ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 27 maggio 2017

No davvero; tutt’altro…

Per chi o cosa perirono i 317 martiri d’Inghilterra?



Il 4 maggio la Chiesa ricorda i Santi martiri di Gran Bretagna e Irlanda, che affrontarono il patibolo per restare fedeli al papa e alla fede cattolica, ad opera dei riformati della Chiesa scismatica anglicana, che li fecero perire in odio al Vangelo e alla Santa Messa.
Oggi si parla tanto – anche troppo – di ecumenismo, parola divenuta improvvisamente di gran moda a partire dal Concilio Vaticano II, e ormai assolutamente indispensabile nel corredo del vocabolario del cattolicesimo politically correct, cioè debitamente progressista e semi-modernista. Parola che vuole esprimere un legittimo ed encomiabile desiderio, il ritorno all’unità dei cristiani; ma che non può e non deve diventare, come invece sta diventando, specie ad opera di papa Francesco, e di una schiera di pseudo teologi e di falsi pastori, il travestimento per una sporca, blasfema operazione: inquinare e infettare la Chiesa cattolica con gli errori del protestantesimo, trasformandola in una specie di contro-chiesa sincretista, per metà cattolica e per metà protestante. 


Questo no, non può essere: sarebbe una operazione diabolica, e, naturalmente, sarebbe anche una cosa intellettualmente disonesta, perché equivarrebbe a confondere e prendere in giro centinaia di milioni di fedeli cattolici,  i quali si fidano del papa, dei loro pastori e dei teologi che rendono note le loro teorie per mezzo di case editrici cattoliche e di facoltà universitarie cattoliche. Sarebbe anche una offesa e una profanazione nei confronti della memoria di quei Santi che hanno affrontato il martirio per difendere la purezza della fede cattolica contro l’odio anglicano.
Parliamoci chiaro: ad ogni scisma che la Chiesa ha subito, è come se un pezzo della Verità divina fosse stato strappato via e strumentalizzato, nonché rivolto contro la Sposa di Cristo, per giustificare errori ed abusi d’ogni genere, e per trasmettere una falsa idea di Dio e della sua Rivelazione, che tende a vanificare l’opera salvifica di Gesù Cristo, il Verbo incarnato. Ora, che si cerchi una riconciliazione con questi “fratelli separati”, è cosa lodevole ed encomiabile: ma ciò deve avvenire sulla base della verità e nel rispetto esclusivo dei diritti di Dio, non per compiacere gli uomini; e dunque, non a qualsiasi costo. Non a costo di sacrificare la Verità, assolutamente no. Per un cattolico, in fatto di dottrina fanno testo duemila anni di Magistero e, in particolare, le definizioni dogmatiche del Concilio di Trento, che fissano, una volta per tutte, la vera dottrina, distinguendola da quelle false (abbiano pazienza i modernisti che guardano solo al Vaticano II; il Vaticano II non ha modificato i dogmi, né lo avrebbe potuto): la giustificazione per mezzo della fede e delle opere; la distinzione fra clero e laicato, e l’obbligo del celibato per il primo; il libero arbitrio; la verità dei sette Sacramenti e della reale Presenza di Cristo nel Pane e nel Vino eucaristici; l’interpretazione delle Scritture secondo le indicazioni della Chiesa; la piena legittimità del culto mariano e della venerazione degli Angeli e dei Santi; la dottrina delle indulgenze, espressione concreta della fede nella Comunione dei Santi.
Qualcuno, però, sostiene che non si dovrebbe parlar troppo del passato, quando esso contiene delle pagine particolarmente dolorose, per non ostacolare la riappacificazione degli animi e il ritorno alla concordia sociale. Ora, se è una saggia politica, dopo che si è conclusa una guerra civile, cercare la riappacificazione dei cittadini mettendo fra parentesi le pagine più scabrose del recente passato, onde permettere che si rimarginino almeno le ferite più dolorose (come fu fatto, ad esempio, nell’Atene di Trasibulo, dopo la caduta dei Trenta Tiranni e il ripristino del governo democratico), ciò, nondimeno, non può attuarsi mediante una rimozione del passato, meno che mai mediante una mistificazione della verità. Ricordare la verità non equivale a voler spargere sale sulle ferite, onde impedire la riappacificazione: al contrario, il peggior nemico della vera riappacificazione è la menzogna. Riappacificarsi significa fare la pace non solo con l’altro, ma anche con la verità: diversamente, si tratterebbe solo di una operazione di facciata, tutta “politica”, nel senso peggiore del termine, cioè motivata da ragioni meramente strumentali.
