ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 14 ottobre 2014

CLOACHE D’IMPURITÀ


“Cloache d’impurità”: così la Madonna a La Salette, più di 150 anni fa. Se erano considerate cloache d’impurità già allora figuriamoci quale sarebbe oggi il giudizio della Vergine sul clero di Santa Romana Chiesa. “Ma va là – risponderà qualcuno – queste visioni apocalittiche sono ormai superate per sempre, erano espressione di una Chiesa gretta e retrograda che si affidava alle presunte profezie di pastori e ignoranti, oggi tutto è cambiato… oggi guardiamo al Sinodo come all’inizio di una nuova Chiesa”. Certo, il Sinodo. Quello in corso non è che un momento nel processo di creazione della nuova anti-chiesa, il migliore fra i tanti possibili, perché si prendono due piccioni con una sola fava: da un lato l’esaltazione della presunta collegialità con l’intento di ammorbidire il primato petrino, dall’altro l’utilizzo di uno strumento di governo della Chiesa divenuto ordinario dopo il Concilio. Dunque in apparenza nessuna rottura.
Nella realtà tornerei volentieri al 2005 e con somma gioia mi piacerebbe osservare cosa sarebbe accaduto con l’elezione già allora dello sconosciuto ed arcigno Bergoglio. Secondo voi costui avrebbe potuto metter su tutta questa pantomima del Sinodo a pochi mesi dalla morte di Giovanni Paolo II? Di sicuro no. I novatores che sedevano in conclave nel 2005 sapevano di non poter contare su una risposta indolore da parte del mondo cattolico che inneggiava alla santità immediata di papa Wojtyla. Serviva tempo. Per questo, quasi all’improvviso, decisero di spostare una parte decisiva dei loro voti su Ratzinger. E magari fecero giungere all’orecchio del Cardinal Prefetto dell’ex Sant’Uffizio il desiderio che raggiunti gli 85 anni desse le dimissioni. Desiderio mai espresso apertamente che tuttavia a ridosso del 2012 si è fatto impellenza. Come se tutti gli ingranaggi dell’orologio mondialista si stessero sincronizzando per far scoccare un’ora precisa, era necessario che Benedetto prima del sopraggiungere di quell’ora si dimettesse.

L'Angelus più carismatico di Giovanni Paolo II

ALTRE EPOCHE, ALTRI ANGELUS:
“DOVEVO AVERE QUESTO ARGOMENTO DAVANTI AI POTENTI DEL MONDO E DIRE CAPITE PERCHÉ IL PAPA È DI NUOVO NELLA SOFFERENZA”
Le sue dimissioni, apparse come un’evidente sconfitta di una “linea” opposta a quella di coloro che oggi trionfano nel Sinodo, hanno scoperchiato il vaso di Pandora. Attraverso il superamento di Benedetto e di Giovanni Paolo II, quest’ultimo canonizzato per mostrare una continuità apertamente violata (così come a breve sarà beatificato Paolo VI, tanto per ridurre i concetti di santo e beato al livello delle divinizzazioni degli imperatori romani), si giunge così ai fatti di questi giorni. Alcuni saggi e pragmatici cardinali di lungo corso come Ruini comprendono bene che lungi dall’essere una soluzione per una Chiesa in sintonia col mondo, l’approccio dell’ anti-chiesa di Bergoglio rischia di essere una disfatta, meglio una aperta dichiarazione di “ipocrisia” agli occhi del mondo. Ma al vescovo di Roma e alla sua schiera di lacchè poco gliene cale!
Il loro intento è adeguare la Chiesa al mondo, eliminare ogni argine, ogni barriera. In poche parole tradire apertamente Cristo e sconfessare il magistero della Chiesa. Ciò non accadrà probabilmente in maniera netta e definitiva, bensì attraverso il ricorso ad ambiguità di varia natura in una perpetua rincorsa fra emuli del papa ciarliero nel torneo che sembra premiare chi la spara più grossa. La tristezza di questa chiesa gerarchica che si presume aggiornata e pienamente svecchiata dal non certo giovane ex cardinale Bergoglio (dunque non un povero eremita vissuto in un isolato romitaggio fino all’età di 76 anni) è che si tratta di una chiesa che ama più se stessa dei propri figli. Ama in un estremo impulso egoistico e narcisistico la propria struttura di potere e non la salvezza di uomini e donne. Ama l’ideologia, la deformazione culturale di chi la guida più del magistero millenario. La politica e il consenso più del Vangelo. Dunque finisce per edulcorarlo ed ha persino l’ardire di piegarlo alle sue insane contorsioni. Come può la sposa di Cristo esser tale quando finisce per contraddire Cristo, per gioire delle masse che offrono il loro consenso entusiasta, o dell’adeguamento ai poteri mondani, senza essere contestata, schernita, oltraggiata? La Chiesa è viva quando è ai margini della società, quando vive le ferite, le persecuzioni che nascono dal rifiuto del mondo, dall’odio del mondo. Al contrario la Chiesa diventa simile a Giuda perché cerca soltanto il compromesso col mondo, non vive la gloria del martirio, ma l’ebrezza degli applausi.
Questa, signori miei, altro non è che l’apostasia. Una mamma che non ricorda al proprio figlio di mettere il cappotto quando fa freddo o che non lo rimprovera quando si accinge a intraprendere un gioco pericoloso è una mamma che non ama il proprio figlio, che è indifferente alla sua creatura, per quanto questa possa rifiutarsi di seguire i consigli della mamma. Allo stesso modo una Chiesa capace di dire sempre di sì, utilizzando il comodo stratagemma della misericordia, accidia di chi sospende il giudizio perché rifugge le responsabilità, è una Chiesa che da madre trascende al livello di meretrice. Si vende sulla strada per un briciolo di notorietà e di consenso mondano. Non sarà più una buona madre perché smette di dire i suoi no con chiarezza e decisione. E’ una chiesa-burocratica che non ama i suoi fedeli, ma solo se stessa.  Ma lasciatemi tornare al tema della responsabilità: è questo il punto centrale. Se nella nostra società tutti rifuggono dalle responsabilità e dalla conseguente coerenza negli stili di vita e nell’azione quotidiana, così anche la Chiesa non vorrà più assumersi responsabilità per paura di essere aggredita, giudicata, vilipesa, per l’evidente incoerenza dei membri della sua gerarchia.
