E al sentir di Maria, dal Pd schiumarono di rabbia
Il dibattito in Senato attraversato da citazioni e rimandi cattolici: il predicozzo di Conte, lui devoto di Padre Pio - su slogan e simboli religiosi e il Vangelo dell'accoglienza di Renzi. Ma al sentire il Cuore Immacolato di Maria pronunciato da Salvini, dai banchi del Pd iniziano a schiumare di rabbia come satanassi. Va bene crederci, ma agire di conseguenza a quando?
La foto simbolo è quella di Salvini che bacia il Rosario quasi di nascosto, come lo scolaretto a scuola che copia, ma sapendo che in quel momento tutti i fotografi appostati nella piccionaia di Palazzo Madama con i loro teleobiettivi non aspettavano altro. Accanto a lui c’è il di lì a poco ex premier Giuseppe Conte che lo ha appena rimbrottato: «Lascia che te lo dica Matteo, non si usano i simboli religiosi per fare politica». E’ forse il primo momento in cui l’avvocato dei Cinque Stelle strappa il convinto applauso del Pd. Che non aspettava altro. Inchiodare il Truce alla croce preparata da tempo con il livore e il fastidio di chi trema appena vede un Rosario o un crocifisso. E questo Salvini lo sa.
Il dibattito di ieri sulla fiducia ha avuto come filo rosso un elemento che ha unito Salvini e Conte passando per quel terzo incomodo ormai redivivo che è l’altro Matteo, Renzi: Rosari da baciare, passi del Vangelo da citare e prediche sulla libertà di coscienza religiosa (che sarà mai poi…?) da impartire.
Si scontrano due politiche in lotta l’una con l’altra? Vero, Europa contro anti Europa, Euro contro no Euro, globalizzazione contro protezionismo, atlantismo contro putinismo, porti aperti contro porti chiusi. Verissimo, come ha detto ieri il Foglio. Ma la lotta è anche tra due visioni opposte della fede, due modi di concepire la presenza e il ruolo della religiosità. Uno scontro interessante da raccontare e difficilmente incasellabile perché visto quanto è accaduto ieri in Senato viene da chiedersi se in un qualche modo la fede cattolica non venga utilizzata ancora come instrumentum regni. Il punto non è chi ci crede di più, ma chi riuscirà a risultare più credibile.
Con la Patria e la Famiglia ormai compromesse, ci rimane Dio. E ognuno ha giocato la sua parte in commedia. Un po’ per strappare l’applauso, un po’ per lanciare un messaggio all’elettorato cattolico che è ormai più balcanizzato della Jugoslavia dopo Tito.
Proprio come a scuola ci vuole qualcuno che incominci. Conte parla di libertà di coscienza religiosa rimproverando a Salvini che “non si usano i simboli religiosi come slogan politici”. Tempo pochi minuti e dal suo studio ai piani alti vaticani l’internauta compulsivo padre Antonio Spadaro gongola e rilancia: “Oh yeah…”. “Incoscienza religiosa” e “oscuramento della laicità dello Stato”, musica alle orecchie di certi vescovoni...
Lamentavamo dei preti che fanno politica in omelia. Bè, se è per questo abbiamo però politici che fanno ormai le omelie. Il rimprovero, fatto poi da un premier che non ha mai fatto mistero di essere un devoto di Padre Pio nella carta di identità, fa però sorridere.
E Salvini non se lo lascia scappare. Verso la fine del suo intervento, quando il picco del pathos deve per forza rianimarsi, il ministro degli Interni tra poco ex parla del futuro di crescita che vuole offrire agli italiani e alle famiglie: «Mi permetta signore Presidente - dice rivolto a Conte - lei fa un torto ai cattolici italiani quando pensa che votano in base a un Rosario e io sono orgoglioso di credere e di testimoniare con il mio lavoro il fatto che credo e non ho mai chiesto per me la protezione, ma per il popolo italiano e finché campo chiederò la protezione del Cuore Immacolato di Maria perché questo è un Paese che merita tutto e non me ne vergogno di consegnare nelle mani di Maria il destino del popolo italiano. Non me ne vergogno».
