ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 27 marzo 2020

Oggi siamo caduti una seconda volta

MEDITARE CON CHESTERTON


Letture dallo smartphone il telefono furbo. La razza umana per la religione cadde una volta e cadendo acquisì la conoscenza del bene e del male oggi siamo caduti una seconda volta e tutto ciò che ci resta è la conoscenza del male 
di Roberto Pecchioli  

 0 scrivania libri 900

Guardo il mondo da un oblò, mi annoio un po’. Ha quarant’anni la canzone di Gianni Togni, il cui refrain ha ispirato anche un film del 2007. La noia da reclusione coatta antivirus suggerisce qualche incursione, via smartphone, in siti non proprio amici. Uno è Wikipedia, l’encicolpedia online iperlaica, mondialista, politicamente corretta e, beninteso “fatta da noi”. Beato chi ci crede. Penetrato nel wiki-mondo, ho scelto una voce, non troppo a caso: Chesterton. Per queste note, mi sono praticamente limitato a un brutale “copia e incolla” delle pagine dedicate al grande (e grosso: un metro e novanta per centotrenta chili!) intellettuale e scrittore cristiano inglese.

Mi sono limitato a due opere apparentemente antitetiche, Eretici e Ortodossia, senza resistere alla tentazione di alcune citazioni sparse. Perle, gocce, lampi, aforismi, chiamateli come volete, ma lasciatevi sorprendere dal padre del distributismo, una teoria economico-sociale, e di Padre Brown, il prete capace di indagare l’animo umano sino a scoprire i crimini degli uomini. Gran mente eclettica, Chesterton, capace di scrivere un saggio cruciale su San Tommaso (per lui era Tommy!), dettato nei ritagli di tempo tra un racconto e un articolo di giornale.

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Molti pensieri di Chesterton sono così sorprendenti perché in lui chiarezza e profondità si fondono senza sforzo apparente: il marchio infallibile del genio.

Se avrete la pazienza – io spero il piacere- di leggere, vi verrà voglia di brandire il computer o lo smartphone, che avrà finalmente meritato il suo nome di “telefono furbo”, e di andare oltre, gustare altri diamanti della sapienza semplice e geniale di quel gigante. Tutto ciò in attesa di sopravvivere al contagio e alla reclusione e correre in libreria per leggere, sottolineare amorosamente, conservare e fare vostri pensieri e parole di Chesterton. Iniziamo dal principio, dal racconto della nascita fatto da lui stesso, nell’Autobiografia.
“Inchinandomi con la mia cieca credulità di sempre di fronte alla mera autorità e alla tradizione dei padri, bevendomi superstiziosamente una storia che all'epoca non fui in grado di verificare in persona, sono fermamente convinto di essere nato il 29 maggio del 1874 a Campden Hill, Kensington; e di essere stato battezzato secondo il rito anglicano nella piccola chiesa di Saint George, che si trova di fronte alla torre dell'acquedotto, immensa a dominare quell'altura. Non attribuisco nessun significato al rapporto tra i due edifici; e nego sdegnosamente che la chiesa possa essere stata scelta perché era necessaria l'intera forza idrica della zona occidentale di Londra per fare di me un cristiano”.
Molti pensieri di Chesterton sono così sorprendenti perché in lui chiarezza e profondità si fondono senza sforzo apparente: il marchio infallibile del genio. Ne proponiamo alcuni, così alla rinfusa. Dicono che viaggiare allarghi la mente, ma è necessario possedere una mente. Il male vince sempre grazie agli uomini dabbene che trae in inganno; e in ogni età si è avuta un'alleanza disastrosa tra abnorme ingenuità e abnorme peccato. Il mondo non languirà mai per mancanza di meraviglie, ma soltanto quando l'uomo cesserà di meravigliarsi. L'intelligenza moderna non accetta nulla che venga dall'autorità. Ma accetta invece qualsiasi cosa che non sia autorevole. L'uomo non vive di solo sapone. La Bibbia ci dice di amare i nostri vicini di casa, ed anche di amare i nostri nemici. Probabilmente perché spesso sono la stessa cosa. La psicanalisi è una confessione senza assoluzione. Le forze che cambiano il corso della storia sono le stesse che cambiano il cuore dell'uomo. Tutta la differenza fra costruzione e creazione è esattamente questa: una cosa costruita si può amare solo dopo che è stata costruita; ma una cosa creata si ama prima che esista. Vi è qualcosa di depravato in ogni uomo che non abbia voglia di violare i dieci comandamenti.
In Eretici regala momenti di autentica emozione.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l'erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.
La religione del carpe diem non è la religione della gente felice, ma delle persone estremamente infelici. La gioia non coglie i boccioli di rosa mentre ancora può farlo; i suoi occhi fissano la rosa immortale che vide Dante.

