ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 7 aprile 2021

Seminare vento per raccogliere tempesta

MORTE DEL TEOLOGO

Hans Küng, il teologo che gettava i semi del Vaticano III

Morto Hans Küng, teologo svizzero. Ha guadagnato spesso le prime pagine dei giornali, quando sparava grosso contro la dottrina cattolica. Hegeliano di formazione, voleva la riforma ecumenica e democratica della Chiesa. Intanto seminava nel silenzio. I frutti li raccogliamo oggi: molti pensano che si sia già nel concilio Vaticano III che lui auspicava.

Ieri è morto, all'età di 93 anni, il teologo Hans Küng, nella sua casa di Tubinga, in Germania. Nato a Sursee, in Svizzera, nel 1928, Küng aveva scelto di dedicarsi allo studio della teologia e a 32 anni era diventato professore ordinario presso la Facoltà di Teologia cattolica dell’università di Tubinga.

Chiunque, anche chi non sa pressoché nulla di teologia, conosce almeno il nome di Hans Küng e se lo figura come l’antagonista per eccellenza della dottrina cattolica. Da questo punto di vista la vita teologica di Küng è l’esatto opposto delle prescrizioni date dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nella sua Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo Donum veritatis del 1990. Qui si chiedeva a teologi prudenza, si suggeriva di non rivolgersi ai media, di non ostentare posizioni teologiche contrarie al magistero, di non discutere nemmeno più sulle questioni da esso precisate e definite. Küng si è invece sempre posto sulla scena, fin da quando accompagnava il cardinale di Vienna König in Vaticano per il Concilio e non ha certo mai usato la prudenza “ecclesiale” che il magistero chiede ai teologi.

Quando in un teologo accade questo, come nel caso di Küng, forse significa che, in modo più o meno consapevole, quel teologo pensa che il futuro della Chiesa dipenda da lui, o almeno soprattutto da lui. Questo atteggiamento personale inclina poi verso una teologia storicistica e progressista, e questa a sua volta anima teoricamente quell’atteggiamento personale. Il suo compagno Karl Rahner dichiarò apertamente di voler essere l’iniziatore di una nuova Chiesa e, a giudicare dalla sua vita e dalla sua teologia, allo stesso modo la pensava anche Hans Küng. La personalità si salda così con la teologia professata e viceversa, nella idea cara ai riformatori e agli eretici che la salvezza è nel futuro, che il futuro è la salvezza e che loro hanno le chiavi del futuro.

Küng è stato filosoficamente molte cose, ma soprattutto è stato hegeliano. In questa chiave la realtà della Chiesa coincide con l’autocoscienza della Chiesa e questa - l’autocoscienza - è continuamente in divenire. Non che essa divenga, piuttosto essa è divenire e il divenire è guidato dal futuro non dal passato, sicché non può esistere nessuna valida nozione teologica che non sia anche nuova. È quanto temeva Réginald Garrigou-Lagrange nel 1946, quando si chiedeva dove andasse la Nouvelle theologie  - di cui anche Küng è in fondo figlio, anche se più scapestrato di altri - e, ancora più drammaticamente, si chiedeva se fosse ancora possibile una teologia vera anche se non nuova. Si deve anche a Küng se moltissimi teologi, senza sapere di essere kungiani, oggi la pensano così: una qualsiasi posizione teologica per essere veramente tale deve essere nuova. La pensa così anche il presidente dei vescovi tedeschi mons. Georg Bätzing. Küng era svizzero di nazionalità ma tedesco di teologia.

Hans Küng era sintonizzato su un Vaticano III e ansioso di incontrare un Giovanni XXIV. Credeva che la Chiesa si costituisse dal basso e pure dal basso si rinnovasse. Diceva che la nuova Chiesa dal basso era già cominciata. Accusava la Chiesa di maschilismo e avrebbe desiderato una riconquista femminile dei diritti delle donne, dalla contraccezione al sacerdozio. I vescovi avrebbero dovuto venire eletti dal basso e in libertà. Spinse molto per un nuovo e più radicale ecumenismo, denunciava quanto egli chiamava l’”ostinazione a sottolineare le differenze”, chiedeva l’abolizione delle condanne contro Lutero e Calvino e con le Chiese riformate voleva far valere una “ospitalità eucaristica come espressione di una comunione di fede già realizzata”. Riteneva insostenibile, da parte della Chiesa Cattolica, che si desse una sola religione legittima e vedeva questo atteggiamento come conseguenza del “colonialismo europeo e dell’imperialismo romano”. Secondo lui la Chiesa doveva accettare la sfida della pretesa di verità delle altre religioni.

