L’Europa senza radici ora abbatte anche le chiese
La ruspa entra in azione, si muove inesorabile e colpisce con la durezza dell’acciaio il muro della chiesa di San Lamberto, piccolo tempio cattolico della cittadina di Immerath nella Renania Settentrionale-Vestfalia.In due giorni, la chiesa si è trasformata in un cumulo di macerie. Al suo posto nient’altro che uno spazio vuoto, che servirà per espandere la vicina miniera di carbone di Garzweiler. Alcuni dicono che servirà per un nuovo deposito, altri per allargare le vie di accesso. Ed è questo il motivo della demolizione, decisa già dal 2013, quando il tribunale federale decise che le ragioni della popolazione locale, degli ecologisti e di coloro che lottavano per mantenere in piedi una vecchia chiesa (sconsacrata ma nel cuore dei fedeli locali), fossero meno importanti dell’interesse pubblico ad aumentare la capacità estrattiva di quella miniera di carbone. Oggi, quella chiesa costruita dalla comunità cattolica locale nel 1893 già non esiste più.E con essa, va detto, se ne va anche un pezzetto di Europa che si sta lentamente facendo parte per cedere all’impeto della modernità, della produzione, dei ritmi frenetici del mercato. Un’Europa che preferisce allargare un deposito di carbone piuttosto che mantenere in piedi una struttura che, dopo più di un secolo, rimaneva lì, a ricordare che una tradizione religiosa, ma prima ancora culturale, esisteva e dovrebbe continuare ad esistere.
Purtroppo questo non è il primo caso di vecchie chiese sconsacrate e abbattute per le leggi del mercato. E in questo, è la Chiesa, quella con la “c” maiuscola, ad esserne in qualche modo complice. Se si rendono i templi dei luoghi soggetti alle più fredde leggi del mercato, è chiaro che una chiesetta di paese, sempre meno frequentata e con pochi sacerdoti a disposizione, diventa un costo e non una risorsa. Ma può un tempio, di qualunque fede, così come un monumento civile, diventare oggetto di mercato e trasformarsi in una mera questione di convenienza? A questa domanda, purtroppo, l’Europa sta già rispondendo positivamente. La Francia in questo è purtroppo all’avanguardia. Nonostante la presenza del cristianesimo da circa 1500 anni, molte chiese, specialmente quelle più piccole e periferiche, sono lasciate all’incuria e all’abbandono.
Mancano i fedeli, i parroci, i soldi, e allora è la stessa curia a venderle ai privati, che decidono di abbatterle per costruirci qualcosa di più fruttuoso come un parcheggio, un centro commerciale, un cinema, oppure le convertono in palestre, uffici, alberghi. E se non è la curia a occuparsene, sono i sindaci, che per motivi di cassa o ideologici, preferiscono demolire il patrimonio culturale e storico della propria città piuttosto che tenerlo in piedi come ultimo simbolo di una tradizione più grande. Nel 2016 fu emblematico il caso della chiesa di Santa Rita, a Parigi, abbattuta per un parcheggio. A nulla valsero le proteste dei fedeli barricati dentro la chiesa: furono gli stessi poliziotti a sgomberarla e trascinare via il parroco per permettere la distruzione. Sono state sette le chiese abbattute nel 2016 in Francia. Come scrisse Giulio Meotti per Il Foglio: “Si va dalla cappella di San Bernardo a Clairmarais alla chiesa di Ferrandière a Villeurbanne. Assieme a quelle distrutte, nel 2016 lo stato francese, che gestisce parte dei luoghi di culto dal 1905, ha sconsacrato e messo in vendita altri 26 luoghi di culto cristiani”.
Questa furia secolarizzatrice è un simbolo del processo di perdita d’identità che sta subendo l’Europa. L’immagine di una chiesa di pietra devastata per costruire spianate di asfalto è un qualcosa che colpisce non soltanto gli occhi, ma anche la mente. Perché fa comprendere non tanto la fine inesorabile di un certo tipo di cultura europea, ma l’assoluta normalità con cui questo avviene, come se ci trovassimo di nuovo in periodi oscuri della storia. Non è la devastazione barbara di terroristi né di regimi totalitari, ma una distruzione più subdola e “politically correct” che, comunque, porta allo stesso risultato. Difficile dire se questa sia la causa o l’effetto dello scollamento dell’Europa dalle sue radici. Ma sta di fatto che le stiamo perdendo. Cosa che invece non fanno le altre religioni. Basti pensare a un dato, come cita l’articolo del Foglio, le moschee registrate, in Francia, sono circa 2.390. Nel 2003 quelle registrate erano 1.545. Un dato su cui riflettere, non per islamofobia, ma per comprensione della strana evoluzione che sta subendo il nostro continente. Se una chiesa viene abbattuta perché inutile mentre si vendono a pochi euro terreni per costruire altri luoghi di culto di altre religioni, qualcosa, evidentemente, sta succedendo.
LORENZO VITA
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