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La razza umana, secondo la religione, cadde una volta, e cadendo acquisì la conoscenza del bene e del male. Oggi siamo caduti una seconda volta, e tutto ciò che ci resta è la conoscenza del male.

La sua riflessione sulla Chiesa è un benefico pugno allo stomaco: “quando, in un momento simbolico, stava ponendo le basi della Sua grande società, Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa, e le porte dell'Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest'unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole.”
Un tempo l'eretico era fiero di non essere tale. Eretici erano i regni del mondo, la polizia e i giudici. Lui era ortodosso. Non si compiaceva di essersi ribellato a loro; erano stati loro a ribellarsi a lui. Gli eserciti con la loro spietata sicurezza, i sovrani con i loro volti impassibili, i decorosi processi di Stato, i giusti processi legali: si erano tutti smarriti come pecorelle. L'eretico era fiero di essere ortodosso, fiero di essere nel giusto. Tutto il resto è saggezza: nulla è più fallimentare del successo.
La razza umana, secondo la religione, cadde una volta, e cadendo acquisì la conoscenza del bene e del male. Oggi siamo caduti una seconda volta, e tutto ciò che ci resta è la conoscenza del male. Forse mai dall'inizio del mondo vi è stata un'epoca che avesse meno diritto di usare la parola "progresso" dell'epoca attuale.
Imbucare una lettera e sposarsi sono tra le poche cose ancora assolutamente romantiche, perché per essere assolutamente romantica una cosa deve essere irrevocabile. Come può conoscere l'Inghilterra colui che conosce solo il mondo? Il giramondo vive in un mondo più piccolo rispetto al contadino, respirando sempre un’aria locale. Londra è un luogo, paragonata a Chicago; Chicago è un luogo, paragonata a Timbuctù. Ma Timbuctù non è un luogo, perché almeno laggiù vivono uomini che la considerano l'universo e che respirano non un’aria locale, ma i venti del mondo. L'uomo sulla nave da crociera ha visto tutte le razze umane e pensa alle cose che dividono gli uomini: alimentazione, abbigliamento, decoro, anelli al naso come in Africa o alle orecchie come in Europa, vernice blu tra gli antichi e vernice rossa tra i britannici moderni. L'uomo nel campo di cavoli non ha visto nulla, ma pensa alle cose che uniscono gli uomini: la fame, i figli, la bellezza delle donne, la promessa o la minaccia del cielo.
L'uomo che disse: beato colui che non si aspetta nulla, perché non verrà deluso, fa una lode alquanto inadeguata e addirittura fasulla. La verità è: beato colui che non si aspetta nulla, perché verrà piacevolmente sorpreso. L'uomo che non si aspetta nulla vede le rose più rosse rispetto agli uomini comuni, l'erba più verde e il sole più abbagliante. Beato colui che non si aspetta nulla, perché possiederà le città e le montagne; beato il mite, perché erediterà la terra. È l'uomo umile che fa le grandi cose, è l'uomo umile che fa le cose audaci.
Il forte non può essere coraggioso. Solo il debole può esserlo. Bevi perché sei felice, ma mai perché sei triste. Non bere mai quando non farlo ti rende infelice, o sarai come il bevitore di gin dal volto tetro dei bassifondi; ma se bevi quando saresti felice anche senza bere sarai come l'allegro contadino italiano. Non bere mai perché ne hai bisogno, poiché questo è un atto razionale che ti porta dritto alla morte e all’inferno. Ma bevi perché non ne hai bisogno, poiché questo è un atto irrazionale e l'antica salute del mondo.
L'uomo non può amare le cose mortali. Può amare solo, per un istante, le cose immortali. Quando il trionfo è il metro di giudizio di ogni cosa, gli uomini non sopravvivono mai abbastanza a lungo da trionfare. Finché la vita è piena di speranza, la speranza è una mera lusinga o un cliché; è solo quando tutto è disperato che la speranza comincia a diventare vera forza. Come tutte le virtù cristiane, è tanto irragionevole quanto indispensabile.
L'uomo può essere definito un animale che fa dei dogmi. Nessuno è più pericoloso di un uomo privo di idee, il giorno che ne avrà una gli darà alla testa come il vino a un astemio.
In Ortodossia, Chesterton scopre che “gli uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l'umanità pur di combattere la Chiesa.” I suoi non sono paradossi, ma lenti multifocali che permettono di vedere la realtà per intero, come in un grandangolo. Sentite: la serietà non è una virtù. Sarebbe un'eresia, ma un'eresia molto più giudiziosa, dire che la serietà è un vizio. Sarebbe ingiusto passare sotto silenzio la definizione misteriosa ma suggestiva data, pare, da una bambina: un ottimista è un uomo che vi guarda gli occhi, un pessimista un uomo che vi guarda i piedi.

