L’Ossessione di Bergoglio: “Incontro e Unità” e la Mano Tesa ai Tradizionalisti
Un libro interessante su Bergoglio
Il libro intervista scritto da Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti, titolato ‘Jorge Bergoglio. Papa Francesco. Il nuovo Papa si racconta’ (Firenze, Editrice Salani, 2013), ci fa conoscere la personalità di Francesco I e ci aiuta a capire ciò che sta operando con il mondo “tradizionalista”, oramai in maniera quasi totalmente scoperta, a partire dal 1° settembre del 2015.
La prefazione del Rabbino Skorka
La Prefazione al libro è stata scritta dal Rabbino capo di Buenos Aires Abraham Skorka. In essa si legge: “L’ossessione di Bergoglio può essere riassunta in due parole: incontro e unità” (p. 7). Infatti, nell’intervista concessa ai due giornalisti, Bergoglio si autodefinisce come il teorico “della cultura dell’incontro” (p. 107). Secondo lui occorre dare “la priorità all’incontro tra le persone, al camminare assieme. Così facendo, dopo sarà più facile abbandonare le differenze” (p. 76). Inoltre secondo Bergoglio è bene “non perdersi in vuote riflessioni teologiche” (p. 39).
“Incontrare tutti e camminare assieme”
Il dialogo e l’incontro personale valgono per tutti, ebrei, musulmani ed anche per i “tradizionalisti” se pronti ad “incontrarsi, a camminare assieme”, il resto verrà da sé, le diversità pian piano si addolciranno. Bergoglio suole ripetere: “è il tempo a farci maturare. Bisogna lasciare che il tempo modelli e amalgami le nostre vite” (p. 65).
Non penso, quindi, che papa Francesco I sbatterà le porte in faccia a quella parte del mondo oramai “post-tradizionalista” in ricerca non dignitosa di una sistemazione canonica e pronto, già dal 2001, a riconoscere la “bontà del Vaticano II al 95%” e a far “Giubileo”, ossia a gioire per il suo 50° anniversario a partire dal 1° settembre del 2015.
“È il tempo a farci maturare”
Molto probabilmente dall’accordo implicito sul silenzio pubblico riguardo al Vaticano II del 1° settembre 2015 (che corrisponde alla negazione implicita della Fede e alla accettazione pratica degli errori modernisti contenuti nei 16 Documenti del Concilio Vaticano II), entro due anni al massimo, si arriverà all’accordo esplicito e poi … col tempo che “modella e amalgama le nostre vite” (J. Bergoglio) … all’invio dei “visitatori canonici”, che oramai si son presentati alle porte anche della Familia Christi di Roma/Viterbo dopo aver bussato a quelle di tutta l’Ecclesia Dei.
Infatti – secondo la tattica della “teologia dell’incontro” bergogliana, che concede il primato alla prassi sulla dottrina – dopo essersi incontrati all’inizio post-tradizionalisti e neomodernisti, dopo aver camminato assieme … alla fine anche quel piccolo 5% di discordanza tra di loro sul Vaticano II, che è rimasto nei post-tradizionalisti a coprire le “vergogne” del cedimento dottrinale e del rinnegamento pratico o implicito della Fede, scomparirà con un “trasbordo ideologico inavvertito”, non solo verbale ed implicito (1° settembre 2015), ma reale, esplicito e doloroso. Il tempo “aggiusta” tutto… “Così facendo [assieme a Bergoglio il teorico della cultura dell’incontro] sarà più facile abbandonare le differenze senza perdersi in vuote riflessioni teologiche” (J. Bergoglio). Disprezzo per le dispute teologiche che oramai ha invaso anche le menti dei post-tradizionalisti, che hanno occupato il vertice del Vaticano dal 10 ottobre del 1958.
“Dialogo, dialogo, dialogo”
Il motto di papa Bergoglio è: “qualsiasi forma di mancato incontro è per me un motivo di profondo dolore” (p. 110), perciò quando “mi domandano un orientamento, la mia risposta è sempre la stessa: dialogo, dialogo, dialogo…” (p. 111).
Romano Guardini e Bergoglio
Il libro ci ricorda, inoltre, che la Tesi di laurea dell’allora p. Bergoglio è stata discussa in Germania negli anni Ottanta su Romano Guardini, “propugnatore del rinnovamento ecclesiastico che si sarebbe realizzato nel Concilio Vaticano II” (p. 18). Ora se Guardini è stato un modernizzante è stato anche il caposcuola di Ratzinger, Hans Urs von Balthasar e della Rivista Communio, dal 1972 contraltare modernista moderato della Rivista Concilium del 1964 avanguardia del modernismo radicale (Rahner, Küng, Schilleebeckx), ed ha influito non poco sulla sensibilità estetizzante di Benedetto XVI circa la Messa tradizionale. Quindi occorre saper sfumare e far le dovute differenze circa la personalità di Bergoglio. Amando Guardini, penso non disprezzerà troppo, come fece invece Montini, la Messa detta di San Pio V, purché non si obietti troppo e pubblicamente sulla ortodossia del Novus Ordo Missae di Paolo VI.
