Un volto boffiano.
Il Documento Finale (DF) del Sinodo pan-amazzonico è molto, molto più grave di quanto immaginavamo. Chi conosce il contesto, ne intende la gravità.
È la Chiesa voluta da Leonardo Boff (da quando ha scritto “E la Chiesa è diventata popolo” nel 1985), strutturata in modo da poter applicare il progetto del potere globale, ancorato nelle premesse della Carta della Terra, con postulati anticristiani.
In tale DF si usano retorica ed eufemismi per ingannare gli ignari, e si prevede che tutte le strutture della Chiesa siano obbligate ad accettare questo progetto, creando anche un fondo globale per esso. Gravissimo!
Il volto amazzonico è un eufemismo per l’applicazione di un’agenda ecologica globale, che altera il vero significato dell’evangelizzazione. È un volto boffiano. Basta leggere il libro di Boff: “E la Chiesa è diventata un popolo”; tutto ciò che è contenuto nel DF del Sinodo lo si ritrova lì.
È la Chiesa voluta da Leonardo Boff (da quando ha scritto “E la Chiesa è diventata popolo” nel 1985), strutturata in modo da poter applicare il progetto del potere globale, ancorato nelle premesse della Carta della Terra, con postulati anticristiani.
In tale DF si usano retorica ed eufemismi per ingannare gli ignari, e si prevede che tutte le strutture della Chiesa siano obbligate ad accettare questo progetto, creando anche un fondo globale per esso. Gravissimo!
Il volto amazzonico è un eufemismo per l’applicazione di un’agenda ecologica globale, che altera il vero significato dell’evangelizzazione. È un volto boffiano. Basta leggere il libro di Boff: “E la Chiesa è diventata un popolo”; tutto ciò che è contenuto nel DF del Sinodo lo si ritrova lì.
Il tema che più appare nel testo è l’urgenza della CONVERSIONE culturale ed ecologica. Conversione è il termine calcolato per promuovere la riprogettazione sociale all’interno stesso della Chiesa, affinché i cattolici assimilino senza protestare l’agenda dell’ambientalismo globale concepito dall’ONU, e accettino docilmente la nuova etica dei valori relativi e dello sviluppo sostenibile, come se fossero princípi della dottrina sociale della Chiesa.
Il termine “conversione” ha il suo significato perverso e diventa così un eufemismo per una deviazione degli scopi.
Vale la pena ricordare gli obiettivi del Rapporto Kissinger (1974): alterare i modelli culturali e le credenze religiose. Da qui la perversione dei significati originari, fino ad arrivare alla CONVERSIONE culturale ed ecologica, che include un significato rivoluzionario. Vi si trova anche il PECCATO ECOLOGICO, che vogliono introdurre per gli stessi scopi.
Il DF è contrassegnato dal “NUOVO PARADIGMA” dell’ecologia integrale, dalla cura della “casa comune” e dalla difesa dell’Amazzonia, che si basano su tali interessi.
Il DF ricorre a molte retoriche: difendere la vita, difendere la terra, difendere la cultura dei popoli indigeni, ecc. Il problema sono le premesse, la diagnosi fatta e le soluzioni proposte. Ecco cosa dice Juan Cláudio Sanahuja: “Difendere una realtà con argomentazioni e ragioni non corrette e inadeguate è il modo migliore per lasciare quella realtà completamente indifesa, e sostenerla su basi sbagliate è il modo più diretto per lasciarla senza sostegno”.
Con il DF, la Chiesa diventa vulnerabile alle sabbie mobili dell’ambientalismo globale. Saranno diffusi pastori ecologici in parrocchie, università e spazi ecclesiali in tutto il mondo; e si creerà anche una “Università Cattolica Amazzonica”, con materiale didattico che dia priorità alla “cultura indigena”. Tutto all’unisono per difendere l’agenda ecologica dell’ONU; e chi non è in sintonia con tale agenda commetterà un “peccato ecologico”.
Ci sarà anche una formazione (anche online) per i sacerdoti, di modo che facciano proprio il volto boffiano della Chiesa, con le seguenti discipline accademiche: ecologia integrale, ecoteologia, teologia della creazione, teologie indigene, spiritualità ecologica, storia della Chiesa in Amazzonia e antropologia culturale dell’Amazzonia. (DF, 108) Infine, in questa formazione ci sarà un’overdose di ecologia integrale.