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L'uomo può essere definito un animale che fa dei dogmi. Nessuno è più pericoloso di un uomo privo di idee, il giorno che ne avrà una gli darà alla testa come il vino a un astemio.

Letture dallo smartphone, il telefono furbo. 
di Roberto Pecchioli
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La sfera, la croce e la follia del mondo moderno

A cent’anni dalla pubblicazione, il romanzo La sfera e la croce di Gilbert Keith Chesterton ci può aiutare nella comprensione dell’epidemia e che stiamo vivendo e delle sue conseguenze. Chi riconoscerà la follia di un mondo che ha costruito la sua esistenza rinnegando il valore salvifico della croce? Chi saprà scorgere la pazzia nei pensieri mondani che non credono nell’ortodossia cattolica, conducendo una vita “orizzontale” legata alla realizzazione di se stessi anziché del regno di Dio? Chi sarà capace di lottare nella ricerca della verità, in un mondo relativista e indifferente?
Chesterton sembra che parli ai giorni nostri, facendoci vedere il vero virus che ci attanaglia e opprime: l’incapacità di alzare lo sguardo ed elevare la ragione per cogliere l’urgenza della metafisica e della trascendenza divina, fondamenti ineludibili di una comprensione etica dei comportamenti dell’uomo. Ancora, Chesterton ci ricorda che solo l’amore per la verità, tutta intera, ci rende consapevoli della nostra dignità e quindi in grado di lottare per ripristinarla o restaurarla. La sfera e la croce sintetizza due qualità di Chesterton: da un lato la capacità visionaria e lungimirante dell’artista e, dall’altro, la concezione teologica di colui che pensa “dentro la realtà”, anche quella invisibile e ce la propone in una prospettiva coinvolgente, appassionante, tremendamente attuale.
L’esito dell’opera è stupefacente e pone degli interrogativi inquietanti, seppur in una forma paradossale. Infatti, il capitolo inaugurale (“Una discussione campata in aria”) trae linfa vitale e leggerezza dall’espressione popolare “discorsi campati in aria” per sottolineare, al contrario, la gravità e la serietà dei temi, resi dalla contrapposizione tra il professor Lucifero e il monaco Michele. Una battaglia in cielo di assoluta rilevanza teologica (il peccato degli angeli capeggiati da Lucifero) che proseguirà poi sulla terra tra l’ateo (James Turnbull) e il cattolico (Evan McJan) con conseguenze devastanti. La “pazzia” della disubbidienza degli angeli ribelli in cielo si riverbera nella pazzia collettiva degli uomini sulla terra, facendoci vedere le conseguenze folli e disumane dell’eresia, i disastri antropologici provocati da quel primo peccato, le derive devastanti dell’orgoglio.
La sfera (il mondo) e la croce di Cristo hanno i loro avvocati difensori nello spazio celeste: rispettivamente il professore Lucifero (facile l’allusione a un certo “intellettualismo” sempre deplorato da Chesterton) e il monaco Michele (rappresentante dell’ortodossia cristiana). Nel rinnovare quella che per Chesterton sarà sempre chiamata la Filosofia della Caduta (il Peccato Originale), il monaco porterà alle estreme conseguenze, con un attualissimo apologo, l’odio contro la croce: “Un uomo aveva adottato l’opinione che il segno del cristianesimo fosse un simbolo di barbarie e di irragionevolezza. Si tratta di una storia