PASTORI APOSTATICI E BLASFEMI
Pastori apostatici e blasfemi: libera nos Domine. Si resta impressionati dai punti di contatto fra quanto fece Lutero e quanto sta avvenendo oggi nella Chiesa: ma occorrevano 500 anni perché si decidesse a dargli ragione?
di Francesco Lamendola
A Omaha, nel Nebraska, in occasione di una festività perfettamente laica, il Festival dei Fiori, l’arciprete della cattedrale di Santa Cecilia ha pensato bene di unirsi all’allegria generale addobbando la sua chiesa con una grande bambola di May Poppins, con tanto di ombrello aperto in mano, che scende dall’alto della volta, sospesa a mezz’aria, sui fedeli in preghiera, mentre da una cappella laterale ammicca una gigantesca immagine di Buddha. Il sacrestano, inorridito, ha perso la pazienza, ha tranciato le funi e “ammainato” la bambola della leggendaria baby-sitter, poi, con le forbici, ha distrutto l’immagine di Buddha. Risultato: il prete l’ha denunciato e i poliziotti l’hanno messo in galera. Il vescovo ha taciuto.
Non sempre le chiese cattoliche vengono auto-profanate; qualche volta - anzi, più spesso di quanto non si creda – vengono profanate dall’esterno, non da ragazzotti in cerca di emozioni forti, ma da ramificate e attive sette sataniche, le quali sentono giunta la loro ora.
Ad Aurillac, in Francia, nella Chiesa del Sacro Cuore, ignoti si sono introdotti nottetempo, forzando le serrature del portone, hanno saccheggiato quel che hanno voluto, asportato candele e altri arredi, infine hanno orinato sui paramento sacri dell’altare. L’episodio è stato prontamente insabbiato e solo per caso il pubblico ne è venuta a conoscenza, ma senza alcun clamore, tanto che la cosa è praticamente passata inosservata a livello nazionale e internazionale, anche se si tratta di una delle numerosissime profanazioni che avvengono a danno di chiese cattoliche. I vescovi preferiscono evitare clamori, come in questo caso. La stampa non ne parla quasi mai. Ci chiediamo cosa farebbero i mass-media “politicamente corretti” se si trattasse di moschee o sinagoghe; e questa osservazione non vale solo per la Francia, ma per tutti i Paesi occidentali.
E veniamo all’Italia.
A Padova il vescovo, mons. Claudio Cipolla, all’avvicinarsi del Santo Natale, se ne è uscito con la stupefacente affermazione che, se rimuovere il crocifisso servisse a favorire il dialogo con i musulmani, lui sarebbe disposto a toglierlo. Anzi, ha precisato che, pur di favorire “la pace”, come raccomandato dal papa Francesco, lui sarebbe disposto a fare tutta una serie di “passi indietro”. Infine, ciliegina sulla torta, ha detto che le religioni possono favorire il dialogo fra i popoli, ma anche alimentare l’odio: senza specificare a chi si riferiva e quindi, implicitamente, mettendo tutti sullo stesso piano, carnefici e vittime; e questo con le strade di Parigi ancora fresche di sangue innocente, e con le contrade del Nord Africa e del Vicino Oriente ove è in corso un vero e proprio genocidio dei cristiani, ad opera dei jiadhisti islamici.
A Verona, nella chiesa di San Nicolò, il vice parroco, Massimo Campedelli, ha inscenato la Messa coi burattini; non contento, ha chiamato ad “officiare” anche dei mini: ce n’era uno, vestito e truccato da Angelo, che si presentava in scena, pardon, sul presbiterio; un altro, agghindato da barbone: il tutto per predisporre l’animo dei fedeli a celebrare l’atmosfera dell’Avvento. Il parroco, don Roberto Vinco, ha difeso la scelta del suo vice, affermando che questi sta tentando di “tradurre” il Vangelo in un linguaggio adatto ai bambini, ma anche agli adulti. Molti parrocchiani sono sconcertati; non contestano i burattini in sé, ma la parodia della Messa. Non ancora soddisfatto, don Vinco ha anche attaccato il suo vescovo, di cui pure è portavoce, mons. Giusepe Zenti, in diretta televisiva, accusandolo di fare politica a favore di un candidato di centro-destra.
