Ieri l’altro era la Giornata della Memoria. Vogliamo ricordare con questo articolo pubblicato su History.com una figura davvero eroica che nell’inferno di Auschwitz cercò di rendere dignitoso il parto di tante donne e la breve vita dei loro bambini. Stanislawa Leszczyńska fu incaricata di uccidere i bambini, ma si rifiutò. Parliamo della Serva di Dio Stanislawa Leszczyńska.
Ecco l’articolo nella mia traduzione.
Auschwitz è conosciuto come un luogo di morte: un infernale campo di sterminio, il più grande del suo genere, dove si pensa che almeno 1,1 milioni di persone siano state assassinate. Quindi è strano pensare al campo anche come a un luogo di vita.
Tuttavia, grazie ad una donna di nome Stanislawa Leszczyńska, lo è stato. Durante i suoi due anni di internamento ad Auschwitz, l’ostetrica polacca ha fatto nascere 3.000 bambini nel campo, in condizioni impensabili. Sebbene la sua storia sia poco conosciuta al di fuori della Polonia, testimonia la resistenza di un piccolo gruppo di donne determinate ad aiutare le loro compagne prigioniere.
Fu soprattutto il desiderio della Leszczyńska di aiutare gli altri a portarla ad Auschwitz. Era nata a Lodz nel 1896 e aveva trascorso i suoi primi anni in relativa pace: si era sposata, aveva studiato per il diploma di ostetrica, aveva avuto dei figli.
Nel 1939, tutto cambiò quando i nazisti marciarono sulla Polonia. Improvvisamente, la Leszczyńska si trovò a vivere in un paese occupato e la sua città – sede del secondo maggior numero di Ebrei in Polonia – vide la nascita di un ghetto . Più di un terzo della popolazione della città era ristretta in una piccola area e costretta a lavorare per i nazisti .
Inorridita dalle condizioni del ghetto, la Leszczyńska e la sua famiglia, compresi i suoi quattro figli, avevano deciso di dare una mano. Come membri di una crescente resistenza polacca portavano documenti falsi e cibo agli Ebrei all’interno del ghetto.
Nel 1943, il lavoro della famiglia fu scoperto e furono interrogati dalla Gestapo. Mentre il marito e il figlio maggiore della Leszczyńska riuscirono a fuggire, i figli più piccoli e la madre vennero arrestati. La Leszczyńska fu separata dai suoi figli maschi, che furono mandati in diversi campi ai lavori forzati e lei fu inviata ad Auschwitz con la figlia, una studentessa di Medicina. Suo marito continuò a combattere i nazisti, ma fu ucciso durante l’insurrezione di Varsavia del 1944. Non lo vide mai più.
Quando arrivò al campo, la Leszczyńska trovò un medico tedesco e gli disse che era un’ostetrica. Fu mandata a lavorare nel “reparto di maternità” del campo, una serie di baracce sporche che erano più un luogo per far morire le donne in gravidanza che un posto dove prendersene cura.
La maggior parte delle donne in gravidanza ad Auschwitz venivano semplicemente mandate nelle camere a gas. Le donne che scoprivano al campo di essere incinte a volte venivano fatte abortire da Gisella Perl, una dottoressa che ha fatto sì che centinaia di donne non partorissero: spesso, quando si scopriva che una donna era incinta, veniva sommariamente giustiziata.
Altre venivano mandate in una baracca dove aspettavano la conclusione della gravidanza in condizioni squallide. “Sorella Klara”, un’ostetrica che era stata mandata al campo per aver ucciso un bambino, supervisionava la baracca insieme ad una donna chiamata “Sorella Pfani”. Erano incaricate di dichiarare “nati morti” i bambini che nascevano nel reparto, per annegarli poi in un secchio, spesso sotto gli occhi delle madri che avevano appena partorito. Il ruolo di sorella Klara non includeva l’assistenza durante il parto.