Dopo decenni di seminaristi dalle chiare tendenze omosessuali ascesi ai livelli più alti delle gerarchie vaticane si poteva forse immaginare una Chiesa che non aprisse ai gay? Che non sputasse sulla famiglia “tradizionale” con la solita gnostica passione per le aberrazioni che contraddistingue Bergoglio? No, non si tratta di andare verso i reietti o gli emarginati perché è evidente che oggi gli emarginati sono gli sposi che si giurano fedeltà eterna, che fanno figli e resistono alle battaglie ideologiche di nuovi nazionalsocialismi mortiferi e alle condizioni di vita sempre più difficili per le famiglie nella società occidentale. Questi sono i reietti di oggi. Non certo gli omosessuali o i divorziati, non certo i conviventi e i libertini.
Questa chiesa che apostatizza e viene portata in trionfo dal mondo dei media è la manifestazione istituzionale di una enorme, colossale cloaca d’impurità. L’impurità di chi passa con disinvoltura dall’esaltazione della Verginità di Maria alla piaggeria verso i doni degli omosessuali o le ricchezze delle coppie conviventi. Ma Maria potrà forse osservare con letizia quanto accade nelle ovattate stanze del Vaticano?  Non piange forse la Vergine dinanzi al trionfo dell’apostasia?
Sacerdoti, ministri di mio Figlio, i sacerdoti con la loro cattiva vita, con la loro irriverenza ed empietà nella celebrazione dei Santi Misteri, con l’amore per i soldi, con l’amore per l’onore ed i piaceri, i sacerdoti sono diventati delle cloache d’impurità. I sacerdoti domandano vendetta, e la vendetta è sospesa sulle loro teste. Guai ai preti e alle persone consacrate a Dio, che con la loro infedeltà e la loro cattiva vita, crocifiggono di nuovo mio Figlio! I peccati delle persone consacrate a Dio, gridano verso il cielo e richiedono vendetta, ed ecco che la vendetta è alla loro porta, non vi è infatti più alcuno che implori misericordia e perdono per il popolo; non vi sono più anime generose, non vi è più nessuno degno di offrire la Vittima senza macchia all’Eterno in favore del mondo. Dio colpirà in modo senza pari. Guai agli abitanti della terra! Dio darà fondo alla sua collera e nessuno potrà sottrarsi a tanti mali messi insieme.”
Dal Messaggio della Madonna a Melania, La Salette, 1851.


I sacerdoti, i ministri di mio Figlio, i sacerdoti, con la loro vita cattiva, con le loro irriverenze e le loro empietà nel celebrare i santi Misteri, con l'amore per il denaro, l'amore per gli onori ed i piaceri, i sacerdoti sono diventati cloache di impurità. Sì, i preti provocano la vendetta, e vendetta pende sulle loro teste. Siano maledetti i preti e le persone consacrate a Dio che, con la loro infedeltà e la loro vita cattiva, crocifiggono di nuovo mio Figlio! I peccati delle persone consacrate a Dio gridano al Cielo e richiamano vendetta, ed ora ecco la vendetta alle loro porte, giacché non si trova più alcuno che invochi misericordia e perdono per la gente, non ci sono più anime generose; ora non c'è più nessuno degno di offrire la Vittima Immacolata all'Eterno in favore del mondo.

I capi, i condottieri del popolo di Dio, hanno dimenticato la preghiera e la penitenza, e il demonio ha ottenebrato le loro menti; essi sono divenuti quelle stelle erranti che l'antico diavolo con la sua coda trascinerà alla rovina. Dio abbandonerà gli uomini a se stessi e manderà castighi uno dopo l'altro per più di 35 anni.

Che il Vicario di mio Figlio, il Sovrano Pontefice (...) sia fermo e generoso, faccia la battaglia con le armi della Fede e dell'amore. Io sarò con lui.

Nell'anno 1864, Lucifero ed un gran numero di demoni saranno sciolti dall'inferno: a poco a poco essi aboliranno la fede, e questo anche in persone consacrate a Dio; essi li accecheranno a tal punto che senza una grazia speciale, queste persone prenderanno lo spirito di questi angeli cattivi: numerose case religiose perderanno completamente la fede e causeranno la dannazione di molte anime.

I governanti civili avranno tutti lo stesso scopo, che sarà quello di abolire e far sparire ogni principio religioso, per far strada al materialismo, all'ateismo, allo spiritismo e a vizi di tutti i tipi.

Roma perderà la fede e diverrà la sede dell'Anticristo.

Nostra Signora della Salette

OPPORTUNE IMPORTUNE Il blog di Baronio http://opportuneimportune.blogspot.com
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6° COMANDAMENTO “NON COMMETTERE ATTI IMPURI”.
Vediamo ora come la sinagoga di satana intende cambiare il Vangelo di Nostro Signore:
sodoma
Questa mattina, nel corso dell’undicesima Congregazione generale della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi MODERNISTI vaticanosecondisti, sul tema: Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione (5-19 ottobre 2014), il Relatore generale Cardinale della falsa e satanica chiesa conciliare, (quindi falso cardinale cattolico) Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, ha tenuto la Relatio post disceptationem:
Relazione del Relatore generale,Péter Erdő
Il discernimento dei valori presenti nelle famiglie ferite e nelle situazioni irregolari
17. In considerazione del principio di gradualità del piano salvifico divino, ci si chiede quali possibilità siano date ai coniugi che vivono il fallimento del loro matrimonio, ovvero come sia possibile offrire loro l’aiuto di Cristo attraverso il ministero della Chiesa. A questo proposito, una significativa chiave ermeneutica proviene dall’insegnamento del Concilio Vaticano II, il quale, mentre afferma che «l’unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica», riconosce che anche «al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica» (Lumen Gentium, 8).