Al Passo di San Boldo, situato al confine tra la provincia di Treviso e quella di Belluno, gli Alpini si sono ritrovati per la tradizionale Messa del loro corpo: ma il prete, stavolta, ha chiesto loro di modificare la preghiera, togliendo la frase in cui si chiede a Dio di benedire le armi con le quali intendono difendere “la nostra millenaria civiltà cristiana”, parole che, finora, non avevamo mai disturbato, né offeso alcuno. Contrariati, gli Alpini hanno recitato la preghiera nel suo testo integrale, ma solo all’esterno dell’edificio sacro, dopo il termine della Messa. Il vescovo locale, mons. Corrado Pizziolo, titolare della diocesi di Vittorio Veneto, dopo un paio di giorno di silenzio, ha parlato per dare ragione al suo prete, e torto agli Alpini.
A Pordenone, un gruppo di parrocchiani ha scritto una lettera al vescovo, mons. Giuseppe Pellegrini, lamentando l’uso delle chitarre in chiesa, durante la celebrazione della Messa, e dicendo, testualmente: “Basta con le chitarre in chiesa, la Messa non è Radio Birichina”, per poi domandare la reintroduzione del canto gregoriano, più adeguato al carattere sacro della cerimonia. Il vescovo ha risposto in maniera evasiva, sostenendo che la musica durante la Messa dipende dalle usanze locali; che ciascuno ha la sua tradizione; e che, quanto a lui, quando era prete in Africa, ha assistito anche alla Messa accompagnata dal rullare dei tamburi…
A Salerno, i parroci “aprono” alle famiglie omosessuali; a Trento, la Diocesi organizza corsi di formazione per coppie di innamorati omosessuali. Dobbiamo continuare? In America, un prete dichiaratamente omosessuale, sposato con un uomo, annuncia di aver fatto sesso a volontà quand’era in Italia, in Vaticano, anche con un pezzo grosso della Chiesa. E chi non ricorda mons, Charamsa, alto prelato polacco in Vaticano, il quale, alla vigilia dell’apertura del Sinodo sulla Famiglia, convoca una conferenza stampa per fare outing e presentare il grande amore della sua vita, un giovanotto con il quale dice di convivere da anni? Dopo di che, il sempre più loquace monsignore si è prodigato, fra carezze e sorrisi languidi al suo fidanzato, in una arringa affinché la Chiesa getti la maschera dell’ipocrisia e si decida a liberalizzare l’omosessualità. Basta così? Servono altri esempi? Ne potemmo fare innumerevoli, purtroppo…
E questi sono solo i fatti più eclatanti e spettacolari. Ma nelle chiese, all’interno della sacra liturgia e con il consenso dell’autorità ecclesiastica, si sono insinuate diverse pratiche che si configurano come fortemente ambigue, quando non apertamente sacrileghe: prima fra tutte, l’usanza, da parte del celebrante, di distribuire la particola sulla mano dei fedeli, che poi se la portano alla bocca da soli (quelli che lo fanno: perché, come è noto, questo sistema rappresenta un invito a nozze per i satanisti, i quali possono comodamente fare scorta di sacre particole per profanarle nelle loro orride Messe nere, senza bisogno di forzare portoni e scassinare tabernacoli).
Dopo i pastori apostatici e blasfemi, i pastori ladri e simoniaci. L’ex abate del convento di Montecassino, uno dei luoghi più altamente simbolici di tutta la cristianità, don Pietro Vigorelli, è stato indagato per accuse pesantissime: aver utilizzato i fondi dell’8 per mille dei fedeli, destinati alle opere caritatevoli, più di 500 mila euro, prelevandoli dai conti dell’abbazia, per spenderli in viaggi e droga. E che dire di monsignor Vallejo Balda, arrestato e processato per lo scandalo Vatileaks, spregiudicatissimo finanziere vaticano, e della altrettanto disinvolta signora Francesca Immacolata Choauqui, arrivata, non si sa come, a ricoprire delicate funzioni amministrative ai livelli più alti della Curia romana, pur essendo palesemente sprovvista di titoli?
