ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 28 febbraio 2020

La dimensione religiosa non è superflua

“Le chiese come i mercati, restino aperte”

Coronavirus, Torino:
L'Arcivescovo Mons. Nosiglia e la sindaca Appendino a pregare la Madonna della Salute




Torino. l'Arcivescovo Mons. Cesare Nosiglia e la sindaca Chiara Appendino
al Santuario della Madonna della Salute

L’Arcivescovo affida la città nel tempo del corona virus, e le due famiglie colpite dalla malattia, alla benevolenza della Madonna. Ma dopo la preghiera sottolinea anche che «le restrizioni dovrebbero essere pensate un po’ meglio» e si augura che «Domenica prossima le Messe possano essere celebrate».

Davanti alla statua della Signora della Salute, che l’8 settembre di ogni anno viene portata in processione nelle strade di Borgo Vittoria, monsignor Cesare Nosiglia prega: «Vogliamo credere e sperare fermamente che anche questo momento tu ti mostrerai Madre di misericordia e ricca di grazia per tutti quelli che soffrono a causa di questa malattia, ma anche per chi nella città e nella regione esercita una precisa responsabilità di guida e di orientamento della cittadinanza. Aiuta i medici e gli operatori sanitari nel loro delicato compito di sostegno a chi a loro ricorre per ogni eventuale bisogno e necessità».

Al suo fianco c’è la sindaca Chiara Appendino in fascia tricolore. «Sono qui in forma ufficiale, perché chi avrebbe voluto partecipare a questo momento e non ha potuto farlo a causa delle attuali restrizioni, tramite il sindaco possa esserci».
Tra le grandi navate del Santuario della Salute, concluso il Rosario, l’Arcivescovo precisa il suo punto di vista sul coinvolgimento della Chiesa nelle limitazioni imposte dall’ordinanza regionale: «Non voglio fare polemica, ma riguardo alle Messe feriali, a cui partecipano poche persone, anziani soprattutto, vorrei che si tenesse in considerazione che il momento della preghiera è utile, specie per loro che sono i più esposti». E aggiunge: «In questa chiesa mi dicono che alle Messe feriali ci sono 15-20 persone al massimo, mentre qui davanti, al mercato, ne circolano centinaia. E i supermercati sono aperti. Allora vuol dire che è più importante il denaro… Certo, è un servizio utile, bisogna mangiare, non si possono chiudere le botteghe. Però anche la Messa, per chi ci va, è un servizio utile. Le restrizioni dovrebbero essere un po’ meglio».

L’Arcivescovo ha ricordato i passi fatti: «Domenica avevamo già tolto gli oratori, il catechismo, avevamo detto che a Messa l’Ostia si deve dare in mano, che non si deve fare il segno della pace. La Messa, per quelli che ci vogliono andare, è stato un sacrificio».
Quanto alla possibilità di celebrare i funerali in chiesa «Sono più partecipati, posso capire, anche se sono i momenti più importanti della vita di un paese. In città magari meno, ma nei paesi… Io stesso ho fatto il funerale di un prete a Susa, al cimitero. Mi adeguo».

Sulla domenica Nosiglia insiste: «E’ troppo importante. In Lombardia, dove i casi sono tanti, evidentemente è necessario sospendere, ma i vescovi del Piemonte non sono assolutamente d’accordo sul non celebrare e io per primo.».
L’ordinanza dovrebbe essere rivista sabato. «Vedremo, dipenderà da cosa decide il Governo. Tra l’altro noi abbiamo tolto le Ceneri nel giorno giusto, dobbiamo recuperarle Domenica. Inizia la Quaresima, è una Domenica importante, significativa. Chiedo alle Istituzioni che tengano in considerazione il fatto che la dimensione religiosa non è superflua. Dà forza, coraggio. Trovarsi insieme a pregare dà speranza».