Al proprio interno, poi, essa avrebbe dovuto rendere autonome le Chiese regionali e locali in onore alla “ricchezza della varietà” contro la “prepotenza dogmatica", l’”immobilità dogmatica” e la “censura moralistica”. La Chiesa doveva vivere, secondo lui, un “rapporto comunitario” e abbandonare il modello di una Chiesa “dall’alto, ostinata, rassicurante, burocratizzata”. Come l’URSS aveva riabilitato i propri dissidenti, anche la Chiesa avrebbe dovuto riabilitare i propri, da Heldel Camara a Leonardo Boff. Il futuro della Chiesa, oltre che nell’ecumenismo, era da lui visto anche nel pacifismo e in un nuovo ecologismo.

I teologi di punta, nel senso di appuntiti, guadagnano le prime pagine dei giornali quando le sparano grosse e loro infatti le sparano spesso grosse. Come quando Küng se la prese con l’infallibilità del Papa: tutti lo ricordano. Ma non è detto che il loro lascito stia lì, nelle sparate che accendono i riflettori. La loro semina avviene quando i riflettori si spengono e nella prassi della Chiesa le loro indicazioni vengono tacitamente vissute e incarnate, al buio delle luci della ribalta. Si provi a rileggere la breve rassegna delle posizioni di Küng del paragrafo precedente. Nella Chiesa tedesca di oggi e nel suo cammino sinodale  le ritroviamo tutte. Qualcuna è detta con maggiore garbo, ma le ritroviamo tutte. Spostiamoci allora alla Chiesa universale. Anche qui le ritroviamo, più o meno, tutte: Leonardo Boff scrive le encicliche pontificie e di Mons. Camara si vuole la canonizzazione, molti pensano che si sia già nel Vaticano III e che un Giovanni XXIV sia già arrivato, Lutero e Calvino sono stati riaccolti nell’ovile, l’ospitalità eucaristica è di prassi e le donne si avvicinano all’altare. Mentre i media si occupavano delle sue sparate, Hans Küng era impegnato a seminare.

Stefano Fontana

https://lanuovabq.it/it/hans-kueng-il-teologo-che-gettava-i-semi-del-vaticano-iii

VERSO IL SINODO

Una fede senza compromessi. Appunti per la Chiesa

«Se si pensasse di rivitalizzare la Chiesa italiana ispirandosi a quella tedesca sempre più attratta dal modello protestante, s’importerebbe un virus mortifero. Facinorosi avventurieri del "nuovo ad ogni costo" hanno distrutto tutto: Dio e l’uomo». In vista del Sinodo della Chiesa italiana, la Bussola ospita la riflessione del vescovo emerito di Sanremo, Alberto Maria Careggio. «La nostra epoca è tornata pagana, dovremmo riprendere la predicazione di San Paolo, che non faceva sconti a nessuno e non ha tradito Gesù con compromessi».

In vista del futuro Sinodo della Chiesa italiana s’incomincia a leggere alcuni articoli molto stimolanti su questo evento richiesto dal Santo Padre per rivitalizzare la Chiesa che è in Italia. Quelli letti di recente mi hanno spinto a riprendere la penna in mano, stante il fatto di essere ancora iscritto all’Albo dei Giornalisti della Valle d’Aosta e ordinato sacerdote nel 1966, pochi mesi dopo la fine del Concilio Vaticano II. Eravamo etichettati come i “preti del Concilio”. Oggi sono un vescovo emerito.

Le attese e le speranze riposte nel prossimo Sinodo sono all’orizzonte di chi ama la Chiesa e la vorrebbe viva e santa. Si tratta di trovare la strada giusta, riferendosi al Convegno di Firenze, e non dimenticare la ricchezza dell’evento Conciliare, nel quale «la religione del Dio che si è fatto uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio». La citazione, una magistrale sintesi dello stesso[1], è tratta dall’omelia di Paolo VI, fatta nella 9ᵃ sessione pubblica a conclusione del Concilio stesso.

A prescindere da tutte le tematiche che potranno essere discusse nel futuro Sinodo, sarebbe scoraggiante pensare che gl’incontri alla base dei lavori fossero, come spesso succede, una lunga serie d’interventi, con molte parole, e con risultati non adeguati alla gravità della Chiesa italiana, sempre più scristianizzata come la stessa Europa. 

