Carlo Tecce per il "Fatto quotidiano"
CARDINALE TARCISO BERTONE
Cambiare molto, cambiare piano. Chi governa la Chiesa, che Benedetto XVI rappresenta, non vuole isterismi né tensioni. Non mancano, e s'è visto. I cardinali che comandano, e che sostengono Tarcisio Bertone (segretario di Stato), accettano le intenzioni del pontefice. Aiutano il papa e aiutano se stessi: entro il 15 dicembre, Paolo Gabriele riceverà la grazia e potrà lasciare la cella incastonata nel palazzone dei gendarmi. L'ex maggiordomo è stato condannato a 18 mesi di reclusione per furto, il suo avvocato non ha presentato appello e nessuno s'aspettava il rientro in prigione dopo la custodia cautelare.
PAPA RATZINGER PADRE GEORG PAOLO GABRIELE JPEG
Gabriele non ha collaborato sino in fondo, dicevano gli inquirenti che cercano documenti e lettere riservate trafugate dall'appartamento papale. Ma prima di finire le ricerche intorno al maggiordomo, il Vaticano ha cominciato la bonifica proprio in casa di Benedetto XVI.
Come anticipato mesi fa, e come confermato ieri dal Fatto, padre Georg Gaenswein, l'assistente personale di Joseph Raitzinger, sarà promosso vescovo e poi rimosso. Per la serie, anche questa intuitiva: non poteva non sapere, non poteva condividere l'ufficio con il maggiordomo e non accorgersi che passava il tempo a fotocopiare materiale incandescente per i rapporti diplomatici dentro e fuori le mura leonine.
PAOLO GABRIELE FB A EF BC A A AECCCD E
Anche monsignor James Michael Harvey ha incassato un bel foglio di via: abbandona il ruolo di prefetto della "Casa pontificia", cioè il responsabile di quelli che circondano il papa (incluso il maggiordomo), e assume l'incarico di arciprete (da cardinale) per la Basilica di San Paolo a Roma.
MONSIGNOR JAMES MICHAEL HARVEY JPEG
Due pratiche sono sigillate, ecco che tocca a Gabriele. I familiari hanno rivelato che già in estate, mentre procedeva l'inchiesta dei gendarmi, a Paoletto fu consegnato un libro con un messaggio di perdono di Benedetto XVI. La grazia papale era una questione di tempo, e anche di lotte interne e di ennesime verifiche per evitare nuovi danni. Il percorso è completo, e Gabriele tornerà libero prima di Natale. A due condizioni, però: avrà un lavoro presso un istituto legato al Vaticano, ma distante chilometri dalla Santa Sede e avrà anche un'abitazione a disposizione con lo stesso criterio geografico.
Non è soltanto clemenza papale, qui c'è di mezzo un potenziale esegeta di centinaia e centinaia di fatti e carte che coinvolgono la Chiesa, che Gabriele ha fatto pervenire all'esterno e che potrebbe raccontare poiché li ha vissuti in prima persona e sempre accanto a Benedetto XVI.
CORVI VATICANO
Il maggiordomo ha spiegato che il suo comportamento non aveva ragioni economiche, non ha mai preso un euro per l'opera d'informazione, ma lo faceva perché disgustato: "La situazione generale mi sconcertava". Il Vaticano, per furbizia, non ha voluto approfondire i contatti di Gabriele, ansioso di sotterrare una vicenda planetaria. Ma nemmeno poteva mollare, senza uno stipendio e senza un tetto, l'ex maggiordomo. Il silenzio e il perdono, non per caso, riscuotono successo da millenni.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/natale-in-esilio-il-maggiordomo-del-papa-torna-libero-ma-dovra-cambiare-aria-a-47254.htm
Don Georg sarà “promoveatur”, ma non “amoveatur”, per via di Vatileaks
Sono passati ormai diversi mesi dal deflagrare del ciclone
Vatileaks e coloro che ritenevano che i traditori del Papa fossero da
cercare nella sua stretta cerchia di collaboratori (maggiordomo a parte)
sono stati smentiti. Tarcisio Bertone, cardinale segretario di stato, è
oggi saldamente in sella a un “ministero” che a giugno ha in programma
di convocare a Roma tutti i rappresentanti pontifici in giro per il
mondo per una sorta di “corso di aggiornamento”.
Il segretario particolare del Papa, Georg Gänswein, potrebbe presto accettare l’incarico di prefetto della Casa pontifica o, nel caso il Papa porti un diplomatico in questo ruolo, di prefetto aggiunto della stessa Casa, rimanendo contestualmente in appartamento. Al secondo segretario particolare, il maltese Alfred Xuereb, potrebbe eventualmente aggiungersene un altro (c’è chi fa il nome del tedesco Hermann Geissler, responsabile dell’ufficio “dottrinale” dell’ex Sant’Uffizio), ma il lavoro dei due sarebbe comunque visionato da Gänswein.
Si tratterebbe, insomma, a tutti gli effetti di una attestato di stima per il segretario, un po’ come fece nel 2003 Giovanni Paolo II con il suo segretario Stanislaw Dziwisz. Allora Wojtyla comunicò la decisione di nominare “don Stanislao” prefetto aggiunto della Casa pontificia. Dziwisz, fra l’altro, era già stato nominato vescovo nel 1998 ma nonostante i due importanti riconoscimenti rimase al fianco del Papa fino alla fine. Infine, Ingrid Stampa: l’ex governante di Ratzinger, citata dai giornali come possibile corvo, ha curato la traduzione dell’ultima fatica letteraria del Papa a conferma che di lei nei piani alti ancora si fidano.