La conclusione di tutto questo sconfortante panorama è semplice: la Chiesa è sotto attacco; e anche dal suo interno, forze poderose si stanno mobilitando per auto-distruggerla, il tutto all’insegna del “dialogo”, della “apertura”, della “modernità”, della “inclusione”, tutte parole ormai prive di significato, ma ripetute all’infinito come dei mantra, delle chiavi universali per aprire tutte le porte del Paradiso terrestre; e, naturalmente (espressione che le compendia tutte) nello ”spirito del Concilio”, laddove non occorre certo specificare di quale concilio si stia parlando, perché, per i preti e i vescovi progressisti e neomodernisti, di tendenza gnostico-massonica, così come per i teologi filo-protestanti, relativisti e indifferentisti, esiste un solo concilio significativo nella storia della Chiesa, o, almeno, nella storia di quella Chiesa che essi hanno in mente: il Vaticano II, non però giudicato nei suoi documenti ufficiali, ma, appunto, in un non meglio specificato spirito conciliare, espressione tanto vaga e generica da permettere loro di includervi, di contrabbando, e in perfetta mala fede, qualsiasi eccesso liturgico e qualunque deviazione dottrinale.
Una cosa appare evidente: il disagio, la preoccupazione, l’insofferenza crescente di una parte dei fedeli e del clero, la parte sana, a nostro credere; ma anche il fatto che molti dei pastori, invece di vegliare sul gregge, tendono a schierarsi contro di esso e in favore di tutte le novità possibili e immaginabili, anche le più discutibili, le più arrischiate, le più – bisogna pur dirlo, anche se fa male – balorde, irriverenti, blasfeme. Un vescovo che dichiara di esser disposto a togliere il crocifisso, che vescovo è? Un prete che celebra la Messa coi burattini, che razza di prete è? E un prete che introduce in chiesa Buddha e Mary Poppins, è ancora un prete cattolico? Un prete sposato con un uomo, è ancora un prete cattolico? Un monsignore che si dichiara gay e contento davanti alle telecamere, abbracciato al suo fidanzato, chi è, che cos’è, come lo si deve interpretare? E il popolo dei fedeli, che cosa deve pensare?
Questo senza contare le decine, le centinaia di preti che celebrano la Messa in maniera disinvolta, fra chitarre, tamburelli e applausi a scena aperta, e predicando delle omelie nelle quali si lanciano nelle affermazioni più scandalose e insensate: che la Chiesa cattolica sa essere “satanica”; che i preti dovrebbero potersi sposare; che non val la pena di andare in pellegrinaggio dalla Madonna; che i peccati sessuali non sono più peccati, anzi, che non lo sono mai stati; che per essere dei buoni cristiani basta amare e praticare la giustizia sociale; che bestemmiare il nome di Dio non è poi cosa grave; che bisognerebbe dare la comunione ai divorziati, per non far ricadere sui loro bambini innocenti delle colpe che non hanno; che bisogna concedere più moschee agli islamici; che è meglio evitare il Presepio e i canti di Natale, per non offendere la loro sensibilità; e che anche la festa del papà andrebbe passata sotto silenzio, per rispetto verso i bambini che hanno due papà gay. Molte di queste affermazioni le abbiamo personalmente sentite, in chiesa, predicate solennemente (si fa per dire) dall’altare; altre, le abbiamo apprese dai media.
Sono le innumerevoli tessere d’un mosaico incomprensibile, di uno sfaldamento progressivo e apparentemente inarrestabile della fede, del retto sentimento religioso e della sana dottrina cattolica; sono la testimonianza eloquente di quali abissi di stupidità, incoscienza e blasfemia, forse inconsapevole, forse no (e non sappiamo quale delle due alternative sia la peggiore), cui ci hanno portato, a partire dagli anni intorno al 1968, pratiche e modi di pensare sempre più bizzarri, sempre più soggettivi, sempre più caotici; e, di contro, cedimenti e compromessi di un Magistero sempre più incerto, sempre più influenzato, esso stesso, dalle correnti imperversanti del relativismo spacciato per tolleranza e dell’indifferentismo religioso contrabbandato per ecumenismo. Il tutto con la benedizione e sotto la spinta di teologi alquanto spregiudicati, come il cardinale Walter Kasper, e di falsi preti autonominatisi riformatori della Chiesa cattolica, ma con poche idee confuse in testa, come Enzo Bianchi (che da qualche tempo pare venga spacciato, sulle locandine delle conferenze che tiene, ad esempio in quella Padova ove abbiamo già fatto la conoscenza del buon vescovo Cipolla, con l’appellativo di “padre”, anche se non risulta da nessuna parte che sia mai stato ordinato sacerdote e anche se i suoi abiti di colore scuro e di taglio sacerdotale, nonché la sua qualifica di “priore del monastero di Bose”, in provincia di Biella (che non è un monastero cattolico, ma una specie di esperimento di relativismo religioso, chiediamo scusa, di pluralismo e di ecumenismo, ospitante religiosi d’ambo i sessi e di svariate confessioni) potrebbero trarre in inganno un pubblico sprovveduto.