18. In questa luce, vanno anzitutto ribaditi il valore e la consistenza propria del matrimonio naturale. Alcuni si domandano se sia possibile che la pienezza sacramentale del matrimonio non escluda la possibilità di riconoscere elementi positivi anche nelle forme imperfette che si trovano al di fuori di tale realtà nuziale, ad essa comunque ordinate. La dottrina dei gradi di comunione, formulata dal Concilio Vaticano II, conferma la visione di un modo articolato di partecipare al Mysterium Ecclesiae da parte dei battezzati.
19. Nella medesima prospettiva, che potremmo dire inclusiva, il Concilio dischiude anche l’orizzonte in cui si apprezzano gli elementi positivi presenti nelle altre religioni (cf. Nostra Aetate, 2) e culture, nonostante i loro limiti e le loro insufficienze (cf. Redemptoris Missio, 55). Dallo sguardo rivolto alla sapienza umana presente in esse, infatti, la Chiesa apprende come la famiglia venga considerata universalmente forma necessaria e feconda di convivenza umana. In tal senso, l’ordine della creazione, in cui affonda le radici la visione cristiana della famiglia, si dispiega a livello storico, nelle diverse espressioni culturali e geografiche.
20. Rendendosi dunque necessario un discernimento spirituale, riguardo alle convivenze e ai matrimoni civili e ai divorziati risposati, compete alla Chiesa di riconoscere quei semi del Verbo sparsi oltre i suoi confini visibili e sacramentali. Seguendo lo sguardo ampio di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cf. Gv 1,9; cf. Gaudium et Spes, 22), la Chiesa si volge con rispetto a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto e imperfetto, apprezzando più i valori positivi che custodiscono, anziché i limiti e le mancanze.
---------------Verità e bellezza della famiglia e misericordia
21. Il Vangelo della famiglia, mentre risplende grazie alla testimonianza di tante famiglie che vivono con coerenza la fedeltà al sacramento, con i loro frutti maturi di autentica santità quotidiana nutre pure quei semi che ancora attendono di maturare, e deve curare quegli alberi che si sono inariditi e domandano di non essere trascurati.
22. In tal senso, una dimensione nuova della pastorale familiare odierna, consiste nel cogliere la realtà dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, anche delle convivenze. Infatti, quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di resistere nelle prove, può essere vista come un germe da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio. Molto spesso invece la convivenza si stabilisce non in vista di un possibile futuro matrimonio, ma senza alcuna intenzione di stabilire un rapporto istituzionale.
23. Conforme allo sguardo misericordioso di Gesù, la Chiesa deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta.
--------------Il positivo nelle unioni civili e nelle convivenze
36. Una sensibilità nuova della pastorale odierna, consiste nel cogliere la realtà positiva dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, delle convivenze. Occorre che nella proposta ecclesiale, pur presentando con chiarezza l’ideale, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più a tale ideale.
37. È stato anche notato che in molti paesi un "crescente numero di coppie convivono ad experimentum, senza alcun matrimonio né canonico, né civile" (Instrumentum Laboris, 81). In Africa questo avviene specialmente nel matrimonio tradizionale, contratto fra famiglie e spesso celebrato in diverse tappe. Di fronte a tali situazioni, la Chiesa è chiamata ad essere "sempre la casa aperta del Padre […] dove c’è posto per ciascuno con la sua via faticosa" (Evangelii Gaudium, 47) e a venire incontro a chi sente la necessità di riprendere il suo cammino di fede, anche se non è possibile celebrare il matrimonio canonico.
38. Anche in Occidente è in continua crescita il numero di coloro che, dopo aver vissuto insieme da lungo tempo, chiedono la celebrazione del matrimonio in Chiesa. La semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale, contraria alle istituzioni ed agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso). In altri paesi le unioni di fatto sono molto numerose, non per motivo del rigetto dei valori cristiani sulla famiglia e sul matrimonio, ma soprattutto per il fatto che sposarsi è un lusso, cosicché la miseria materiale spinge a vivere in unioni di fatto. Anche in tali unioni è possibile cogliere autentici valori familiari o almeno il desiderio di essi. Occorre che l’accompagnamento pastorale parta sempre da questi aspetti positivi.
39. Tutte queste situazioni vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza. A questo scopo è importante la testimonianza attraente di autentiche famiglie cristiane, come soggetti dell’evangelizzazione della famiglia.
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Curare le famiglie ferite (separati, divorziati non risposati, divorziati risposati)
40. Nel Sinodo è risuonata chiara la necessità di scelte pastorali coraggiose. Riconfermando con forza la fedeltà al Vangelo della famiglia, i Padri sinodali, hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari, riconoscendo che esse, il più delle volte, sono più "subite" che scelte in piena libertà. Si tratta di situazioni diverse per fattori sia personali che culturali e socio-economici. Non è saggio pensare a soluzioni uniche o ispirate alla logica del "tutto o niente". Il dialogo e il confronto vissuti nel Sinodo dovranno continuare nelle Chiese locali, coinvolgendo le loro diverse componenti, in maniera che le prospettive che si sono delineate possano trovare la loro piena maturazione nel lavoro della prossima Assemblea Generale Ordinaria. La guida dello Spirito, costantemente invocato, permetterà a tutto il popolo di Dio di vivere la fedeltà al Vangelo della famiglia come misericordioso prendersi cura di tutte le situazioni di fragilità.
41. Ogni famiglia ferita va innanzitutto ascoltata con rispetto e amore facendosi compagni di cammino come il Cristo con i discepoli sulla strada di Emmaus. Valgono in maniera particolare per queste situazioni le parole di Papa Francesco: «La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa "arte dell’accompagnamento", perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cf. Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana» (Evangelii Gaudium, 169).
