ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 27 agosto 2019

La trama, il mandante, l’assassino

Istituto Giovanni Paolo II. La trama, il mandante, l’assassino


Cambiato il nome, riscritti gli statuti, sostituiti i professori, rifatto l’ordine degli studi. Con papa Francesco un autentico terremoto ha investito il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia – questa l’originaria denominazione – fondato da papa Karol Wojtyla nei primi anni del suo pontificato e da lui affidato inizialmente alla guida di Carlo Caffarra, teologo di grande competenza in materia e futuro cardinale.

Il precedente post di Settimo Cielo ha messo in evidenza la motivata rivolta di numerosi studenti e di tanti titolati professori a questa rivoluzione, rivolta giunta a un punto di non ritorno dopo il pubblico sostegno dato dal papa emerito Benedetto XVI al più autorevole degli epurati, l’ex preside dell’Istituto Livio Melina:
È improbabile, tuttavia, che Francesco torni sui suoi passi. Lo si deduce dall’implacabile determinazione con cui egli ha messo in atto il cambiamento, con una manovra pianificata da anni e tutta calata dall’alto, messa in opera dal suo obbedientissimo esecutore Vincenzo Paglia, l’arcivescovo collocato dal papa alla testa dell’Istituto col titolo di Gran Cancelliere.
Al confronto con Paglia, il ruolo dell’attuale preside dell’Istituto PierAngelo Sequeri – teologo milanese di riconosciuto valore inspiegabilmente adattatosi a questa mansione – appare evanescente, ondivago e del tutto subordinato, come si può intuire dalla cronologia dei fatti di questi ultimi due anni, puntualmente ricostruita dalla vaticanista americana Diane Montagna per LifeSite News e riprodotta poco più sotto in questa pagina.
La cronologia prende le mosse dalla nomina di Paglia a Gran Cancelliere, nell’agosto del 2016, e dal motu proprio con cui l’anno successivo papa Francesco ha cambiato il nome – e in prospettiva la sostanza – dell’Istituto.
Ma c’è un “prima” che è indispensabile richiamare, se si vuole ancor meglio capire come l’offensiva contro l’Istituto creato da Giovanni Paolo II sia partita fin dagli esordi del pontificato di Jorge Mario Bergoglio.
È un “prima” che ha due elementi rivelatori.
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Il primo elemento rivelatore è la lista dei partecipanti alla prima sessione del sinodo sulla famiglia, nel 2014. Dove è del tutto assente qualsiasi rappresentante dell’Istituto che teoricamente avrebbe dovuto esserne attore di primo piano.
Attenzione. Tale assenza non è soltanto nella lista dei partecipanti d’ufficio al sinodo, delegati delle conferenze episcopali e capi di curia, ma anche in quella degli invitati da Francesco. Segno che già allora nella mente del papa la sorte dell’Istituto era segnata, di pari passo con l’esito predeterminato che egli voleva imprimere al sinodo, destinato a dare il via libera alla comunione eucaristica ai divorziati risposati.
Non è un caso che tra i quattro cardinali che nel dopo sinodo esposero a papa Francesco i loro “dubia” sulla fondatezza dottrinale di questo esito, c’era proprio Carlo Caffarra, l’uomo simbolo della storia dell’Istituto.
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Quanto al secondo elemento rivelatore, esso si identifica con monsignor Paglia e la sua crescente prossimità a papa Francesco.
Quando Bergoglio è eletto papa, nel 2013, Paglia è da un anno presidente del pontificio consiglio per la famiglia, ivi promosso da Benedetto XVI con una delle nomine più improvvide del suo pontificato.
Paglia era esponente di spicco della Comunità di Sant'Egidio ed era stato dal 2000 vescovo di Terni, dove certamente non aveva messo in luce, nell'amministrare i beni terreni, la saggezza del "pater familias”.
La riprova arrivò nel lungo e dettagliato comunicato d'addio del penultimo presidente dello IOR, il tedesco Ernst von Freyberg, al momento di lasciare la sua carica nella "banca" vaticana nel luglio del 2014.
A spiegazione del magro utile netto del bilancio dello IOR del 2013, di appena 2,9 milioni di euro contro gli 86,6 milioni di attivo dell'anno precedente, von Freyberg segnalò che lo IOR aveva dovuto mettere in bilancio anche "il deprezzamento di 3,2 milioni di euro di un sostegno finanziario concesso alla diocesi di Terni".
