Prof. Radaelli: Perché il Vaticano perderà la “guerra” contro il card. Zen
Riceviamo e pubblichiamo le riflessione del prof. Enrico Maria Radaelli riguardo la “guerra” che il Vaticano, per mezzo di una lettera del card. Giovanni Battista Re (decano del Sacro Collegio), ha dichiarato al cardinale Joseph Zen, arcivescovo emerito di Hong Kong e grande difensore della Chiesa cattolica in Cina.
Il Vaticano fa la Guerra al Cardinale Zen. Ma la perde.
di Enrico Maria Radaelli
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Il 26 febbraio 2020 il Cardinale Giovanni Battista Re, Decano del Sacro Collegio, ha scritto una Lettera a tutti i Cardinali sulla posizione del Cardinale Zen, Vescovo emerito di Hong Kong, colpevole a suo avviso di criticare l’accordo segreto attuato tra il regime cinese e la Santa Sede.
Preliminarmente va notato che, di tutti gli attori principali coinvolti – i Papi Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio e i Cardinali Re e Zen –, a suo tempo Mons. Ratzinger partecipò al Concilio Vaticano II come perito del molto influente Cardinale Joseph Frings, Arcivescovo di Colonia e Primate di Germania, e fu voce anche molto ascoltata; il Cardinale Joseph Zen Ze-kiun, al contrario, all’epoca era solo un prete di Torino, non partecipò all’Assise e non influì in alcun modo all’indirizzo ultramodernista dei suoi Documenti, che caratterizzarono da allora la condotta religiosa, morale e politica della Chiesa.
Nel 2013 Papa Ratzinger scrisse un’importante Lettera ai cattolici cinesi al cui § 4 cita per intero il § 76 della Gaudium et Spes, che stabilisce: « Nel proprio campo, la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra. Però tutte e due, sebbene a titolo diverso, sono al servizio della vocazione personale e sociale dei medesimi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace quanto meglio entrambe coltivano una sana collaborazione tra di loro, considerando anche le circostanze di luogo e di tempo ».
Questa direttiva coglie con precisione il vertice dell’errore conciliare e il centro problematico del duro scontro attuale tra i due Cardinali.
È precisamente da qui infatti che, nella Chiesa nascostamente ultramodernista del Vaticano II, è originato l’ereticale orizzonte ecumenista, quel perverso orizzonte che disegna in modo tutto nuovo i rapporti tra Chiesa e Stato, tra Papa e Cesare, lo disegna cioè come fossero ognuno indipendente e autonomo uno dall’altro, senza alcun vassallaggio, servitù, dipendenza, giacché per i Padri conciliari entrambi sarebbero per virtù propria chiamati e proiettati « al servizio della vocazione personale e sociale dei medesimi uomini », quasi fossero entrambi autocoscienti – e sottolineo: i Padri conciliari stanno parlando delle comunità politiche di tutto il mondo, e magari anche di tutta la storia, o almeno di quella moderna – degli altissimi fini cui sarebbe proiettato l’uomo sua sponte: autocoscienti del proprio bene materiale, morale e spirituale.
Nel mese di marzo il Papa chiede a tutti di pregare per la Chiesa in Cina, perché siano superate le divisioni e si perseveri nella fedeltà al Vangelo. L’intenzione di Francesco è affidata, come di consueto, al video diffuso dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa.
Tenuto conto della situazione critica in Cina per la Chiesa fedele a Roma, il messaggio ha destato delle perplessità.
Propongo all’attenzione dei lettori di questo blog il commento dello scrittore e giornalista Phil Lawler, pubblicato su Catholic Culture. Eccolo nella mia traduzione.
“Oggi la Chiesa in Cina guarda al futuro con speranza”, ha detto Papa Francesco nel messaggio video che comunicava le sue intenzioni di preghiera mensili. Sì, ma questa speranza sembra sempre più misera, dato che le autorità cinesi continuano a chiudere le chiese cattoliche che non accettano la guida dell’Associazione patriottica (la chiesa fondata e gestita dal Partito Comunista Cinese, mai riconosciuta dal Vaticano, ndr) sostenuta dal governo.
“La Chiesa vuole che i cristiani cinesi siano veramente cristiani, e che siano buoni cittadini”, ha detto il Papa nel suo messaggio video, aggiungendo che “hanno bisogno di raggiungere l’unità della comunità cattolica divisa”.
Naturalmente i cristiani dovrebbero essere buoni cittadini, e naturalmente i cattolici dovrebbero lavorare per l’unità all’interno della Chiesa. Ma nel contesto dell’attuale situazione in Cina, il messaggio del Papa è veramente sorprendente, perché la sua intenzione di preghiera esprime esattamente il messaggio che le autorità di Pechino vogliono trasmettere.
Dal punto di vista di Pechino, un “buon cittadino” è qualcuno che accetta la leadership ideologica del Partito comunista – e in questo caso il suo braccio affidabile, l’Associazione patriottica (la chiesa del regime, ndr). Così, quando incoraggia i cattolici cinesi ad essere “buoni cittadini”, il Papa sembra dire che i cattolici dovrebbero seguire la guida dell’Associazione patriottica. Almeno si può essere molto sicuri che il regime di Pechino trasmetterà questo messaggio, rivendicando l’appoggio del Papa.