“Questa divisione del lavoro è stato uno degli esempi più grotteschi del Nazismo, da un lato, cinicamente aderente agli standard “legali” – non volendo che un’infermiera non diplomata assistesse al parto – ma dall’altro, assegnandola all’omicidio dei neonati ebrei “, scrive lo storico Michael Berkowitz.
Quando la Leszczyńska sentì cosa ci si aspettava da lei nel macabro reparto di maternità, si rifiutò. Quando venne portata davanti al medico che supervisionava l’intero campo, rifiutò nuovamente. “Perché non l’abbiano uccisa allora, nessuno lo sa”, ha detto Bronislaw, figlio della Leszczyńska, nel 1988.
Nonostante le minacce e le percosse subite da Klara, la Leszczyńska iniziò semplicemente a prendersi cura delle madri e a far venire alla luce i loro bambini. Pur sapendo che la maggior parte dei bambini che faceva nascere sarebbero stati uccisi entro poche ore, lavorò per salvare quante più vite delle madri possibile. Era un lavoro quasi impossibile: niente acqua corrente, poche coperte, niente pannolini, poco cibo. La Leszczyńska imparò rapidamente a far giacere le donne in travaglio sulla stufa di mattoni che veniva accesa di rado al centro della baracca, l’unico posto che poteva ospitare una donna partoriente. Pidocchi e malattie erano comuni nell’ “ospedale”, che si riempiva di centimetri d’acqua quando pioveva.
La Leszczyńska in seguito dichiarò di aver fatto nascere, assistita da sua figlia e da altre prigioniere, circa 3.000 bambini durante i suoi due anni ad Auschwitz. Continuò a rifiutarsi di uccidere i bambini nonostante gli ordini ripetuti di farlo, anche davanti al Dr. Josef Mengele, il famigerato “Angelo della morte” del campo, noto per i suoi brutali esperimenti su gemelli e altri detenuti.
Non tutti i bambini furono immediatamente uccisi: a partire dal 1943, alcuni furono dati alle coppie naziste come bambini “ariani” nell’ambito del programma Lebensborn della Germania nazista, che rapì fino a 100.000 bambini nella sola Polonia. La Leszczyńska e le sue assistenti fecero del loro meglio per tatuare i bambini che venivano portati via nella speranza che in seguito avrebbero potuto essere identificati e riuniti alle loro madri. Altre donne uccidevano i loro stessi bambini piuttosto che consegnarli ai Nazisti.
Ad alcune donne non ebree veniva permesso di tenere i loro bambini, ma di solito essi morivano in breve tempo a causa delle condizioni di vita nel campo. Tuttavia, anche ad alcuni bambini Ebrei fu concesso di vivere, anche se non è chiaro cosa sia loro successo. Secondo le parole dello storico Zoé Waxman, “Se a un bambino veniva permesso di sopravvivere, probabilmente era per uno scopo specifico e per un tempo specifico”.
La Leszczyńska si sentiva impotente mentre guardava i bambini che aveva fatto nascere venire assassinati o morire di fame, perché alle loro madri era proibito allattare. Ma continuava a lavorare, battezzando i bambini cristiani e prendendosi cura il meglio possibile delle donne nella baracca. La chiamavano “Mamma”.
Dei 3.000 bambini fatti nascere dalla Leszczyńska, gli storici della medicina Susan Benedict e Linda Sheilds scrivono che metà di loro furono annegati, altri 1.000 morirono in poco tempo di fame o di freddo, 500 furono inviati ad altre famiglie e 30 sono sopravvissuti al campo. Si ritiene che tutte le madri e tutti i neonati siano sopravvissuti al parto.
All’inizio del 1945, i nazisti costrinsero la maggior parte dei detenuti di Auschwitz a lasciare il campo in una “marcia della morte” verso altri campi. La Leszczyńska si rifiutò di partire e rimase nel campo fino alla sua liberazione.