Dei martiri inglesi avevamo già parlato a suo tempo (cfr. l’articolo Quando nell’Inghilterra “riformata” frati e preti cattolici venivano squartati vivi, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 18/01/2012), prevalentemente sotto il profilo della imparziale conoscenza storica; qui vogliamo riflettere sul significa morale del loro sacrificio e sulle scivolose ambiguità con cui i cattolici progressisti portano avanti il loro progetto di un “ecumenismo” all’insegna del relativismo, che vedrebbe il ritorno all’unità dei cristiani, sì, ma al prezzo di riconoscere formalmente le “verità” di cui ciascuna delle numerose confessioni protestanti si dice legittima depositaria, e quindi riconoscendo implicitamente che i martiri inglesi sono morti proprio per nulla. Ma prima di tutto, rievochiamo l’esatta cornice storica, utilizzando il Dizionario dei Santi, pubblicato con l’approvazione della Curia arcivescovile di Firenze, e apparso una prima volta nelle Edizioni Utet, nel 1953, poi per l’Editrice Tea, nel 1989, con prefazione di Pietro Rossano (p. 218):
INGHILTERRA, MARTIRI DI. Con tale denominazione viene indicato un folto gruppo di persone, chierici e laici di ogni condizione,  ch soffrì la persecuzione a causa della propria fede cattolica in Inghilterra tra il 1535 e il 1681. Il movimento di opposizione dei cattolici alla corona si può far iniziare con il loro rifiuto dio accettare la legge di supremazia (1534) che separò la chiesa inglese dalla romana. La proclamazione del re come unico capo della chiesa ebbe come conseguenza che chiunque fosse rifiutato di riconoscere tale prerogativa avrebbe potuti essere condannato per alto tradimento. Le prime vittime (1535) furono i certosini della “Domus Salutationis Beatae Mariae Virginis”, nei pressi di Londra, ai quali seguirono vittime illustri quali Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, creato cardinale da Paolo III durante la sua prigionia, Tommaso Moro e la contessa Margherita Pole. Una nuova recrudescenza si ebbe sotto Elisabetta I, specialmente dopo che nel 1570 venne scomunicata da Pio V. Ne caddero vittime soprattutto sacerdoti formati negli apposito seminari sul continente (Douai, Reims, Roma), i quali si recano segretamente sul suolo inglese per tentare di ricondurre al cattolicesimo coloro che avevano abbracciato la confessione anglicana. Il primo di essi fu Cutberto Mayne, scoperto ed impiccato nel 1577. Ulteriori leggi anticattoliche contro i sacerdoti e coloro che davano loro ospitalità, che comminavano la morte o pesanti pene pecuniarie, vennero promulgate nel 1585 e 1602 e furono seguite da numerose vittime. Ad aggravare la situazione giunse la congiura delle polveri  (1605) ordita da un gruppo di cattolici contro Giacomo I ma scoperta prima di venir posta in atto. Tra i provvedimenti che causò è da annoverare il giuramento di assoluta fedeltà al re e contro i poteri del Papa, che prevedeva la condanna immediata  di coloro che rifiutassero di prestarla. Gli anni dal 1610 al 1616 videro una nuova serie di impiccagioni. La stessa politica fu seguita durante il regno di Carlo I, la repubblica di Oliver Cromwell e il regno di Carlo II, benché quest’ultimo fosse personalmente favorevole al cattolicesimo. L’ultima vittima di tale serie di persecuzioni fu Oliviero Plunkett, arcivescovo di Armagh e primate d’Irlanda, giustiziato a Londra l’11 luglio 1681. Le prime testimonianze di venerazione per i martiri inglesi si ebbero già da parte di Gregorio XIII (1579). La causa di beatificazione venne però introdotta solo nel 1874 per un gruppo di trecentosessanta persone. Nel 1886 quarantaquattro nominativi vennero stralciati dall’elenco in quanto sul loro martirio persistevano ancora dubbi. Il 29 dicembre dello stesso anno Leone XIII procedeva alla beatificazione di un primo gruppo di cinquantaquattro martiri, tra i quali Giovanni Fisher e Tommaso Moro. Lo stesso pontefice beatificò altri nove martiri nel 1895.  Benedetto XV nel 1920 proclamò beato Oliviero Plunkett, mentre Pio XI il 15 dicembre 1929 dichiarò beati centotrentasei martiri, ai quali seguì il 22 successivo il gesuita Giovanni Ogilvie.  Nel 1935 Pio XI procedeva alla canonizzazione di Giovanni Fisher e Tommaso Moro; Paolo VI nel 1970 canonizzò Cutberto Mayne con trentanove compagni. Oliviero Plunkett fu canonizzato nel 1975 e Giovanni Ogilvie nel 1976.
In totale trecentodiciassette martiri inglesi sono venerati della chiesa cattolica, che ne celebra la festa collettiva il 4/5.

