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martedì 28 gennaio 2020

Il sinistro impero del bene

SEI UNA PERSONA RAZZIALIZZATA?


Marx? La nuova sinistra è una squallida vetero destra egoista, individualista e neo borghese: una razza dannata di cortigiani mentitori, agenti della dissoluzione, nemici dell’umanità che i comunisti di ieri avrebbero disprezzato 
di Roberto Pecchioli  

00 EXTRA MARX 258

Per Carlo Marx la storia si ripete, una volta in forma di tragedia e la seconda di farsa. Vorremmo dare ragione al padre del comunismo scientifico, ma temiamo che i suoi nipoti degeneri riescano a determinare, con la complicità degli ex nemici liberali, una nuova, gigantesca tragedia esistenziale. Marx, certamente, non avrebbe gradito essere definito “di sinistra”, ma i suoi seguaci confondono da tempo il socialismo teso a migliorare le condizioni delle classi popolari con il nuovo progressismo, tutto minoranze, diritti civili, soggettivismo, liberazione, emancipazione individuale. La vecchia rivoluzione proletaria è dimenticata.

Qualcuno rammenta forse la storia della caserma cubana Santa Clara, attaccata dai castristi. Alla fine, Fidel e il Che fucilarono il colonnello Cornelio Rojas, che morendo gettò loro in faccia una frase rimasta famosa: ragazzi, vi lascio la rivoluzione, abbiatene cura. Missione fallita. Sono diventati squallidi neoborghesi, ossessivi compulsivi con la fissazione di un’uguaglianza insensata- non estesa ai mezzi economici- alla difesa maniacale di ogni minoranza, alla soddisfazione di qualsiasi capriccio, comportamento estremo, eccentricità individuale, riconfigurati come diritti, avanzamento di civiltà, e, salvognuno, Progresso, da scrivere rigorosamente con la maiuscola. Chi non ci sta, è persona malvagia, la sua condotta ha il nome di odio.
Il sinistro impero del bene ha un suo vocabolario obbligato, il Politicamente Corretto, e i suoi eroi positivi, il Migrante, lo Straniero, l’Omosessuale, la Donna Abusata, il Transessuale, il Tossicodipendente. Il comunismo era una cosa tragicamente seria, il progressismo è la farsa di un tempo ridicolo. Nell’Europa di questi anni, il suo laboratorio prediletto è la Spagna, irriconoscibile nazione cattolica. Incarnazione meridionale di Mefistofele, “lo spirito che sempre nega”, la patria di Don Chisciotte è la punta avanzata di un processo di dissoluzione civile e inversione valoriale che lascia sbigottiti. Il Terzo Millennio fu inaugurato, al di là dei Pirenei, da un primo ministro, il mitico Zapatero, che mise in ginocchio l’economia, raddoppiò la disoccupazione e la crisi finanziaria, ma promulgò una legge sui diritti dei “primati superiori” e legalizzò per primo il matrimonio omosessuale.
Adesso la deriva si è aggravata. In queste settimane è nato un governo di ultrasinistra, con l’astensione determinante di distinti gentiluomini, gli eredi politici della banda terrorista comunista basca ETA e i separatisti catalani. Si definisce governo femminista ed ecologista. Nella scorsa legislatura, in cui ha governato per circa un anno dopo un clamoroso ribaltone, la sinistra iberica si è distinta per una virulenta campagna contro la violenza di genere, promulgando una legge in cui si afferma che ogni atto di violenza commesso contro una donna è –a prescindere dal movente- un gesto di “genere”, meritevole di una pena più severa rispetto al delitto a sessi invertiti o commesso nei confronti di un uomo. Il governo Frankenstein sta fronteggiando la prima polemica interna: le femministe che lo sostengono sono indignate per la presenza, in posizioni apicali, di troppi transessuali o LGBT, che in Spagna si è arricchita dell’iniziale I, intersessuali, un termine oscuro, colpa della nostra infelice condizione di reazionari.