L’eredità della Leszczyńska è sopravvissuta a lungo dopo la liberazione di Auschwitz, sia nei ricordi delle sopravvissute i cui bambini aveva tentato di far nascere in modo dignitoso, sia nelle vite dei pochi bambini che avevano lasciato in vita il campo, sia nel lavoro dei suoi stessi figli che sopravvissero tutti alla guerra e divennero medici loro stessi.
“Fino ad oggi non so a quale prezzo [ha fatto nascere il mio bambino]”, ha detto negli anni ’80 Maria Saloman, la cui bambina la Leszczyńska ha fatto venire alla luce. “La mia Liz deve la sua vita a Stanislawa Leszczyńska. Non riesco a pensare a lei senza che mi salgano le lacrime agli occhi.”
La Leszczyńska è tornata alla vita dopo la guerra come ostetrica a Lodz e ha iniziato a raccontare del periodo passato ad Auschwitz quando è andata in pensione nel 1957. È ancora venerata in Polonia e la Chiesa cattolica ha avviato il processo per la sua canonizzazione. Ma anche se non diventasse mai una santa ufficiale, il suo lavoro così importante in quell’inferno sulla terra parla da solo.
Annarosa Rossetto
https://www.youtube.com/watch?v=gG7D7RU22vE
E’ ORA CHE RIVENDICHIAMO IL NOSTRO MERITO NEL DISTRUGGERE IL NAZISMO
Vedo che la presidente della Croazia, che ha partecipato alla supercelebrazione globale di Memoria a Yad Vashem, è stata accusata di ipocrisia per aver in passato onorato il monumento ai “gefallen kroaten 1945”, ossia ai combattenti ustascia: volonterosi carnefici, non c’è che dire, del Reich, in eliminazione di ebrei, serbo, bosniaci – tanto, dice, da suscitare qualche obiezione dello stesso Fuhehr per la crudeltà.
Nel giorno della Memoria solennissimo che s’è concluso, noi abbiamo perso come Italia una grande occasione politica: rivendicare in quella sede, di fronte all’ebraismo e alla Israeli lobby, i nostri storici meriti di distruttori del nazismo, che hanno contribuito alla sua disfatta, quasi quanto i sovietici che liberarono Auschwitz e occuparono Berlino – ma al prezzo di 20 milioni di morti.
No, noi abbiamo fatto di più: abbiamo contribuito in quanto Fascisti e Alleati.
Pensate solo se il regime fascista fosse rimasto neutrale, come Francisco Franco in Spagna. Avremmo presidiato senza problemi la Libia, incontrastati dagli inglesi in Egitto,che si sapevano deboli. Invece, come sapete, Mussolini volle la gloria; ordinò al maresciallo Graziani di conquistare appunto l’Egitto. Con una immensa truppa di fantaccini senza camion, senza corazzati (salvo le scatole di sardine), senza armi anticarro. Bastò la comparsa dei Matilda per far arretrare, poi letteralmente scappare, i nostri poveri fantaccini – a piedi ovviamente – per quasi ottocento chilometri; 130 mila di loro furono catturati. La Cirenaica era perduta
Hitler, per amicizia e ammirazione verso il duce, e scongiurare il collasso, dovette impegnarsi su un fronte che non era nei suoi programmi; mandò un intero corpo d’armata – e quale? L’Afrikakorps!
E sì, signori della Memoria: come italiani possiamo vantarci di aver inchiodato su un fronte inutile 220 circa panzer nazisti, consumato una forza di splendidi combattenti del Reich, in numero di oltre 200 mila (gli inglesi ne presero prigionieri 180 mila), e bloccato nelle sabbie un genio militare che i britannici temevano e ammiravano. Che lasciammo inoltre a stecchetto di carburante, perché era la Marina italiana e i suoi ammiragli filo-britannici a provvedere ai rifornimenti.
Insomma, una strepitosa affermazione di anti-nazismo.