Il riferimento era al crack della diocesi avvenuto quando ne era vescovo Paglia. La diocesi fu commissariata e lo IOR dovette tamponare per una buona metà gli oltre 20 milioni di deficit.
Ma anche come membro di primissimo piano della Comunità di Sant'Egidio Paglia non aveva mai brillato per competenza in materia di famiglia.
A gettare una luce fosca su cosa accadeva, in materia di famiglia e di matrimonio, dietro la luminosa facciata della Comunità di Sant'Egidio, era stata, nel 2003, la richiesta di nullità del proprio matrimonio inoltrata al tribunale diocesano di Roma da un appartenente da 25 anni alla Comunità, sposatosi con una donna anch'essa della Comunità.
Alla richiesta di nullità costui allegò un memoriale. Nel quale documentava non solo come si fosse sposato "per costrizione", ma anche come il suo caso fosse parte di un più generale sistema autoritario che governava la Comunità di Sant'Egidio e che instradava i fidanzamenti e i matrimoni dei suoi membri di vario grado.
Il memoriale uscì in questo servizio di www.chiesa:
Il tribunale diocesano di Roma accolse la richiesta e nella sua sentenza definitiva decretò nullo "per costrizione" quel matrimonio.
Eppure, miracolosamente, niente di tutto ciò ha danneggiato la carriera di Paglia, ancor più in ascesa sotto il pontificato di Francesco. Il quale a metà agosto del 2016 nominò proprio lui Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, con l’ordine di cambiarlo dalle fondamenta.
E questo è il seguito della storia.
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CRONOLOGIA DEGLI EVENTI RELATIVI AL PONTIFICIO ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II
(di Diane Montagna per LifeSite News del 20 agosto 2019)
15 agosto 2016
Papa Francesco nomina l'arcivescovo Vincenzo Paglia Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Monsignor PierAngelo Sequeri viene successivamente nominato preside.
8 settembre 2017
Papa Francesco pubblica il motu proprio "Summa familiae cura", facendo cessare l'esistenza del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia e sostituendolo con il "Pontificio Istituto teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia". Il motu proprio afferma che i vecchi statuti restano validi fino all'istituzione di nuovi statuti.
Il documento viene pubblicato pochi giorni dopo la morte del cardinale Carlo Caffarra. Ritenendolo il principale esperto della Chiesa in materia di matrimonio e famiglia da decenni, papa Giovanni Paolo II aveva conferito proprio al cardinale Caffarra, nel 1981, il mandato di fondare il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia.
La creazione dell'Istituto doveva essere annunciata dal Santo Padre all'udienza del mercoledì 13 maggio 1981. Ma a causa del tentato assassinio di papa Giovanni Paolo II, la costituzione apostolica di fondazione dell'Istituto, "Magnum matrimonii sacramentum", fu invece promulgata il 7 ottobre 1982, festa della Madonna del Rosario. In quell'occasione l'Istituto fu affidato in modo speciale alla cura della Santissima Vergine Maria sotto il titolo di Nostra Signora di Fatima.
18 settembre 2017
Durante una riunione del consiglio dell’Istituto a Roma, l'arcivescovo Paglia e il preside Sequeri assicurano ai professori che i nuovi statuti saranno prodotti assieme al consiglio centrale.
6 giugno 2018
Durante una riunione a Roma del consiglio centrale dell'Istituto (composto da professori di ruolo, da alcuni rappresentanti di professori non di ruolo, dal preside e dal segretario generale), il preside PierAngelo Sequeri, agendo su istruzioni dell'arcivescovo Paglia, presenta alla discussione i nuovi statuti, il cui testo nessun membro del consiglio centrale aveva mai visto prima. Una delle implicazioni immediate di questi statuti è che tutti i professori sarebbero stati immediatamente sospesi. Lo statuto prospetta inoltre una netta riduzione del lavoro collegiale dei professori.
Tutti i professori immediatamente protestano, con rispetto ma con forza, affermando che tali statuti sono inaccettabili e chiedendo che il consiglio centrale collabori alla stesura di nuovi statuti che siano in continuità, cioè in sviluppo organico, con quelli precedenti stabiliti da papa Giovanni Paolo II nel fondare l'Istituto nel 1982.
