Scola sulla cattedra di Ambrogio, Milano volta pagina, ma a metà
(Camillo Langone su Libero del 16-09-2011) Sono un uomo semplice, io i libri di Angelo Scola non li capisco. No, non dico il primo titolo della sterminata bibliografia del nuovo arcivescovo di Milano, ovvero La fondazione teologica della legge naturale nello Scriptum super Sententiis di San Tommaso d’Aquino.
Non ho capito nemmeno i suoi libri successivi, che pure avevano titoli leggermente meno micidiali. Dopo qualche pagina dovevo abbandonarli affranto, con gli occhi incrociati e le orecchie assordate dalle parole preferite da Sua Eminenza, “libertà” e “laicità”, tanto preferite da venire pronunciate un numero infinito di volte, sino al completo stordimento del lettore. La situazione era ulteriormente complicata dal fatto che entrambe venivano usate con accezioni diverse, molto diverse, rispetto a quelle correnti. Accezioni (c’è bisogno di dirlo?) a me incomprensibili. Ho sempre pensato che se non ci arrivavo io, cattolico praticante con una certa frequentazione di vocabolari, tanti lettori medi avrebbero avuto difficoltà a comprendere che cosa caspita intendesse l’autore per “libertà” e “laicità”.