Sulle sofferenze riparatrici
“La sensibilità ortodossa guarda con giustificata diffidenza alle apparizioni mariane in ambito cattolico, specialmente quelle degli ultimi due secoli […]. Riguardo al tema delle ‘sofferenze riparatrici’, valga come metro di misura la parola salda di san Pietro di Damasco: “Noi non osiamo chiedere l’intercessione a nome di tutti, ma solo per i nostri peccati”.
Mario Marchisio ha scritto questo nel suoi libro dove narra la sua conversione all’ortodossia, “Ricerca di Dio e labirinto del mondo” (Aurora Boreale, 304 pagine, 20 euro). Un libro veridico, che ho letto con profitto spirituale, a cominciare dall’avvertimento, mai abbastanza ricordato (almeno a me) dell’atto preliminare necessario alla fede e alla speranza di non “morire nei propri peccati” : “Nel preciso momento in cui rinunciamo a noi stessi, Dio entra in noi”.
Con profitto ho riletto e condiviso l’accusa acutissima dell’ortodosso Florenski alla iconologia delle chiese cattoliche dal Rinascimento in poi, anch’io vedendo i capolavori di Michelangelo e Caravaggio come manifestazioni di empietà, naturalismo e soggettivismo. E le nuovo-vecchie messe moderniste-chitarrose come “offensive verso la maestà divina” prima che verso noi fedeli.
Ho letto con beneficio anche la frase di cui sopra di san Pietro di Damasco, perché mi ha chiarito perché non potrei farmi io ortodosso, nonostante l’autodemolizione della Chiesa abbia superato ogni limite di oltraggio blasfemo. Mi ha chiarito il limite e la falla segreta che ha reso le ortodossie autocefale meno feconde, prosciugate e semi fossili nella loro impareggiabile divina liturgia. Lo spiega “la parola salda di san Pietro di Damasco: “Noi non osiamo chiedere l’intercessione a nome di tutti, ma solo per i nostri peccati”.
Non è questa, sotto apparenza di umiltà, superbia? Noi preghiamo solo per noi. Che dire, se le “sofferenze riparatrici” sono state chieste dalla Vergine Maria, a Bernadette, agli eroici bambini Giacinta e Francesco e Lucia? Senza alcun timore di “traumatizzarli” (strana pedagogia in Cielo), la Madonna mostra loro per in istante spaventoso l’inferno: “Avete visto dove vanno i poveri peccatori. .. Sacrificatevi per i peccatori”. I due fratellini ne furono così terrorizzati (strana pedagogia celeste) che dedicarono i pochi anni di vita ad eroici sacrifici per sottrarre alla pena eterna i peccatori, che non lo meritavano. Giacinta disse: penso “alla guerra che deve venire. Deve morire tanta gente. E va quasi tutta all’Inferno!”. E giù offerte delle proprie sofferenze.
Il sospetto degli ortodossi verso le “sofferenze riparatrici” non pone un limite alla comunione dei santi? Ma non abbiamo un bisogno estremo di intercessori “per il mondo intero”? Ciò spiega fin troppo bene il loro rifiuto del dogma, troppo recente (1825) della Immacolata Concezione: con motivazioni teologiche validissime, va detto. E il loro ritegno quanto alla Assunzione, che tendono a sminuire, insistendo su “la morte e il seppellimento della Theotokos” (che nessun cattolico nega) e a cui sì segue l’ascensione al Cielo , ma “come un dono del Figlio a sua Madre”,ci si affretta ad aggiungere (e chi lo nega?).
Contro l’Immacolata Concezione le obiezioni ortodosse sono d’alta sapienza e spiritualità, e assolutamente convincenti. Ma che fare, se è stata Lei stessa a definirsi così, con Bernadette, che era così ignorante contadinella da non capire il senso della frase?
Certo, si tratta di rivelazioni private cui è lecito non credere, che non obbligano nessuno all’assenso, e su cui resta sempre (per volontà della stessa Provvidenza, ritengo) un margine di incertezza. Ma mi domando se questo ritegno, questo tenersi indietro delle chiese ortodosse verso le manifestazioni della Madre di Dio non manchi di generosità; e non le renda sorde di fronte ad una eccezionale irruzione del soprannaturale e delle grazie e degli aiuti che la Madre ritiene necessario darci in questi tempi di demolizione della Chiesa, per modernismo e relativismo.