Qualcuno estrae un Rosario, la presidente Casellati si volge alla sua destra per ricordare che non si mostrano simboli religiosi. Poi si volge a sinistra e assiste ad uno spettacolo incredibile: non appena viene pronunciato il nome del Cuore Immacolato di Maria dai banchi del Pd e dei Cinque Stelle partono urla schiumanti rabbia davvero impressionanti. E’ questo il momento clou: una truppa di scalmanati che digrigna i denti al solo sentire il nome di Maria. Come diavoletti scatenati al solo sentire quel nome. Da notare comunque, al di là delle intenzioni di Salvini, ma comunque da notare.
Ma ormai Spadaro sulla sua seggiolina ha un infarto. E quando il leader leghista auspica un Paese «libero e sovrano con figli e una mamma e un papà» la senatrice Cirinnà diventa una furia tanto da venire richiamata. In conclusione c’è spazio per una citazione di san Giovanni Paolo II sulla fiducia. Il Pd torna a scaldarsi come un satanasso: «Bè, che c’è?», fa eco Salvini: «Voi citerete Saviano e io San Giovanni Paolo II… posso essere libero di rifarmi alle opere, alla vita e ai miracoli di chi meglio ritengo?». Ancora urla e applausi in un mix inestricabile. Di Spadaro non si hanno notizie, ma la tranvata l’ha sentita tutta.
Arriva Renzi e per non essere da meno cita il terzo Matteo, quello del Vangelo: «Io rispetto la sua fede religiosa che condivido anche se con accenti diversi e allora legga il Vangelo, ovviamente secondo Matteo, quando dice “avevo freddo e mi avete accolto, avevo fame e mi avete dato da mangiare”. Se crede in quei valori faccia sbarcare quelle persone che sono ferme, ancora adesso, ostaggio di una politica vergognosa». Applaudono solo i suoi, ma nessuno dall’altra parte schiuma di rabbia e anche questo vorrà pur dir qualcosa. Spadaro forse si riprende un po’, ma la botta prima era stata di quelle grosse.
Che poi, con tutto questo citare e evocare, nessuno a cui venga mai in mente sempre Matteo, ma al capitolo 7: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei Cieli, ma...”. Va bene crederci, ma agire di conseguenza a quando?
Andrea Zambrano
OLTRE LA CRISI DI GOVERNO
Europeismo: la cura sinistra per l'Italia indisciplinata
L’anomalia populista della Lega al governo va cancellata, Francia e Germania vanno rassicurate e vanno create le basi per nuove maggioranze di Sinistra. Questo europeismo implacabile, diretto a riportare l’ordine dei potenti dopo il voto indisciplinato degli italiani è talmente sfacciato da essere evidente a tutti. Si riesuma Prodi, il globalista Sachs detta la linea e l’ultima uscita di papa Francesco su sovranismo e Hitler è stato come suonare la carica.
Alle recenti elezioni europee l’Italia aveva votato decisamente contro l’Unione europea. Il grande successo della Lega in primo luogo e di Fratelli d’Italia in secondo luogo aveva anche questa motivazione. L’Italia voleva liberarsi da una ideologia che spesso su questo quotidiano abbiamo chiamato europeismo. Le ideologie non sono solo delle teorie di parte che pretendono di valere per il tutto, ma rappresentano sempre anche una grande concentrazione di interessi e di poteri. Sono molto difficili da sconfiggere e perfino da scalfire. Ed infatti è proprio l’europeismo a tornare alla carica in questa fase della crisi di governo italiana, con l’ipotesi di una coalizione tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle - o altro che uscirà dal cilindro di Mattarella basta che metta la Lega in un angolo - per riprendersi la rivincita di sistema contro questi “straccioni” di italiani che hanno avuto la velleità di votare in dissonanza. Che Romano Prodi sia riemerso è già un segno forte di questo tentativo di rivincita, che poi abbia addirittura invocato la nascita di una “maggioranza Ursula”, dal nome della nuova Commissaria europea, rischia di essere addirittura inquietante come le cose ridicole spesso sanno fare più di quelle serie.