Provate solo a immaginare cosa avrebbe potuto fare – lasciato libero dalle incombenze italiane – Rommel col suo corpo d’armata corazzato e i suoi 200 mila motivatissimi combattenti meccanizzati, sul fronte russo. Magari i sovietici avrebbero avuto grossi problemi ad arrivare ad Oswiecim.
Ed ancor più bella fu la grandiosa strategia consistente nel nobile proposito di “spezzare le reni alla Grecia”. Una tentata invasione contro un regime fascista – governava in Atene il dittatore Metaxas, che si ispirava al Terzo Reich – e preparata tenendo accuratamente all’insaputa l’alleato nazista. Si sa che Mussolini fu eccitato dal genero, Ciano, che voleva fare lo stratega e riteneva che i tedeschi non dessero importanza che meritava al nostro apporto. Il duce friggeva, voleva un qualche successo per sedersi al tavolo di pace (che sentiva imminente …) con qualche conquista.
Ma prego i sacerdoti di ammirare: più ancora del progetto, conquistare un paese fascista, fu meravigliosa l’esecuzione. Vuoi conquistare la Grecia, paese di coste e isole? Ma tu – furbo – lo attacchi dall’Albania, cercando di conquistare le montagne dell’Epiro; e quale momento scegli? Le soglie dell’inverno. Tanto, assicuravano i nostri servizi (che non si pretendevano ancora di ”intelligence”) i greci sono gente che non ha voglia di battersi.
Il nostro attacco comincia il 28 ottobre; il 1 novembre, il contrattacco greco blocca le truppe italiane sul fiume Kalamas. Fango, pioggia e gelo. “La divisione alpina Julia presso il passo di Metsovo viene aggredita da sette divisioni greche, di fianco e a tergo puntando sulla conca di Corcia (Korcè), dove le divisioni Parma e Piemonte, e poi Venezia e Arezzo fatte accorrere dal confine iugoslavo, sono anch’esse travolte. I greci minacciano di aggirare tutto lo schieramento italiano raggiungendo la strada Corcia-Perati. (il Ponte di Perati diventerà famoso per gli Alpini italiani della Julia come il “Ponte della Bandiera Nera” una triste canzone degli Alpini –
“Sul ponte di Perati bandiera nera
L’è il lutto degli alpini che fan la guerra
L’è il lutto degli alpini che fan la guerra
La meglio gioventù che va sotto tera”
“Sul ponte di Perati bandiera nera
L’è il lutto degli alpini che fan la guerra
L’è il lutto degli alpini che fan la guerra
La meglio gioventù che va sotto tera”
Il 3-5, gli inglesi bombardano la nostra base navale Taranto, affondano le corazzate Littorio, Cavour e la Duilio. Da dove sono decollati? Dalla portaerei Illustrious, che sta a meno di 200 miglia dalle nostre coste. Noi facciamo la guerra con le portaerei nemiche sotto casa.
Ma già il 20 novembre, un Hitler, stavolta incazzato, “critica aspramente la decisione dell’attacco alla Grecia. “Lo stato delle cose così creatosi ha conseguenze psicologiche e militari gravissime a proposito delle quali è importante far luce completa… Le conseguenze psicologiche della situazione sono spiacevoli….”(…) le conseguenze militari di questa situazione sono, Duce, molto gravi….Gli inglesi intensificheranno le loro basi aerea sul Mediterraneo… Non oso pensare nemmeno alle conseguenze che ne deriverebbero (vicini ai pozzi petroliferi Rumeni. Ndr.). (…) Gli inglesi saranno del tutto indifferenti se gli italiani distruggono le città greche per rappresaglia; ma è l’attacco contro città italiane che sarà decisivo…tutte le località costiere italiane saranno minacciate…(…)
Dal punto di vista militare questa situazione è una minaccia e per quanto riguarda la nostra zona petrolifera romena è addirittura paurosa….
Senza la collaborazione della Iugoslavia non c’è da rischiare nei Balcani operazione alcuna.
