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lunedì 2 agosto 2021

Chiedere l’indulgenza

Il Perdono di Assisi dona il Pane del Cielo 


    Santa Maria degli Angeli, Porziuncola

Ritornare a Dio con il Perdono di Assisi cosa significa? Il “Perdono di Assisi sarebbe una devozioncella? Pare proprio di no.

Scrive Papa Benedetto XVI

“Qui devo aggiungere che nel corso del tempo l’indulgenza, in un primo momento riservata solo al luogo della Porziuncola, fu poi estesa prima a tutte le chiese francescane e, infine, a tutte le chiese parrocchiali per il 2 agosto. Nei ricordi della mia giovinezza il giorno del perdono d’Assisi è rimasto come un giorno di grande interiorità, come un giorno in cui si ricevevano i sacramenti in un clima di raccoglimento personale, come un giorno di preghiera.

Nella piazza antistante la nostra chiesa parrocchiale in quel giorno regnava un silenzio particolarmente solenne. Entravano e uscivano in continuazione persone dalla chiesa. Si sentiva che il cristianesimo è grazia e che questa si dischiude nella preghiera. Indipendentemente da ogni teoria sull’indulgenza (qui vi suggeriamo di leggere il testo integralmente perché spiega altre cose interessanti), era quello un giorno di fede e di silenziosa speranza, di una preghiera che si sapeva certamente esaudita e che valeva soprattutto per i defunti…”

“Nell’ambito spirituale tutto appartiene a tutti. Non c’è nessuna proprietà privata. Il bene di un altro diventa il mio e il mio diventa suo. Tutto viene da Cristo, ma poiché noi gli apparteniamo, anche ciò che è nostro diventa suo ed è investito di forza salvifica.

È questo ciò che si intende con le espressioni «tesoro della Chiesa» o «meriti» dei santi.

Chiedere l’indulgenza significa entrare in questa comunione di beni spirituali e mettersi a propria volta a sua disposizione.

La svolta nell’idea di penitenza, che ha avuto inizio alla Porziuncola, ha conseguentemente portato a questo punto: anche spiritualmente nessuno vive per se stesso. E solo allora la preoccupazione per la salvezza della propria anima si libera dall’ansia e dall’egoismo, proprio perché diventa preoccupazione per la salvezza degli altri.

Così la Porziuncola e l’indulgenza che da lì ha avuto origine diventa un compito, un invito a mettere la salvezza degli altri al di sopra della mia e, proprio in questo modo, a trovare anche me stesso. Si tratta di non chiedere più: sarò salvato? ma: che cosa vuole Dio da me perché altri siano salvati?

L’indulgenza rinvia alla comunione dei santi, al mistero della sostituzione vicaria, alla preghiera come via per diventare una cosa sola con Cristo e con il suo volere. Egli ci invita a partecipare alla tessitura dell’abito bianco della nuova umanità, che proprio nella sua semplicità è la vera bellezza. L’indulgenza in fondo è un po’ come la chiesa della Porziuncola: come bisogna percorrere gli spazi piuttosto freddi ed estranei del grande edificio per trovare al suo centro l’umile chiesetta che tocca il nostro cuore, così occorre attraversare il complesso intreccio della storia e delle idee teologiche per giungere a ciò che è davvero semplice: alla preghiera, con cui ci lasciamo cadere nella comunione dei santi, per cooperare con essi alla vittoria del bene sull’apparente onnipotenza del male, sapendo che alla fine tutto è grazia”. (Joseph Ratzinger “Il Perdono di Assisi” Ed. Porziuncola 2005)



Bartolomé Esteban Murillo, San Francesco, 1668-1669 
Museo di Belle Arti di SivigliaDalle Fonti Francescane (cfr FF 392-399)

Una notte dell’anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola presso Assisi, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l’altare il Cristo e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore!

Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: “Santissimo Padre, benché io sia misero peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, gli conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe”.

“Quello che tu chiedi, o Frate Francesco, è grande gli disse il Signore , ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio Vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza”. E Francesco si presentò subito dal Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: “Per quanti anni vuoi questa indulgenza?”. Francesco scattando rispose: “Padre Santo, non domando anni ma anime”. E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo richiamò: “Come, non vuoi nessun documento?”. E Francesco: “Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l’opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni”.

E qualche giorno più tardi insieme ai Vescovi dell’Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!”.

Condizioni del “Perdono”.

Come lucrare l’indulgenza plenaria


http://www.libertaepersona.org/wordpress/2021/08/il-perdono-di-assisi-dona-il-pane-del-cielo/#more-156470

Perdono di Assisi ed Eucaristia.

Sieger-Köder, La Comunione eucaristica con gli esclusi, 1996.

Sieger-Köder, sacerdote cattolico, artista (1925-2015), è autore di numerose opere di tema eucaristico.

Mons. Tarcisio Tironi, commentando il Vangelo della XVIII Domenica del Tempo Ordinario, Anno B, pubblicato sulla pagina Fecebbok del MACS (Museo di Arte e Cultura Sacra di Romano di Lombardia – QUI), osserva che


“… i cinque pani e i due pesci in primo piano, che compaiono nell’opera di Sieger Köder, ricordano il «segno» di Gesù narrato da Giovanni nella prima parte del capitolo 6 del Vangelo, quando, di fronte alla necessità di sfamare la folla che seguiva il Maestro, Andrea segnala la presenza d’un ragazzo con la merenda. «Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano»”.