20 febbraio 2019
Il preside PierAngelo Sequeri chiede a tutti i professori dell'Istituto Giovanni Paolo II di inviargli proposte di corsi per il prossimo anno accademico 2019-2020, al fine di stabilire l’ordine degli studi per l'anno accademico 2019-2020.
Fine marzo 2019
Nuovi statuti su cui aveva lavorato dal 2018, da dieci mesi, un comitato in collaborazione con il preside Sequeri, sono presentati all'arcivescovo Paglia, che era stato informato in ogni fase del processo. Il preside Sequeri aveva detto più volte ai professori che le loro proposte di statuto sarebbero state prese in considerazione.
10 aprile 2019
Mons. Sequeri dichiara al consiglio centrale riunito a Roma che il progetto di statuto preparato dalla commissione sarà inviato alle sezioni internazionali in modo che possano, a loro volta, rimandare eventuali correzioni o suggerimenti alla sezione romana prima che il consiglio d'Istituto internazionale (un consiglio internazionale con il resto delle sezioni. convocato per la fine di giugno) approvi il progetto definitivo da presentare alla congregazione vaticana per l’educazione cattolica.
Ma poi non vi è stata tale approvazione da parte del consiglio d'Istituto internazionale. È possibile che il preside Sequeri, agendo su istruzioni dei suoi superiori, abbia pensato che così dovesse accadere.
15 maggio 2019
Mons. Sequeri afferma in un'altra riunione a Roma del consiglio centrale che il consiglio d'Istituto internazionale sarebbe stato il primo interlocutore per la consultazione sui nuovi statuti, consultazione che in realtà non si è mai avuta.
20 maggio 2019
I professori di Roma ricevono una lettera con le assegnazioni dei corsi per l'anno accademico 2019-2020, approvati da mons. Sequeri e dall’arcivescovo Paglia, per tutti i programmi offerti presso l'Istituto. I programmi includono, oltre alla licenza e al dottorato, master in scienze del matrimonio e della famiglia, in bioetica, in sessualità e fertilità (in italiano e francese), in consulenza familiare, in pastorale familiare, più un corso breve sulla formazione permanente dei sacerdoti.
27 maggio 2019:
Viene pubblicato l’opuscolo con l'elenco di tutti i programmi offerti presso l'Istituto, con i nomi dei professori assegnati a insegnare in ciascun corso. L'opuscolo specifica che l’iscrizione ai corsi per l'anno accademico 2019-2020 inizierà nel giugno del 2019. L'opuscolo include anche un laboratorio di psicologia per sacerdoti che dovrebbe essere lanciato a novembre (vedi l’opuscolo on line).
1 giugno 2019
Si aprono le iscrizioni ai corsi per l'anno accademico 2019-2020 (vedi l’ordine degli studi, di 197 pagine, disponibile on line).
Sempre ai primi di giugno del 2019, le presentazioni dei corsi per i master e i programmi di licenza (che possono essere visualizzati rispettivamente qui e qui) sono rese disponibili on line. Vi si possono vedere le materie specifiche che mons. Melina, il prof. Grygiel e altri professori dell’Istituto Giovanni Paolo II hanno avuto l’incarico di insegnare durante l'anno accademico 2019-2020.
18 luglio 2019
Il quotidiano vaticano “L’Osservatore Romano” pubblica un articolo che annuncia che i nuovi statuti per l'Istituto Giovanni Paolo II sono stati approvati dal Gran Cancelliere, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, e dalla congregazione per l’educazione cattolica. I professori dell'Istituto Giovanni Paolo II non erano stati informati dell'approvazione dei nuovi statuti e ne sono venuti a conoscenza attraverso i media. Il testo dello statuto non è stato fornito a “L’Osservatore Romano”.
22 luglio 2019
Tutti i professori dell'Istituto Giovanni Paolo II ricevono una lettera di sospensione dell'insegnamento presso l'Istituto. Ricevono anche per la prima volta una copia dei nuovi statuti, solo per constatare che i "nuovi" statuti hanno integrato molti dei punti che mons. Sequeri aveva presentato loro, su mandato dell’arcivescovo Paglia, nel giugno del 2018, ma che i professori avevano respinto. Per dodici mesi, quindi, i professori sono stati indotti a credere che avrebbero contribuito anch’essi alla stesura dei nuovi statuti, ma in realtà questo non è mai avvenuto.