De-ideologizzare e convertire tramite l’azione comune, evitando le diatribe dottrinali: Bergoglio come Bloch
Il programma proposto da Francesco I è di de-ideologizzare inizialmente, incontrarsi, costruire ponti, abbattere steccati, evitare sterili diatribe dottrinali, portando avanti il “dialogo, dialogo, dialogo…”, agire assieme per poi pensarla inavvertitamente alla stessa maniera (“cogitare sequitur esse”). Così il modernismo, che oramai ha occupato l’apice dell’ambiente cattolico ed ecclesiale, chiede ai cattolici fedeli alla Tradizione di agire uniti per vincere il materialismo, l’ateismo. Alcuni cattolici fedeli in buona fede si lasciano convincere e agendo assieme ai modernisti finiscono per essere mangiati da loro, come “il pesce più piccolo è divorato da quello più grande”.
Tattica analoga del comunismo e del modernismo: incontrarsi non sul piano della dottrina, ma su quello dell’azione e dei fatti contingenti
Attenzione! Le insidie della “setta segreta modernista” (S. Pio X, motu proprio Sacrorum Antistitum, 1° settembre 1910) sono veramente simili a quelle della mano tesa dalla “setta catto/comunista”. I Comunisti come i Modernisti, infatti, non disdegnano la collaborazione dei cattolici. Anzi, la sollecitano (v. Antonio Gramsci, Ernest Bloch e Palmiro Togliatti), la provocano anche, mettendo in evidenza miseria e ingiustizie che possano suscitare l’indignazione e la reazione degli spiriti retti. E, purtroppo, spesso ottengono la collaborazione desiderata. Abituati ad agire in buona fede, i cattolici tendono molte volte a giudicare impossibile che, dietro considerazioni umanitarie, qualcuno possa nascondere un fine perverso. Finiscono così per impegnarsi, non per il movimento comunista, ma per la lotta a favore degli infelici, degli oppressi e dei sofferenti. E lavorano uniti, cattolici e comunisti, certi i primi che gli altri, come loro, desiderano sinceramente curare la società dalle piaghe che la infettano; più certi i secondi che l’agitazione umanitaria offrirà loro l’ambiente ideale per l’estensione del loro potere. Lavorando assieme finiscono, però, per pensare allo stesso modo, ossia i cattolici si lasciano incantare dalla sirena marxista e perdono la loro identità. Le modalità per presentare il comunismo in una salsa che seduce anche i cattolici sono le seguenti: farli incontrare non sul piano della dottrina, ma su quello dell’azione e dei fatti contingenti (la pace, la fame nel terzo mondo, le ingiustizie sociali …). Solo così si potrà convertire i cristiani al comunismo dapprima pratico e poi anche teoretico (cfr. E. Bloch, Karl Marx, tr. it., Bologna, Il Mulino, 1972). I “credenti” progressisti debbono essere affiancati dal comunismo e poi convertiti tramite l’azione comune (cfr. E. Bloch, Ateismo nel Cristianesimo, tr. it., Milano, Feltrinelli, 1976). Bloch ha gettato un ponte tra Cristianesimo e comunismo ed ha abbattuto i bastioni che difendevano il primo dalle insidie del secondo, ma il ponte è stato percorso a senso unico, ossia solo dal Cristianesimo verso il marxismo pratico. Palmiro Togliatti a Bergamo il 20 marzo 1963 fece un discorso in cui, rifacendosi ad Antonio Gramsci, propose la de-ideologizzazione, invitando cattolici e comunisti a non scontrarsi su questioni di dottrina, ma ad agire assieme per la pace del mondo, evitando assolutamente “sterili diatribe dottrinali” (L. Gruppi, Antologia del compromesso storico, Roma, Editori Riuniti, 1977, P. Togliatti, Il destino dell’uomo, pp. 244 ss.). Come si vede, la tattica usata da Bergoglio nei confronti dei tradizionalisti è simile a quella dei comunisti nei confronti dei cristiani.
La politica della distensione e della mano tesa continuerà?
Ora occorre attendere e vedere quale sarà la prossima mossa di Francesco I verso il mondo della Tradizione, ma la sua personalità lascia intravedere che la politica della distensione e della mano tesa continuerà. Francesco I non è per la Teologia della Liberazione, anche se essa – per lui – non è totalmente condannabile ed ha dei “lati positivi” (p. 78). C’è sempre un “ma” o un “anche se” nel suo pensiero. Nulla è chiaro, preciso, definito e netto, ma tutto è fluido, confuso, contraddittorio ed in continua evoluzione.
Conclusione
L’attuale situazione della Chiesa è un vero tormento e non ci deve portare a disprezzare la figura del Papa in quanto tale né il Papato, anzi dobbiamo difenderli quando sono attaccati da coloro (v. Dichiarazione dell’Onu del 5 febbraio 2014) che li odiano in quanto tali, nonostante le edulcorazioni e gli annacquamenti apportati per rendersi simpatici all’uomo contemporaneo (“quando il sale diventa insipido viene buttato via e calpestato”). Nello stesso tempo è lecito mostrare con rispetto le divergenze tra la Tradizione costante della Chiesa e l’insegnamento pastorale oggettivamente innovatore, senza pretendere con ciò di poter salvare la Chiesa. Che Dio ci aiuti a mantenere la vera fede integra e pura, senza deviare per eccesso o per difetto.
d. Curzio Nitoglia
23/09 /2015
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