Esiste, nella fortunata penisola iberica, l’Istituto per la Donna, alla cui presidenza è stata nominata un’anziana femminista omo e trans, Beatriz Gimeno, le cui prestazioni intellettuali comprendono affermazioni a favore della politica anale (chiediamo scusa ai lettori per i termini) e la marmorea asserzione che “l’eterosessualità non è la maniera naturale di vivere la sessualità, ma uno strumento per subordinare le donne agli uomini”. La sua conclusione è che la migliore modalità per combattere l’eteropatriarcato è praticare solo sesso anale. Hanno istituito anche l’indispensabile Direzione Generale della Diversità Sessuale e LGBTI, affidata alla gentile Boti Garcìa Rodrigo, che definisce se stessa “una pecora nera dall’età giovanile, teppista e socialmente pericolosa”. Il Rodrigo-pensiero si condensa nella lapidaria certezza che “le lesbiche sono più felici”.
Impressionante è il caso di razzismo nei confronti di Alba Gonzàlez Sanz, che ha dovuto lasciare dopo due giorni la funzione di direttrice generale della Diversità Etnico Razziale per una colpa a cui non c’è rimedio: è bianca, o meglio caucasica. Le è stato imputato, povera donna, di essere “razzializzata”. E’ stata prontamente sostituita da una certa Rita Bosaho, grazie a Dio di stirpe africana (non scriveremo nera o negra neppure sotto tortura!) che, all’uscita dalla riunione di nomina, ha salutato con il pugno levato in alto. Colpisce che tutti questi incarichi, assai costosi per i contribuenti spagnoli, tra cui si contano tra i quattro e i cinque milioni di disoccupati, siano affidati a donne, evidente segno di discriminazione.
L’ opposizione parla di grammatica “calva”, dal cognome della vice presidente Carmen Calvo, un cui obiettivo politico è che “il cervello non può continuare a funzionare al maschile”. Infatti ha nominato una portavoce donna, indicando che non di “portavoz” si tratta, ma di “portavoza”. In tempi normali, si consiglierebbe un urgente consulto psicologico, unito al ripasso della grammatica, materia maschilista ed eteropatriarcale. La Calvo sostiene che i figli appartengono allo Stato. L’apodittica affermazione è dovuta all’iniziativa del partito Vox, che ha imposto nelle regioni che amministra il cosiddetto “pin genitoriale”, ossia l’obbligo per le scuole di avvertire le famiglie in caso di iniziative su materie controverse, come la teoria del genere e altro, affinché possano impedire la partecipazione dei figli.
Si va accertando il finanziamento del partito di ultrasinistra Podemos da parte dei governi boliviano e venezuelano. Il partito “viola” ha uno strano nome: Unidos Podemos, Uniti possiamo, recentemente mutato per non incorrere nel peccato capitale di sessismo. Adesso si chiama Unidas Podemos, al femminile. L’ idea orwelliana della neolingua fa proseliti sotto il sole di Spagna. Neurolingua per una neuropolitica. L’ineffabile Calvo, la cui monomania è evidente, si è recentemente chiesta, con la fronte aggrottata: che ci facciamo, noi deputate, in un posto che si chiama Congresso dei Deputati? Il quesito percorre la penisola tra brividi di raccapriccio e acrobazie di ingegneria linguistica.  
La grammatica calva è il risultato del femminismo di seconda ondata, dopo Simone di Beauvoir, la Firestone e Kate Millet, le prime a sostenere che il “genere” è una costruzione culturale e il sesso una determinazione biologica; poiché la cultura è capitalista, stabilisce l’inferiorità della donna sfruttata per il fatto di non avere organi genitali maschili. Il più recente trans-femminismo pensa il contrario ed è in guerra con le neo-femministe. Fatti loro, penserete. No, perché le une e le altre sono al potere in una grande nazione europea. La soluzione imposta, poiché il matrimonio, la maternità e l’eterosessualità sono stereotipi capitalisti alienanti per la donna, è la lotta dei sessi.