42. Un tale discernimento è indispensabile per i separati e i divorziati. Va rispettata soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione e il divorzio. Il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, ma è un cammino che la grazia rende possibile. Parimenti va sempre sottolineato che è indispensabile farsi carico in maniera leale e costruttiva delle conseguenze della separazione o del divorzio sui figli: essi non possono diventare un "oggetto" da contendersi e vanno cercate le forme migliori perché possano superare il trauma della scissione familiare e crescere in maniera il più possibile serena.
43. Diversi Padri hanno sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità. Tra le proposte sono stati indicati il superamento della necessità della doppia sentenza conforme; la possibilità di determinare una via amministrativa sotto la responsabilità del vescovo diocesano; un processo sommario da avviare nei casi di nullità notoria. Secondo proposte autorevoli, andrebbe poi considerata la possibilità di dare rilevanza alla fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del matrimonio. Va ribadito che in tutti questi casi si tratta dell’accertamento della verità sulla validità del vincolo.
44. Circa le cause matrimoniali lo snellimento della procedura, richiesto da molti, oltre alla preparazione di sufficienti operatori, chierici e laici con dedizione prioritaria, esige di incrementare la responsabilità del vescovo diocesano, il quale nella sua diocesi potrebbe incaricare un sacerdote debitamente preparato che possa gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio.
45. Le persone divorziate ma non risposate vanno invitate a trovare nell’Eucaristia il cibo che le sostenga nel loro stato. La comunità locale e i pastori devono accompagnare queste persone con sollecitudine, soprattutto quando vi sono figli o è grave la loro situazione di povertà.
46. Anche le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento carico di rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati. Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza dell’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità.
47. Riguardo alla possibilità di accedere ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, alcuni hanno argomentato a favore della disciplina attuale in forza del suo fondamento teologico, altri si sono espressi per una maggiore apertura a condizioni ben precise quando si tratta di situazioni che non possono essere sciolte senza determinare nuove ingiustizie e sofferenze. Per alcuni l’eventuale accesso ai sacramenti occorrerebbe fosse preceduto da un cammino penitenziale – sotto la responsabilità dal vescovo diocesano –, e con un impegno chiaro in favore dei figli. Si tratterebbe di una possibilità non generalizzata, frutto di un discernimento attuato caso per caso, secondo una legge di gradualità, che tenga presente la distinzione tra stato di peccato, stato di grazia e circostanze attenuanti.
48. Suggerire di limitarsi alla sola "comunione spirituale" per non pochi Padri sinodali pone alcuni interrogativi: se è possibile la comunione spirituale, perché non poter accedere a quella sacramentale? È stato perciò sollecitato un maggiore approfondimento teologico a partire dai legami tra sacramento del matrimonio e Eucaristia in rapporto alla Chiesa-sacramento. Parimenti va approfondita la dimensione morale della problematica, ascoltando e illuminando la coscienza dei coniugi.
49. Le problematiche relative ai matrimoni misti sono ritornate sovente negli interventi dei Padri sinodali. La diversità della disciplina matrimoniale delle Chiese ortodosse pone in alcuni contesti problemi gravi ai quali è necessario che siano date risposte adeguate in comunione con il Papa. Lo stesso vale per i matrimoni interreligiosi.
Accogliere le persone omosessuali
50. Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. Le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio?
51. La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale: si presenta quindi come un’importante sfida educativa. La Chiesa peraltro afferma che le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna. Non è nemmeno accettabile che si vogliano esercitare pressioni sull’atteggiamento dei pastori o che organismi internazionali condizionino aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate all’ideologia del gender.
52. Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners. Inoltre, la Chiesa ha attenzione speciale verso i bambini che vivono con coppie dello stesso sesso, ribadendo che al primo posto vanno messi sempre le esigenze e i diritti dei piccoli.
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cosa altro si può dire in riferimento agli impostori vaticanosecondisti, la prima cosa è prendere le distanze dalla loro presenza fisica in maniera da non venire inzozzati dalle loro diaboliche eresie, la seconda è il condannare pubblicamente le loro diaboliche macchinazioni, le terza cosa è studiare attentamente la vera Dottrina della Chiesa riguardo il Sacramento del Matrimonio, la quarta cosa, la più importante, è la preghiera e vivere, con l’aiuto della Grazia, i precetti evangelici secondo l’insegnamento della vera Chiesa Cattolica e non seguire i fasulli usurpatori vaticanosecondisti, pena il rischio della pena eterna nell’inferno preparato per il Diavolo e per chiunque volontariamente lo segue.
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Il vincolo del matrimonio fu dichiarato solennemente perpetuo e indissolubile dal primo padre del genere umano quando disse, sotto l’ispirazione dello Spirito santo: Questo, ora, è osso delle mie ossa e carne della mia carne. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla propria moglie: e saranno due in una sola carne (375).
Che questo vincolo dovesse unire e congiungere due persone soltanto, Cristo Signore lo insegnò più apertamente, quando, riferendo quelle ultime parole come pronunciate da Dio, disse: Quindi, ormai non sono più due, ma una sola carne e immediatamente confermò la stabilità di quel vincolo, affermata da Adamo tanto tempo prima, con queste parole: L’uomo, quindi, non separi quello che Dio ha congiunto (376).
Lo stesso Cristo, autore e perfezionatore dei santi sacramenti, con la sua passione ci ha meritato la grazia, che perfezionasse quell’amore naturale, ne confermasse l’indissolubile unità e santificasse gli sposi. Cosa che Paolo apostolo accenna, quando dice: Uomini, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la chiesa ed ha sacrificato se stesso per essa (377). E poco dopo soggiunge: Grande è questo sacramento. Io dico in Cristo e nella chiesa (378).
Poiché, quindi, il matrimonio nella legge evangelica è superiore per la grazia di Cristo agli antichi matrimoni, giustamente i nostri santi padri, i concili e la tradizione della chiesa universale hanno sempre insegnato che si dovesse annumerare tra i sacramenti della nuova legge.