Ban Ki-moon e Jeffrey Sachs sono felicissimi. Non è mai stato più facile agire all’interno della Chiesa come agenti di sovversione della fede, con un’agenda e un progetto di potere contro i poveri, con la retorica della difesa dei poveri, strumentalizzando la Chiesa per i loro scopi.
Per Vaclav Klaus, in verità l’economia verde è insostenibile e mira ad evitare che i poveri escano dalla povertà. Pertanto, la decisione politica di Jorge Mário Bergoglio di fare dell’ambientalismo globale la priorità del suo pontificato è forse il suo più grande errore.
Il DF difende il diritto dei popoli indigeni alle loro pratiche religiose ancestrali, e la Chiesa dovrebbe imparare da loro. Esige anche che non si faccia proselitismo. Le popolazioni indigene, con le loro pratiche religiose ancestrali (pratiche pagane), hanno la priorità. I preti devono essere lì in condizioni di ascolto. In questo senso, il DF crea diversi ostacoli all’evangelizzazione, facilitando così la diffusione del paganesimo.
E’ ovvio che esso facilita e rende il prete vittima e ostaggio di quest’ultimo. La domanda è: i preti, come evangelizzeranno con questa “camicia di forza” culturale che il DF vuole far loro indossare?
Il testo dei vescovi sinodali è chiaro: niente proselitismo. La catechesi deve mettersi all’ascolto delle pratiche delle popolazioni indigene; imparare da esse. Ci deve essere una teologia inculturata. Non ci deve essere colonizzazione ideologica, arbitrarietà, imposizioni, nessuna lettura anacronistica della realtà.
Qualcuno può spiegare come questo possa funzionare nella pratica? Per esempio: in seno ad una cultura poligama e ad una cultura che accetta infanticidio, incesto, ecc. Come evangelizzare, se il DF dice che sono tali culture ad avere la priorità? Qualcuno con la coscienza sana può spiegarlo? In pratica, funzionerà?
Il fatto è - come sottolinea Sanahuja -, che: “Far finta che gli indigeni tornino alle loro pratiche religiose ancestrali è un modo per cancellare e prevenire l’evangelizzazione”.
E’ di questo che si tratta.
Il DF ribadisce quello che già aveva causato stupore nell’“Instrumentum Laboris”: che nelle culture pagane ci sarebbero i “semi del Verbo”.
“Il mondo indigeno, con i suoi miti, racconti, riti, canti, danze ed espressioni spirituali, arricchisce l’incontro interculturale. Puebla (1) riconosce già che ‘le culture non sono terre vuote, senza valori autentici. L’evangelizzazione della Chiesa non è un processo di distruzione, ma di consolidamento e rafforzamento di questi valori; un contributo alla crescita dei ‘semi del Verbo’ (Documento di Puebla, 401, cfr. GS 57) presenti nelle culture”. (DF, 54).
E in più: “rifiutiamo un’evangelizzazione in stile colonialista. Annunciare la Buona Novella di Gesù significa riconoscere i semi della Parola presenti nelle culture” (DF, 55).
In questo senso, secondo il DF, l’evangelizzazione è quella che accetta e promuove la cultura indigena, la cultura pagana.
E il DF va ancora oltre: “Dobbiamo dare una risposta veramente cattolica alla richiesta delle comunità amazzoniche di ADATTARE LA LITURGIA, valorizzando la visione del mondo, le tradizioni, i simboli e i riti originali che includono dimensioni trascendenti, comunitarie ed ecologiche” (DF, 116). Sarà inoltre elaborato “un rito amazzonico che esprima il patrimonio liturgico, teologico, disciplinare e spirituale dell’Amazzonia” (DF, 119).
Ora capisco perché a molti vescovi non gliene importa niente delle nostre richieste di preservare l’identità cattolica. Da tempo il clero stesso sta lavorando alacremente per svuotare la Chiesa della sua identità cattolica, in nome di un’inculturazione che indebolisce ogni giorno il vigore della fede cattolica nella sua ricchezza civilizzatrice.
Il progetto che essi presentano nel DF si discosta dal realismo cristiano. Ovunque esso fa eco a Rousseau.
Leonardo Boff e Frate Betto stanno festeggiando. È la Rivoluzione francese sognata da Carlo Maria Martini all’interno della Chiesa, finalmente realizzata. Sono stati anni di attesa, di lotta, di astuzia. Si è trattato di rinnovare il patto delle catacombe. Questo è ciò che voleva Frate Betto: “Faremo un papa latinoamericano e imporremo la rivoluzione dall’alto verso il basso”.