Bisogna tentare con ogni mezzo di allontanare la Russia dalla sfera balcanica”.
Dal punto di vista militare questa situazione è una minaccia e per quanto riguarda la nostra zona petrolifera romena è addirittura paurosa….
Senza la collaborazione della Iugoslavia non c’è da rischiare nei Balcani operazione alcuna.
Bisogna tentare con ogni mezzo di allontanare la Russia dalla sfera balcanica”.
Di fronte a questa lezione di strategia continentale, impagabile la risposta del duce: dà la colpa
“1) Al maltempo che imperversa con piogge violenti ha arrestato la marcia delle forze meccanizzate. Una divisione corazzata, ad esempio, è rimasta letteralmente affondata nel fango.
2) Alla defezione quasi totale delle forze albanesi che si sono rivolte contro le nostre unità. Una sola divisione nostra ha ad esempio dovuto disarmare e rinviare nelle retrovie 6000 albanesi.
3) All’atteggiamento della Bulgaria che ha permesso ai greci di ritirare otto divisioni che avevano in Tracia, e che sono venute a rafforzare quelle che già si trovavano a noi opposte.”
2) Alla defezione quasi totale delle forze albanesi che si sono rivolte contro le nostre unità. Una sola divisione nostra ha ad esempio dovuto disarmare e rinviare nelle retrovie 6000 albanesi.
3) All’atteggiamento della Bulgaria che ha permesso ai greci di ritirare otto divisioni che avevano in Tracia, e che sono venute a rafforzare quelle che già si trovavano a noi opposte.”
Non è ciò esemplarmente italiano? E’ colpa degli altri, e poi pioveva forte.
Insomma anche quella volta, fu Hitler a dover occupare la Grecia: impegnando divisioni di montagna, divisioni corazzate, Stukas, SS Leibstandarte… –
Ancora una volta. Possiamo rivendicare il merito di aver costretto i nazisti ad usare e mantenere uomini e mezzi in un fronte completamente inutile, ed in una occupazione superflua.
L’anno prossimo allo Yad Vashem per il Sesto Forum Mondiale dell’Olocausto dal titolo “Ricordare l’olocausto: combattere l’antisemitismo”, il governo italiano dovrebbe sedere a fianco di Putin fra i grandi distruttori del Reich – senza noi fascisti, Hitler avrebbe magari vinto la guerra, e allora l’Olocausto avrebbe avuto una misura ancora più spietata. Potremmo esibire le tirate di Ciano, il genero: chi più antinazista di lui, nelle conversazioni private e nei diari?
La Carfagna ha già ha rivendicato:
E’ una cosa che, se fosse intelligente, potrebbe rivendicare il molto filo-israeliano Salvini. “Tikkun Olam!”, potrà cantare.
E’ stata la sua grande campagna elettorale in Romagna a ispirarmi questo pezzo. Non so come, ma vedo una costante nella classe dirigente: si spezzano le reni alla Grecia, si combatte la droga al citofono del Pilastro, senza prevedere che i mezzi non sono adatti, che gli insulti non sostituiscono la strategia mancante, e le conseguenze saranno disastrose – e il senso di responsabilità verso il popolo non albeggia mai nella “classe dirigente” di turno.
E’ la nostra storia ricorrente: “l’uomo solo al comando” nella variante italiota: “L’Insipiente solo al comando (e si fa consigliare dal genero o altro parente)”.
Ciò spiega il fenomeno che abbiamo visto verificarsi nell’ultimo decennio: i partiti-fisarmonica, che raccolgono il 40%, e un anno dopo finiscono al 5. L’abbiamo visto con il Berlusca, l’abbiamo visto con Renzi,lo abbiamo visto col 5Stelle (dove lo scemo solo al comando e Beppe), adesso stiamo per vederlo con Salvini.
Ma il prototipo è, appunto, Mussolini: dal consenso totale, a piazzale Loreto. Siccome Salvini non ci pensa, qualcuno lo metta sotto controllo.
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