Insanendo contro di essa, uomini empi di questo secolo non solo si sono formati un’opinione falsa di questo venerabile sacramento, ma secondo il proprio costume, col pretesto del vangelo hanno introdotto la libertà della carne e con la bocca e con gli scritti hanno affermato molte cose aliene dal senso della chiesa cattolica e dalla tradizione approvata dai tempi degli apostoli, non senza grande danno dei fedeli cristiani.
Perciò il santo e universale sinodo, volendo opporsi alla loro temerità, ha determinato di sterminare le eresie e gli errori più notevoli di questi scismatici e di stabilire contro gli stessi eretici ed i loro errori i seguenti anatematismi.
CANONI SUL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO
1. Se qualcuno dirà che il matrimonio non è in senso vero e proprio uno dei sette sacramenti della legge evangelica, istituito da Cristo, ma che è stato inventato dagli uomini nella chiesa, e non conferisce la grazia, sia anatema.
2. Chi dirà che è lecito ai cristiani avere nello stesso tempo più mogli e che ciò non è proibito da alcuna legge divina, sia anatema.
3. Se qualcuno dirà che solo i gradi di consanguineità e di affinità enumerati nel Levitico (379) possono impedire di contrarre il matrimonio e possono sciogliere uno già contratto e che la chiesa non può dispensare da qualcuno di essi o costituirne in numero maggiore che lo impediscano e lo sciolgano, sia anatema.
4. Se qualcuno dirà che la chiesa non poteva stabilire degli impedimenti dirimenti il matrimonio, o che stabilendoli ha errato, sia anatema.
5. Se qualcuno dirà che per motivo di eresia o a causa di una convivenza molesta o per l’assenza esagerata dal coniuge si possa sciogliere il vincolo matrimoniale, sia anatema.
6. Se qualcuno dirà che il matrimonio rato e non consumato non venga sciolto con la professione solenne di uno dei coniugi, sia anatema.
7. Se qualcuno dirà che la chiesa sbaglia quando ha insegnato ed insegna che secondo la dottrina evangelica ed apostolica (380) non si può sciogliere il vincolo del matrimonio per l’adulterio di uno dei coniugi, e che l’uno e l’altro (perfino l’innocente, che non ha dato motivo all’adulterio) non possono, mentre vive l’altro coniuge, contrarre un altro matrimonio, e che, quindi, commette adulterio colui che, lasciata l’adultera, ne sposi un’altra, e colei che, scacciato l’adultero, si sposi con un altro, sia anatema.
8. Se qualcuno dirà che la chiesa sbaglia quando, per vari motivi, stabilisce che si può fare la separazione dalla coabitazione tra i coniugi, a tempo determinato o indeterminato, sia anatema.
9. Se qualcuno dirà che i chierici costituiti negli ordini sacri o i religiosi che hanno emesso solennemente il voto di castità, possono contrarre matrimonio, e che questo, una volta contratto, sia valido, non ostante la legge ecclesiastica o il voto, e che sostenere l’opposto non sia altro che condannare il matrimonio; e che tutti quelli che sentono di non avere il dono della castità (anche sé ne hanno fatto il voto) possono contrarre matrimonio, sia anatema. Dio, infatti, non nega questo dono a chi lo prega (381) con retta intenzione e non permette che noi siamo tentati al di sopra di quello che possiamo (382).
10. Se qualcuno dirà che lo stato coniugale è da preferirsi alla verginità o al celibato e che non è cosa migliore e più beata rimanere nella verginità e nel celibato, che unirsi in matrimonio (383), sia anatema.
11. Se qualcuno dirà che la proibizione della solennità delle nozze in alcuni periodi dell’anno è una superstizione tirannica, che ha avuto origine dalla superstizione dei pagani o condannerà le benedizioni e le altre cerimonie, di cui la chiesa fa uso in esse, sia anatema.
12. Se qualcuno dirà che le cause matrimoniali non sono di competenza dei giudici ecclesiastici, sia anatema.
CANONI SULLA RIFORMA DEL MATRIMONIO
Capitolo I
Quantunque non si debba dubitare che i matrimoni clandestini, celebrati con il libero consenso dei contraenti, siano rati e veri matrimoni, almeno fino a che la chiesa non li abbia dichiarati invalidi, - e che, quindi, a buon diritto debbano condannarsi (come il santo sinodo in realtà condanna) quelli che negano che essi siano veri e rati e chi falsamente afferma che i matrimoni contratti dai figli senza il consenso dei genitori siano nulli, e che questi possano invalidarli o annullarli, - tuttavia la santa chiesa di Dio li ha sempre, per giustissimi motivi, detestati e proibiti.
Il santo sinodo però deve riconoscere che tali proibizioni per la disobbedienza degli uomini non servono a nulla e considera i gravi peccati che nascono da questi matrimoni, specie di coloro che rimangono in una condizione di dannazione, quando, lasciata la prima moglie, con cui hanno contratto segretamente matrimonio, lo contraggono pubblicamente con un’altra, e vivono con essa in perpetuo adulterio. Ora la chiesa, che non giudica delle intenzioni occulte, non può ovviare a questo male, se non provvede con qualche rimedio più efficace.
Seguendo, perciò, le orme del sacro concilio Lateranense (384), celebrato sotto Innocenzo III, comanda che in avvenire, prima che si contragga il matrimonio, per tre volte, in tre giorni festivi consecutivi il parroco dei contraenti dichiari pubblicamente in chiesa, durante la santa messa, tra chi debba contrarre il matrimonio. Fatte queste pubblicazioni, se non si oppone alcun legittimo impedimento, si proceda alla celebrazione del matrimonio dinanzi alla chiesa, dove il parroco, interrogati l’uomo e la donna, ed inteso il loro mutuo consenso, dica: Io vi congiungo in matrimonio nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, o si serva di altra formula, secondo il rito consueto in ciascuna provincia.
Se poi in qualche caso vi fosse il fondato sospetto che, facendo tante pubblicazioni, il matrimonio potrebbe essere maliziosamente impedito, allora si faccia solo una pubblicazione, o il matrimonio venga celebrato almeno alla presenza del parroco e di due o tre testimoni. Quindi, prima della consumazione, si facciano le pubblicazioni in chiesa, affinché se vi fosse qualche impedimento sia facilmente scoperto, a meno che l’ordinario stesso non giudichi opportuno che le predette pubblicazioni vengano omesse, cosa che il santo sinodo rimette alla sua prudenza e al suo criterio.