Da Lourdes in poi sono decine le apparizioni riconosciute (Kibeko), semi- o non riconosciute, Akita, deliberatamente soffocate (Ghiaie di Bonate), cadute nel dimenticatoio (Cornacchiola) viste da centinaia di migliaia di persone; mettiamo pure che si possa ricorrere alla spiegazione della suggestione collettiva, dell’auto-illusione o della malafede dei veggenti; ma il dubbio ora deve esercitarsi contro lo scetticismo: non può trattarsi sempre di suggestione o illusione. Qualcosa la Vergine ci sta dicendo; e quel che ci dice è inequivocabile, chiede sofferenze riparatrici.
Mi chiedo se da questa riserva e ritegno dell’Ortodossia non derivi come una minore trasparenza, scarsità e inarticolatezza o distanza con cui il soprannaturale si esprime in esse.
“Anche in ambito ortodosso le apparizioni non sono certo mancate, basti pensare a alla visione della Chiesa di Blacherne a Costantinopoli”, rivendica Marchisio: ma quel che evoca è una visione di Andrea il Folle e ad Epifanio suo discepolo, risalente al nono secolo. L’altra che cita è quando la Vergine “apparve a Serafino di Sarov (1754-1833) quando il futuro staretz era ancora ragazzo”. Nella quale Essa, “rivolgendosi a san Giovanni Evangelista disse: ‘Costui è della nostra stirpe’”, il che fa commentare a Florenski che dunque esiste “una stirpe della Madre cui appartengono gli asceti, i “monaci per natura”.
Ma questo a me porta a mente, per confronto, l’apparizione al futuro Massimiliano Kolbe, ragazzo anche lui, e delle due corone che la Immacolata gli diede da scegliere, la bianca e la rossa: e lui la rossa scelse.
Mi sembra infinitamente più significativa del messaggio sulla “stirpe”: Anzi, la Madonna delle apparizioni cattoliche ha una segnatura inconfondibilmente popolare; a La Salette come a Lourdes parla in dialetto, a Caterina Labouré lascia appoggiare sulle sue ginocchia le mani giunte, e le parla per due ore; è incantevole la familiarità e confidenza con cui tratta i pastorelli di Fatima; appare a un adulto violento come Cornacchiola, reduce dalla guerra di Spagna dove s’era arruolato tra i fascisti per ordine del Partito Comunista…
Basta così, non intendo indicare con ciò alcuna superiorità rispetto alla spiritualità greca, anzi mi pare evidente che noi, se mai, siamo qualificati a ricevere queste insistenti grazie, questi soccorsi speciali, perché abbiamo più bisogno di sofferenze riparatrici. “Da sola non puoi fare nulla. Senza un Mio aiuto particolare, non sei nemmeno capace di ricevere le Mie grazie», disse Gesù a suor Faustina.
Spero che gli amici che sono passati all’ortodossia si propongano di apportare là questo spirito delle apparizioni mariane, così anche come del Sacro Cuore, nelle cui piaghe rigfugiarsi ; nell’attesa del giorno che saremo di nuovo uniti.
Non posso non rievocare
Bernadette Morì il 16 aprile 1879, a 35 anni. Il suo organismo era consumato da una serie impressionante di patologie, tra cui alcune cancrene che, negli ultimi anni, le avevano mangiato la carne provocando dolori lancinanti.
Testamento spirituale di Santa Bernadette
Per l’indigenza di mamma e papà
per la rovina del mulino, per il vino della stanchezza,
per le pecore rognose : grazie, mio Dio!
Bocca di troppo da sfamare che ero;
per i bambini accuditi, per le pecore custodite, grazie!
Grazie o mio Dio, per il Procuratore,
per il Commissario, per i Gendarmi,
per le dure parole di Peyremale.
Per i giorni in cui siete venuta, Vergine Maria,
per quelli in cui non siete venuta,
non vi saprò rendere grazie altro che in Paradiso.
Ma per lo schiaffo ricevuto, per le beffe, per gli oltraggi,
per coloro che mi hanno presa per pazza,
per coloro che mi hanno presa per bugiarda,
per coloro che mi hanno presa per interessata.