assai interessante ed una perfetta allegoria di ciò che accade ai razionalisti come te. Egli cominciò, naturalmente, col bandire il crocifisso da casa sua, dal collo della sua donna, perfino dai quadri. Diceva, come tu dici, che era una forma arbitraria e fantastica, una mostruosità (…) avrebbe voluto abbattere le croci che si innalzavano lungo le strade del suo paese (…) Una sera d’estate, mentre ritornava lungo un viale, a casa sua, il demone della sua follia lo ghermì di botto gettandolo in quel delirio che trasfigura il mondo agli occhi dell’insensato (…) di fronte a una lunghissima palizzata egli credette di vedere la lunga palizzata tramutata in un esercito di croci … egli odiava la croce ed ogni palo era per lui una croce. Quando arrivò a casa, era pazzo da legare”.
La contrapposizione tra l’alterigia del professor Lucifero e l’ordine tranquillo del monaco è segnata dall’umiltà e dalla gioia cristiana espressa nella vittoria della croce: “Egli – il monaco Michele – sentì tutta l’intensità di quella gioia che gli orgogliosi non conoscono, poiché nasce dall’umiltà. Coloro che per un miracolo sono sfuggiti alla morte; coloro che inaspettatamente si vedono riamati dalla creatura amata; coloro che si vedono perdonati i loro peccati: questi soli conoscono e sentono una simile gioia”.
Chesterton ci invita quindi ad assaporare la vera gioia cristiana, che è fondata sulla croce e sulla redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo. Il peccato degli angeli, combattuto in cielo, ha prodotto la follia insana che dal cielo è discesa sulla terra, ha contaminato gli uomini rendendoli folli a loro volta. L’epilogo del prologo in cielo tra il professor Lucifero ed il monaco Michele, tra la sfera e la croce, sarà il propagarsi del peccato e della pazzia tra gli uomini. Ci sarà ancora spazio e tempo per la croce di Cristo oppure la sfera (il mondo) avrà il sopravvento? Ci sarà ancora posto per Dio e i Suoi diritti nella vita degli uomini? Ecco gli interrogativi che questo romanzo ci pone.
Dopo l’esperienza del combattimento contro il Male, il monaco Michele sarà destinato all’allontanamento e alla segregazione in una casa di cura per pazzi. Non è forse ciò che è avvenuto, ci suggerisce Chesterton, per la sana filosofia che lega fede e ragione, per il senso comune, per la legge naturale? Non sono stati tutti rigettati e allontanati da un mondo impazzito?
L’aspro conflitto tra l’ateo Turnbull e il cattolico scozzese McJan sulla terra va necessariamente inquadrato sul piano celeste ed è consequenziale alla caduta salvifica del monaco Michele ora confinato in un manicomio, lontano dalla pazzia del professor Lucifero, lontano, appunto, dalla follia del mondo e dall’apparente vittoria della sfera sulla croce. La rottura della vetrina del giornale L’Ateo da parte del cattolico Evan McJan sarà la prosecuzione narrativa ideale della controversia in cielo tra la sfera e la croce, che condurrà i due aspiranti duellanti dinanzi al giudizio del tribunale. Ancora una volta Chesterton, con grande maestria, ci farà conoscere il laicismo e la posizione relativista del giudice Cumberland Vane. Sembra parlare con il linguaggio mediocremente attuale dei nostri giorni.