Il preside Sequeri di nuovo dichiara pubblicamente che i nuovi statuti sono "in continuità" con quelli stabiliti sotto papa Giovanni Paolo II nel 1982. Mons. Sequeri afferma inoltre pubblicamente:
"L'approvazione degli statuti e dell'ordine degli studi è il risultato di un processo triennale e di un dialogo avviato presso la sede dell'Istituto con i 12 uffici periferici e i centri associati e con la congregazione per l'educazione cattolica".
Ma i professori sono in forte disaccordo.
Il nuovo ordine degli studi, infatti, sospende tutti e cinque i programmi di master, assieme al corso sulla formazione permanente dei sacerdoti.
Gli unici programmi che rimangono in vita dall’ordine degli studi originale approvato dal Gran Cancelliere Paglia e dal preside Sequeri alla fine di maggio del 2019, sono la licenza e il dottorato.
23 luglio 2019:
Mons. Livio Melina e il professor José Noriega ricevono una lettera di licenziamento dall'insegnamento presso il nuovo Istituto, sulle seguenti basi:
- A mons. Melina viene detto che la cattedra di teologia morale fondamentale istituita per volere di papa Giovanni Paolo II e tenuta per la prima volta dal cardinale Carlo Caffarra, è stata eliminata.
- Al prof. Noriega viene detto che la sua posizione di superiore generale della sua congregazione religiosa è incompatibile con quella di professore di ruolo nel nuovo Istituto.
Né mons. Melina né il prof. Noriega hanno ricevuto alcuna comunicazione preventiva in merito a tali motivi e pertanto non hanno avuto la possibilità di difendersi o contestare la decisione del Gran Cancelliere.
24 luglio e giorni successivi
Altri sette professori ricevono una lettera di licenziamento dalle loro posizioni di insegnante. Sono Stanislaw Grygiel, Monika Grygiel, Maria Luisa Di Pietro, Vittorina Marini, Jaroslaw Kupczak, Przemyslaw Kwiatkowski e Sergio Belardinelli.


Ad alcuni viene detto che i loro corsi sono stati eliminati per motivi economici. Ad alcuni viene anche detto che l'Istituto spera di offrire loro un ciclo di corsi in futuro, ma agli stessi professori non viene detto che mantengono le loro posizioni nel nuovo Istituto.
Settimo Cielo
di Sandro Magister 27 ago
Assalto al GPII, un danno per «ogni università cattolica»
Il colpo di mano al Pontificio istituto Giovanni Paolo II danneggia la reputazione di tutte le «università ecclesiastiche nel loro insieme», è in contrasto con il Processo di Bologna e mette a rischio il riconoscimento dei titoli accademici. A dirlo è il professor Berthold Wald, emerito a Paderborn, che denuncia il tradimento dell’eredità di Wojtyla e gli «atti arbitrari» di Paglia.

Le modalità con cui è stata attuata la rivoluzione al Pontificio istituto teologico Giovanni Paolo II per le scienze del Matrimonio e della Famiglia, dotatosi di statuti che rompono con l’eredità di papa Wojtyla e conseguentemente epurato dei suoi docenti simbolo (vedi il dossier della Nuova BQ), rappresentano un danno per la reputazione non solo dell’istituto vaticano bensì di tutte le «università ecclesiastiche nel loro insieme».
A dirlo è il tedesco Berthold Wald, professore emerito di Filosofia sistematica alla facoltà teologica dell’Università di Paderborn, in Germania, che in una lettera aperta (divulgata dal National Catholic Register) a monsignor Pierangelo Sequeri, dal 2016 preside del “Giovanni Paolo II”, denuncia «gli atti arbitrari» che hanno avuto per regista il Gran cancelliere, monsignor Vincenzo Paglia. Atti che si pongono in contrasto con il Processo di Bologna, cioè quel processo di riforma dei sistemi europei di istruzione superiore avviato nel 1999 e firmato finora da 48 Stati, Vaticano compreso, e che ha tra i suoi vari fini l’armonizzazione dei titoli di studio e dunque il loro riconoscimento nei vari Paesi che hanno aderito all’accordo.