Quelli che tenteranno di contrarre matrimonio in maniera diversa da quella prescritta, e cioè presente il parroco o altro sacerdote, con la licenza dello stesso parroco o dell’ordinario e con due o tre testimoni, il santo sinodo li rende assolutamente incapaci a contrarre il matrimonio in tal modo e dichiara nulli e vani questi contratti; e col presente decreto li rende vani e li annulla.
Comanda, inoltre, che siano gravemente puniti a giudizio dell’ordinario, il parroco e qualsiasi altro sacerdote, che con minor numero di testimoni assistesse a tale contratto; e i testimoni che lo facessero senza il parroco o altro sacerdote; ed anche gli stessi contraenti.
Il santo sinodo, inoltre, raccomanda che gli sposi, prima della benedizione sacerdotale - da riceversi in chiesa - non abitino insieme nella stessa casa. Stabilisce anche che la benedizione debba essere impartita dal proprio parroco e che nessun altro, fuorché lo stesso parroco o l’ordinano, possa concedere la licenza di dare questa benedizione ad altro sacerdote, non ostante qualsiasi consuetudine, anche immemorabile, - che deve dirsi piuttosto corruzione - o privilegio.
Se un parroco od altro sacerdote, sia regolare che secolare, - anche se crede di poterlo fare per un privilegio o per una consuetudine immemorabile -, osasse unire in matrimonio o benedire sposi di altra parrocchia, senza il permesso del loro parroco, per disposizione stessa del diritto rimanga sospeso fino a quando non sia assolto dall’ordinario del parroco che avrebbe dovuto assistere al matrimonio, o che avrebbe dovuto impartire la benedizione.
Il parroco abbia un registro, in cui scriva accuratamente i nomi dei coniugi e dei testimoni, il giorno e il luogo in cui fu contratto il matrimonio, e lo conservi diligentemente presso di sé.
Da ultimo, il santo sinodo esorta i coniugi che prima di contrarre il matrimonio, o almeno tre giorni prima della sua consumazione, confessino diligentemente i propri peccati, e si accostino piamente al santissimo sacramento dell’eucarestia.
Se vi fossero poi delle province che, oltre a queste, abbiano anche altre lodevoli consuetudini e cerimonie, il santo sinodo desidera vivamente che vengano conservate.
E perché precetti così salutari non debbano rimanere ignoti a qualcuno, comanda a tutti gli ordinari che, non appena lo possano, facciano in modo che questo decreto venga reso noto e spiegato al popolo in ogni chiesa parrocchiale delle loro diocesi. Nel primo anno, ciò dovrà farsi spessissimo; poi, quando lo crederanno necessario.
Stabilisce, inoltre, che questo decreto cominci ad andare in vigore, in ogni parrocchia, a trenta giorni dalla prima pubblicazione nella stessa parrocchia.
Capitolo II
L’esperienza insegna che molte volte, per la moltitudine delle proibizioni, si contraggono ignorantemente matrimoni in casi proibiti. Allora, o si continua nel matrimonio non senza grande peccato o esso si scioglie non senza grave scandalo.
Il concilio, quindi, volendo provvedere a questo inconveniente, a cominciare dall’impedimento della parentela spirituale, stabilisce che solo uno, uomo o donna secondo le prescrizioni dei sacri cànoni, o al massimo un uomo e una donna possano tenere il battezzato al battesimo. Tra essi, il battezzato stesso e il padre e la madre di lui, come pure tra il battezzante e il battezzato e il padre e la madre del battezzato soltanto, si determini la parentela spirituale.
Il parroco, prima di recarsi a conferire il battesimo, si informi diligentemente da quelli cui spetta, quale o quali persone essi hanno scelto per ricevere il battezzato dal sacro fonte, ed ammetta a tale ufficio soltanto quella o quelle; trascriva i loro nomi nel registro, e li informi della parentela che hanno contratto, perché non possano essere scusati da alcuna ignoranza.
Se poi anche altri oltre quelli designati, toccassero il battezzato, questi non contrarranno in nessun modo parentela spirituale. Le costituzioni in contrario non avranno alcun valore. Se poi per colpa o negligenza del parroco si facesse diversamente, sia punito a giudizio dell’ordinario.
Anche la parentela che nasce dalla confermazione non deve estendersi oltre chi conferma e chi viene confermato, suo padre e sua madre, e chi tocca il bambino. Tutti gli impedimenti di questa parentela spirituale che riguardano altre persone siano assolutamente aboliti.
Capitolo III
Il santo concilio toglie del tutto l’impedimento di giustizia di pubblica onestà, quando gli sponsali per qualsiasi motivo non fossero validi. Ma quando sono validi, non oltrepassi il primo grado, poiché negli altri (gradi) questa proibizione non può più essere osservata senza danno.
Capitolo IV
Questo santo sinodo, inoltre, indotto da questi ed altri gravissimi motivi, restringe solo ai parenti in primo e secondo grado l’impedimento che deriva dall’affinità contratta con la fornicazione e che scioglie il matrimonio contratto in seguito. E stabilisce che negli altri gradi questa affinità non scioglie il matrimonio contratto in seguito.
Capitolo V
Chi consapevolmente credesse di poter contrarre matrimonio nei gradi proibiti, sia separato e non abbia alcuna speranza di ottenere la dispensa. Ciò si osservi in modo particolare con chi osasse non solo contrarre il matrimonio, ma consumarlo. Se poi l’avesse fatto per ignoranza, per aver trascurato le solennità prescritte nel contrarre il matrimonio, sia soggetto alle stesse pene: non è degno, infatti, di trovar facilmente benevolenza presso la chiesa, chi ha trascurato i suoi salutari ammonimenti. Ma se, pur essendosi attenuti alle forme, in seguito si venisse a conoscere qualche impedimento, di cui egli, probabilmente, non ha avuto conoscenza, in questo caso più facilmente - e gratuitamente - gli si potrà concedere la dispensa.