Alla richiesta di chiarimenti da parte del giudice, così risponde McJan: “È un mio nemico (Turnbull) e un nemico di Dio”. Ecco la reazione seccata del giudice: “Voi non dovete tenere un simile linguaggio qui dentro. Queste cose non ci riguardano. (…) La religione è un affare troppo personale per farne menzione in un luogo come questo”. La reazione del cattolico McJan è perentoria e coraggiosa: “Se egli (Turnbull, l’ateo) avesse detto di mia madre quello che ha scritto della madre di Dio, nessun uomo al mondo, degno di questo nome, mi avrebbe negato il diritto di sfidarlo a duello”. Il riferimento al trascendente è preciso ed è una risposta cattolica decisa e convincente alla “religione relativistica del giudice”: “Se un uomo non deve battersi per questo, per che cosa si batterà?”. Per che cosa ci battiamo? Cosa abbiamo fatto della nostra vita?
Ci si potrà ancora battere (ci interpella Chesterton) per la regalità anche sociale di Nostro Signore Gesù Cristo? Evan McJan, cattolico integerrimo scozzese e l’ateo James Turnbull si sfidano a duello senza mezzi termini, il primo per difendere il Regno di Cristo, il secondo per negarne addirittura l’esistenza. L’errore e l’eresia vengono fermamente denunciati e perseguiti fino allo spargimento di sangue: questa è l’anima del conflitto che Chesterton ci presenta in questa presunta follia dei due contendenti, acerrimi rivali fino alla morte.
Dinanzi alla “folle” battaglia dei due duellanti, il mondo cercherà di ostacolare il fermo proposito di Turnbull e McJan. Quest’ultimo così prorompe: “Non mi sorprende affatto che il mondo sia contro di noi. Ciò mi prova che ero nel giusto quando ruppi il vostro vetro (la vetrina dell’Ateo). Ho risvegliato il mondo”. La ripresa della battaglia in cielo tra il professor Lucifero, difensore della sfera-mondo, ed il monaco Michele, assertore della verità della croce, prosegue sulla terra tra i due contendenti, suscitando l’indignazione di un mondo inerme, incapace di comprendere il senso di quella battaglia ed espresso dalla figura di un remissivo e accomodante paciere: “Voi vi volete battere in duello ma non dovete essere troppo al corrente, mi pare, delle idee moderne. Il duello è ormai lontanissimo da noi … non litighiamo per una parola… Noi non abbiamo dogmi! Mi auguro che voi sappiate che non vi sono principi morali connaturati a noi”.
Ecco la fresca attualità dell’opera chestertoniana, ribadita in queste incredibili e sconvolgenti parole di Evan McJan: “Abbandona il duello e diventerai come questo (il paciere). Rinnega il giuramento e i dogmi e tutti i principi eterni e tu sarai simile a questo”. Chesterton ancora una volta ci interroga: “Siamo capaci di lottare per difendere la verità o siamo anche noi come il giudice relativista o il paciere inerme?”. Ecco che allora fa dire a McJan e James Turnbull: “Cercate di capire la nostra condizione. Siamo soli, in tutto il mondo moderno, a pensare che Dio è di un’importanza essenziale”.
Il dramma della denuncia dei due sfidanti è il dramma della difesa della fede e il desiderio di combattere per essa, come Chesterton tratteggerà persino nell’ateo Turnbull: “Egli vedeva finalmente su quali basi poggiasse la massa del mondo moderno per combattere la sua fede”. La condanna del cosiddetto “libero pensiero” e del mondo è, in Chesterton, esplicita ed appassionante: “Il libero pensiero può essere suggestivo, eccitante, avere tutte le virtù che gli derivano dalla vivacità e dall’eclettismo. Ma c’è una cosa che il libero pensiero non potrà mai rivendicare a se stesso: essere un elemento del progresso. Non lo può essere, perché non accetta nulla del passato”.