Il professor Wald parla da persona che conosce bene la questione, poiché all’epoca - da presidente dell’Associazione delle facoltà teologiche cattoliche - è stato coinvolto direttamente nei lavori di attuazione del Processo di Bologna, collaborando con la Congregazione per l’educazione cattolica e la Conferenza episcopale tedesca. E allora, scrive nella sua lettera, la partecipazione delle facoltà e università cattoliche al processo di riforma era stato considerato «esemplare» dalla Conferenza tedesca dei rettori. Mentre adesso la situazione generale rischia di cambiare, in peggio.
Dopo aver ricordato il motu proprio Summa Familiae Cura (2017) con cui papa Francesco gettò le basi per rifondare il “Giovanni Paolo II”, Wald spiega che «le modalità concrete per attuare la rifondazione dell’Istituto contraddicono i diritti e doveri fondamentali delle istituzioni accademiche». Infatti, diversamente da quanto avvenuto con il colpo di mano di Paglia (clicca qui), «è strettamente necessario coinvolgere gli organi accademici nella deliberazione su statuti e regolamenti universitari» ed è «diritto della facoltà» dire la propria nel processo di scelta dei nuovi docenti, nel solco delle «norme ecclesiastiche». La lettera prosegue con un’esplicita accusa al comportamento di Paglia: «Il gran cancelliere di un istituto pontificio o di un’università ecclesiastica non è al di sopra di queste norme».
Wald arriva a dire che «questi principi sono stati ignorati in un modo senza precedenti», senza consultare il corpo docente. Il professore tedesco smonta subito dopo la sottile difesa ufficiale di Paglia, secondo cui i docenti più rappresentativi - da monsignor Livio Melina al filosofo polacco Stanislaw Grygiel - non sarebbero stati licenziati bensì solo non impiegati nel rifondato istituto: «Questo sarebbe un argomento solo se l’istituto fosse stato chiuso dopo aver consultato gli organi accademici, se i docenti fossero stati informati in tempo utile della necessità di chiuderlo, e se l’istituto avesse cessato l’attività almeno per un certo periodo di tempo. Ma non è avvenuto niente di tutto questo». Perciò, prosegue Wald nel suo ragionamento, «in qualsiasi università statale la giustificazione pseudo-legale del licenziamento di docenti di ruolo sarebbe vista come un tentativo di ingannare il pubblico».
In modo simile a quanto rilevato da questo quotidiano (clicca qui), anche secondo Wald la rivoluzione apportata al “Giovanni Paolo II” è tale da non consentire il mantenimento del nome del Papa polacco, vista in particolare l’eliminazione della cattedra di Teologia morale, «che compromette implicitamente l’obiettivo dell’Istituto di studiare fondamentali questioni antropologiche ed etiche, un obiettivo che Giovanni Paolo II considerava indispensabile».
Il professore indica quindi il pericolo generale derivante da tale situazione, poiché la procedura seguita nella metamorfosi dell’Istituto «può mettere a repentaglio il riconoscimento pubblico delle istituzioni accademiche legalmente affiliate alla Chiesa cattolica». Ricordando appunto il suo coinvolgimento nel Processo di Bologna, Wald avverte che «la parificazione delle istituzioni accademiche ecclesiastiche con le università statali», dunque in primis il riconoscimento dei titoli accademici, «non è scontata», nel senso che non è garantita per sempre, dipendendo dall’osservanza delle «stesse regole di base che servono a proteggere e salvaguardare la libertà accademica».
Gli «atti arbitrari» con cui è stata portata avanti la rifondazione del “Giovanni Paolo II” possono in definitiva «alimentare un generale atteggiamento anti-romano e perciò danneggiare lo status accademico delle università ecclesiastiche nel loro insieme», dall’Italia alla Germania, fino a tutta la cattolicità. Sarebbe un bel disastro, che si aggiungerebbe a quello già in corso, con il tradimento dei principi che spinsero san Giovanni Paolo II ad affidare all’allora semplice sacerdote Carlo Caffarra il compito di fondare l’istituto che per quasi 40 anni ha presentato la bellezza del matrimonio e della famiglia secondo il progetto di Dio.
Da qui il richiamo finale di Wald a monsignor Sequeri: «Mi chiedo quali siano le vere ragioni per cui tu, da rinomato accademico, non vedi la minaccia delle istituzioni accademiche della Chiesa che si auto-derubano del loro stesso valore».
Ermes Dovico
 

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