UN DIALOGO ILLUSORIO
I bruscolini nell’occhio di papa Francesco: Asia Bibi e il giornalista egiziano Magdi Allam. Perché dialogare a ogni costo con l’islam è illusorio: in realtà si tratta di un monologo, di un soliloquio spacciato per dialogo
di Francesco Lamendola
Abbiamo detto e ripetuto che voler dialogare a ogni costo con le altre religioni e con le altre confessioni cristiane è un errore funesto per il cattolicesimo; e abbiamo individuato la radice teologica di questo errore nella dichiarazione conciliare Nostra aetate, a sua volta interpretata in senso estremistico e unilaterale dai cattolici progressisti e modernisti; e le sue cause profonde nelle manovre occulte di potenti forze non cristiane e anticristiane, come la massoneria giudaica B’nai B’rith e le stesse logge massoniche occidentali che si sono introdotte all’interno della Chiesa cattolica, conquistando alla loro causa un certo numero di sacerdoti e soprattutto di vescovi, arcivescovi e cardinali.
Nel caso specifico del pontificato di papa Francesco, si vede come egli si sia particolarmente impegnato nel cosiddetto dialogo con l’islam, al punto da aver negato esplicitamente che esista un terrorismo islamico e da avere invitato formalmente gli islamici a entrare in chiesa e a frequentare la santa Messa, pregando Allah nella lingua araba, il tutto dopo il brutale assassinio di un prete cattolico, davanti all’altare, durante il Sacrificio eucaristico, nel paesino di Saint-Etienne-de Rouvray, vicino a Rouen, in Normandia, il 26 luglio 2016. E fino al punto di non aver mai voluto muovere un dito in favore di Asia Bibi, la donna cristiana del Pakistan che da sette anni langue in una fetida cella in attesa dell’esecuzione, dopo che un tribunale islamico l’ha condannata a morte per aver offeso il profeta Maometto.
La donna, che ha quarantasei anni ed è sposa e madre, ha sempre negato le accuse e ha scritto più volte a papa Francesco, senza mai ottenere una risposta e neppure un accenno al suo caso nelle molte interviste e pubbliche dichiarazioni da lui rilasciate. Ricordiamo che una commissione per i diritti umani, dopo averla visitata in carcere, ha riferito che le sue condizioni sono terribili, sia dal punto di vista materiale che morale; e che l’uomo che a suo tempo l’aveva accusata di blasfemia pare essersi pentito del suo gesto e avrebbe voluto ritrattare, ma la cosa è stata resa impossibile dal clima di esasperato odio anticristiano esistente nel Pakistan, e dalla conferma della condanna a morte pronunciata, in seconda istanza e dopo quattro anni di attesa, dal tribunale di Lahore. Ricordiamo anche che papa Benedetto XVI, il 18 novembre 2010, aveva chiesto la liberazione di Asia Bibi; mentre papa Francesco, ripetiamo, ha osservato il silenzio assoluto sull’intera vicenda, che pure ha attirato l’attenzione di numerose associazioni umanitarie e dell’opinione pubblica internazionale, per le palesi e numerose irregolarità che hanno caratterizzato l’intero iter processuale. E, di nuovo, quasi solo Antonio Socci ha fatto notare la stranezza e il fragore assordante di quel silenzio, in mezzo alla piaggeria e alle odi smodate sulla bontà, l’apertura, la generosità e la misericordia del papa, da parte di quasi tutti i media e i giornalisti, specie cattolici.
Infatti. Papa Francesco riceve volentieri radicali, massoni e omosessuali dichiarati: abbraccia e bacia il noto omosessuale argentino Yayo Grassi e il suo osceno compagno; fa ricevere con tutti gli onori, in Vaticano, il primo ministro lussemburghese che si presenta in visita ufficiale insieme a suo “marito” (così lo ha definito lui stesso, sottintendendo che lui è la “moglie”); si vanta dell’amicizia con Emma Bonino, si fa intervistare a braccio da Eugenio Scalfari, lascia che monsignor Paglia faccia le più alte lodi di Marco Pannella: ma per Asia Bibi non ha voluto spendere una parola. Mai. Per una madre e sposa cattolica, che giace nel braccio della morte in attesa di essere uccisa a causa della sua fede, il papa non vuole intervenire. Che cosa teme? Di offendere i cari “fratelli” islamici, di irritare il governo del Pakistan e quello di altri Paesi della Mezzaluna? Secondo noi, si tratta di qualcosa di più profondo; di qualcosa di ancor peggiore. Asia Bibi gli dà fastidio: è il sassolino che disturba il suo bel quadretto di un islam bello e buono, con il quale si può e si deve dialogare. È il fatto reale che guasta la sua velleitaria ideologia buonista, sincretista e gnostica. Persone come Asia Bibi non dovrebbero esistere: il fatto che ci siano, che respirino (per ora), è una seccatura.