Quanto alle forme attuali della liturgia, ci sono molte, troppe cose che lasciano perplessi – abbiamo accennato ad una soltanto, la distribuzione della particola sulla mano -, e molte altre vengono introdotte, abusivamente, a talento e capriccio di innumerevoli parroci, i quali si sentono autorizzati a fare ciascuno la sua piccola riforma personale. Si prenda in mano la poderosa opera di un grande monaco benedettino – uno vero, non un monaco fai-da-te come Enzo Bianchi – del XIX secolo, dom Prosper Guéranger, protagonista della restaurazione liturgica in Francia dopo gli abusi del gallicanesimo; si vada a vedere qual che egli dice della eresia anti-liturgica protestante, elencando, punto per punto, gli elementi di esiziali in essa presenti: odio della tradizione; introduzione di formule erronee; abolizione delle formule e delle cerimonie che esprimono i misteri; estinzione dello spirito di preghiera; esclusione dell’intercessione della Vergine e dei santi; introduzione delle lingue volgari nel servizio divino… Si resterà impressionati dai punti di contatto esistenti fra quanto fece Lutero e quanto sta avvenendo, oggi, nella Chiesa cattolica, in parte per una riforma voluta dall’alto, in parte per tante mini-riforme dal basso e formalmente non autorizzate, ma, comunque, attive e sfrontate. Qualche fedele potrebbe cominciare a domandarsi: occorrevano 500 anni di tempo perché la Chiesa cattolica si decidesse a dare ragione a Lutero? Non poteva farlo prima?
Pastori apostatici e blasfemi: libera nos, Domine
di Francesco Lamendola
http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=8298:pastori-apostatici-e-blasfemi&catid=70:chiesa-cattolica&Itemid=96
TERESA D'AVILA SU LUTERO: «AVREI DATO MILLE VOLTE LA VITA PER SALVARE UNA FRA LE ANIME CHE LÀ SI PERDEVANO»
«In questo tempo mi giunse notizia dei danni e delle stragi che avevano fatto in Francia i luterani e di quanto andasse aumentando questa malaugurata setta. Ne provai gran dolore e, come se io potessi o fossi qualcosa, piangevo con il Signore e lo supplicavo di porre rimedio a tanto male. Mi sembrava che avrei dato mille volte la vita per salvare una fra le molte anime che là si perdevano. Ma, vedendomi donna e dappoco, nonché incapace a essere utile in ciò che avrei voluto a servizio del Signore, poiché tutta la mia ansia era, come lo è tuttora, che avendo egli tanti nemici e così pochi amici, decisi di fare quel poco che dipendeva da me. Decisi cioè di seguire i precetti evangelici con tutta la perfezione possibile e di adoperarmi perché queste religiose che son qui facessero lo stesso. Fiduciosa nella grande bontà di Dio, che aiuta sempre chi decide di lasciar tutto per amor suo, pensai che, essendo tali le mie consorelle come io le avevo immaginate nei miei desideri, le loro virtù avrebbero compensato i miei difetti e così io avrei potuto contentare in qualche cosa il Signore; infine pensavo che, tutte dedite alla preghiera per i difensori della Chiesa, per i predicatori e per i teologi che la sostengono, avremmo aiutato come meglio si poteva questo mio Signore, così perseguitato da coloro che ha tanto beneficato, da sembrare che questi traditori lo vogliano crocifiggere di nuovo e che egli non abbia dove posare il capo.
Oh, mio Redentore, il mio cuore non può giungere a tanto, senza sentirsi spezzare dalla pena! Che cos’è oggi questo atteggiamento dei cristiani? Possibile che a perseguitarvi siano sempre coloro che più vi devono? Coloro ai quali concedete le vostre migliori grazie, che scegliete per vostri amici, fra i quali vivete e ai quali vi comunicate con i sacramenti? Non sono essi sazi dei tormenti che avete patito per loro?
