Questa mattina il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, ha pubblicato un ampio articolo dedicato al tema delle dimissioni di Benedetto XVI. Qui potete leggere l’articolo che ho pubblicato su Vatican Insider e che riprende la parte conclusiva delle considerazioni di Ferrara.
«Un Papa che si dimette – scrive Ferrara – perché ritiene spiritualmente un dovere assecondare un rinnovamento e rilancio che non cancelli il suo stesso magistero, ma anzi lo rilanci, ha indirettamente la possibilità di influenzare con maggiore tempra e fondamento la successione (sceglie i tempi, offre un segno grande e terribile di vita extra-ordinaria della sua Chiesa). Realizza un sogno personale: la cura, lo studio, la produzione di luce teologica senza i panni del pastore universale. Scombussola certezze tradizionali secolari, innova radicalmente, promuove un’età regnante che renda meno ingovernabile il popolo di Dio riunito nella casa ecclesiale, e toglie ogni lentezza, stanchezza o spirito difensivo alla casa romana di Pietro».
«L’azzardo è forte – conclude il direttore del “Foglio” – la circostanza anche abbastanza inverosimile, un Pontefice che ha forza spirituale non rinuncia al “compito assegnatogli”, come dice Ratzinger. Chissà che un giorno al Papa non appaia come un raddoppio di quella forza il gesto sovrano e papocentrico delle dimissioni».
Ferrara in un passaggio del suo articolo parla dell’opinione di coloro che ritengono “debole” il pontificato di Ratzinger, anche se dice di essere più d’accordo con quanti ne segnalano, invece, la vitalità. Le considerazioni sopra espresse sembrano però inquadrare l’eventuale gesto delle dimissioni non tanto nell’eventuale consapevolezza del Pontefice di non essere più in grado fisicamente, mentalmente o spiritualmente di svolgere il suo compito (di questo Ratzinger ha parlato nell’intervista con Peter Seewald nel libro “Luce del mondo),quanto piuttosto nella portata di “rilancio” del suo stesso magistero attraverso un ricambio e l’indiretta influenza nella successione.
Ipotizzare che Benedetto XVI si dimetta pensando così di «rilanciare» il suo stesso magistero, o magari di influenzare «con maggiore tempra» la sua successione, e così «realizzare» il sogno personale di tornare ai suoi studi, significa mettere al centro una forma di protagonismo papale. Cioè un gesto, giustamente definito da Ferrara come «papocentrico». Prospettiva, questa, che appare lontanissima sia dalla sensibilità di Ratzinger sia da quanto la tradizione crede e insegna riguardo al ruolo del vescovo di Roma nei confronti della Chiesa universale.
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