Articolo pubblicato dal quotidiano  La Stampagiovedì 27 febbraio 2020, pagina 48




Coronavirus cinico e baro


I due precedenti articoli dedicati alle follie da coronavirus stanno scuscitando l’interesse di molti lettori. Per questo motivo sono andato in cerca di qualcosa che completasse e approfondisse quanto abbiamo detto sulle condizioni di questa chiesa e di questa società. Ho trovato così questa riflessione pubblicata sul sito della Parrocchia ortodossa di San Massimo a Torino, http://www.ortodossiatorino.net/.
Come dice lo stesso autore, un monaco del monastero ortodosso di Visoki Dečani in Kosovo, si tratta di una visione “teologico/monastica”. A me pare un raro esempio di limpidezza spirituale che mostra come, nonostante le follie della modernità, sia ancora possibile credere, pensare e agire da cristiani che non intendono tradire la propria fede.
Alessandro Gnocchi
*** *** ***
Un nostro confratello monaco del monastero di Visoki Dečani ci ha fatto avere bellissima riflessione, scritta mentre è in Italia ad aiutare le famiglie di bambini malati in accordo alla benedizione del suo vescovo. Il tema del rischio di infezione ci porta più vicino al centro del nostro essere, dove incontriamo le nostre paure e le nostre speranze, e la nostra umanità si rivela nei suoi aspetti più squallidi e in quelli più nobili.
“Quantunque volte, graziosissime donne, meco pensando riguardo quanto voi naturalmente tutte pietose siate, tante conosco che la presente opera al vostro giudicio avrá grave e noioso principio, sí come è la dolorosa ricordazione della pestifera mortalitá trapassata, universalmente a ciascuno che quella vide o altramenti conobbe dannosa e lagrimevole molto, la quale essa porta nella sua fronte”.
Sarà stato anche quello un fenomeno antropologico come questo che stiamo vivendo in questi giorni? È, ovviamente, l’inizio del Decameron di Giovanni Boccaccio, mentre ciò che sto osservando è il mio Paese, la civilissima Milano, posseduta da una isteria collettiva.
Sono prossimo ai sessanta: nel 1976, quando di anni ne avevo quattordici, la Televisione Ticinese, ai tempi captabile in tutto il Paese, trasmise una serie televisiva inglese, SurvivorsI Sopravvissuti. La serie era in bianco e nero ed io svolgevo con impegno il primo lavoro retribuito, per mio padre, ero il suo telecomando. “Cambia canale”, “smorza”, “più forte”, così, io mi alzavo dal divano ed andavo ad eseguire il mio compito.
Survivors mi piacque subito, sarà stato il ritmo (l’ho rivista decenni dopo, era lentissima), sarà perché nell’aria c’era già il punk e le nostre antenne bramavano un mondo nuovo da ricostruire, sarà perché Abby, la protagonista, l’attrice Carolyn Seymour, corrispondeva al mio immaginario femminile, donna forte, motivata, disponibile a rischiare. La Strada di Cormac McCarthy sarebbe arrivato molto tempo dopo ed in maniera ancor più dura, più punk; diciamo però che il mio confronto con la fine collettiva, l’ho avuto abbastanza presto.
Di questa storia del Coronavirus, non voglio argomentare in termini scientifici, non sono uno scienziato, come potrei farlo; ho letto quest’articolo di Paolo Giordano, che mi ha affascinato per la sua lucidità impeccabile e logica finissima.
Vorrei proporvi questa visione, diciamo“teologico/monastica”. Il nostro mondo, così come l’umanità intera, in questa esperienza terrena, non è immortale; la caratteristica comune che lega me ai miei amati figliocci, ai bimbi più piccoli che in questo fecondo gennaio sono arrivati, è che condividiamo il medesimo destino, che siamo mortali, che la nostra esperienza terrena è a termine, per quanto ci sembri “figo” far finta diversamente.
Nasciamo per morire, veniamo al mondo per andarcene. La nostra specie, gli umani, di qualcosa dovrà pur perire e lo scenario della pandemia è da sempre, una soluzione che è apparsa logica. Il fatto che sia logica, non vuol dire che non ci spaventi!
E, a far tesoro delle reazioni che oggi registriamo, ci spaventa tanto. L’altro giorno, cercavo di fare la spesa per la mamma del piccolo Bogdan e del suo mediatore culturale, al supermercato Esselunga di San Donato Milanese. La scena era cinematografica, scaffali vuoti, patrizie matrone lombarde che comandavano con cipiglio a schiave ucraine o filippine, cosa e quanto caricare su carrelli. Carrelli, da riempire d’ogni cosa per cercare di esorcizzare lo spavento. Ho visto con i miei occhi una signora acquistare cento tre confezioni d’acqua Uliveto e due miei coetanei venire alle mani per un pacco da dodici Nutella biscuits.
