ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 27 marzo 2021

Siamo in presenza d’una stessa fede religiosa?

MARIA: "SOLO UNA METICCIA"?

    Maria: "solo una donna, una madre e una meticcia"? Gli sproloqui di Bergoglio: per lui l’importante è ingraziarsi i protestanti, scimmiottare i loro atteggiamenti e restringere "il culto di Maria" entro una cornice sentimentale                                                                                                 di Francesco Lamendola  

 

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Il 12 dicembre 2019, nella ricorrenza della Vergine di Guadalupe apparsa nel 1531, Bergoglio, nell’omelia della santa Messa, si esprimeva in questi termini circa il ruolo della Santissima Madre di Gesù Cristo, rispondendo alle richieste di quei cattolici che, sulla scia delle apparizioni di Amsterdam (1945-59), riconosciute valide nel 2002 dal vescovo di Haarlem, J. M. Punt, ma poi “bocciate” dalla Santa Sede nel 2020 (non constat de supernaturalitate) vorrebbero fosse proclamato un quinto dogma mariano su Maria Corredentrice, Mediatrice e Avvocata del genere umano:

La celebrazione di oggi, i testi biblici che abbiamo ascoltato, e l’immagine di Nostra Signora di Guadalupe che ci ricorda il Nican mapohua [il testo base sulle apparizioni di Guadalupe], mi suggeriscono tre aggettivi per lei: signora-donna, madre e meticcia.

Maria è donna. È donna, è signora, come dice il Nican mapohua. Donna con la signoria di donna. Si presenta come donna, e si presenta con un messaggio di un altro ancora, ossia è donna, signora e discepola. A sant’Ignazio piaceva chiamarla Nostra Signora. Ed è così semplice, non pretende altro: è donna, discepola.

La pietà cristiana nel corso dei tempi ha sempre cercato di lodarla con nuovi titoli: erano titoli filiali, titoli dell’amore del popolo di Dio, ma che non toccavano in nulla questo essere donna-discepola. San Bernardo ci diceva che quando parliamo di Maria non bastano mai la lode, i titoli di lode, ma non toccano per nulla questo suo umile discepolato. Discepola.

Fedele al suo Maestro, che è suo Figlio, l’unico Redentore, non ha mai voluto prendere per sé qualcosa di suo Figlio. Non si è mai presentata come co-redentrice. No, discepola.

E c’è un Santo Padre che dice in giro che è più degno il discepolato della maternità. Questioni di teologi, ma discepola. Non ha mai rubato per sé nulla di suo Figlio, lo ha servito perché è madre, dà la vita nella pienezza dei tempi a questo Figlio nato da una donna.

Maria è Madre nostra, è Madre dei nostri popoli, è Madre di tutti noi, è Madre della Chiesa, ma è anche immagine della Chiesa. Ed è Madre del nostro cuore, della nostra anima. C’è un Santo Padre che dice che ciò che si dice di Maria si può dire, a suo modo, della Chiesa, e, a suo modo, dell’anima nostra. Perché la Chiesa è femminile e la nostra anima ha questa capacità di ricevere da Dio la grazia e, in un certo senso, i Padri la vedevano come femminile. Non possiamo pensare la Chiesa senza questo principio mariano che si estende.

 

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Maria: solo una donna, una madre e una meticcia?

 

Quando ricerchiamo il ruolo della donna nella Chiesa, possiamo seguire la via della funzionalità, perché la donna ha funzioni da compiere nella Chiesa. Ma ciò ci lascia a metà cammino.

La donna nella Chiesa va oltre, con questo principio mariano, che “maternalizza” la Chiesa, e la trasforma nella Santa Madre Chiesa. Maria donna, Maria madre, senza altro titolo essenziale. Gli altri titoli — pensiamo alle litanie lauretane — sono titoli di figli innamorati cantati alla Madre, ma non toccano l’essenzialità dell’essere di Maria: donna e madre.

E il terzo aggettivo, che le direi guardandola: si è voluta meticcia per noi, si è meticciata. E non solo con Juan Dieguito, ma con il popolo. Si è meticciata per essere Madre di tutti, si è meticciata con l’umanità. Perché? Perché ha “meticciato” Dio. Ed questo è il grande mistero: Maria Madre “meticcia” Dio, vero Dio e vero uomo, nel suo Figlio.