Certamente, Signor mio, non fa proprio nulla chi oggi abbandona il mondo; poiché esso è così poco fedele a voi, cosa possiamo sperare noi? Forse che meritiamo maggior fedeltà di quanta ne ha mostrato a voi? Forse che lo abbiamo gratificato con maggiori benefici, perché ci debba serbare amicizia? Dunque? Che cosa ci possiamo aspettare noi che per bontà del Signore siamo esenti da quel contagio pestilenziale, mentre coloro che vi si trovano son già preda del demonio? Un bel castigo si son guadagnati con le loro mani e un buon profitto di fuoco eterno hanno tratto dai loro piaceri! Se la vedano loro, anche se continua a spezzarmi il cuore vedere che tante anime si perdono. Del male ch’è stato non mi affliggo tanto, ma vorrei che non si perdesse ogni giorno un maggior numero di anime.
Oh, mie sorelle in Cristo, aiutatemi a supplicare il Signore affinché ci conceda questa grazia, poiché è proprio questo il motivo per cui egli vi ha qui radunate; questa è la vostra vocazione; questo dev’essere il vostro compito, queste le vostre aspirazioni, questo l’oggetto delle vostre lacrime, questo lo scopo delle vostre preghiere; non quello, sorelle mie, di interessi mondani. Quando ci vengono a chiedere di pregare Sua Maestà perché conceda rendite e denaro, io me ne rido, ma ne sono anche addolorata. Tale richiesta viene proprio da alcune persone che io vorrei supplicassero Dio di poter calpestare tutto. Esse hanno buone intenzioni e, in fondo, si finisce col tener conto della loro devozione, anche se io sono sicura di non essere mai ascoltata in questo genere di preghiere. Il mondo è in fiamme; vogliono nuovamente condannare Cristo, come si dice, raccogliendo contro di lui mille testimonianze; vogliono denigrare la sua Chiesa, e dobbiamo sprecare il tempo nel chiedere cose che, se per caso Dio ce le concedesse, ci farebbero avere un’anima di meno in cielo? No, sorelle mie, non è il momento di trattare con Dio d’interessi di poca importanza.
Tornando al tema principale, che è il fine per il quale il Signore ci ha riunite in questa casa dove io desidero ardentemente che noi siamo almeno un po’ tali da contentare Sua Maestà, dico che nel vedere mali tanto grandi e l’impotenza delle forze umane a isolare il fuoco acceso da questi eretici, benché si sia cercato di radunare soldati nell’intento di porre rimedio con la forza delle armi a tale calamità che si estende ogni giorno di più, mi è sembrato necessario seguire la tattica a cui si ricorre in tempo di guerra. Quando i nemici hanno fatto irruzione in tutto il paese, il signore della regione, vedendosi alle strette, si ritira in una città che fa assai ben fortificare; di là piomba, di quando in quando, su di essi e coloro che sono nella città, essendo soldati scelti, combattono in modo tale da fare più loro da soli di quel che potrebbero fare molti, se codardi. E così spesso si guadagna la vittoria, o almeno, se non la si ottiene, non si è vinti; infatti, poiché non vi sono traditori, non si può cedere che per fame. Qui, da noi, non ci può essere neppure questa fame a farci arrendere: possiamo, sì, morire, ma essere vinte, mai.
Ma perché ho detto questo? Affinché voi intendiate, sorelle mie, che ciò di cui abbiamo supplicare Dio è che nessuno dei buoni cristiani ora rinchiusi in questo piccolo castello passi al nemico e che egli faccia avanzare molto nella via del Signore i capitani di tale castello o cittadella che sono i predicatori e i teologi. E poiché la maggior parte di essi appartiene agli Ordini religiosi, dobbiamo pregarlo affinché possano raggiungere un alto grado di perfezione del loro stato, essendo ciò particolarmente necessario. Infatti, come ho detto, chi ci deve salvare è il braccio ecclesiastico e non quello secolare. E, poiché noi non possiamo nulla, sia con l’uno sia con l’altro, per aiutare il nostro Re, procuriamo di essere tali che le nostre orazioni servano ad aiutare questi servi di Dio i quali, a prezzo di tante fatiche, si sono fortificati con dottrina, virtù e difficili prove, per venire ora in aiuto del Signore».
Oh, mio Redentore, il mio cuore non può giungere a tanto, senza sentirsi spezzare dalla pena! Che cos’è oggi questo atteggiamento dei cristiani? Possibile che a perseguitarvi siano sempre coloro che più vi devono? Coloro ai quali concedete le vostre migliori grazie, che scegliete per vostri amici, fra i quali vivete e ai quali vi comunicate con i sacramenti? Non sono essi sazi dei tormenti che avete patito per loro?