Immaginiamo che Marx ed Engels risorti, riprenderebbero straziati la via del sepolcro dopo aver ascoltato tali scempiaggini. La “direttora” Gimeno ha scritto che “dare il petto a un figlio è riprodurre il capitalismo”. Anziché fornirla di ansiolitici, la mettono a capo dell’Istituto della Donna, ente che la Spagna attendeva dopo secoli di buio. Partorire, conclude, è perpetuare la classe operaia destinata ad essere sfruttata dal capitalismo. Povero Gramsci morto in carcere teorizzando la conquista delle casematte della cultura. In ogni caso, i figli sono “dello Stato”, dunque devono essere indottrinati al femminismo radicale, alle scemenze omosessualiste e, all’ecologismo antiumanista. La grammatica calva non è uno scherzo: è al potere. Una donna bianca deve rinunciare all’incarico per il fatto di essere tale, un uomo non può nemmeno pensare di ottenere certe funzioni. Dimenticavamo, si chiama discriminazione positiva!
A che serve un istituto “razziale” pubblico? Oltre a produrre una burocrazia di privilegiati/e pagati dalle tasse di tutti, non avrà altra funzione se non rinfocolare rancori spenti e alimentare un razzismo reattivo per poterlo schiacciare con leggi e predicozzi morali; un affarone l’antirazzismo professionale. Una dirigente lesbica di Podemos (Unidas, perbacco!) ha lanciato una crociata contro gli uomini in quanto la “farmacologia è maschilista”. Con un ghigno, ha detto che bisognerebbe ammazzare feti e “settimini”. Una potenziale assassina, istintivamente nazista (toma, prendi e porta a casa!) che ostenta un’ignoranza antropologica pari alla supponenza, ha funzioni di potere in un grande Stato europeo. Il caso Bibbiano si replica con lo sfruttamento della prostituzione di bambine affidate ai servizi sociali a Maiorca, amministrata da lorcompagni. Se questo è il socialismo del secolo XXI, ridateci quello del passato, che stava dalla parte della povera gente.
La nuova sinistra, ammettiamolo, è prodiga di nuove parole: qualche eufemismo, la puntuta declinazione al femminile e la consueta aggressività vendicativa contro il maschile. Spesso si tratta dell’aggiornamento dell’oscuro fraseggiare post sessantottino, contorsioni criptiche, intellettualismi e pseudo filosofemi pronunciati con trionfale supponenza. In Spagna, Podemos si rivolge ai suoi esponenti chiamandoli “membri e membre”, esorta a “trasversalizzare l’uguaglianza” ed esige di cambiare il nome alle famiglie “monoparentali “, che dovrebbero diventare “monomarentali”. Fantastico.
La prescelta per la direzione agli affari etno razziali era bianca, dunque, “razzializzata”. Il bello del progresso è che si estende alla lingua: neolingua e bispensiero, politicamente, razzialmente e sessualmente corretto. La “razzializzata” caucasica l’ha presa sportivamente. Si è espressa così: “se sappiamo qualcosa del femminismo, è che la rappresentazione e il simbolico contano”. A proposito di simboli, il neo vice primo ministro, Pablo Iglesias, capo di Podemos e la madre dei suoi figli – ovviamente non è la moglie- anch’essa deputata, vivono in una lussuosa villa sull’ esclusiva collina di Madrid. Un simbolo per i disoccupati e la gente comune, che infatti ha votato in massa per gli esecrati populisti di Vox Espana.
Anche il simbolo del fascino virile spagnolo, Antonio Banderas, sembra che sia razzializzato. Le stupidaggini superano i confini. La pensano così a Hollywood: Banderas, per motivi misteriosi, ma certo progressisti, non è politicamente corretto. Il divo andaluso non potrà concorrere al posto di Direttore Generale dell’Uguaglianza di Trattamento e Diversità Etnico Razziale, un nome, un vasto programma. Governare l’economia interessa poco, trattare con l’UE ancor meno, fare fronte alla balcanizzazione montante della Spagna è roba da “franchisti”, lottare contro la disoccupazione – che colpisce uno spagnolo su cinque- è una pinzillacchera, direbbe Totò, che, come napoletano, era un po’ spagnolo.