Quando ci vengono a dire che bisognava dichiararla tale, o fare quest’altro dogma, non perdiamoci in chiacchiere: Maria è donna, è Nostra Signora, Maria è Madre di suo Figlio e della Santa Madre Chiesa gerarchica e Maria è meticcia, donna dei nostri popoli, ma che ha meticciato Dio.

Che ci parli come ha parlato a Juan Diego da questi tre titoli: con tenerezza, con calore femminile e con vicinanza di meticciato. Così sia.

 

Bergoglio è tornato sul tema una seconda volta, nella omelia pronunciata durante la santa Messa nella Casa Santa Marta di venerdì 3 aprile 2020, nell’imminenza della Settimana Santa:

Questo Venerdì di Passione, la Chiesa ricorda i dolori di Maria, l’Addolorata. (…)

La Madonna mai ha chiesto qualcosa per sé, mai. Sì, per gli altri: pensiamo a Cana, quando va a parlare con Gesù. Mai ha detto: “Io sono la madre, guardatemi: sarò la regina madre”. Mai lo ha detto. Non chiese qualcosa di importante per lei nel collegio apostolico. Soltanto, accetta di essere Madre. Accompagnò Gesù come discepola, perché il Vangelo fa vedere che seguiva Gesù: con le amiche, pie donne, seguiva Gesù, ascoltava Gesù. (…)

Onorare la Madonna e dire: “Questa è mia Madre”, perché lei è Madre. E questo è il titolo che ha ricevuto da Gesù, proprio lì, nel momento della Croce (cf. Gv. 19,26-27). I tuoi figli, tu sei Madre. Non l’ha fatta primo ministro o le ha dato titoli di “funzionalità”. Soltanto “Madre”. E poi, gli Atti degli Apostoli la fanno vedere in preghiera con gli apostoli come Madre (cf. At. 1,14). La Madonna non ha voluto togliere a Gesù alcun titolo; ha ricevuto il dono di essere Madre di Lui e il dovere di accompagnare noi come Madre, di essere nostra Madre. Non ha chiesto per sé di essere una quasi-redentrice o una co-redentrice: no. Il Redentore è uno solo e questo titolo non si raddoppia. Soltanto discepola e Madre. E così, come Madre noi dobbiamo pensarla, dobbiamo cercarla, dobbiamo pregarla. È la Madre. Nella Chiesa Madre. Nella maternità della Madonna vediamo la maternità della Chiesa che riceve tutti, buoni e cattivi: tutti.

E nell’udienza generale del 24 marzo 2021, vigilia dell’Annunciazione di Maria, fra le altre cose Bergoglio ha ribadito fin dal titolo L’Addolorate, discepola e madre:

Cristo è il Mediatore, il ponte che attraversiamo per rivolgerci al Padre (…). È l’unico Redentore: non ci sono co-redentori con Cristo. (…) Gesù Cristo: l’unico Mediatore tra Dio e gli uomini.

Dall’unica mediazione di Cristo prendono senso e valore gli altri riferimenti che il cristiano trova per la sua preghiera e la sua devozione, primo tra tutti quello alla Vergine Maria, la Madre di Gesù. Ella occupa nella vita e, quindi, anche nella preghiera del cristiano un posto privilegiato, perché è la Madre di Gesù. (…)

Questo è il ruolo che Maria ha occupato per tutta la sua vita terrena e che conserva per sempre: essere l’umile ancella del Signore, niente di più. 

 

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Gli sproloqui di Bergoglio: per lui l’importante è ingraziarsi i protestanti, scimmiottare i loro atteggiamenti e restringere "il culto di Maria" entro una cornice sentimentale!

 

