INTERVISTA AL VESCOVO SUETTA
«Una frusta per Lauro, Fiorello e il Sanremo blasfemo»
«Al Festival è stata calpestata la fede, mentre la gente in ospedale per il Covid trae sostegno da quegli stessi simboli». Intervista al vescovo di Sanremo Suetta sulle performance blasfeme di Achille Lauro: «Non volevo essere complice, ho fatto come Gesù nel tempio. Lauro non ha nulla di buono da mostrare; dispiaciuto per Fiorello: ha macchiato il suo talento». Sulla Rai: «Dissacrare non è arte, è il mestiere più vecchio del mondo con i soldi dei contribuenti cattolici». Il Festival: «Quand'ero ragazzo era una festa, ricordo tante belle canzoni, da Ruggeri alla Mannoia. Ma ora c'è troppa ideologia. E il calo di ascolti dimostra che il popolo non segue».
«Non potevo tacere». Il suo comunicato di domenica mattina non lascia spazio a interpretazioni. Le performance di Achille Lauro al 71esimo Festival della canzone italiana hanno costretto il vescovo di Sanremo a prendere una netta posizione contro la blasfemia di tre “quadri” proposti dal cantante romano durante i cinque giorni della kermesse. Come anche la Bussola ha denunciato, prima l’esibizione con il sacro cuore di Gesù e le lacrime di sangue dal volto (chiaro riferimento alla Madonna di Civitavecchia), poi, in coppia con Fiorello, una corona di spine esibita dallo showman siciliano venerdì (di Quaresima), infine, sabato, una performance costruita per replicare alle critiche di blasfemia ricevute dove Lauro è comparso sulla scena da vittima del perbenismo bigotto con il costato insanguinato.
Ad Antonio Suetta (in foto) è parso troppo. E ha reagito «per dare voce a tutte le persone credenti e non credenti offese da simili insulsaggini e volgarità».
Nel suo comunicato, che ieri è stato ripreso dai principali media e dai social, il vescovo di Sanremo e Ventimiglia ha invitato «al dovere di una giusta riparazione per le offese rivolte a Nostro Signore, alla Beata Vergine Maria e ai santi, ripetutamente perpetrate mediante un servizio pubblico e nel sacro tempo di Quaresima».
E in questa intervista alla Bussola mostra come un vescovo abbia il dovere di alzare la testa di fronte ad attacchi alla fede spacciati per arte.
Eccellenza, il Vangelo della III domenica di Quaresima (quello di ieri) era Gesù che scacciava i mercanti dal tempio. Si è immedesimato?
Diciamo che così come Gesù ha usato la frusta ho pensato: beh, vediamo di usarla.
Una santa ira, la sua?
Non parlare mi avrebbe fatto sentire complice di questo scempio. Così ho sentito mio dovere parlare «per confortare la fede “dei piccoli”».
Anche Gesù scacciava i mercanti perché offrivano un’immagine distorta di Dio. I “quadri” di Achille Lauro erano un’immagine distorta di Dio e della fede cattolica?
Distorta e banale, che offende e non solo per l’attaccamento della gente alla fede, che va comunque rispettato, ma anche un insulto all’intelligenza. Questa non è arte, la vera arte è capace di sublimare l’intelligenza, non di umiliarla e calpestarla.
Che cosa l’ha ferita di questa distorsione sul palco dell’Ariston?
Eppure, anche Fiorello è stato complice…
E questo mi dispiace parecchio.
Ha preso le distanze dal premio Città di Sanremo dicendo che non è in suo nome… Sì, Fiorello nel suo nome ha un duplice riferimento alla devozione mariana della sua terra d’origine (si chiama Rosario Tindaro, in onore della Madonna del Tindari, nel Messinese ndr.) e la sua caduta di stile per me è motivo di grande dispiacere. Riconosco a Fiorello una molteplicità di doni, di talenti artistici, musicali, comici. Se lo incontrassi gli direi: “Ma chi te l’ha fatto fare di andarti a impantanare in queste banalità e offese?”.
