoto dello Chassidismo è Isaac Lurìa (XVI sec.), il quale insegnava l’emanazione del mondo da Dio, l’avvento del Messia e la «superiorità dell’anima degli Ebrei su quella dei Gentili» (A. UNTERMANN, cit., p. 171). I Lubavitch sono un «gruppo interno allo Chassidismo [...] in tempi recenti i Lubavitch sono arrivati a credere che il loro rabbi Menachem Mendel Scheerson [che invece poi è morto nel 1994, ndr] sia il Messia» (A. UNTERMANN, cit., p. 169. Il libro di Untermann è stato pubblicato in Inghilterra nel 1991 e solo dopo tradotto in italiano nel 1994).
11 - Histoire du Christianisme Magazine, ibid., p. 50. Su Péguy, Bloy, Maritain si legga, R. FABRIS (a cura di), Ebrei e cristiani nel mondo contemporaneo, pp. 199-217, in AA. VV., Storia del Cristianesimo 1878-2005. Vol. IV: I cattolici e il dopoguerra, Milano, Periodici San Paolo, 2005.
12 - Histoire du Christianisme Magazine, ibid., p. 52.
13 - Questo titolo (Salus ex Judaeis) si rifà al Vangelo (Giovanni, IV, 5-42) e specificatamente al dialogo tra Gesù e la Samaritana, presso il pozzo di Giacobbe. La Samaritana chiede a Gesù se la salvezza e la verità vengano dalla Samaria o dalla Giudea e Gesù risponde che, nell’Antica Alleanza, la salvezza veniva dal Tempio di Gerusalemme e dalla Giudea e non dal Tempio di Garizim della Samaria, che si era scissa dalla religione giudaica monoteistica ed aveva accettato elementi pagani, politeisti e idolatrici nel suo stile di vita. Léon Bloy, ha voluto equivocare, facendo dire a Gesù che la salvezza, nella Nuova Alleanza, viene ancora oggi dai Giudei, il che è logicamente, storicamente, esegeticamente e teologicamente falso. Infatti, Gesù stesso ha aggiunto al salus ex Judaeis che è già venuta lasua ora, in cui i veri fedeli di Dio, della Nuova Alleanza, lo adorano in spirito e verità (con il sacrificium Missae) e non più sotto ombra di figure nel Tempio gerosolomitano dell’Antico Patto. Molto acutamente san Tommaso d’Aquino scrive: “I Samaritani […] pensavano che Dio fosse una realtà corporea, cosicché credevano che bisognasse adorarlo in un determinato luogo cioè a Garizim […], inoltre assieme con lui adoravano anche alcune creature come idoli, come se fossero uguali a lui. Perciò non lo conoscevano. Ecco perché Gesù risponde: ‘Voi adorate ciò che non conoscete’ […]. Riguardo al culto dei Giudei, Gesù dichiara: ‘Noi adoriamo ciò che conosciamo’, egli come vero uomo era Giudeo per la sua stirpe e i Giudei mediante la Legge e i Profeti, avevano una conoscenza vera di Dio. Ecco perché Gesù soggiunge ‘salus ex Judaeis’, per dire che la salvezza doveva venire da loro, che possedevano – nell’Antica Alleanza – la vera conoscenza e il vero culto monoteistico di Dio, nel Cristo venturo. I Samaritani che erano politeisti erano nell’errore, mentre i Giudei: a) avevano la Rivelazione divina (Gen., XXII, 18). [...]; b) le Profezie furono consegnate loro (Rom., XI, 17). […]; c) infine l’Autore stesso della salvezza, il Cristo, è derivato da loro, come uomo secondo la carne (Rom., IX, 5). […]. Poi Gesù aggiunge ‘ma è giunto il momento, ed è questo in cui si adorerà Dio in spirito e verità’, per dimostrare la superiorità di questo culto cristiano ‘in spirito’ su quello giudaico nella lettera; ossia come il culto giudaico è superiore a quello samaritano, così il culto cristiano è superiore a quello della Giudea. Poiché, il culto dei Giudei si basava su cerimonie materiali e prefigurative, che sarebbero state sostituite da quelle spirituali cristiane (Ebr., IX, 10). Mentre ‘in verità’ si riferisce al culto di Samaria, poiché esso era idolatrico e quindi falso e quello cristiano è vero rispetto al loro […]. Infine precisa anche che ‘i veri adoratori adoreranno il Padre’, poiché nell’Antico Testamento non si adorava esplicitamente e pubblicamente il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, ma solo il Signore Dio” (SAN TOMMASO D’AQUINO, Commento al Vangelo di san Giovanni, Roma, Città Nuova, 1990, 1° vol., pp. 338-341, passim).