È chiaro che, nel clima oggi esistente nella Chiesa cattolica, in mezzo a poderose correnti moderniste e “revisioniste”, le quali vorrebbero mettere soffitta (o in cantina, come si preferisce) gran parte del patrimonio storico e apologetico di cui essa è depositaria, per non parlare di quello liturgico e teologico, e che si sentono più che mai incoraggiate da alcune stupefacenti, inaudite affermazioni di papa Francesco (come questa: il proselitismo è una solenne sciocchezza), tornare a parlare dei martiri inglesi equivale a rompere le uova nel paniere di tutti i signori cha amano le marce interreligiose di Assisi più di quanto non amino la Verità di Cristo, e può assumere quasi il sapore di una provocazione, di un attentato agli sforzi che il papa sta compiendo per riavvicinarsi agli anglicani e ai luterani. E poi, aggiunge qualcuno, a mezza bocca, e con l‘aria di chi la sa lunga, anche l’Inquisizione ha fatto le sue vittime fra i protestanti: perciò, facciamo pari e patta, ovvero, come si canta a Napoli: Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto… / chi ha dato, ha dato, ha dato… /  scurdammoce o’ ppassato / simmo ‘e Napule paisà!…
A questo punto siamo arrivati. Non si dovrebbe parlare dei martiri della fede cattolica, per non disturbare il cinguettio e gli scambi di convenevoli tra Francesco e i protestanti: mai parlare di corda in casa dell’impiccato, e si potrebbe aggiungere al noto proverbio: specialmente se l’impiccato era tuo padre, perché sarebbe una grave indelicatezza nei confronti dell’ospite, cioè il figlio dell’impiccatore. Ma come si fa a non vedere che il cammino verso il ripristino dell’unità dei cristiani non può passare attraverso la menzogna, che è sempre una offesa a Dio? Perché i casi sono due: o i martiri inglesi (come tanti altri martiri cattolici, compresi quelli fatti crocifiggere dagli imperatori giapponesi, sotto gli sguardi compiaciuti dei mercanti olandesi; o come quelli appesi al palo della tortura degli Irochesi, nel Canada, e fatti morire attraverso i tormenti più diabolicamente raffinati) sono morti per niente, per una forma di ostinazione fanatica e irragionevole, e, per giunta, sulla base di una dottrina che, forse, non era la fedele custode della Verità; oppure no, la loro testimonianza – martire in greco vuol dir testimone – è stata giusta e vera, e serve a mostrare la strada a tutti, anche a noi, cattolici del terzo millennio. E, in tal caso, ricordarli è non solamente giusto, ma necessario, per la nostra stessa fede.
Oggi, ripetiamo, sta dilagando un clima di relativismo per cui parlare della coerenza, della fedeltà, della purezza della fede cattolica, sembra quasi una forma di anacronismo. Tutto ciò sta accadendo perché i pastori, o una parte di essi, hanno smesso di custodire il gregge, e si sono fatti mercenari o peggio, proprio come Gesù Cristo aveva adombrato che possa accadere, mettendo in guardia le pecorelle dall’azione nefasta dei falsi pastori. Per un vero cattolico, esiste un solo Pastore del gregge: Nostro Signore Gesù Cristo; gli altri, i successori di Pietro, hanno ricevuto il mandato di pascere le pecorelle, come lo ricevette Pietro direttamente dal divino Maestro: ma essi non sono i pastori, sono gli operai del pastore. Soprattutto, non sono i padroni del gregge; il padrone è uno solo, Dio. Ora, così come Dio è Uno (e Trino), anche la Verità è una: per un cattolico, non può esservi alcuna dottrina della doppia verità. O il cattolicesimo è rimasto fedele alla Rivelazione divina, mentre le varie confessioni protestanti se ne sono allontanate; oppure sia nella Chiesa cattolica, sia nelle varie chiese protestanti, brilla un poco della verità divina, dove più, dove meno: e allora i cattolici si sono sbagliati per cinquecento anni, si sono sbagliati decine di papi, si sono sbagliati centinaia di vescovi e migliaia di martiri della fede. I casi sono questi due: tertium non datur. O ha ragione Cristo, o hanno ragione i relativisti. Anche quelli che vengono a dire che non si sa cosa disse realmente Cristo, perché ai suoi tempi non esistevano i registratori, sono relativisti, non cattolici: anche se si chiamano Arturo Sosa Abscal e rivestono l’alto incarico di generale della Compagnia di Gesù, e anche se godono di tutta la stima e la simpatia di papa Francesco. Ma il papa Francesco è ancora il difensore della Verità e della fede? Per un cattolico, non c’è altra verità fuori della Parola di Dio, così come ci è stata rivelata per mezzo di Gesù Cristo: Chi ha visto me, ha visto il Padre, sono le chiare parole del divino Maestro. Cosa dice, invece, papa Francesco? Dice, fin dal 2013, poco dopo la sua elezione, parlando con Eugenio Scalfari: Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e anche del Male.  Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene. Non verso ciò che è il Bene; non verso ciò che Gesù ha rivelato essere il Bene: ma verso ciò che ciascuno pensa essere il suo bene. E questo è ancora un papa cattolico? No davvero; tutt’altro…
di Francesco Lamendola del 27-05-2017

1 commento:

  1. Buon giorno e buona Domenica;
    Trovo tutto giusto, ma vorrei solo fare un appunto: Non è dogma di fede il celibato sacerdotale! Il celibato per i sacerdoti è un dono ed è un bene, per tutta una serie di motivi! Anche gli orientali stanno iniziando a capirlo. Ma non è dogma di fede il celibato.
    Joseph1903

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