Abbiamo scritto però che in fondo per Achille Lauro è facile attaccare la Chiesa e il sentimento di fede dei cristiani, è tutto molto politicamente corretto. Sì, ho letto e condivido la vostra lettura. È sempre più facile dissacrare la fede cattolica, è per questo che sono intervenuto per la fede dei piccoli, cioè dei semplici. Ci sono tante persone che hanno guardato il Festival e si sono sentite offese e umiliate o forse non l’hanno neanche guardato, visto il calo di ascolti e visto il fatto che in questo periodo di sofferenza per il Paese la gente non ha voglia di evadere e poi trovarsi offesa nei sentimenti più intimi come sono quelli religiosi. In tanti in ospedale si affidano a quei simboli di misericordia che sono stati calpestati, traggono consolazione e forza da essi. E come se non bastasse devono sorbirsi tutto questo con i loro soldi, perché non dimentichiamoci che siamo noi contribuenti a finanziare buona parte di Sanremo.Gli artisti però…Non sono artisti, calpestare e dissacrare a pagamento mi fa venire in mente il mestiere più vecchio di del mondo. Non è un atto di coraggio e di dignità, non è libertà: è solo vigliaccheria.
In generale lei che cosa pensa del Festival?Ha una tradizione gloriosa quando al centro di questo avvenimento c’era davvero la canzone popolare italiana, ma da molti anni si seguono le mode ideologiche del momento e per molti il Festival ha smesso di piacere. Non è un caso che quest’anno ci sia stato un calo di ascolti, quando entra in campo l’ideologia, il popolo non ti segue.
Eppure, per voi sanremesi il Festival rappresenta anche un grosso indotto economico…
Non lo nego, è sicuramente un motore economico per la città, ma non possiamo prostrarci soltanto al moloch del denaro, dobbiamo contemperare le legittime esigenze economiche e i nostri valori, ma per noi sanremesi il Festival è un evento che rimane chiuso nel mondo televisivo. La città a volte è simpaticamente invasa da personaggi famosi, ma a volte, come è accaduto in questi giorni, è umiliata e come cittadino di Sanremo ci soffro.
C’è però anche un problema della direzione artistica e della Rai che non ha vigilato.
Questo aggrava la situazione, il servizio pubblico deve rispondere di come spende parte dei soldi dei cittadini, moltissimi dei quali sono credenti, cattolici professanti e oggi offesi. In secondo luogo, il servizio pubblico ha abdicato da tempo alla sua funzione di essere anche educativo, di promuovere la coesione sociale, di dare consistenza a una comunità sociale che si raccoglie dietro alla propria storia e alle proprie tradizioni.
Non c’è solo l’aspetto della blasfemia di Achille Lauro, nel corso delle cinque puntate sono stati innumerevoli i riferimenti al gender e alla confusione uomo/donna…
È grave, il servizio pubblico è tale quando parla di tutto, ma rispettando le proporzioni, non quando presta le proprie risorse a campagne ideologiche.
Che ricordi ha lei Sanremo?
Recenti no, in ragione della mia posizione non mi occupo di questo, evito di coinvolgermi per non essere assorbito da questa macchina che non permette a nessuno di mantenere la propria fisionomia. I miei ricordi sono quelli di quando ero ragazzo, di quando effettivamente Sanremo era un evento di costume, pur rimanendo nel suo ambito leggero, ma era un evento di costume che concorreva a creare festa.
E che cantanti ricorda?
Prevalentemente i cantautori, ricordo molti cantanti interessanti e piacevoli, come Ruggeri, la Mannoia, Vallesi e molti altri. Spesso ho utilizzato testi di canzoni per stimolare i ragazzi a riflessioni profonde sul senso della vita, in questo senso Sanremo è stato di stimolo anche per me come pastore. Ma niente a che vedere con lo spettacolo indecente visto in questi giorni.