Dunque, per tre volte nel corso del suo pontificato Bergoglio, che evita scrupolosamente di dare a Maria l’appellativo, naturalissimo e anzi doveroso per qualsiasi cattolico, di Vergine, come se gli facesse ribrezzo, è tornato a ribadire la sua idea, che Maria non è Corredentrice. Ora, la riluttanza a riconoscere a Maria Santissima un ruolo speciale nel piano divino della Salvezza, e l’avversione vera e proprio nei confronti di qualsiasi forma di devozione a Lei rivolta, sono elementi tipici del luteranesimo, che contrastano in maniera stridente con ciò che la Tradizione cattolica insegna a proposito di Maria, e che secoli e secoli di meravigliose opere d’arte hanno tramandato: Maria nella gloria celeste, incoronata da suo Figlio e circondata da schiere di Angeli tripudianti. Anche le Sacre Scritture, nell’interpretazione cattolica, fanno riferimento a Lei quando parlano della Donna vestita di sole, con sul capo una corona di dodici stelle, che schiaccia con il calcagno la testa al serpente infernale (Ap 12, 1-6; cfr. Gen 3,15). Ma che importa la Tradizione a Bergoglio, che gl’importa di quel che hanno dipinto generazioni di pittori e cantato poeti sommi come Dante Alighieri (Par. XXXIII, 1-39: Vergine madre, figlia del tuo figlio, ecc.), o di quel che ne hanno detto santi dalla statura gigantesca, come Alfonso Maria de’ Liguori? Per lui, l’importante è ingraziarsi i protestanti, scimmiottare i loro atteggiamenti, e dunque restringere il culto di Maria entro una cornice puramente sentimentale, tributandole qualche omaggio formale e inutilmente sdolcinato, ma in sostanza rifiutandole l’attributo più importante, quello di Corredentrice dell’umanità, naturale conseguenza della sua condizione di Madre di Dio (Theotókos in greco, Deipara in latino), e intano guardandosi bene perfino dal chiamarla Vergine, come i cattolici da sempre hanno fatto e seguitano a fare; in compenso chiamandola una semplice donna, una semplice madre, addirittura una meticcia che ha meticciato Dio. Come suo solito, tenendosi in bilico fra l’eresia e la bestemmia, ma riuscendo comunque benissimo a ferire a sangue la sensibilità dei fedeli, con una rozzezza e una brutalità che si sarebbe portati ad attribuire all’improvvisazione e all’emotività di certi suoi discorsi pronunciati a braccio, mentre invece abbiamo dovuto concludere, dopo otto anni di pontificato, che egli pondera perfettamente quel che deve dire, che soppesa con astuzia ogni parola, che sceglie con cura le espressioni e i gesti da compiere (o da omettere) allo scopo di provocare alle anime, con assoluta premeditazione e imperturbabile freddezza, il danno più grave e la sofferenza più lacerante che gli siano umanamente possibili.

Ma ecco cosa scrive della Santissima Vergine Maria un grande santo, il già  citato Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787) - vescovo di Sant’Agata de’ Goti, dottore della Chiesa, compositore di musica sacra, scrittore, teologo, mistico cui si attribuiscono fenomeni come la bilocazione, nonché fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore - nella sua opera Le glorie di Maria (Padova, Editrice Ancilla, 1991, pp. 171-172):

«Tutti si sottomettono al comando della Vergine, anche Iddio». San Bernardino da Siena pronuncia tali parole con grande certezza! Ai desideri di Maria tutti ubbidiscono, anche Iddio. Egli vuol dire, in verità, che Dio esaudisce le Sue preghiere come fossero comandi. Sant’Anselmo, parlando con Maria, le dice così: «O Vergine Santa, il Signore ti ha innalzato al punto tale che, col Suo favore, puoi ottenere tutte le grazie possibili ai Tuoi devoti», «…poiché la Tua protezione è onnipotente», aggiunge Cosma Gerosolimitano. «Sì, Maria è onnipotente - riprende Riccardo di San Lorenzo – perché la Regina, per ogni legge, deve godere gli stessi privilegi del Re». E soggiunge: «Il potere del Figlio e della Madre è unico! Il Figlio onnipotente ha reso tale anche la Madre». «In modo tale – dice Sant’Agostino – che Dio ha posto tutta la Chiesa, non soltanto sotto la protezione, ma anche sotto il dominio di Maria».

Dunque, visto che la Madre deve avere la stessa autorità del Figlio, giustamente Gesù, che è onnipotente, ha reso tale anche Maria.  Rimane sempre vero, tuttavia, che il Figlio è onnipotente per natura e la Madre è onnipotente per Grazia. Questo si avvera visto che quanto la Madre chiede, il Figlio non lo rifiuta. Un giorno Santa Brigida udì Gesù parlare con Maria: «Madre mia, Tu sai quanto Ti amo, perciò chiediMi quello che vuoi, che Io non posso non esaudire qualsiasi Tua richiesta». E proseguì con una motivazione molto bella: «Poiché nulla Mi hai negato sulla terra, nulla Ti negherò in Cielo». Intendeva dire: «Madre, durante la Tua vita terrena, Ti sei sempre uniformata alla Mia volontà, ora che sono in Cielo, è giusto che anch’Io esaudisca tutte le Tue richieste». Dunque Maria si può dire onnipotente, non perché dotata di attributi divini, in quanto è una creatura, ma perché, con le Sue preghiere, ottiene quanto vuole.