I vescovi sinodali non hanno avuto la decenza di divulgare i loro nomi: cioè come ognuno ha votato. Quello che importava erano i risultati: con la richiesta di avere sacerdoti sposati è stata approvata la fine graduale del celibato; è stata presentata la richiesta di avanzare negli studi per il diaconato femminile, ecc. Al punto 111 è detto che alcuni chiedevano la graduale fine del celibato non solo in Amazzonia, e che “alcuni sostenevano un approccio universale al problema”.
Oltre al consumo della carne, vogliono limitare anche quello del pesce. E molto altro ancora.
Nel DF prevale il “buon selvaggio” (come sognava Rousseau), che sa vivere con le sue culture pagane ancestrali. Ripeto: è una visione che si discosta dal realismo cristiano. Aperta la breccia per la graduale fine del celibato, Boff si vanta di se stesso, pensa di essere un genio della strategia. Tanti auspicavano che Helder Câmara fosse ancora vivo per vedere i progressi compiuti. Pensano che sia fantastico essere dei demolitori e festeggiano il fatto di esserlo.
Il DF strumentalizza la Chiesa per dare sostegno politico alle popolazioni indigene nei loro diritti di autodeterminazione, promuovendo la balcanizzazione della regione, ostacolando l’azione dello Stato brasiliano nell’investire per promuovere uno sviluppo responsabile nella regione, e creando tutte le condizioni politiche per una futura internazionalizzazione dell’Amazzonia. “E’ urgente superare i confini imposti dalla geografia” (DF 112), proponendo così la creazione di una rete ecclesiale panamazzonica (e perfino una propria Conferenza Episcopale), anticipandone così l’internazionalizzazione.
I punti 46 e 47 sono chiari al riguardo. Si appoggia pienamente la risoluzione 169 dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) che garantisce le vaste riserve indigene, creando territori autonomi e sottosviluppati. Ci sono stati dell’Amazzonia la cui metà sono riserve indigene che favoriscono le ONG che ci sono, ecc. Tutto ciò costituisce una grave minaccia alla sovranità nazionale e all’integrità territoriale brasiliana.
I movimenti sociali popolari (quasi tutti di sinistra) utilizzeranno la Chiesa ancora di più per i loro scopi, contrariamente allo sviluppo responsabile della regione.
I DF acutizza così la tensione nella regione, aggravando ulteriormente l’instabilità, l’insicurezza e i conflitti in Amazzonia.
Le iniziative proposte dal DF sono una dichiarazione di guerra al Brasile: e mettono a rischio la nostra sovranità nazionale. Al punto 73, c’è l’affermazione: ”Vogliamo sostenere una cultura di pace e rispetto - non violenza e abusi”. Ma le proposte presentate vanno nella direzione opposta.
Quando inizieranno a mettere in atto il progetto presentato dal DF, la confusione che si creerà in Amazzonia sarà sconsiderata. Si inasprirà la tensione sociale, perfino col rischio di una guerra.
Purtroppo, come cattolico apostolico romano, devo riconoscere che le proposte rousseiane che vengono avanzate non portano alla “cultura della pace” che proclamano a parole. Il volto boffiano che propongono è un errore. La loro strategia è quella di creare un dipartimento della Curia romana per “costringere” le altre diocesi del mondo ad assumere il volto boffiano della Chiesa, imponendo questa chiesa circolare e orizzontale dall’alto verso il basso.
Predomina lo spirito di insurrezione, di ribellione contro l’identità cattolica, e perfino contro l’istituzione del Papato, per difendere il decentramento, per orizzontalizzare tutto, in una chiesa circolare, in una chiesa a mosaico, che dialoga e interagisce con il paganesimo, ecc.
Non mi sorprende che Boff sia un ammiratore di Lutero. Nel libro “E la Chiesa si è fatta popolo”, egli dedica un intero capitolo per parlare di Lutero, che per lui è stato un liberatore. Lui stesso si sente un Lutero, un liberatore. La strategia dei Teologi della Liberazione nel costituire un “laboratorio” della loro chiesa in Amazzonia può mettere a rischio la credibilità della Chiesa nel mondo intero. Si tratta di un’avventura dalle conseguenze imprevedibili, con contraddizioni e incoerenze inaccettabili.