Andrea Zambrano
- IL "NULLA" ESIBITO COME CULTURA, di Rosalina Ravasio
https://lanuovabq.it/it/una-frusta-per-lauro-fiorello-e-il-sanremo-blasfemo
C’è un vescovo a Sanremo! Da monsignor Suetta forte denuncia di un Festival volgare e blasfemo
Cari amici di Duc in altum, al termine della deprecabile e sgradevole edizione 2021 del Festival di Sanremo (della quale anche noi ci siamo occupati qui) il vescovo di Ventimiglia – Sanremo, monsignor Antonio Suetta, ha opportunamente emesso un comunicato che riportiamo integralmente, con un grazie al signor vescovo. Finalmente un pastore che mostra di avere gli attributi virili che si addicono al suo ministero episcopale.
***
A seguito di tante segnalazioni di giusto sdegno e di proteste riguardo alle ricorrenti occasioni di mancanza di rispetto, di derisione e di manifestazioni blasfeme nei confronti della fede cristiana, della Chiesa cattolica e dei credenti, esibite in forme volgari e offensive nel corso della settantunesima edizione del Festival della canzone italiana a Sanremo, sento il dovere di condividere pubblicamente una parola di riprovazione e di dispiacere per quanto accaduto.
Il mio intervento, a questo punto doveroso, è per confortare la fede “dei piccoli”, per dare voce a tutte le persone credenti e non credenti offese da simili insulsaggini e volgarità, per sostenere il coraggio di chi con dignità non si accoda alla deriva dilagante, per esortare al dovere di giusta riparazione per le offese rivolte a Nostro Signore, alla Beata Vergine Maria e ai santi, ripetutamente perpetrate mediante un servizio pubblico e nel sacro tempo di Quaresima.
Un motto originariamente pagano, poi recepito nella tradizione cristiana, ricorda opportunamente che “quos Deus perdere vult, dementat prius”.
Quanto al premio “Città di Sanremo”, attribuito a un personaggio che porta nel nome un duplice prezioso riferimento alla devozione mariana della sua terra d’origine, trovo che non rappresenti gran parte della cittadinanza legata alla fede e dico semplicemente “non in mio nome”.
Sanremo, 7 marzo 2021
+ Antonio Suetta
Vescovo di Ventimiglia – San Remo
Fonte: diocesiventimiglia.it
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Sanremo 2021-Achille Lauro bacia Boss Doms
Comunicato
“Ancora una volta il Festival della Canzone italiana di Sanremo è stato preso in ostaggio dalle pseudo élite anticristiane e strumentalizzato come palcoscenico per attaccare e dissacrare l’identità religiosa cristiana oltre che la famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio” – lo afferma in una nota Riccardo Pedrizzi, Presidente del CTS dell’UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) il quale ha espresso inoltre solidarietà e vicinanza al Vescovo locale, Antonio Suetta.
“Non possiamo – aggiunge Pedrizzi – che associarci alle parole del Vescovo della Diocesi di Ventimiglia – Sanremo, Sua Eccellenza mons. Antonio Suetta che ha giustamente, da buon pastore, preso le distanze e condannato le manifestazioni palesemente dissacranti, blasfeme e anticristiane che hanno visto come loro teatro l’ultima edizione del Festival di Sanremo.”
“Si tratta – conclude il Presidente del CTS dell’UCID – di un uso strumentale del Festival e della televisione di Stato, di cui si sono rese protagoniste le solite pseudo élite minoritarie nel Paese e contrarie allo spirito della maggior parte del popolo italiano, sia credente che non credente, ma che ormai possono contare sulla assenza di controllo qualitativo e sulla connivenza della tv pubblica, a spese di tutti gli italiani che pagano il canone”.
Riccardo Pedrizzi, già Senatore della Repubblica italiana.
https://www.sabinopaciolla.com/__trashed-8/
Comunicato
Indignazione e condanna per l’incivile offesa alla nostra religione segno inequivocabile del terribile degrado nel quale volge il mondo dello spettacolo. Gli insensati e i violenti dovrebbero vergognarsi! Si può fare spettacolo senza offendere le sensibilità o deridere la dimensione religiosa che è forma specifica della vita umana. Non rassegnamoci né facciamoci demoralizzare, ma con coraggio esprimiamo la nostra civile ferma denuncia anche a nome dei tanti che mai saranno complici di un così ignobile modo ideologico di vivere e di sentire.