Abbiamo detto che papa Francesco si è impegnato moltissimo nel cosiddetto dialogo con l’islam. Perché “cosiddetto”? Perché un dialogo, per esistere, per essere possibile, per essere, soprattutto, qualcosa di vero e di reale, e non una specie di delirio o di sogno ad occhi aperti, deve andare nei due sensi: da un interlocutore all’altro, animati entrambi dalla volontà di parlarsi e di capirsi. Ma parlarsi di che cosa, capirsi su che cosa? Evidentemente, il primo e irrinunciabile requisito, affinché si possa parlare di un dialogo reale, è che entrambi siano disposti a riconoscersi, ad ammettere il reciproco diritto all’esistenza. Se uno dei due non è disposto ad ammettere questo, allora non si tratta di un dialogo, ma di un monologo, di un soliloquio spacciato per dialogo: colui che parla può dire tutte le belle cose che gli pare, ma resta sempre il fatto che sta parlando al vento, che sta gettando parole senza significato, perché dall’altra parte non c’è nessuno che sia realmente disposto ad accoglierle. Si direbbe un concetto molto facile da capire, addirittura elementare; eppure sembra proprio che papa Francesco non sia disposto a intenderlo. E siccome si tratta di un uomo senza dubbio intelligente, resta da capire perché si comporti così.
E a proposito di persone che non dovrebbero esistere, perché la loro esistenza disturba il bel quadro pluralista, gioioso e dialogante delineato dal papa ogni volta che si parla dei rapporto fra la Chiesa e le altre religioni, tanto vale fare il nome di un altro cattolico che dà fastidio, prima ancora che apra bocca, ai cattolici progressisti e modernisti: il giornalista egiziano Magdi Allam, un musulmano che si è convertito al cattolicesimo alla bella età di 56 anni, e che, pertanto, l’islam lo conosce piuttosto bene. Magdi Allam, che, dopo la conversione, si firma sempre Magdi Cristiano Allam, è stato battezzato da papa Benedetto XVI il 22 marzo 2008, ricevendo anche la Cresima e l’Eucarestia. Avendo scritto dei libri nei quali, fin dal titolo (Grazie Gesù; Io amo l’Italia) esprime la sua passione e devozione per la fede cattolica e per la civiltà italiana ed europea, e soprattutto la sua gratitudine nei loro confronti, egli rappresenta il classico bruscolino nell’occhio non solo per tutta la cultura politically correct, secondo la quale non c’è niente di bello e niente di ammirevole, né nella fede cattolica, né nella civiltà italiana ed europea; a meno che si parli del diritto all’aborto, alla droga, all’eutanasia, ai matrimoni omosessuali e all’utero in affitto, nel qual caso si apprezzano le opinioni dei cattolici progressisti, e si plaude alla legislazione di un’Europa che merita di essere sostenuta. Insomma, diciamo pure che l’esistenza di un intellettuale come Magdi Allam è, di per se stessa, uno schiaffo sul viso a quanti sproloquiano di dialogo a ogni costo con l’islam, e a quanti non sono contenti finché chi dialoga con loro non ammette, in via preliminare, che il cristianesimo è robaccia, la civiltà europea fa schifo, e l’Italia è tutta da buttare. Dà fastidio, così come dava fastidio Solgenisin ai nostri cari intellettuali marxisti, perché testimoniava, dal vivo, l’orrore del comunismo sovietico; e così come davano fastidio i profughi giuliani, perché testimoniavano, con il dramma delle foibe e con quello dell’esodo - vissuti in prima persona, e perciò innegabili - la natura brutale del comunismo jugoslavo. Del resto, il caso Magdi Allam è doppiamente irritante: non solo si tratta di un islamico che si è convertito al cattolicesimo, mostrando agli italiani che c’è ancora chi trova della verità e della bellezza nella loro religione, o nella loro ex religione; ma costui ha avuto anche l’ardire d’impegnarsi immediatamente nel mettere in guardia l’Italia e l’Occidente contro l’illusione di un “dialogo” che non è tale, anzi, che non è possibile, perché la controparte non è affatto disposta a dialogare. Anzi, egli ha sempre affermato che l’Europa si sta esponendo a un tremendo pericolo, consentendo a milioni d’immigrati islamici di stabilirsi al suo interno, perché, dice, l’islam è incompatibile con la civiltà occidentale, e verrà il momento in cui gli europei si pentiranno amaramente di questa loro politica di accoglienza illimitata. E non basta ancora: egli ha sempre rivendicato l’eredità di Oriana Fallaci, della quale è stato amico e che indica come la Cassandra inascoltata, che metteva in guardia contro il cavallo di legno dell’immigrazione islamico in Italia e in Europa; e si sa quanto la cultura politicamente corretta ami ricordare Oriana Fallaci.