14 - J. L. BARRE, Jacques e Raïssa Maritain. Da intellettuali anarchici a testimoni di Dio, Paoline, Milano, 2000, p. 88. Per quanto riguarda il dialogo tra Gesù e la samaritana cfr. G. RICCIOTTI, Vita di Gesù Cristo, Milano, Mondadori, IV ed., 1974, vol. I, pp. 319-325.
15 - Histoire du Christianisme Magazine, ibidem, p. 88.
16 - J. L. BARRE, op. cit., p. 386.
17 - S. FUMET, Histoire de Dieu dans ma vie, Cerf, Paris, 2002 ; M. O. GERMAIN (a cura di), Stanislas Fumet ou la Présence au temps, Cerf, Paris, 1999.
18 - M. O. GERMAIN (a cura di), Stanislas Fumet ou la Présence au temps, cit., p. 25. Secondo Savien de Savigny lo Chassidismo «si serve della Càbala pratica o teurgica e ha dato il via a molte generazioni di “maghi”, assai popolari presso le masse» (SAVIEN DE SAVIGNY, Frankisme, in «Lectures Françaises», n. 561, janvier 2004, pag. II). Cfr. Anche G. SCHOLEM, Les grandes courantes de la mystique juive, Paris, 1960 ; ID., Du Frankisme au Jacobinisme, Paris, 1979. Le spose di Jacques Maritain e Stanislas Fumet, erano entrambe ebree di origine russa e la Càbala chassidica russa è più speculativa rispetto a quella pratico-emozionale polacca, cfr. A. UNTERMANN, cit., p. 169.
19 - S. FUMET, Histoire de Dieu dans ma vie, cit., p. VI (Introduzione).
20 - M. O. GERMAIN, op. cit., pp. 41-42.
21 - M. O. GERMAIN, ibidem, p. 43.
22 - Histoire du Christianisme Magazine, 2003, n.16, p. 58.
23 - Histoire du Christianisme Magazine, ibid., p. 59.
24 - S. FUMET, Histoire de Dieu dans ma vie, cit., p. 300.
25 - Cfr. R. BUTTIGLIONE, Il pensiero di Karol Woytjla, Jaca Book, Milano, 1984; A. MANDEL, Il Messia militante, Arché, Milano, 1984; L. QUERCIOLI-MINCER, La contesa sulle origini ebraiche di Mickiewicz, in «La Rassegna Mensile d’Israele», 1999, n. 1, pp. 29-49; M. BLONDET, Cronache dell’anticristo, Effedieffe, Milano, 2001, pp. 104, 121-129; H. DE LUBAC, La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore. Da Saint Simon ai nostri giorni, vol. II, Jaca Book, Milano, 1984, cap. XV: “Adam Mickiewicz”, pp. 261-315; A. MICKIEWICZ, Scritti politici, a cura di M. Bersano Begey, Utet, Torino, II ed. 1965, introduzione pp. 11-26, IV lezione, pp. 153-169 e V lezione, pp. 169-179 (Gli Slavi), in cui si rifà esplicitamente all’insegnamento esoterico di Joseph de Maistre; SAVIEN DE SAVIGNY, Frankisme, in «Lectures Françaises», n. 561, janvier 2004, pp. I-VII.
26 - Histoire du Christianisme Magazine, 2003, n.16, p. 59.
27 - Histoire du Christianisme Magazine, ibid., p. 60.
28 - Ivi.
29 - Ivi.
30 - M. O. GERMAINE, Stanislas Fumet ou la Présence au temps, cit., p. 98.
31 - Histoire du Christianisme Magazine, 2003, n.16, p. 69.
32 - Tanto per fare un esempio si pensi alla Enciclica Mit brennender Sorge, promulgata il 14 marzo 1937 da PIO XI, alla cui stesura collaborò l’allora card. EUGENIO PACELLI futuro PIO XII nel 1939, ove si condanna il razzismo materialista e puramente biologico e si afferma anche che “Il Verbo avrebbe preso carne presso un Popolo che poi Lo avrebbe confitto in Croce”.
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