La religione non riguarda aspetti qualsiasi dell’esistenza umana: essa ha a che fare con gli interrogativi fondamentali che l’uomo si pone e riguarda il senso e il fine della vita. Il messaggio cristiano rivela Dio all’uomo e l’uomo a se stesso. Nel vortice dei social facciamo viaggiare la parola di Dio che illumina la nostra vita, orienta le nostre giornate e illumina i nostri cuori. Impariamo a seminare nei social!
Filippo Boscia
Presidente del Medici Cattolici Italiani
“Ma il direttore di RaiUno ha ritenuto di insistere nel porre al centro del più importante programma di intrattenimento della Rete ammiraglia della Rai il manifesto di un giovanotto che dice: ‘Sono la solitudine nascosta in un costume da palcoscenico. Sessualmente tutto. Genericamente niente. Esistere è essere. Essere è diritto di ognuno. Dio benedica chi è… Dio benedica chi se ne frega’”.
di Alberto Contri
The show must go on
Lo spettacolo deve continuare
I’ll face it with a grin
Lo affronterò con un sorriso
I’m never giving in
Non mi arrenderò mai
On with the show
Avanti con lo spettacolo
I’ll top the bill
Salderò il conto
I’ll overkill
Farò il passo più lungo della gamba
I have to find the will to carry on
Devo trovare la volontà di continuare
On with the show
Avanti con lo spettacolo
Show
Show must go on, go on, go on, go on, go on, go on, go on, go on
Lo show deve andare avanti, andare avanti, andare avanti, andare avanti, andare avanti, andare avanti, andare avanti, andare avanti, andare avanti.
Nel 1991 i Queen pubblicarono il video di una canzone tra le più memorabili della storia della musica pop il cui titolo è diventato emblematico dell’impegno a continuare lo spettacolo nonostante qualsiasi avversità. Merita di guardarlo per capire a che punto siamo, non solo dal punto di vista della musica e di un festival di canzonette che ogni anno ci piomba addosso con tutto il suo bagaglio di note, retroscena, chiacchiere, commenti, analisi semiserie e autopromozioni sgangherate.
E che mai come questa volta meritava di essere ripensato. C’era chi sosteneva che dato il gran numero di malati e morti a causa del Covid-19 avrebbe dovuto essere sospeso. Superato il primo ostacolo (si va in onda, perché The show must go on) si è discusso a lungo se in presenza o meno del pubblico. Per decisione del ministro della Cultura la sala è rimasta vuota, e il pubblico, con una decisione invero tragicomica, è stato rimpiazzato da file di palloni gonfiati antropomorfi (grazie a qualche disegno di occhi, bocche, nasi, baffi). Soppressi poi a furor di popolo e di critica, e dopo che lo stesso Fiorello l’ha definita una ca**ata proprio dal palco dell’Ariston.
Altrettanto tragicomica è risultata la decisione di sopperire alla mancanza del pubblico con applausi e ovazioni registrate, mantenuta ad oltranza nell’impossibile tentativo di fare apparire questo Festival uno spettacolo dal vivo. Mancando inoltre la passerella di qualche grande star straniera, non c’era oggettivamente materia per gestire decentemente la settantunesima edizione. E infatti l’epitaffio più giusto è stato scritto da Federico Ferrazza su Wired Italia: “Comunque sei nel mezzo della pandemia. Non c’è il pubblico. Non ci sono gli ospiti internazionali. La gente è chiusa in casa da un anno. E il programma è identico nel format alle edizioni precedenti. Credo che il limite di quest’anno sia tutto qui”.