I provvedimenti, vi ho detto prima, non li discuto; se debbano essere chiuse le scuole, i cinema, sospese le manifestazioni, non sta certo a me il dirlo, di sicuro mi appare strano che si chiudano i musei e si lascino aperti i centri commerciali, aveva ragione il Poeta, il vecchio Ezra, l’economia necessita di una propria teologia per affermarsi, ed evidentemente i centri commerciali hanno oggi, la medesima dignità dei sancta sanctorum, sono intoccabili.
Ultimamente ho visto attorno a me tanto dolore e frequentato troppi umani di terza classe, perché il disagio dei ricchi che si compiacciono al gioco di società dell’epidemia, possa impressionarmi.
Certamente, i Vescovi cattolici che hanno interrotto ogni celebrazione, mi colpiscono.
“Il patriarcato di Venezia suggerisce di evitare lo scambio della Pace.”
“Alla luce della situazione che si è creata con la diffusione del Coronavirus in alcune zone del proprio territorio, la diocesi di Padova è in contatto con le competenti Autorità pubbliche al fine di applicare responsabilmente le disposizioni di protezione emanate per le comunità interessate e quelle di preventiva cautela riguardanti l’intero territorio”, spiega una nota diffusa dalla diocesi di Padova. “Qualora ci fossero delle Ordinanze comunali che adottino provvedimenti ufficiali, i parroci e i responsabili delle diverse realtà parrocchiali vi si atterranno rigorosamente, anche se si trattasse – ove richiesto – di tenere chiuse le chiese, sospendendo le celebrazioni”
.
Chiese vuote, mascherine ed amuchina, esaurite.
Se fosse per noi, meriteremmo di scomparire, senza pietà o dubbi. Abbiamo fallito come civiltà prima e come Nazione dopo. Abbiamo smarrito il senso etico dello Stato e la responsabilità d’appartenere ad una comunità di destino.
C’è chi ha pagato una fortuna per tornare dalla Cina, triangolando il proprio viaggio, per dribblare la quarantena, ci sono HR unit di aziende “illuminate” che si sono di fatto sostituite al Ministero della Salute, giocando a fare il Digital Big Brother, nell’amministrare quarantene e smart working, una classe politica vomitevole che trasforma un problema nazionale nel terreno dello scontro retorico, dialettico.
Ma perché le Chiese chiuse?
Quelle che furono aperte nei secoli che con sfacciataggine e arroganza continuiamo a chiamare bui e che non produssero mai le brutture che stiamo servendo noi alla posterità, durante le carestie, le epidemie, la peste, restarono aperte, furono rifugio per i timorati di Dio. Il primato della scienza senza Dio ha trionfato. Il relativismo dell’opportunità ha sconfitto la necessità del Sacro, del Mistero.
Qualcuno vicino al mio cuore, mi ha chiesto se questo virus, non fosse il segno della collera di Dio verso chi ha smarrito la strada. Rispondo da monaco e da ortodosso: Dio ci giudicherà con misericordia e fermezza sulla nostra esistenza e su come abbiamo speso i talenti che Egli ci ha donato; ma il Dio che ho conosciuto nell’Ortodossia, al monastero di Dečani, per le strade di Gerusalemme, non invierà piaghe, dopo aver inviato il Proprio Figlio per espiare i nostri peccati e additare la via.
Quel Dio non chiuderà mai la porta del Suo cuore, figurarsi quella di una Sua chiesa, a chi in Lui vorrà riposare, a chi in Lui confida, a chi in Lui si affida.
Tra qualche giorno inizierà la Santa Quaresima ortodossa, il mercoledì sarà necessario per i credenti comunicarsi, come abbiamo sempre fatto, del Corpo e del Sangue di nostro Signore, da un calice Santo, con un unico cucchiaio, лжица, λαβίς, come prevede la Divina Liturgia.
Qualcuno si chiederà se sarà sanitariamente corretto il farlo? Se questo non sia un comportamento a rischio?
Nel relativismo, piaga mortale del nostro tempo, si possono trovare perfettamente uniti e sincronici, cattolici e ortodossi.
Sappiate che in questi giorni di meditazione, l’ultimo monaco di un antico monastero pregherà per chi coltiva i dubbi seminati dal maligno, perché la coerenza nella fede sconfigga la comodità e l’abitudine, perché rimangano spalancate le porte delle Chiese, perché ci si renda conto che la nostra eternità la si costruisce qui, in questa terra desolata, fecondata dalle lacrime di madri.
A tutti quegli ortodossi che “prudenzialmente” non comunicheranno il loro bambini o loro stessi, offrirò comunque la mia preghiera. Pregherò per la loro conversione, che diventino ortodossi nell’animo e non nella forma o per diritto ancestrale dal luogo di provenienza.
Pregherò anche per la nostra Italia, per questa comunità di destino che ha smarrito se stessa, giocando ad essere cinica, senza sapere che essendo cinici ci si ritrova ad esseri bari.
Che Dio vi benedica,
un monaco del monastero di Dečani

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