Questo europeismo implacabile, diretto a riportare l’ordine dei potenti dopo il voto indisciplinato degli italiani e teso a ridare il governo in mano a chi ha perso, tra l’altro in modo così sonoro, le elezioni politiche (vale a dire il Partito Democratico) è talmente sfacciato da essere evidente a tutti. L’anomalia italiana, definita populista, della Lega al governo va cancellata, Francia e Germania vanno rassicurate e, come notava Stefano Folli su Repubblica di ieri, vanno create le basi per nuove maggioranze di sinistra in grado, tra due anni, di eleggere un Presidente della Repubblica allineato, come Mattarella. Le finalità e la strategia sono state ben esposte dall’economista della Columbia University Jeffrey Sachs su Il Fattodel 17 luglio scorso in una lunga intervista: all’Italia servirebbe un esecutivo progressista e pro-Europa, dopo il governo attuale che – egli dice – è percepito come populista, nazionalista e antieuropeo: “spero che il M5s e il Pd possano trovare un accordo di coalizione nonostante i personalismi di alcuni politici”. Sachs non è uno qualunque, rappresenta la punta del globalismo economico progressista.
Questi elementi di ritorno alla normalità ex ante e di ripristino dell’ordine dopo l’”ora d’aria” salviniana, hanno quindi come perno l’europeismo, che oggi è l’ideologia delle ideologie, dato che comprende il “gretinismo” sul piano ambientale l’antisovranismo ossia il sovranismo europeista sul piano istituzionale, l’antifamilismo ossia il familismo gender su quello etico, l’inutilità delle elezioni politiche sostituite dal populismo della nomenclatura cooptata sia a Bruxelles che a Roma, gli inciuci di palazzo tramite i quali si è costituita la nuova maggioranza a Strasburgo e la nuova presidenza della Commissione. Alle ultime elezioni politiche gli italiani hanno ampiamente votato contro l’Unione Europea. Ora si troveranno ancora più incastrati nei suoi meccanismi.
Il fronte progressista che si sta ricompattando sulla scorta dell’ideologia europeista, non è per niente progressista ma conservatore e addirittura reazionario, in quanto vuole difendere il collaudato sistema di potere dalle novità “populiste”. A voler cambiare sono invece i “populisti” che, in questo senso, sono i veri progressisti. Paradossi (realistici) della politica. Tra i populisti però c’è la Lega e ci sono i 5 stelle. Questi ultimi sono anche loro organici al sistema del progressismo ufficiale e, se si graffia la patina del loro giustizialismo qualunquista e dell’egualitarismo retorico, risultano perfettamente funzionali al blocco ideologico che vuole cambiare tutto perché non cambi nulla: dall’assistenzialismo statalista alla legge sull’eutanasia, dall’obbedienza indiscussa verso la Commissione europea alle alchimie del parlamentarismo che fa tornare al governo chi ha perso le elezioni. I 5 Stelle sono cugini del progressismo conservatore. Infatti non sono mai stati euroscettici né antieuropeisti e ora sono pronti per rientrare all’ovile.
Tra elezioni e nuovo governo, dove si collocherà il variegato mondo della Chiesa, sia intesa come Vaticano che come italiana? Probabilmente i vertici fingeranno di tenersi fuori, ma in realtà è da prevedere un forte sostegno al fronte progressista, cioè conservatore. L’ultima uscita di papa Francesco contro il sovranismo paragonato a Hitler è stato come suonare la carica. Dopo i vari tentativi di formare un nuovo Partito Democratico Moderato che accolga anche i cattolici - magari con Enrico Letta come segretario e Romano Prodi come padre nobile - la Chiesa italiana appoggerà un governo alternativo alla Lega, di qualsiasi tipo esso sia, con il quale collaborare per aprire i porti, approvare insieme la legge sull’eutanasia, confermare l’otto per mille, continuare ad identificare sovranismo e nazionalsocialismo, confermare fedeltà evangelica alla Costituzione e a Mattarella, ricucire i rapporti con le istituzioni europee: insomma collaborare in obbedienza al sistema. Con il plauso, naturalmente, di padre Alex Zanotelli e don Ciotti.
Stefano Fontana
-CONTE DIMESSO, VERSO UN GOVERNO GIALLOROSSO? di Ruben Razzante
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Pubblicato il 20 ago 2019
Crisi di Governo – Le risposte di Salvini ai giornalisti
21 agosto, 2019
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