 

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La dottrina insegnata oggi dai gesuiti è la stessa che la Chiesa cattolica ha sempre insegnato, per duemila anni, fino al Vaticano II?

 

C’è poco da fare: meditando queste commoventi e ispirate parole, e confrontandole coi discorsi, o meglio gli sproloqui di Bergoglio, non si può fare a meno di chiedersi se stiano parlando della stessa Persona; se sia la stessa Madonna; se siamo in presenza d’una stessa fede religiosa. E non si venga a dire che la fede è qualcosa di soggettivo, perché ciascuno la vive a suo modo; tanto varrebbe dire che ciascuno è padrone di fabbricarsi una Maria, un Gesù, uno Spirito Santo e un Padre celeste secondo i propri gusti e le proprie emozioni. Ma la fede non poggia sulle emozioni: poggia su una verità oggettiva, che si chiama dottrina (quella cosa che Bergoglio ama descrivere come rigida e antipatica). La dottrina insegnata oggi dai gesuiti è la stessa che la Chiesa cattolica ha sempre insegnato, per duemila anni, fino al Vaticano II? A noi pare evidente di no. E ci pare evidente, dopo aver sopportato otto anni di sproloqui blasfemi dell’argentino, quale sia il vero scopo che persegue costui: sciogliere e annullare la fede cattolica nel cuore dei credenti. Maria? Una semplice donna, per giunta meticcia; altro che Corredentrice. Gesù Cristo? Un semplice uomo; un Dio che  una volta incarnato, è rimasto  semplice uomo (quindi è morto e non è risorto). Dio? Una cosa sola si può dire di Lui: non è cattolico. La conclusione di tutto ciò dovrebbe essere chiara, purché la si voglia vedere. 

 

Maria: solo una donna, una madre e una meticcia? 

di Francesco Lamendola 

 

PERCHE' MARIA E' CORREDENTRICE

    Si discute da tempo nella Chiesa del ruolo della Beata Vergine Maria quale Corredentrice. Per la scuola di Lovanio la Vergine Immacolata è «concausa» dell'atto redentivo o meglio ne prese parte come causa secondaria e «de congruo» di Daniele Trabucco  

 

 

 

PERCHE' LA BEATA VERGINE MARIA E' CORREDENTRICE

 

 

di

 

 

Daniele Trabucco

 

 

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Si discute da tempo nella Chiesa, e già prima dell'udienza generale di mercoledì 24 marzo 2021 di Papa Francesco, del ruolo di Maria quale Corredentrice, cioè Cooperatrice nella Redenzione di Cristo. Mi pare convincente la posizione assunta dalla scuola di Lovanio la quale mette in luce come la Vergine Immacolata sia «concausa» dell'atto redentivo, o meglio ne prese parte come causa secondaria e «de congruo». All'obiezione teologica secondo la quale, essendo Cristo l'unico «Mediatore», Egli ha operato una Redenzione sovrabbondante restandone l'unica e assoluta causa, si può replicare sostenendo che la cooperazione di Maria non costituisce un completamento, poiché in questo caso la salvezza donata gratuitamente e liberamente da Dio attraverso il Figlio mancherebbe di qualcosa, ma una «accettazione» della bontà infinita del Signore. In altri termini, il Verbo ha voluto aggiungere Maria quale causa dipendente e «de congruo» alla soddisfazione e al merito «de condigno» già equivalenti e sovrabbondanti del Figlio. Scrive il venerabile Papa Pio XII (1939-1958) nella Lettera Enciclica «Ad Caeli Reginam» dell'11 ottobre 1954: «nel compimento della Redenzione, la Vergine Santissima è stata strettamente associata a Cristo», Infatti, prosegue Papa Pacelli, «come Cristo per averci redenti è nostro Signore e nostro Re a un titolo speciale, così anche la Vergine Santa è nostra Regina e sovrana a causa del modo unico in cui ha contribuito alla nostra Redenzione, dando la sua carne a suo Figlio e offrendola volontariamente per noi, desiderando, chiedendo e procurando la nostra salvezza in un modo molto speciale».

 

 

 

 

Prof. Daniele Trabucco

Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.

 

Del 27 Marzo 2021

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