Parole di grande buon senso. Resta da chiedersi perché in Rai abbiano voluto insistere a oltranza senza immaginare qualche alternativa. Sicuramente l’hanno fatto per il timore di perdere i budget pubblicitari e la sponsorizzazione della Regione Liguria. E così si spiega anche la durata, che, nelle condizioni date, è apparsa del tutto insopportabile. Ma siccome è allungando il brodo che si accumulano share e quindi gli introiti degli spot, si è andati avanti a oltranza. Salvo poi difendersi nelle conferenze stampa con argomentazioni del tutto peregrine. Non ha proprio alcun senso, infatti, confrontare gli ascolti dell’edizione 2021 con quelli delle edizioni precedenti, e quindi non vale la pena di perderci un solo secondo.
Vale la pena invece di soffermarsi sulla scenografia disegnata da Gaetano e Chiara Castelli, ispirata ad una astronave capace di gettare un ponte tra il passato e il futuro, ma anche capace di trasformare in pubblico gli orchestrali, utilizzando inoltre pareti e soffitto per dare molta più profondità al tutto. Forse la migliore scenografia che abbiano mai studiato: la dimostrazione che il vero genio creativo sa dare il meglio di sé in presenza dei limiti. Chapeau per i musicisti e i tecnici audio e luci, impeccabili e come sempre all’altezza della loro lunga tradizione.
Altrettanto va detto di Amadeus e Fiorello, che hanno fatto buon viso a cattiva sorte, giocando molto bene il ruolo di coppia comica formata da un mattatore e da una spalla. Mai come in questa occasione la capacità di improvvisare di Fiorello si è rivelata preziosa. Ma se Amadeus è stato capace di fare “il bravo presentatore” senza un minimo di cedimento per 5-6 ore ogni sera, non altrettanto si può dire di Amadeus come direttore artistico. La scelta delle canzoni, salvo rare eccezioni, è risultata – non solo quest’anno – piuttosto modesta. Può anche essere che corrisponda alla scrematura di ciò che passa sulla scena musicale del nostro paese già da qualche anno: copie di copie, voci non sempre intonate, melodie slavate e assai poco memorabili, strutture e ritmiche troppo uguali a se stesse, look improbabili o da rockettari di periferia. Al punto che si tirava un respiro di sollievo nel sentire ogni tanto la grande Mina esplodere in “questa è Tim”. Oppure i molti ospiti nostrani che hanno cantato le canzoni evergreen dei passati Festival.
Non a caso, a celebrare la settantunesima edizione è stata invitata l’ottantaseienne Ornella Vanoni, mentre hanno fatto la loro eccellente figura Gigliola Cinquetti (73), e Orietta Berti (76) che ha riscontrato un imprevisto gradimento di pubblico anche per aver stigmatizzato, ospite da Eleonora Daniele, l’impiego dell’autotune (l’aggeggio elettronico che corregge la voce di chi stona). Ha detto infatti: “Noi non usiamo dei mezzi sofisticati. Siamo all’antica. Vogliamo le spie, l’auricolare, il microfono normale. Così uno se sa fare, sa fare. Se non sa fare va a casa”. Parole sante, cara Orietta.
Alle 2.35 di domenica 7 marzo abbiamo conosciuto finalmente la classifica finale del Festival più strambo e stiracchiato della storia di Sanremo, per via della sala vuota e degli applausi finti. Ermal Meta, primo per tre serate, risulta terzo con la sua non malvagia Un milione di cose da dirti. Al secondo posto Francesca Michielin e Fedez con Chiamami per nome. Vincono i Maneskin con Zitti e buoni, la band rivelazione di X Factor 2017, che Il Sole 24 Ore ha definito gruppo “hardrocckino”. Ancora una volta il televoto premia chi era già stato votato sui social e il peso di una influencer come la Ferragni che ha invitato i suoi moltissimi fans a votare per il marito. E ancora una volta tutto questo farà molto discutere, anche se… “Sono solo canzonette”, come cantava giustamente Edoardo Bennato.
Per non criticare soltanto, cosa si sarebbe potuto fare di alternativo?