In realtà il Papa non ha detto che i cattolici dovrebbero accettare l’Associazione Patriottica. Ma, ancora una volta, è una certezza assoluta che i funzionari comunisti metteranno questa interpretazione sulle sue parole. E siccome questo “travisamento” è così assolutamente prevedibile, perché usare quelle parole? Perché rendere così facile al regime di Pechino trasformare una preghiera papale in uno strumento di propaganda?
Ricordate che nel giugno 2007, papa Benedetto XVI ha messo in guardia i cattolici cinesi contro gli “organismi che sono stati imposti” alla Chiesa – un riferimento inequivocabile all’Associazione patriottica (la chiesa del regime, ndr). Nella sua lettera alla Chiesa in Cina, Papa Benedetto XVI ha detto:
Anche la dichiarata finalità dei suddetti organismi di attuare « i principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa », è inconciliabile con la dottrina cattolica, che fin dagli antichi Simboli di fede professa la Chiesa « una, santa, cattolica e apostolica ».
Così Papa Francesco sta proponendo che i cattolici cinesi accettino la guida di un gruppo il cui scopo fondamentale è “incompatibile con la dottrina cattolica”? Sta contribuendo alla campagna del regime di Pechino per riunire tutti i cattolici sotto l’ombrello del Partito Comunista? Sta il Papa – e questa è per certi versi la parte più sorprendente del video messaggio – incorporando questo messaggio in una richiesta di preghiere da parte della Chiesa universale?
Quando cita la necessità di “raggiungere l’unità della comunità cattolica divisa”, Papa Francesco fa un altro discorso. Per anni il Vaticano ha cercato di superare la divisione tra la Chiesa cattolica “ufficiale”, riconosciuta dal governo cinese, e la Chiesa “sotterranea”, fedele a Roma. Questa settimana il cardinale Giovanni Battista Re, ex prefetto della Congregazione per i Vescovi, ha detto che l’accordo segreto che il Vaticano ha stretto con Pechino nel 2018 è il prodotto di iniziative diplomatiche iniziate sotto il pontificato di Giovanni Paolo II e proseguite sotto il pontificato di Benedetto XVI. È vero, c’è stata una lunga storia di negoziati.
Ma il cardinale Re è andato oltre. In un pubblico rimprovero al cardinale Joseph Zen, il più importante critico dell’accordo segreto, il cardinale Re ha detto che papa Benedetto XVI aveva approvato una prima bozza dell’accordo con Pechino. Il prelato italiano ha detto che il cardinale Zen non ha capito l’attuale accordo diplomatico, e ha suggerito che la persistente opposizione del cardinale Zen ha danneggiato l’unità della Chiesa.
Non c’è da stupirsi che l’esuberante cardinale Zen abbia risposto al fuoco, chiedendo retoricamente perché, se avesse appoggiato l’accordo, papa Benedetto non lo ha firmato. Ha ribadito la sua insistenza sul fatto che l’ex Pontefice aveva esplicitamente rifiutato un accordo simile. E ha proposto che il Vaticano possa chiarire la questione “mostrandomi il testo firmato, che finora non mi è stato permesso di vedere”.
Quest’ultimo punto è significativo. Diciotto mesi dopo l’annuncio dell’accordo Vaticano-Pechino, non sappiamo ancora cosa dice. [Solo] Questo sappiamo:
- Il Vaticano ha accettato la legittimità di otto vescovi nominati dal governo che in precedenza erano stati scomunicati perché ordinati senza l’approvazione della Santa Sede;
- Tre vescovi fedeli alla Santa Sede si sono dimessi volontariamente, per essere sostituiti da vescovi che avevano l’approvazione del governo;
- Solo tre vescovi della Chiesa “clandestina” (fedele a Roma, ndr) sono stati riconosciuti dall’Associazione patriottica (fedele al Partito Comunista, ndr), mentre gli altri rimangono soggetti a vessazioni da parte di funzionari pubblici;
- Le Chiese che resistono all’Associazione patriottica sono state chiuse, con funzionari governativi che hanno dato spiegazioni pretestuose;
- Le bandiere rosse hanno sostituito i crocifissi nelle chiese cattoliche, e i ritratti dei leader di governo hanno sostituito i ritratti del Papa; sono state installate telecamere di sorveglianza per monitorare i fedeli; l’inno nazionale viene cantato durante la messa;
- In alcune province, le celebrazioni natalizie sono state cancellate, i funerali sono stati banditi;
- Una task force della conferenza episcopale statunitense ha riferito che “le Bibbie sono state confiscate e ai bambini sotto i 19 anni è stato proibito di partecipare alla messa e di ricevere l’istruzione religiosa”.
Questi sono i frutti dell’accordo segreto Vaticano-Pechino, promosso da funzionari vaticani che affermano che l’accordo era necessario per il bene dell’unità della Chiesa cinese. Ora papa Francesco chiede a tutti noi di pregare che i cattolici cinesi siano “buoni cittadini”, per il bene di quella stessa unità. Ma sembra che sia una l’unità accettata alle condizioni di Pechino, l’unità sotto il governo di un’istituzione il cui scopo è “incompatibile con la dottrina cattolica”. Per i fedeli cattolici cinesi è l’unità nella sofferenza.
Di Sabino Paciolla
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