Certamente, Signor mio, non fa proprio nulla chi oggi abbandona il mondo; poiché esso è così poco fedele a voi, cosa possiamo sperare noi? Forse che meritiamo maggior fedeltà di quanta ne ha mostrato a voi? Forse che lo abbiamo gratificato con maggiori benefici, perché ci debba serbare amicizia? Dunque? Che cosa ci possiamo aspettare noi che per bontà del Signore siamo esenti da quel contagio pestilenziale, mentre coloro che vi si trovano son già preda del demonio? Un bel castigo si son guadagnati con le loro mani e un buon profitto di fuoco eterno hanno tratto dai loro piaceri! Se la vedano loro, anche se continua a spezzarmi il cuore vedere che tante anime si perdono. Del male ch’è stato non mi affliggo tanto, ma vorrei che non si perdesse ogni giorno un maggior numero di anime.
Oh, mie sorelle in Cristo, aiutatemi a supplicare il Signore affinché ci conceda questa grazia, poiché è proprio questo il motivo per cui egli vi ha qui radunate; questa è la vostra vocazione; questo dev’essere il vostro compito, queste le vostre aspirazioni, questo l’oggetto delle vostre lacrime, questo lo scopo delle vostre preghiere; non quello, sorelle mie, di interessi mondani. Quando ci vengono a chiedere di pregare Sua Maestà perché conceda rendite e denaro, io me ne rido, ma ne sono anche addolorata. Tale richiesta viene proprio da alcune persone che io vorrei supplicassero Dio di poter calpestare tutto. Esse hanno buone intenzioni e, in fondo, si finisce col tener conto della loro devozione, anche se io sono sicura di non essere mai ascoltata in questo genere di preghiere. Il mondo è in fiamme; vogliono nuovamente condannare Cristo, come si dice, raccogliendo contro di lui mille testimonianze; vogliono denigrare la sua Chiesa, e dobbiamo sprecare il tempo nel chiedere cose che, se per caso Dio ce le concedesse, ci farebbero avere un’anima di meno in cielo? No, sorelle mie, non è il momento di trattare con Dio d’interessi di poca importanza.
Tornando al tema principale, che è il fine per il quale il Signore ci ha riunite in questa casa dove io desidero ardentemente che noi siamo almeno un po’ tali da contentare Sua Maestà, dico che nel vedere mali tanto grandi e l’impotenza delle forze umane a isolare il fuoco acceso da questi eretici, benché si sia cercato di radunare soldati nell’intento di porre rimedio con la forza delle armi a tale calamità che si estende ogni giorno di più, mi è sembrato necessario seguire la tattica a cui si ricorre in tempo di guerra. Quando i nemici hanno fatto irruzione in tutto il paese, il signore della regione, vedendosi alle strette, si ritira in una città che fa assai ben fortificare; di là piomba, di quando in quando, su di essi e coloro che sono nella città, essendo soldati scelti, combattono in modo tale da fare più loro da soli di quel che potrebbero fare molti, se codardi. E così spesso si guadagna la vittoria, o almeno, se non la si ottiene, non si è vinti; infatti, poiché non vi sono traditori, non si può cedere che per fame. Qui, da noi, non ci può essere neppure questa fame a farci arrendere: possiamo, sì, morire, ma essere vinte, mai.
Ma perché ho detto questo? Affinché voi intendiate, sorelle mie, che ciò di cui abbiamo supplicare Dio è che nessuno dei buoni cristiani ora rinchiusi in questo piccolo castello passi al nemico e che egli faccia avanzare molto nella via del Signore i capitani di tale castello o cittadella che sono i predicatori e i teologi. E poiché la maggior parte di essi appartiene agli Ordini religiosi, dobbiamo pregarlo affinché possano raggiungere un alto grado di perfezione del loro stato, essendo ciò particolarmente necessario. Infatti, come ho detto, chi ci deve salvare è il braccio ecclesiastico e non quello secolare. E, poiché noi non possiamo nulla, sia con l’uno sia con l’altro, per aiutare il nostro Re, procuriamo di essere tali che le nostre orazioni servano ad aiutare questi servi di Dio i quali, a prezzo di tante fatiche, si sono fortificati con dottrina, virtù e difficili prove, per venire ora in aiuto del Signore».
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