Si sarebbe ad esempio potuto costruire un programma di tipo celebrativo – sempre in diverse serate – in cui recuperare le canzoni vincenti degli anni passati, suddivise magari per genere musicale, e sottoponendole comunque al voto di diverse giurie, al fine di scegliere la super-canzone di tutti i Festival di Sanremo. E si sarebbero così potute anche recuperare le straordinarie performance degli ospiti internazionali di grandissimo livello che hanno partecipato negli anni. E pure le gag più divertenti dei migliori comici di tutti i tempi.
Invece ci siamo dovuti cuccare ad ogni serata, come momento di grande attrazione spettacolare, una evidente passione del direttore di RaiUno Stefano Coletta: il David Bowie de noantri, alias Achille Lauro, che oltre a baciare provocatoriamente il suo chitarrista in nome della sua visione della parità di genere, non si è peritato di “ostentare in forma sacrilega simboli religiosi” e di “trasformare in un Gay Pride il palco dell’Ariston” come si è letto sui social. Altri ancora hanno scritto di Lauro: “Se l’estro è il suo punto di forza – dando per scontato non lo sia la vocalità – il rischio è che il suo manifesto della trasgressione regga ancora per poco”. E mi fermo qui per carità di patria.
Ma il direttore di RaiUno ha ritenuto di insistere nel porre al centro del più importante programma di intrattenimento della Rete ammiraglia della Rai il manifesto di un giovanotto che dice: “Sono la solitudine nascosta in un costume da palcoscenico. Sessualmente tutto. Genericamente niente. Esistere è essere. Essere è diritto di ognuno. Dio benedica chi è… Dio benedica chi se ne frega”. Ancora meno sopportabile, a fronte di questa vera e propria bestemmia del concetto di Servizio Pubblico, è stato il doversi sorbire nelle conferenze stampa i sermoni del sedicente colto direttore, che per spiegare il calo degli ascolti sfornava citazioni di Freud, parlando di sé come di “uno che purtroppo ha studiato molto”. È sufficiente citare una delle sue perle: “questo sentimento del perturbante, un sentimento che è un po’ sostantivato dal tedesco”, per capire che ci troviamo di fronte ad un caso da manuale del principio di Peter, secondo il quale, salendo la scala della gerarchia aziendale, si raggiunge inevitabilmente il proprio livello di incompetenza.
Il nostro deve avere anche saltato qualche importante pagina di storia dello spettacolo, altrimenti avrebbe scoperto che le cosiddette provocazioni visive di Lauro solo un’assai pallida imitazione di quelle contenute nel film di Brian De Palma Il fantasma del palcoscenico dove c’erano invece grandissimo spettacolo e musica con la M maiuscola. Roba di 47 anni fa. Ma che roba! Che sia il caso di tornare a studiare?
E magari di dare anche un’occhiata a cosa scriveva Ennio Flaiano nel suo Diario Notturno (1951): “Troppa gente che ‘vuole’, piena soltanto di volontà (non la buona volontà kantiana ma di ambizione); troppi incapaci che debbono affermarsi e ci riescono, senz’altre attitudini che una dura e opaca volontà. E dove la dirigono? Nei campi dell’arte molto spesso, che sono oggi i più vasti e ambigui, un West dove ognuno si fa la sua legge e la impone agli sceriffi. Qui, la loro sfrenata volontà può esser scambiata per talento, per ingegno, comunque per intelligenza. Così, questi disperati senza qualità di cuore e di mente, vivono nell’ebbrezza di arrivare, di esibirsi, imparano qualcosa di facile, rifanno magari il verso di qualche loro maestro elettivo. Amministrano poi con avarizia le loro povere forze, seguono le mode, tenendosi al corrente, sempre spaventati di sbagliare, pronti alle fatiche dell’adulazione, impassibili davanti ad ogni rifiuto, feroci nella vittoria, supplichevoli nella sconfitta. Finché la Fama si decide ad andare a letto con loro per stanchezza”.
https://www.sabinopaciolla.com/sanremo-2021-un-festival-di-canzoni-modeste-e-provocazioni-superbe/
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