Quello che Mons. Lorenzo Baldisseri ha detto all’inizio del Sinodo, che “anche se si riferisce ad una determinata area geografica, è sempre un Sinodo che riguarda la Chiesa universale”, manifesta il desiderio di estendere il volto boffiano a tutta la Chiesa.
Oggi è un giorno di lacrime e dolore. L’impressione che rimane è che sia stato tutto vano quello per cui abbiamo combattuto per tutti questi anni. Ma sono confortato da ciò che ha detto Nostro Signore Gesù Cristo: “Beati coloro che piangono, perché saranno consolati”.
Nel giorno del Giudizio, spero di poter dire al Signore: “Ho fatto tutto il possibile per essere fedele a Te!”
Hermes Rodrigues Nery é Coordinatore del Movimento Legislazione e Vita.
Email: prof.hermesnery@gmail.com
NOTA
1 - Nota nostra - Si tratta del «Messaggio ai popoli dell’America Latina», con il quale si apre il documento finale, approvato il 13 febbraio 1979, della III Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano, tenutasi a Puebla, Messico, dal 28 gennaio al 13 febbraio 1979, alla presenza di Giovanni Paolo II.
Il termine “conversione” ha il suo significato perverso e diventa così un eufemismo per una deviazione degli scopi.
Vale la pena ricordare gli obiettivi del Rapporto Kissinger (1974): alterare i modelli culturali e le credenze religiose. Da qui la perversione dei significati originari, fino ad arrivare alla CONVERSIONE culturale ed ecologica, che include un significato rivoluzionario. Vi si trova anche il PECCATO ECOLOGICO, che vogliono introdurre per gli stessi scopi.
Il DF è contrassegnato dal “NUOVO PARADIGMA” dell’ecologia integrale, dalla cura della “casa comune” e dalla difesa dell’Amazzonia, che si basano su tali interessi.
Il DF ricorre a molte retoriche: difendere la vita, difendere la terra, difendere la cultura dei popoli indigeni, ecc. Il problema sono le premesse, la diagnosi fatta e le soluzioni proposte. Ecco cosa dice Juan Cláudio Sanahuja: “Difendere una realtà con argomentazioni e ragioni non corrette e inadeguate è il modo migliore per lasciare quella realtà completamente indifesa, e sostenerla su basi sbagliate è il modo più diretto per lasciarla senza sostegno”.
Con il DF, la Chiesa diventa vulnerabile alle sabbie mobili dell’ambientalismo globale. Saranno diffusi pastori ecologici in parrocchie, università e spazi ecclesiali in tutto il mondo; e si creerà anche una “Università Cattolica Amazzonica”, con materiale didattico che dia priorità alla “cultura indigena”. Tutto all’unisono per difendere l’agenda ecologica dell’ONU; e chi non è in sintonia con tale agenda commetterà un “peccato ecologico”.
Ci sarà anche una formazione (anche online) per i sacerdoti, di modo che facciano proprio il volto boffiano della Chiesa, con le seguenti discipline accademiche: ecologia integrale, ecoteologia, teologia della creazione, teologie indigene, spiritualità ecologica, storia della Chiesa in Amazzonia e antropologia culturale dell’Amazzonia. (DF, 108) Infine, in questa formazione ci sarà un’overdose di ecologia integrale.
Ban Ki-moon e Jeffrey Sachs sono felicissimi. Non è mai stato più facile agire all’interno della Chiesa come agenti di sovversione della fede, con un’agenda e un progetto di potere contro i poveri, con la retorica della difesa dei poveri, strumentalizzando la Chiesa per i loro scopi.
Per Vaclav Klaus, in verità l’economia verde è insostenibile e mira ad evitare che i poveri escano dalla povertà. Pertanto, la decisione politica di Jorge Mário Bergoglio di fare dell’ambientalismo globale la priorità del suo pontificato è forse il suo più grande errore.
Il DF difende il diritto dei popoli indigeni alle loro pratiche religiose ancestrali, e la Chiesa dovrebbe imparare da loro. Esige anche che non si faccia proselitismo. Le popolazioni indigene, con le loro pratiche religiose ancestrali (pratiche pagane), hanno la priorità. I preti devono essere lì in condizioni di ascolto. In questo senso, il DF crea diversi ostacoli all’evangelizzazione, facilitando così la diffusione del paganesimo.
E’ ovvio che esso facilita e rende il prete vittima e ostaggio di quest’ultimo. La domanda è: i preti, come evangelizzeranno con questa “camicia di forza” culturale che il DF vuole far loro indossare?
