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domenica 30 giugno 2013

Icona Pop o Pap?

Paola Ricci Sindoni: «Papa Bergoglio, più tradizionalista di Ratzinger»

Vuole riformare Ior e Curia, ma frena sulle donne. È convinto dell'esistenza del diavolo. La teologa spiega perché Francesco, ormai icona pop, è più reazionario di Benedetto XVI.

di Bruno Giurato
Nell'immaginario comune Papa Jorge Maria Bergoglio è quello che gli specialisti definirebbero un personaggio dall'«indubbio carisma mediatico», ma che nelle schiettezza del parlato si chiamerebbe «un figo».
IL RICHIAMO A SAN FRANCESCO. Il bordo dell'abito bianco che gli sventola in testa occasionalmente ha lo stesso potere attrattivo dei polsini arrotolati di Barack Obama; il modo con cui cadenza le pause e abbassa il tono di voce quando sta per dire qualcosa di importante richiama l'attenzione, è il caso di dire, in un amen; e già solo la suggestione del nome, Francesco, rimanda alla figura più simpatetica della cattolicità. Aggiungendo l'aspetto «pauperista» (la rinuncia a lussi e prerogative papali, la volontà riformatrice della Curia), emerge una figura in genere gradita anche a chi ha in antipatia il cattolicesimo. Forse addirittura più del predecessore in odore di santità (ma sgradevole a molti per il suo nettissimo conservatorismo) Karol Wojtyla.
CONSERVATORE DURO E PURO. Eppure da molti punti di vista, anzi praticamente da tutti, Bergoglio ha espresso posizioni altrettanto conservatrici. Anche se la provenienza «esotica» contribuisce a fare di lui un soggetto non facilmente inquadrabile nel solito dilemma: papa «di destra» o «di sinistra».
LA LONTANANZA DA RATZINGER. «Bergoglio, argentino, sudamericano, viene da una teologia basata sul vissuto, più che sul pensiero», ha spiegato a Lettera43.it Paola Ricci Sindoni, docente di Etica e grandi religioni all'università di Messina. «Il suo predecessore Ratzinger, come tutti noi europei sentiva il primato del logos sul pathos. La questione che lo appassionava era la possibilità dellla fede in un mondo post-secolare. Questo a Bergoglio interessa meno, o non interessa per nulla. Lui vuole declinare la fede negli atti della vita quotidiana, rompere il dualismo tra astratto e concreto», ha spiegato la studiosa.

DOMANDA. In tutti i movimenti in cui c'è una vena, magari legittima, di passatismo più o meno ratzingeriano, si registra qualche mal di pancia...
RISPOSTA.
 L'atteggiamento di molti prelati è quello del disorientamento. Lo si coglie. Del resto papa Francesco sembra molto determinato nel portare avanti la riforma della curia papale e dello Ior, i due centri fondamentali del potere cattolico.
D. Ma nell'essenza Bergoglio rimane un conservatore?
R.
 Sono legata al pensiero femminista cristiano, vorrei sentire qualcosa di suo a riguardo, rispetto al ruolo e alla funzione della donna.
D. Intende riguardo al sacerdozio femminile?
R.
 Quello non è nemmeno in discussione, troppo lontano dalla sua cultura. Ma anche su aspetti più light di apertura alle donne, su cui Giovanni Paolo II si era mosso, ed era stato seguito da Ratzinger, Bergoglio non è intervenuto.
D. Nella commissione per la riforma dello Ior c'è Mary Ann Glandon, un'accademica laica.
R. Mi ha fatto piacere, ma nei discorsi e nelle prediche Bergoglio ha semplicemente ripreso la posizione tradizionale: la donna-angelo del focolare. Mi auguro che avrà motivo di dare qualche altro indizio di apertura.
D. E sulla biopolitica?
R.
 Qui ho l'impressione che abbia demandato molto alle conferenze episcopali nazionali, cioè che non voglia intervenire sulle questioni urgenti dei singoli Stati. Non c'è stato un cenno da parte sua su quello che è successo in Francia sui diritti civili. Ho la sensazione che voglia rimanerne al di fuori.
D. Sul capitalismo, però, ha espresso giudizi molto netti, e negativi.
R
. In quel caso parla la teologia sudamericana, dalla cui matrice Bergoglio non si stacca. Anche se ha preso le distanze in maniera molto deciso dalla teologia della liberazione, in lui rimane molto chiaro il dualismo tra ricchezza e povertà.
D. E nascono da questa cultura di origine anche le sue continue ammonizioni sull'esistenza e il pericolo del diavolo?
R. Bergoglio crede che la nostra vita di credenti sia segnata dalla presenza del diavolo che personifica la tentazione, la volontà di fare il male, e da quella degli angeli.
D. Il diavolo è frutto dell'immaginazione collettiva e della cultura.
R.
 L'altro giorno parlavo con un teologo e sacerdote che mi diceva: «Ma il diavolo non esiste».
D. Il diavolo in quanto persona non esiste?
R.
 È un concetto diffuso: secondo molti teologi, il diavolo viene considerato un simbolo. Quello che secoli fa era definito diavolo, ora si chiama «fragilità della libertà umana». Perfino Ratzinger, più che del diavolo perferiva parlare di libertà soffocata dai venti gelidi del relativismo, dalla soddisfazione del desiderio personale.
D. E invece Bergoglio?
R.
 Bergoglio dice che ci sono figure spirituali che sono intorno a noi e ci spingono a fare del male.
D. Il papa quindi, credendo nel diavolo in quanto persona, è ancora più tradizionalista di Ratzinger?
R.
 La sua è una spiritualità popolare, non intellettuale. Sono forme diverse di teologia. Quella occidentale tende a fare del diavolo una figura solo simbolica.
D. Non è un po' troppo astratto?
R. Infatti la chiesa da un po' ha difficoltà a farsi comprendere dai fedeli. Ci sarebbe bisogno di parole che toccano la sensibilità o il cuore, parole e gesti che Bergoglio sta trovando.
D. Sta dicendo che buona parte della teologia contemporanea rimane nelle sacche del postmoderno mentre Bergoglio è più avanti?
R. In un certo senso sì. Ha trovato un modo di comunicare. Ora bisogna vedere cosa succede.
D. Secondo lei quali sono i rischi che Bergoglio sta correndo?
R. Il punto principale è che non vuole o non può entrare nel ruolo di pontefice universale.
D. In che senso?
R.
 Non vuole abitare nell'appartamento pontificio, rinuncia al crocefisso d'oro. Tutti questi gesti sono un messaggio forte, non solo alla chiesa, ma anche al mondo esterno. Forse manifestano una difficoltà di entrare nel ruolo del pontefice. Non so fino a che punto la sua libertà può arrivare nella rinuncia al ruolo.
D. Spieghi meglio.
R.
 È come se il presidente Giorgio Napolitano, che pure è una persona molto alla mano, dicesse: «Vado in bicicletta e non più in macchina, lascio la residenza e vado ad abitare alla Garbatella». Sarebbero gesti che potrebbero sminuire il ruolo. Ma, come dico spesso, bisogna aspettare, è ancora presto per giudicare il pontificato di Bergoglio.
Tw @BGiurato

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