ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 2 gennaio 2021

Una chiesa che disubbidisce alla legge di Dio

LA REGOLA DEL GIOCO 

Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene,

che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre,
che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro.
Guai a coloro che si credono sapienti
e si reputano intelligenti. Isaia 5,20-21

C’è una sequenza, nel film del 1939 “LA REGOLA DEL GIOCO” del grande regista Jean Renoir, in cui uno dei protagonisti lamenta: “vorrei sparire nell’abisso di un pozzo per non dover più scegliere tra bene e male”. Di lì a poco il baratro della guerra trascinerà l’Europa, insieme al mondo, nell’abisso più tenebroso, nella dissoluzione del bene e del male, da cui sarebbe poi risalita, ma solo per la parte “corporale”, mentre l’anima, individuale e collettiva, avrebbe continuato a sprofondare nell’oscurità in cui “tutte le vacche sono nere”, nella liquefazione di ogni differenza.  Nel film che, nella spietata rappresentazione della borghesia,  racconta il crollo dei valori di un’intera società, soccombe chi non obbedisce alla “regola del gioco”, l’IPOCRISIA, che ignora ogni parvenza di regola morale. Dal dopoguerra, i mezzi di comunicazione di massa, con la parte rilevante della televisione, hanno omologato tutta la popolazione al pensiero unico borghese-liberal-positivista, assimilando a poco a poco anche la parte più retriva, tenacemente legata alla tradizione. Paradossalmente il contributo maggiore a questa liquefazione della morale è stato fornito dalla Chiesa Cattolica che ha fatto sparire, nella prassi o “pastorale”, ogni segno di OBBEDIENZA alla Legge di Dio, contaminando il sacro con il profano, per instaurare la totale sottomissione alla “casta illuminata” che occupa il potere.

Per formare un organismo completamente servile non basta il martellamento mediatico da parte di un sistema informativo, ormai completamente asservito ai padroni del mondo, al punto che diventa persino banale evidenziarlo. Occorre demolire ogni forma di OBBEDIENZA alla dottrina immutabile della Chiesa Cattolica, anche da parte degli ultimi superstiti.

La DISUBBIDIENZA si attua in due fasi distinte, la formalizzazione della disubbidienza medesima, mediante pratiche più o meno palesi di induzione, e la sua contestuale certificazione.

Negli ultimi sessanta anni nella Chiesa Cattolica le forme di disubbidienza alla Legge Divina, alla Tradizione, alla Dottrina Morale, alla custodia del deposito eccelso lasciato dal Fondatore  sono innumerevoli, con una accelerazione fortissima negli ultimi anni. Così vale per la demolizione della Liturgia, la banalizzazione dei Misteri della Fede, la costante incoerenza, introdotta nella prassi, con i principi del Catechismo fino ad arrivare alla inverosimile, inaudita disubbidienza verso il primo dei Comandamenti di Dio, nell’idolatria più sfrontata,  consumata e mai sconfessata, sul soglio di Pietro il 17 ottobre del 2019, a pochi mesi dall’insorgere di questa che chiamano pandemia, che ora la chiesa, non casualmente, invita a contrastare con un’altra clamorosa disubbidienza, mascherata da un ipocrita senso di responsabilità.

Tra le forme di induzione, da non considerare marginale, perché parte del piano, vi è la recita del nuovo Padre Nostro della messa. Prima si continua a recitare “preghiamo insieme come Nostro Signore ci ha insegnato” poi si recita come Gesù non ci ha insegnato. Ma questi non sono stupidi, sanno benissimo che quella non è la preghiera recitata da Gesù. Vogliono intenzionalmente creare una discrasia, mediante la “regola del gioco” dell’ipocrisia, una disubbidienza che mantenga fertile il terreno in cui il popolo dei fedeli viene sistematicamente trasformato. E questo in modo lento, inesorabile, come hanno fatto negli ultimi 60 anni ed ora in modo più manifesto, anzi arrogante. Solo che, nonostante i loro faccioni sempre sguaiati, di un riso fasullo e forzato, la religione non è un gioco perché non è un gioco la Croce.  Non più fedeli agli insegnamenti di Gesù, ma seguaci degli insegnamenti del mondo.

Ora non solo l’uomo si avvale della propria libertà decidendo autonomamente che cosa è bene e che cosa è male, pure capovolgendolo, rigettando la legge morale che viene da Dio, anzi negando ogni separazione, ma continua a mangiare i frutti di quell’albero della conoscenza, posto al centro del Giardino, equiparandosi a Dio o soppiantandolo. Questa pervicacia, che proviene dalla propria divinizzazione, è il prolungamento del Peccato Originale. Ma ciò all’uomo di oggi non basta. Egli sta, per la prima volta, dalla cacciata dal Paradiso Terrestre, profanando, anche se in modo simbolico ma non meno autodistruttivo, l’albero della vita, rifiutando i suoi frutti perché si è costruito, apparentemente con le proprie mani, abusando del proprio ingegno che gli viene da Dio, frutti “creati in laboratorio”, che superbamente considera migliori di quelli, senza sapere che, così facendo, sta adulando la morte eterna, come il serpente provocatore gli suggerisce. Una delle attestazioni di tale profanazione, pretesi in permuta dal serpente come vittime sacrificali sull’altare della morte, innalzato sul tronco tagliato dell’albero della vita, sono i cinquanta milioni di bambini non nati ogni anno, barbaramente squartati prima della nascita. È la certificazione, così come richiesta, della seconda grande disobbedienza. La profanazione immateriale dell’albero della vita, in questa deriva malefica, sostenuta o non duramente combattuta, in una antinomia sconcertante, dai vertici della chiesa, può essere considerata il “nuovo Peccato Originale”.

Una chiesa che disubbidisce alla legge di Dio e antepone, di gran lunga, alla tensione spirituale, i bisogni corporali, tutti, quelli alimentari, sanitari e soprattutto quelli sessuali, di tutte le specie, arrivando persino a porre dubbi sull’elemento base della convivenza cristiana, la famiglia, si pone palesemente, fatalmente, nelle mani del serpente antico.

Claudio Gazzoli – Monterubbbiano (FM)

https://blogclaudiogazzoli.blogspot.com/2021/01/la-regola-del-gioco.html

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