Il testo dei vescovi sinodali è chiaro: niente proselitismo. La catechesi deve mettersi all’ascolto delle pratiche delle popolazioni indigene; imparare da esse. Ci deve essere una teologia inculturata. Non ci deve essere colonizzazione ideologica, arbitrarietà, imposizioni, nessuna lettura anacronistica della realtà.
Qualcuno può spiegare come questo possa funzionare nella pratica? Per esempio: in seno ad una cultura poligama e ad una cultura che accetta infanticidio, incesto, ecc. Come evangelizzare, se il DF dice che sono tali culture ad avere la priorità? Qualcuno con la coscienza sana può spiegarlo? In pratica, funzionerà?
Il fatto è - come sottolinea Sanahuja -, che: “Far finta che gli indigeni tornino alle loro pratiche religiose ancestrali è un modo per cancellare e prevenire l’evangelizzazione”.
E’ di questo che si tratta.
Il DF ribadisce quello che già aveva causato stupore nell’“Instrumentum Laboris”: che nelle culture pagane ci sarebbero i “semi del Verbo”.
“Il mondo indigeno, con i suoi miti, racconti, riti, canti, danze ed espressioni spirituali, arricchisce l’incontro interculturale. Puebla (1) riconosce già che ‘le culture non sono terre vuote, senza valori autentici. L’evangelizzazione della Chiesa non è un processo di distruzione, ma di consolidamento e rafforzamento di questi valori; un contributo alla crescita dei ‘semi del Verbo’ (Documento di Puebla, 401, cfr. GS 57) presenti nelle culture”. (DF, 54).
E in più: “rifiutiamo un’evangelizzazione in stile colonialista. Annunciare la Buona Novella di Gesù significa riconoscere i semi della Parola presenti nelle culture” (DF, 55).
In questo senso, secondo il DF, l’evangelizzazione è quella che accetta e promuove la cultura indigena, la cultura pagana.
E il DF va ancora oltre: “Dobbiamo dare una risposta veramente cattolica alla richiesta delle comunità amazzoniche di ADATTARE LA LITURGIA, valorizzando la visione del mondo, le tradizioni, i simboli e i riti originali che includono dimensioni trascendenti, comunitarie ed ecologiche” (DF, 116). Sarà inoltre elaborato “un rito amazzonico che esprima il patrimonio liturgico, teologico, disciplinare e spirituale dell’Amazzonia” (DF, 119).
Ora capisco perché a molti vescovi non gliene importa niente delle nostre richieste di preservare l’identità cattolica. Da tempo il clero stesso sta lavorando alacremente per svuotare la Chiesa della sua identità cattolica, in nome di un’inculturazione che indebolisce ogni giorno il vigore della fede cattolica nella sua ricchezza civilizzatrice.
Il progetto che essi presentano nel DF si discosta dal realismo cristiano. Ovunque esso fa eco a Rousseau.
Leonardo Boff e Frate Betto stanno festeggiando. È la Rivoluzione francese sognata da Carlo Maria Martini all’interno della Chiesa, finalmente realizzata. Sono stati anni di attesa, di lotta, di astuzia. Si è trattato di rinnovare il patto delle catacombe. Questo è ciò che voleva Frate Betto: “Faremo un papa latinoamericano e imporremo la rivoluzione dall’alto verso il basso”.
I vescovi sinodali non hanno avuto la decenza di divulgare i loro nomi: cioè come ognuno ha votato. Quello che importava erano i risultati: con la richiesta di avere sacerdoti sposati è stata approvata la fine graduale del celibato; è stata presentata la richiesta di avanzare negli studi per il diaconato femminile, ecc. Al punto 111 è detto che alcuni chiedevano la graduale fine del celibato non solo in Amazzonia, e che “alcuni sostenevano un approccio universale al problema”.
Oltre al consumo della carne, vogliono limitare anche quello del pesce. E molto altro ancora.
Nel DF prevale il “buon selvaggio” (come sognava Rousseau), che sa vivere con le sue culture pagane ancestrali. Ripeto: è una visione che si discosta dal realismo cristiano. Aperta la breccia per la graduale fine del celibato, Boff si vanta di se stesso, pensa di essere un genio della strategia. Tanti auspicavano che Helder Câmara fosse ancora vivo per vedere i progressi compiuti. Pensano che sia fantastico essere dei demolitori e festeggiano il fatto di esserlo.