GRAZIE, MADONNA!
Per l’ortografia che non ho mai saputa,
per la memoria che non ho mai avuta,
per la mia ignoranza e per la mia stupidità, grazie!
Grazie, grazie, perché se ci fosse stata sulla terra
una bambina più stupida di me, avreste scelto quella!
Per la mia madre morta lontano,
per la pena che ebbi quando mio padre,
invece di tendere le braccia alla sua piccola Bernadette,
mi chiamò Suor Maria Bernarde: grazie, Gesù!
Grazie per aver abbeverato di amarezza
Questo cuore troppo tenero che mi avete dato.
Per Madre Giuseppina che mi ha proclamata:
“Buona a nulla”.
GRAZIE!
Per i sarcasmi della madre Maestra, la sua voce dura,
le sue ingiustizie, le sue ironie,
e per il pane della umiliazione, grazie!
Grazie per essere stata quella cui la Madre Teresa
Poteva dire :”Non me ne combinate mai abbastanza”.
Grazie per essere stata quella privilegiata
dai rimproveri, di cui le mie sorelle dicevano:
“Che fortuna non essere come Bernadette”.
Grazie di essere stata Bernadette,
minacciata di prigione perché vi avevo vista,
Vergine Santa!
Guardata dalla gente come bestia rara;
quella Bernadette così meschina che a vederla si diceva:
“Non è che questa?!”.
Per questo corpo miserando che mi avete dato,
per questa malattia di fuoco e di fumo,
per le mie carni in putrefazione,
per le mie ossa cariate, per i miei sudori,
per la mia febbre, per i miei dolori sordi e acuti,
GRAZIE MIO DIO!
Per quest’anima che mi avete data, per il deserto della aridità interiore,
per la vostra notte e per i vostri baleni,
per i vostri silenzi e i vostri fulmini;
per tutto,
per Voi assente e presente, grazie! Grazie o Gesù!
CONFIDO IN TE!
Editrice Civiltà, Via G. Galilei, 121 25123 Brescia
Tel. e fax (030) 3700003
Cambiamo l’agitazione in preghiera
Gesù alle anime: perché vi confondete agitandovi? Lasciate a Me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà. Vi dico in verità che ogni atto di vero, cieco, completo abbandono in Me, produce l’effetto che desiderate e risolve situazioni spinose.
Abbandonarsi a Me non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi, volgendo poi a Me una preghiera agitata perché io segua voi, e cambiare così l’agitazione in preghiera.
Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell’anima, stornare il pensiero dalla tribolazione e rimettersi a Me perché Io solo operi, dicendo: Pensaci Tu.
È contro l’abbandono, essenzialmente contro, la preoccupazione, l’agitazione e il voler pensare alle conseguenze di un fatto. È come la confusione che portano i fanciulli, che pretendono che la mamma pensi alle loro necessità e vogliono pensarci essi, intralciando
con le loro idee e le loro fisime il suo lavoro.
Chiudete gli occhi e lasciatevi portare dalla corrente della mia grazia; chiudete gli occhi e pensate al momento presente, stornando il pensiero dal futuro come da una tentazione;
riposate in Me credendo alla mia bontà, e vi giuro per il mio amore che, dicendomi con queste disposizioni: pensaci Tu, io ci penso in pieno, vi consolo, vi libero, vi conduco.
E quando debbo portarvi in una via diversa da quella che vedete voi, io vi addestro, vi porto nelle mie braccia, vi faccio trovare, come bimbi addormentati nelle braccia
materne, all’altra riva.
Quello che vi sconvolge, vi fa male immenso è il vostro ragionamento, il vostro pensiero, il vostro assillo, ed il volere ad ogni costo provvedere voi a ciò che vi affligge.
Avete poche grazie quando vi assillate per produrle, e ne avete moltissime quando la preghiera è affidamento pieno a Me.
Voi nel dolore non pregate perché Io operi, ma perché Io operi come voi credete; non vi rivolgete a Me, ma volete che Io mi adatti alle vostre idee; non siete infermi che domandano al medico la cura, ma, che gliela suggeriscono.