Dove sta quindi la pazzia? Sono folli i due duellanti, oppure il mondo che forsennatamente li sta inseguendo per impedirli di battersi? A svelarci l’angoscioso dilemma saranno due sogni rivelatori: il sogno di McJan e quello di Turnbull che si riveleranno due incubi infernali.
In entrambi i sogni premonitori, l’inferno dell’eresia e della pazzia sulla terra causeranno il ritorno degli angeli ribelli: il professor Lucifero, Principe del mondo, troverà quel luogo folle, la sfera-mondo, pronto per il suo dominio.Che cos’è diventato più folle: la Chiesa o il mondo? La sfera o la croce? Chesterton fa rispondere McJan a questi angoscianti interrogativi: “Quando ho visto quello spettacolo, ho visto tutto: ho visto la Chiesa e il mondo (…). Il mondo lasciato a se stesso diventa più feroce di tutte le religioni. Questa è l’unica vera questione: la Chiesa è veramente più pazza del mondo?”. Il mondo può reggersi senza la croce?
Evan McJan risponde perentoriamente ancora una volta: “Il mondo non può reggersi da solo: voi (Turnbull) sapete che esso non può. È stato il dolore di tutta la vostra vita. Turnbull, questo giardino non è un sogno, ma un’apocalisse che si realizza. Questo giardino è il mondo che è diventato pazzo (…) è necessaria una terra rotonda per piantarci la croce. Ma ecco la terribile differenza: il mondo sferico non vorrà nemmeno restare una sfera”.
Mi hanno sempre fatto riflettere e rabbrividire questi concetti espressi da Chesterton! La pazzia non sta forse nella non accettazione della natura, della realtà, di un ordine stabilito da Dio? Quanto abbiamo eroso questo ordine? Quanto abbiamo distrutto follemente la ragione? Di chi la colpa? McJan conclude: “Gli astronomi vanno ripetendo che la sfera ha la forma di un’arancia, di un uovo o di una salsiccia tedesca. Essi tormentano questo vecchio mondo come una vescica e gli danno migliaia di forme imprecise … infine l’immenso globo terrestre perderà la sua figura e solo la croce resterà dritta”.
L’ultimo capitolo si intitola significativamente “Dies irae”: il mondo è diventato talmente pazzo che negherà persino l’esistenza di Turnbull e McJan e imprigionerà tutti coloro che avranno avuto rapporti con loro, cioè con tutti coloro che si battono per la difesa della verità. La sfera-mondo è diventata un inferno incandescente e in essa sopraggiungerà il professor Lucifero: è l’apocalisse, la fine del mondo.
Ma tutto non è finito:ritornerà il vecchio monaco Michele che in mezzo a quell’inferno incandescente cantava come un uccello. Chi salverà la propria anima? Ci sarà ancora un briciolo di fede quando verrà il Figlio di Dio? Chi riconoscerà la follia del mondo? Chesterton fa intravvedere uno spiraglio di salvezza: “Mentre il vecchierello (il monaco Michele) si andava avvicinando, Evan cadde in ginocchio (…) anche Turnbull si inginocchiò (…). Fra le ceneri, due oggetti luccicanti erano sfuggiti al fuoco: la sua spada e quella di Turnbull, cadute per caso in forma di croce”. Che la croce di Cristo ci aiuti in questo terribile momento.
Fabio Trevisan 27 Marzo, 2020

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