Il DF strumentalizza la Chiesa per dare sostegno politico alle popolazioni indigene nei loro diritti di autodeterminazione, promuovendo la balcanizzazione della regione, ostacolando l’azione dello Stato brasiliano nell’investire per promuovere uno sviluppo responsabile nella regione, e creando tutte le condizioni politiche per una futura internazionalizzazione dell’Amazzonia. “E’ urgente superare i confini imposti dalla geografia” (DF 112), proponendo così la creazione di una rete ecclesiale panamazzonica (e perfino una propria Conferenza Episcopale), anticipandone così l’internazionalizzazione.
I punti 46 e 47 sono chiari al riguardo. Si appoggia pienamente la risoluzione 169 dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) che garantisce le vaste riserve indigene, creando territori autonomi e sottosviluppati. Ci sono stati dell’Amazzonia la cui metà sono riserve indigene che favoriscono le ONG che ci sono, ecc. Tutto ciò costituisce una grave minaccia alla sovranità nazionale e all’integrità territoriale brasiliana.
I movimenti sociali popolari (quasi tutti di sinistra) utilizzeranno la Chiesa ancora di più per i loro scopi, contrariamente allo sviluppo responsabile della regione.
I DF acutizza così la tensione nella regione, aggravando ulteriormente l’instabilità, l’insicurezza e i conflitti in Amazzonia.
Le iniziative proposte dal DF sono una dichiarazione di guerra al Brasile: e mettono a rischio la nostra sovranità nazionale. Al punto 73, c’è l’affermazione: ”Vogliamo sostenere una cultura di pace e rispetto - non violenza e abusi”. Ma le proposte presentate vanno nella direzione opposta.
Quando inizieranno a mettere in atto il progetto presentato dal DF, la confusione che si creerà in Amazzonia sarà sconsiderata. Si inasprirà la tensione sociale, perfino col rischio di una guerra.
Purtroppo, come cattolico apostolico romano, devo riconoscere che le proposte rousseiane che vengono avanzate non portano alla “cultura della pace” che proclamano a parole. Il volto boffiano che propongono è un errore. La loro strategia è quella di creare un dipartimento della Curia romana per “costringere” le altre diocesi del mondo ad assumere il volto boffiano della Chiesa, imponendo questa chiesa circolare e orizzontale dall’alto verso il basso.
Predomina lo spirito di insurrezione, di ribellione contro l’identità cattolica, e perfino contro l’istituzione del Papato, per difendere il decentramento, per orizzontalizzare tutto, in una chiesa circolare, in una chiesa a mosaico, che dialoga e interagisce con il paganesimo, ecc.
Non mi sorprende che Boff sia un ammiratore di Lutero. Nel libro “E la Chiesa si è fatta popolo”, egli dedica un intero capitolo per parlare di Lutero, che per lui è stato un liberatore. Lui stesso si sente un Lutero, un liberatore. La strategia dei Teologi della Liberazione nel costituire un “laboratorio” della loro chiesa in Amazzonia può mettere a rischio la credibilità della Chiesa nel mondo intero. Si tratta di un’avventura dalle conseguenze imprevedibili, con contraddizioni e incoerenze inaccettabili.
Quello che Mons. Lorenzo Baldisseri ha detto all’inizio del Sinodo, che “anche se si riferisce ad una determinata area geografica, è sempre un Sinodo che riguarda la Chiesa universale”, manifesta il desiderio di estendere il volto boffiano a tutta la Chiesa.
*
Oggi è un giorno di lacrime e dolore. L’impressione che rimane è che sia stato tutto vano quello per cui abbiamo combattuto per tutti questi anni. Ma sono confortato da ciò che ha detto Nostro Signore Gesù Cristo: “Beati coloro che piangono, perché saranno consolati”.
Nel giorno del Giudizio, spero di poter dire al Signore: “Ho fatto tutto il possibile per essere fedele a Te!”
Hermes Rodrigues Nery é Coordinatore del Movimento Legislazione e Vita.
Email: prof.hermesnery@gmail.com
NOTA
1 - Nota nostra - Si tratta del «Messaggio ai popoli dell’America Latina», con il quale si apre il documento finale, approvato il 13 febbraio 1979, della III Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano, tenutasi a Puebla, Messico, dal 28 gennaio al 13 febbraio 1979, alla presenza di Giovanni Paolo II.
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