Per i matrimoni da contrarre non si concedano assolutamente dispense, o raramente; ciò, inoltre, non senza motivo e gratuitamente. Nel secondo grado non si dispensi mai, se non tra grandi principi e per un pubblico motivo.
Capitolo VI
Il santo concilio stabilisce che tra il rapitore e la persona rapita non possa aver luogo alcun matrimonio, per tutto il tempo che essa rimane in potere del rapitore. Se la persona rapita, separata dal rapitore e posta in luogo sicuro e libero, acconsentisse ad averlo per marito, il rapitore la prenda pure in moglie, ma il rapitore stesso e tutti quelli che gli hanno dato il loro consiglio e prestato il loro aiuto e il loro favore siano ipso iure scomunicati, infami per sempre e incapaci di qualsiasi dignità. Se poi fossero chierici, decadano dalla propria condizione. Il rapitore, inoltre, sia che la sposi, sia che non la sposi, sia obbligato a dare una dote alla persona rapita, proporzionata alla sua condizione, secondo la decisione del giudice.
Capitolo VII
Vi sono molti che vagano qua e là e non hanno fissa dimora. Poiché sono di indole cattiva, abbandonata la prima moglie, ne prendono un’altra, o addirittura più, in diversi luoghi, mentre essa vive ancora. Il santo sinodo intende rimediare a questa piaga e ammonisce paternamente tutti quelli, cui spetta, di non esser troppo facili ad ammettere al matrimonio questo genere di individui vaganti. Ed esorta anche le autorità secolari, perché li reprimano severamente.
Ai parroci poi comanda di non assistere ai loro matrimoni, senza aver assunto prima diligenti informazioni, e se, dopo aver riferito la cosa all’ordinario, non hanno prima ottenuto la licenza di fare ciò.
Capitolo VIII
È grave peccato, certamente, che uomini non sposati abbiano concubine. Ma che anche uomini ammogliati vivano in questo stato di dannazione ed osino, qualche volta, mantenerle e tenerle in casa con le mogli, ciò è gravissimo, ed è atteggiamento di particolare disprezzo contro questo grande sacramento.
Perciò il santo sinodo, volendo provvedere con opportuni rimedi ad un male così grande, stabilisce che questi concubinari, sia liberi che ammogliati, di qualsiasi stato, dignità e condizione essi siano, se, ammoniti di ciò dall’ordinario - anche d’ufficio - per tre volte, non rimandano le concubine e non cessano la vita in comune con esse, debbano esser colpiti dalla scomunica e che non possano esser assolti fino a quando non obbediranno realmente all’ammonizione fatta.
Se poi, incuranti delle censure, rimanessero nel concubinato per un anno, l’ordinario proceda severamente contro di essi, secondo la qualità del delitto.
Quanto a quelle donne, - siano esse maritate o nubili - che vivono pubblicamente con gli adulteri o concubinari, se esse, ammonite tre volte, non obbediranno, siano gravemente punite dagli ordinari dei luoghi, d’ufficio, anche senza che qualcuno lo richieda, a seconda della colpa, e siano cacciate dalla città o dalla diocesi, se questo sembrerà opportuno agli stessi ordinari, chiamando in aiuto, se necessario, il braccio secolare. Le altre pene stabilite contro gli adulteri e i concubinari rimarranno in vigore.
Capitolo IX
Gli affetti terreni e le passioni, spessissimo accecano tanto gli occhi della mente dei signori temporali e delle autorità, da costringere con minacce e pene uomini e donne della loro giurisdizione - specie se ricchi e se hanno la speranza di un grande eredità - a contrarre il matrimonio contro loro volontà con quelli che gli stessi signori e magistrati impongono loro.
E poiché è sommamente empio che sia violata la libertà del matrimonio e che le ingiustizie nascano proprio da coloro, da cui si dovrebbe attendere l’esatta osservanza delle leggi, il santo sinodo comanda a tutti - di qualsiasi grado, dignità e condizione - sotto pena di scomunica ipso facto, di non voler impedire in nessun modo, direttamente o indirettamente, ai loro sudditi o a qualsiasi altro, di contrarre liberamente matrimonio.
Capitolo X
Dall’avvento del Signore nostro Gesù Cristo fino al giorno dell’epifania, e dal mercoledì delle ceneri all’ottava di Pasqua compresa, il santo sinodo dispone che tutti osservino le antiche proibizioni delle nozze solenni. Negli altri tempi, permette che esse possano celebrarsi solennemente; ma i vescovi faranno in modo che esse siano celebrate con quella moderazione e dignità che il rito comporta: il matrimonio, infatti, è cosa santa e dev’essere trattato santamente.
Decreto di riforma.
Lo stesso santo sinodo, proseguendo la materia della riforma, dispone che nella presente sessione si debba stabilire quanto segue.
Canone I
Se in ogni grado della chiesa bisogna far in modo con provvida consapevolezza che nella casa del Signore niente sia disordinato, né fuori posto, molto maggiormente bisogna far in modo di non errare nella elezione di colui che viene costituito al di sopra di ogni grado: infatti lo stato e l’ordine di tutta la famiglia del Signore sarà diverso, se quello che si richiede nelle membra verrà a mancare nel capo (385).
Quindi, benché altrove (386) il santo sinodo abbia dato alcune utili prescrizioni riguardo a coloro che devono esser promossi alle chiese cattedrali e superiori, crede, tuttavia, che questo ufficio sia tale, che se si considerasse in proporzione della sua grandezza, non sembrerebbe mai abbastanza tutelato. Il concilio quindi stabilisce che non appena una chiesa si rende vacante, sia in pubblico che in privato si rivolgano a Dio suppliche e preghiere. Preghiere e suppliche siano indette anche dal capitolo per tutta la città e per tutta la diocesi, perché il clero e il popolo possano impetrare da Dio un buon pastore.