Se c’è un effetto che invece si può attribuire a Vatileaks è la volontà del Papa di internazionalizzare di più la curia, in modo da dare maggiore respiro al Vaticano e insieme soddisfare le varie richieste degli episcopati mondiali scottati dai recenti concistori giudicati troppo romani centrici. Non a caso oggi il Papa crea sei nuovi cardinali, tutti non italiani. I neoporporati provengono da Stati Uniti, Libano, India, Nigeria e Colombia. Si tratta del 63enne James Harvey, del patriarca di Antiochia dei maroniti, il libanese Boutros Rai, 72 anni; dell’arcivescovo di Trivandrum dei siromalabaresi, il 53enne indiano Baselios Cleemis Thottunkal; dell’arcivescovo di Abuja, il 68enne nigeriano John Olorunfemi Onaiyekan; dell’arcivescovo di Bogotà in Colombia, Ruben Salazar Gomez, 70 anni; dell’arcivescovo di Manila nelle Filippine, Luis Antonio Tagle, 55 anni.
Da oggi, dunque, i cardinali elettori tornano a essere 120, il tetto massimo previsto da Paolo VI per un eventuale conclave. Gli ultraottantenni diventano invece 91 e il collegio cardinalizio è in tutto composto da 211 membri, con 117 europei, di cui 62 elettori, 22 americani del Nord, di cui 14 elettori; 30 latinoamericani, di cui 21 elettori; 18 africani, di cui 11 elettori; 20 asiatici, di cui 11 elettori, quattro dall’Oceania, di cui uno elettore. Le località di provenienza esprimono anche le priorità e le preoccupazioni di Benedetto XVI in questo momento del suo pontificato. Un concistoro senza italiani è raro, ma non unico: il 24 marzo 1924 Pio XI diede la porpora a due statunitensi, e il 19 dicembre del ’27 a due francesi, un canadese, uno spagnolo e un ungherese. Da Pio XI ad oggi, in 85 anni e sei papi, in ogni concistoro c’è sempre stato almeno un italiano.
http://www.paolorodari.com/2012/11/24/don-georg-sara-promoveatur-ma-non-amoveatur-per-via-di-vatileaks/
Il segretario particolare del Papa, Georg Gänswein, potrebbe presto accettare l’incarico di prefetto della Casa pontifica o, nel caso il Papa porti un diplomatico in questo ruolo, di prefetto aggiunto della stessa Casa, rimanendo contestualmente in appartamento. Al secondo segretario particolare, il maltese Alfred Xuereb, potrebbe eventualmente aggiungersene un altro (c’è chi fa il nome del tedesco Hermann Geissler, responsabile dell’ufficio “dottrinale” dell’ex Sant’Uffizio), ma il lavoro dei due sarebbe comunque visionato da Gänswein.
Si tratterebbe, insomma, a tutti gli effetti di una attestato di stima per il segretario, un po’ come fece nel 2003 Giovanni Paolo II con il suo segretario Stanislaw Dziwisz. Allora Wojtyla comunicò la decisione di nominare “don Stanislao” prefetto aggiunto della Casa pontificia. Dziwisz, fra l’altro, era già stato nominato vescovo nel 1998 ma nonostante i due importanti riconoscimenti rimase al fianco del Papa fino alla fine. Infine, Ingrid Stampa: l’ex governante di Ratzinger, citata dai giornali come possibile corvo, ha curato la traduzione dell’ultima fatica letteraria del Papa a conferma che di lei nei piani alti ancora si fidano.
Se c’è un effetto che invece si può attribuire a Vatileaks è la volontà del Papa di internazionalizzare di più la curia, in modo da dare maggiore respiro al Vaticano e insieme soddisfare le varie richieste degli episcopati mondiali scottati dai recenti concistori giudicati troppo romani centrici. Non a caso oggi il Papa crea sei nuovi cardinali, tutti non italiani. I neoporporati provengono da Stati Uniti, Libano, India, Nigeria e Colombia. Si tratta del 63enne James Harvey, del patriarca di Antiochia dei maroniti, il libanese Boutros Rai, 72 anni; dell’arcivescovo di Trivandrum dei siromalabaresi, il 53enne indiano Baselios Cleemis Thottunkal; dell’arcivescovo di Abuja, il 68enne nigeriano John Olorunfemi Onaiyekan; dell’arcivescovo di Bogotà in Colombia, Ruben Salazar Gomez, 70 anni; dell’arcivescovo di Manila nelle Filippine, Luis Antonio Tagle, 55 anni.
Da oggi, dunque, i cardinali elettori tornano a essere 120, il tetto massimo previsto da Paolo VI per un eventuale conclave. Gli ultraottantenni diventano invece 91 e il collegio cardinalizio è in tutto composto da 211 membri, con 117 europei, di cui 62 elettori, 22 americani del Nord, di cui 14 elettori; 30 latinoamericani, di cui 21 elettori; 18 africani, di cui 11 elettori; 20 asiatici, di cui 11 elettori, quattro dall’Oceania, di cui uno elettore. Le località di provenienza esprimono anche le priorità e le preoccupazioni di Benedetto XVI in questo momento del suo pontificato. Un concistoro senza italiani è raro, ma non unico: il 24 marzo 1924 Pio XI diede la porpora a due statunitensi, e il 19 dicembre del ’27 a due francesi, un canadese, uno spagnolo e un ungherese. Da Pio XI ad oggi, in 85 anni e sei papi, in ogni concistoro c’è sempre stato almeno un italiano.
http://www.paolorodari.com/2012/11/24/don-georg-sara-promoveatur-ma-non-amoveatur-per-via-di-vatileaks/
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