Il pittore tedesco si riferisce alla lettura di Gv 6,24-35, applicandolo alla Chiesa pellegrinante. La gente chiede a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». La risposta è provocatoria: «Non è Mose che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti, il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».

Köder raffigura le differenti persone invitate da Gesù attorno alla mensa. Come nel suo capolavoro de l’Ultima cena, rappresentando Gesù a capo

Sieger-Köder, ultima cena. (QUI)

tavola, ma questa volta non dal lato del fedele che osserva la tela ma di fronte, il suo corpo non si vede, se non le mani con le stimmate. Mani luminose, irradianti su tutti i convenuti.

Il volto nella coppa del sangue

Il volto anche questa volta è riflesso dal vino-sangue nella coppa. In alto, a destra, una donna si appoggia a Gesù e ritrova sostegno e conforto come esprime il volto disteso. Il ragazzo sotto di lei si aggrappa al tavolo per comprendere che cosa accada, mentre, protetto dalla mamma, rivolge gli occhi a Gesù. Il papà, in primo piano, con l’abito a strisce dei campi di concentramento beve, assorto, la coppa datagli dal Cristo: “Padre, se è possibile si allontani da me questo calice, ma non la mia ma la tua Volontà sia fatta!”.
A sinistra due innamorati hanno ricevuto dal Cristo il pane eucaristico e contemplano l’incredibile comandamento dell’amore: «amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi» (15,12).

Perché mi cercate?

Gesù è a Cafarnao e la gente, che l’aveva visto operare il segno dei pani e dei pesci, lo va a cercare fin là, salendo su delle barche. Gesù sembra severo perché li apostrofa, dicendo che non lo cercano per i ‘segni’, ma per i portenti. I ‘segni’ sono, infatti, in Giovanni, dei gesti straordinari compresi nel loro significato soprannaturale e di fede.

Gesù nota che lo cercano perché si sono saziati e li invita  a darsi da fare per il cibo che non perisce. Anche la Manna, di cui nella prima lettura (Es 16, 2-4, 12-15), era un cibo dal valore transitorio. La Manna andava conservata per guanto sarebbe bastata nella giornata, poi sarebbe imputridita. Ma aveva il significato di affidamento quotidiano al Signore. I semplici paniper sfamare, agli occhi dei convenuti, non hanno nemmeno la funzione della Manna, ma il mero significato di cibo per il corpo, corpo destinato a finire. Per Gesù invece sono segni del Pane del Cielo che è Lui.

Si lamentavano gli ebrei dell’Esodo, ma non vedono più in là nemmeno le folle che seguono Gesù.

Io, Gesù, ti seguo preoccupato di che mangiare, bere vestire. Ma tu hai detto che ad ogni giorno basta il suo affanno. E San Francesco godeva di vestirsi come i gigli del campo (cf Mt 6,24-34). Eppure, la Manna è un pane che scende dal cielo. Il pane quotidiano è un pane che scende dal Cielo per il nostro sostentamento, ma io credo che sia solo opera delle mie mani.

Se solo abbandonassi l’uomo vecchio con la condotta di prima, secondo la verità che è in te, Gesù (Seconda lettura Ef 4, 17-20; 24), allora la richiesta del pane che perisce sarebbe azione di grazie a Te per le Tue opere, Signore, gustandolo con gioia e letizia in atesa che Tu venga.

La domanda: cosa occorre per compiere le opere di Dio?

La folla, allora, chiede a Gesù cosa occorra fare per compiere le opere di Dio. La domanda ora è ben posta. Occorre credere in colui che Egli ha mandato (Gv 6, 29). Gesù, allora, chiede loro di comprendere che la Manna non veniva dalla potenza di Mosè, ma di Dio e che questo pane, che Egli dà, viene … anzi è Lui stesso.

San Francesco, che fin dall’inizio della sua conversione seguì Cristo e Cristo Crocifisso, non voleva vedere nei sacerdoti se non il corpo e sangue del Signore. E passando davanti anche a chiese chiuse, si inginocchiava adorando il corpo di Nostro Signore in esse conservato. E nella chiesa della Porziuncola, ove passava in adorazione gran parte del suo tempo e nel quale aveva posto la sua dimora con i primi dodici frati, volle che il Papa Onorio III concedesse l’indulgenza plenaria per tutti i defunti, come dicevo nel precedente articolo (QUI).

Intercedere per i vivi e per i morti

Pregare per i morti, per la Chiesa purgante, non solo è una grandissima opera di carità spirituale, affinché le anime, purificate da ogni attaccamento a i frutti del peccato, possano godere, secondo la loro capacità, e il dono di Dio, della visione beatificante, cibo che non perisce, ma è anche atto grande di fede nel potere che Dio ha di chiamare a sé tutte le anime per dare a Lui onore e gloria. E di ciò tutti i credenti sono partecipi non solo nell’atto di fede conosciuta, ma nella capacità di intercedere per un bene eterno (Sacramento della riconciliazione o Confessione e Indulgenze in CCC, 1422-1484 QUI ).

http://www.libertaepersona.org/wordpress/2021/08/perdono-di-assisi-ed-eucaristia/

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