Inoltre, pur non innovando nulla, su questo argomento per il presente stato dei tempi, esorta ed ammonisce tutti quelli che hanno in qualsiasi modo per concessione della santa sede, o anche diversamente, titolo a intervenire nella promozione dei futuri prelati perché si ricordino, prima di ogni altra cosa, che essi non possono fare nulla di più utile per la gloria di Dio e la salvezza dei popoli, che procurare che vengano promossi pastori buoni e adatti a governare la chiesa. Li ammonisce anche che essi, divenendo partecipi dei peccati degli altri, peccano gravemente, se non procureranno diligentemente che vengano scelti a governare quelli che essi stimano più degni e più utili alla chiesa, mossi non da preghiere, da umano affetto o dai suggerimenti di chi briga, ma dai loro meriti: quelli nati da legittimo matrimonio e che presentano una vita, un’età, una dottrina e tutte le altre qualità, che sono richiesti dai sacri canoni e dai decreti di questo sinodo Tridentino.
E poiché nell’assumere le informazioni - serie e utili - degli uomini onesti e dotti su tutte queste qualità, non si può avere un modo dappertutto uniforme, data la varietà delle nazioni, dei popoli e dei costumi, il santo concilio comanda che nel sinodo provinciale - che il metropolita deve tenere - sia prescritto per ogni luogo e provincia un proprio schema per l’esame, l’inchiesta o l’istruttoria che si deve fare, da approvarsi dal santissimo pontefice romano, secondo l’utilità dei luoghi. In tal modo quando, poi, questo esame o inchiesta sulla persona da promuoversi è stata completata, sia redatta in atto pubblico e con l’insieme delle testimonianze e la professione di fede da essa fatta, sia senz’altro trasmessa al più presto al pontefice romano, affinché lo stesso sommo pontefice, dopo aver preso completa visione di tutta la pratica e delle persone, possa più utilmente provvedere per mezzo loro alle chiese - se saranno trovati adatti - per l’utilità del gregge del Signore.
Inoltre, tutte le ricerche, le informazioni, le testimonianze, le prove di qualsiasi natura, che si sono potute raccogliere sulle qualità di colui che dev’essere promosso e sullo stato della chiesa, da qualsiasi persona, anche nella curia romana, vengano esaminate diligentemente da un cardinale che poi ne farà la relazione in concistoro e da tre altri cardinali; la relazione sia confermata dalla firma del cardinale relatore e dei tre cardinali. In essa ciascuno dei quattro cardinali affermi separatamente, che, usata accurata diligenza, ha trovato le persone, che devono essere promosse, fornite delle qualità richieste dal diritto e da questo santo sinodo, e di avere la persuasione - a rischio dell’eterna salute - che essi sono adatti ad esser messi a capo delle chiese. Fatta poi la relazione in un primo concistoro, perché frattanto con più matura riflessione si possa giungere ad una più profonda conoscenza della inchiesta, si differisca il giudizio ad altro concistoro, a meno che al pontefice non sembri opportuno fare diversamente.
Stabilisce, inoltre, lo stesso concilio che tutte e singole le prescrizioni che sono state emanate, altre volte, nello stesso sinodo, per quanto riguarda la vita, l’età, la dottrina e le altre qualità dei vescovi che dovranno essere eletti, debbano osservarsi anche nella creazione dei cardinali della santa chiesa romana, anche se fossero solo diaconi, e che il pontefice romano, per quanto possibile, eleggerà da tutte le nazioni della cristianità, a seconda che li troverà adatti.
Da ultimo lo stesso sinodo, scosso dai tanti gravissimi mali che travagliano la chiesa, non può non ricordare che niente è più necessario alla chiesa di Dio che il pontefice romano mostri quella sollecitudine che in forza del suo ufficio deve a tutta la chiesa specialmente nello scegliere solo dei cardinali eccellenti e nel mettere a capo delle singole chiese pastori ottimi e adatti. Ciò con tanta maggior ragione, in quanto il signore nostro Gesù Cristo, gli chiederà conto del sangue di quelle sue pecore che dovessero perire a causa del cattivo governo di pastori negligenti e immemori del loro ufficio.
Canone II
Se i concili provinciali in qualche posto sono stati trascurati, vengano ripresi per regolare i costumi, correggere le colpe, comporre le controversie, e per le altre cose permesse dai sacri canoni.
Perciò i metropoliti stessi, - o se essi ne fossero legittimamente impediti, il coepiscopo più anziano, - almeno entro un anno dalla fine del presente concilio, e, in seguito, almeno ogni tre anni, non trascuri di riunire il sinodo della sua provincia, dopo l’ottava della Pasqua del nostro signore Gesù Cristo, o in altro tempo più comodo, secondo l’usanza della provincia. Ad esso devono assolutamente partecipare tutti i vescovi e gli altri che per diritto o per consuetudine sono obbligati ad intervenirvi, eccettuati quelli, soltanto, che dovrebbero attraversare il mare con immediato pericolo.
Al di fuori di tale occasione i vescovi comprovinciali non siano più costretti, contro la loro volontà, a recarsi alla chiesa metropolitana col pretesto di qualsiasi consuetudine. Similmente i vescovi che non dipendono da nessun arcivescovo, una volta per sempre scelgano un metropolita vicino, al cui sinodo provinciale siano tenuti a partecipare con gli altri, ed osservino e facciano osservare quelle decisioni che vi fossero state prese. In tutte le altre cose, la loro esenzione e i loro privilegi siano sani e salvi.
Si celebrino anche, ogni anno, i sinodi diocesani; ad essi dovranno recarsi anche tutti quegli esenti che, se non fossero esenti avrebbero l’obbligo di parteciparvi, e che non sono soggetti ai capitoli generali. Quelli che hanno la cura di chiese parrocchiali o di altre, anche annesse, chiunque essi siano, dovranno partecipare al sinodo.
I metropoliti, i vescovi e gli altri menzionati sopra che in questi problemi fossero negligenti, incorreranno nelle pene sancite dai sacri canoni.

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