Quel che interessa è lottare contro l’eteronormatività, l’androcentrismo, l’eteropatriarcato, la cosificazione” (???), e, poffarbacco, contro i “micromaschilismi”. Attenzione all’orribile “maschio alfa”, al “manspreading”, di cui ignoriamo tutto. Sappiamo tuttavia che occorre ricercare la “pansessualità”. Tutto ciò ha un costo nel bilancio dello Stato, uno dei cui obiettivi è “l’impatto di genere”. Tranquillizzati su questo punto, gli spagnoli godranno di un bilancio “inclusivo” e “trasversale” La “ministra” delle Finanze, femminista anch’essa, assicura che il bilancio sarà accompagnato da un libro bianco sull’ impatto di genere nei programmi ministeriali, quarantuno pagine diligentemente pubblicate sulla gazzetta ufficiale. Non poteva mancare un’istituzione governativa di protezione degli animali. Il suo responsabile, con sprezzo del ridicolo, ha asserito che l’uomo ruba il latte alle vacche. Verrà promulgata una legge sul Benessere Animale, quello umano è talmente elevato da non richiedere l’intervento degli ingegneri sociali “progre”. Il dirigente animalista, Garcìa Torres, si impegnerà altresì per imporre menù vegetariani e vegani nelle mense pubbliche. Podemos, con l’entusiastico appoggio del sedicente Partito Socialista, propugna una modifica costituzionale volta ad includervi gli animali “come esseri senzienti”. Torres, proprietario di un ristorante vegano, è stato denunciato da due ex dipendenti per averli licenziati durante la malattia. Un vero campione della nuova sinistra post borghese e post umana.
Possiamo, e forse dobbiamo, ironizzare su questa gente. Per usare il loro antico linguaggio – il Sessantotto ha più di cinquant’anni- una risata li seppellirà. Purtroppo non basta. La nuova sinistra è un impasto di ossessioni individualiste, pose neoborghesi, fobie egalitarie e nuovismo compulsivo. La domanda è un’altra. Perché non reagiamo? perché non li attacchiamo frontalmente, a partire dall’abbandono dei ceti popolari e dell’indifferenza per i diritti sociali, sacrificati alla manie di un’uguaglianza da opera buffa, della difesa ossessionata di ogni minoranza, meglio se folle, bizzarra, insensata, dalla distruzione vendicativa di ogni legame, tradizione, passione comunitaria. Non era così il socialismo e neppure il comunismo. Questi signori e signore sono detriti di una società in decomposizione. Vanno cacciati senza complimenti, ma per farlo bisogna opporre loro qualcosa di diverso da mercato, meno tasse e liberismo.
Un libro degli anni 70, Filosofia della reazione, di Armando Plebe, un intellettuale comunista passato a destra, dimostrava che reazione è vita, è insorgenza dell’anima, del buon senso, dell’idea di realtà. Ma è anche il gesto che precede l’azione, in quanto contrasta l’istinto di morte che si è impadronito della nostra società. La vita è l’insieme delle forze primordiali che si oppongono alla pulsione di morte. La prima politica è vivere, per trasmettere e consegnare la civiltà. A chi ci chiede se siamo “razzializzati”, a chi crede che cambiare la società sia chiamare “portavocia” una funzionaria donna, a chi odia l’uomo, maschio o femmina, sino a propugnare la fine della specie ( a questo portano omosessualismo, odio per la maternità, rapporto anale, mi scusino ancora i lettori) a chi preferisce gli animali alla persona umana, a chi disprezza la vita e millenni di civiltà, si risponde in maniera contundente, proponendo la realtà, la natura, la cultura , la comunità, il senso comune e lo spirito.
Lorsignori non lottano contro il precariato, la privatizzazione del mondo, il potere finanziario, il dominio tecnologico, la sorveglianza per via biochimica, lo sfruttamento, il capitalismo. La nuova sinistra è una squallida vetero destra egoista, individualista e neo borghese. Una razza dannata di cortigiani mentitori, agenti della dissoluzione, nemici dell’umanità, che i socialisti e comunisti di ieri avrebbero disprezzato, combattuto, estirpato fino alle radici. Nostalgia di Baffone.     

  
SEI UNA PERSONA RAZZIALIZZATA?

di Roberto Pecchioli


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