Ecco cosa dice lo stesso Magdi Allam in proposito (da: M. Allam, Europa cristiana libera, Milano, Mondadori, 2009, pp. 63-65):
Coloro che in seno alla Chiesa promuovono il relativismo religioso e l’islamicamente corretto non si comportano come se la verità non si racchiudesse e completasse in Cristo, ma come se ciascuna religione avesse “un raggio di verità” che non andrebbe rigettato in quanto “vero e santo”.Tanto più che, secondo loro, cristianesimo e islam hanno in comune l’adorazione dell’unico Dio, la venerazione di Abramo, la considerazione della missione profetica di Gesù, la devozione per la Vergine Maria, la fede nel Giorno del Giudizio universale. Messa così, effettivamente le due religioni appaiono assai simili. Ma se fosse vero, allora dovremmo convertirci tutti all’islam che, in quanto religione cronologicamente posteriore, vanterebbe di fatto la prerogativa di essere “il suggello della profezia”.
La verità, però, è tutt’altra. In rimo luogo, vi è una differenza radicale tra il cristianesimo, che p la religione del Dio che si fa uomo e che s’incarna in Gesù, e l’islam, che è la religione di Dio che si fa testo e che si incarta nel Corano. Mentre il cristianesimo si fonda sul fatto storico dell’avvento e della testimonianza di Gesù, l’islam venera il Corano come opera increata al pari di Dio, tutt’uno con Dio. Ecco perché sul pian teologico e nel coeso della storia l’islam, a differenza del cristianesimo, ha diffidato e rifiutato il coinvolgimento della ragione nell’ambito della fede, ritenendo inammissibile l’interpretazione del test sacro che corrisponderebbe alla messa in dubbio dell’autenticità di Dio. È quindi profondamente sbagliato parlare di “religioni del Libro”, tesi coranica che intende accomunare ebraismo, cristianesimo e islam, perché il cristianesimo non si fonda sul culto dei Vangeli bensì sulla fede assoluta in Gesù Cristo. Così come il Dio che si è fatto uomo, che è morto sulla croce per redimere l’umanità e che risorto per testimoniare la salvezza nella vita eterna, non ha nulla in comune con il Dio coranico che obbliga alla sottomissione, istiga al violenza e legittima l’uccisione dei nemici del’islam. Per la verità Allah, contrazione dell’arabo “al-ilah”, “il dio”, era una divinità meccana adorata dagli arabi già in epoca preislamica, che Maometto ha prescelto come il dio unico. Ugualmente infondato è il luogo comune dell’unità tra ebraismo, cristianesimo e islam in quanto “religioni abramitiche”. L’Abramo coranico è un profeta vissuto nella Penisola Arabica dove avrebbe fondato il culto monoteista alla Mecca, e quindi non ha nulla a che fare con l’Abramo biblico venerato dagli ebrei e dai cristiani.
Più in generale, i relativisti e gli islamicamente corretti commettono due errori di fondo. Innanzitutto confondono e sovrappongono l’islam come religione e i musulmani come persone. È invece fondamentale distinguere tra la dimensione religiosa, che fa riferimento al Corano, alla Sunna e alla Sira, testi che racchiudono i fatti, i detti e la biografia di Maometto, e la dimensione umana, perché le persone non sono mai la trasposizione automatica dei dogmi della fede e ognuna di esse ha una propria specificità. Proprio dalla mia esperienza di musulmano moderato, protrattasi per cinquantasei anni, ho preso atto che i musulmani come perone possono essere moderati, ma che non esiste un islam moderato, a meno che non si rinneghi la gran parte dei versetti del Corano e si sconfessi la gran parte delle azioni di Maometto.
In secondo luogo, i fautori del relativismo religioso e dell’islamicamente corretto promuove una concezione demagogica del dialogo a ogni costo, quasi fosse la panacea di tutti i mali del mondo, una bacchetta magica che risolverebbe tutti i problemi e che pertanto, a furia di dialogare, qualcosa di buono verrà fuori. Concretamente i dialogo è solo uno strumento comunicativo, semplicemente un pone tra due perone, ma, come tutti i ponti, non può essere sospeso nel vuoto e poggiare sul nulla. Deve, all’opposto, avere solide basi su entrambe le sponde. Significa che, come punto di partenza, si deve sapere su quali basi si dialoga e, quale punto d’arrivo, quale traguardo si persegue…
Magdi Allam prosegue spiegando perché tale dialogo è impossibile con chi non rispetta i valori umani fondamentali, elaborati dalla civiltà cristiana, ma divenuti universali; e vicende come quella di Asia Bibi – ma qui si sta parlando di milioni di cristiani minacciati di morte in venti o trenta Paesi del mondo – sembrano dargli ragione. A ciò si aggiunga che la sua è la testimonianza di un ex islamico, che è stato tale dalla nascita fino a età inoltrata: dunque, conosce bene ciò di cui parla. Dopo di che, si può anche dissentire dalle sue tesi – e noi dissentiamo da alcune, specie per ciò che riguarda Israele; ma non si ha il diritto d’ignorare e disprezzare la sua testimonianza. Altrimenti, si fa come papa Francesco: si volta la testa dall’altra parte, quando va in scena quel che non ci piace…
Perché dialogare a ogni costo con l’islam è illusorio
di Francesco Lamendola
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