A mio modesto avviso, se si pensasse di rivitalizzare la Chiesa che è in Italia, ispirandosi a quella parte dei cattolici tedeschi (con non pochi vescovi), sempre più attratti dal modello liberale di Chiesa evangelica protestante, s’importerebbe un virus mortifero, che danneggerebbe la fede, tanto quanto il diabolico Covid-19 oggi distrugge i corpi. La Chiesa evangelica tedesca, con tutte le sue posizioni liberali, soprattutto in campo etico, è ridotta ad una frequenza di fedeli dal 3 al 5 per cento. Se fosse questo l’orientamento del nostro prossimo cammino sinodale, il rischio – secondo me – sarebbe quello di seminare vento per raccogliere tempesta, ma certo non le

Avendo insegnato per anni la Religione cattolica nelle scuole pubbliche, e vissuto anche molto con i giovani, mi pongo spesso questa domanda: perché, nel passato non remoto, nonostante tutto, la loro presenza era ancora “visibile” nelle nostre comunità parrocchiali e oggi si sono talmente diradati dallo scomparire quasi del tutto? Quando il sacerdote, oltre che a scuola, era disponibile per essere accanto a loro tanto nella scuola, quanto nell’oratorio e sulla piazza, i buoni risultati non mancavano, anche per buone vocazioni al sacerdozio.

Nel libro Gente di poca fede, l’autore, Franco Garelli, rileva come lo scenario religioso è in grande movimento in un paese (Italia) in cui crescono l’ateismo e l’agnosticismo tra i giovani. I dati da lui raccolti denunciano che la religiosità dei giovani dai 18 ai 29 anni è in vistoso ribasso. I non credenti, aumentati del 30%, sono un quarto della popolazione. I giovani increduli sono passati in pochi anni dal 23% del 2007 al 28% del 2015. Il 35 - 40 % di questi si dichiara “senza Dio”, ” senza preghiere”, “senza una pratica culturale”, “senza una vita spirituale”. I giovani “credenti e attivi” sono ridotti ad una piccola minoranza del 10,5% [2].

Questi pochi dati sono eloquenti per evidenziare come la Chiesa non sia riuscita a trasmettere la ricchezza di fede e di speranza contenute nel Concilio: lo si è letto poco e quel poco è stato stravolto. Sarebbe necessario riprenderlo per recuperare quanto è stato distrutto dai facinorosi e faziosi avventurieri che, col “nuovo ad ogni costo”, hanno distrutto tutto: Dio e l’uomo.

Se consideriamo che la nostra epoca è ritornata pagana, come i tempi apostolici, dovremmo forse riprendere i contenuti della predicazione di San Paolo, il quale non faceva sconti a nessuno: non ha tradito il Signore Gesù Cristo con i compromessi, di cui noi siamo maestri. La sua lettera ai Romani è chiara e coerente.

Mi auguro e sin d’ora prego perché il nuovo Sinodo porti buoni risultati. Da operaio siderurgico qual ero prima della mia entrata in seminario, posso dire in coscienza che chi lavora chiede giustizia sociale, ma dal prete e dalla Chiesa vuole sentir parlare soprattutto di Gesù Cristo, senza il quale non si può fare proprio “niente”. Oggi, dovendo uscire di casa per fare la spesa, la gente mi vede e si ferma! Le persone che incontro sono sfiduciate, deluse e vivono di paure. Sono sature di problemi sociali e lo dicono apertamente. Sono ammirate dai buoni esempi dei laici  in campo caritativo, ma da noi, Preti e Vescovi, desiderano sentirsi parlare più di Dio.  Quando lo faccio, mi stanno  ad ascoltare con attenzione e mi ringraziano. 

Spero molto che il Sinodo italiano incoraggi fortemente i sacerdoti a vivere con coerenza e gioia la purezza evangelica, come quella di Gesù, che era libero e non uxorato. Volendo preti sposati con una donna (e un domani – Dio non voglia! - “pastorelle-prete” in cerca di marito) si distruggerebbe un tesoro che, come mi disse un giorno un vescovo ortodosso, è una gemma preziosa della Chiesa cattolica. La gente, di “mezzi preti” o di “preti part-time”, non sa che cosa farsene: anche questo sento dire per strada.

Se il Sinodo è sinceramente desiderato per riportare a Gesù Cristo i lontani, ben venga: lo Spirito Santo illuminerà i sinodali. Ma se ricercasse il plauso per eventuali accomodamenti e “indulgenze plenarie” sulla morale, la teologia, l’ecclesiologia, ed avere così un maggior seguito, avrei molte perplessità.

[1] Omelia Hodie concilium, nella sessione IX del Concilio, 7 dicembre 1965, AAS 58 (1966).

[2] Franco Garelli, Gente di poca fede, Il Mulino, Bologna 2020

Alberto Maria Careggio*

*Vescovo emerito di Ventimiglia - Sanremo

https://lanuovabq.it/it/una-fede-senza-compromessi-appunti-per-la-chiesa

1 commento:

  1. Tutti questi A-teologi e soci, che combinano sfracelli nel Deposito della Fede cattolica, nulla potrebbero se non fossero pedissequamente seguiti - nel buio delle sacrestie, ossia dal basso - da torme di sacerdoti bramosi di venti di novità sia-come-sia.

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