Non fare così, ma pregate come Io ho insegnato nel Pater:
– Sia santificato il Tuo nome, cioè sii glorificato in questa mia necessità;
– venga il tuo regno, cioè tutto concorra al tuo regno in noi e nel mondo;
– sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, cioè disponi Tu in questa necessità come meglio Ti pare per la vita nostra eterna e temporale.
Se mi dite davvero: sia fatta la tua volontà, che è lo stesso che dire: pensaci Tu, Io intervengo con tutta la mia onnipotenza, e risolvo le situazioni più chiuse.
Ecco, tu vedi che il malanno incalza invece di recedere?
Non ti agitare, chiudi gli occhi e dimmi con fiducia: Sia fatta la Tua volontà, Pensaci Tu.
Ti dico che Io ci penso, e che intervengo come medico, e compio anche un miracolo quando occorre. Tu vedi che l’infermo peggiora? Non ti sconvolgere, ma chiudi gli occhi e dì: Pensaci Tu. Ti dico che Io ci penso, e che non c’è medicina più potente di un mio intervento di amore.
Ci penso solo quando chiudete gli occhi.
Insonni, tutto vogliamo valutare, tutto scrutare, confidando solo negli uomini
Voi siete insonni, voi volete tutto valutare, tutto scrutare, a tutto pensare, e vi abbandonate così alle forze umane, o peggio, agli uomini, confidando nel loro intervento.
È questo che intralcia le mie parole e le mie vedute. Oh, come Io desidero da voi questo abbandono per beneficiarvi, e come mi accoro nel vedervi agitati!
Satana tende proprio a questo: ad agitarvi, per sottrarvi alla mia azione e gettarvi in preda delle iniziative umane.
Confidate in me solo, riposate in me, abbandonatevi a me in tutto. Io faccio miracoli in proporzione del pieno abbandono in me, e del nessun pensiero di voi; Io spargo tesori di grazie quando voi siete nella piena povertà!
Se avete vostre risorse, anche in poco, o se le cercate, siete nel campo naturale, e seguite quindi il percorso naturale, e seguite quindi il percorso naturale delle cose, che è spesso intralciato da Satana.
Nessun ragionatore o ponderatore ha fatto miracoli, neppure fra i Santi; opera divinamente chi si abbandona a Dio.
Quando vedi che le cose si complicano, di’ con gli occhi dell’anima chiusi: Gesù pensaci Tu.
E distràiti, perché la tua mente è acuta... e per te è difficile vedere il male e confidare in Me distraendoti da te.
Fa’ così per tutte le tue necessità; fate così tutti, e vedrete grandi, continui e silenziosi miracoli.
Ve lo giuro per il mio amore. ed Io ci penserò, ve lo assicuro.
Pregate sempre con questa disposizione di abbandono, e ne avrete grande pace e grande frutto, anche quando Io vi faccio la grazia dell’immolazione di riparazione e di amore, che importa la sofferenza?
Ti sembra impossibile? Chiudi gli occhi e di’ con tutta l’anima: Gesù pensaci Tu.
Non temere, ci penserò e benedirai il mio nome, umiliandoti.
Mille preghiere non valgono un solo atto di abbandono: ricórdatelo bene.
Non c’è novena più efficace di questa: o Gesù, mi abbandono in Te, pensaci Tu!
Il sacerdote Dolindo Ruotolo, un’autentica perla del Clero napoletano, Terziario francescano, nacque a Napoli il 6 ottobre 1882. Autore di un poderoso e originale Commento alla Sacra Scrittura in 33 grossi volumi, di scritti di Teologia, di Ascetica e di Mistica, di migliaia di lettere di direzione spirituale; fine psicologo e conoscitore come pochi della problematica dell’anima umana, consacrò ogni attimo della giornata, e per lunghissimi anni, alla preghiera, alla penitenza, all’ascolto attento di
quanti a lui si rivolgevano. Morì poverissimo, a Napoli, il 19 novembre 1970, fiaccato nel corpo e nell’anima da una paralisi portata avanti per dieci anni, ma sostenuta da meravigliosa forza e freschezza d’animo, sino alla fine, sempre al lavoro, da instancabile cesellatore d’anime.
Lasciò scritto, come testamento spirituale: «Quando sarò morto, picchierete alla mia tomba, ed io vi risponderò: “Confidate in Dio!”.
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