La casa editrice Ricomunicare (p.zza Giuseppe Mazzini, 27 - 00195, Roma) nel dicembre del 2018, ha pubblicato l’opera di DANILO QUINTO intitolata “Dio o Mammona. Non si possono servire due padroni”.
Sono scritti carichi di intensità quelli che l'autore ha voluto offrire ai suoi lettori: da essi traspare immediatamente – sin dalle prime pagine del libro – una fede forte, radicale e per nulla disposta al compromesso o all'essere “accomodante” col mondo. Ad essa si accompagna però una comprensibile amarezza per quella che è l’attuale situazione ecclesiale, sociale e politica. Questo è il motivo per cui potremmo definire la presente opera come a metà strada tra la critica serrata agli uomini di Chiesa ormai quasi totalmente scristianizzati e un invito a non disperare, bensì a restare saldi nella fede in Cristo, nella certezza che nessun male, per quanto radicato e pervasivo sia, può durare in eterno od uscire definitivamente vittorioso dal conflitto col bene. Esso può vincere delle battaglie – se Dio lo permette – ma non può mai vincere le guerre e non può mai stabilire il suo dominio in maniera definitiva.
Ce n’è davvero per tutti: per il Papa e molti suoi che stanno devastando la Chiesa; per una politica completamente asservita ai diktat della perversa setta massonica, della finanza globale e delle lobby di potere; per una società ideologizzata ed ammalata di relativismo e di nichilismo. V’è però una matrice comune alla base della desolazione e della devastazione di questi tempi: la ribellione e il rifiuto di Cristo, della sua Croce, della sua Regalità, del suo diritto assoluto a regnare, in cielo come in terra. Quello che, sostanzialmente, viene descritto nel libro è lo scontro in atto tra Dio e il demonio, tra la luce e le tenebre, tra i pochi rimasti fedeli a Cristo e i molti che, sedotti dalle lusinghe del mondo, si sono gettati tra le braccia del maligno.
La situazione più rovinosa è sicuramente quella all’interno della Chiesa. La crisi in essa è evidente, palpabile e lampante: una crisi che è cominciata col Concilio Vaticano II e che è giunta ora ad un punto in cui, all’epoca, forse nemmeno le previsioni più pessimistiche avrebbero potuto immaginare. Vescovi e Cardinali che sostengono la necessità di dialogare con la massoneria, setta anticristiana costantemente condannata dal Magistero cattolico, il cui obbiettivo fu da sempre quello di distruggere la Chiesa, di condurre la cristianità all’apostasia, di rovesciare il Regno di Nostro Signore Gesù Cristo per sostituirlo col regno di satana, che è colui al quale i massoni rendono veramente culto. Questi chierici rinnegati si spingono addirittura ad affermare l’esistenza di una somiglianza, di princìpi e di intenti, tra la Chiesa di Gesù Cristo, quella Cattolica Apostolica e Romana, e la setta satanica per eccellenza, che è la massoneria.
Sono le imposture di questo tipo i frutti velenosi della “primavera” conciliare, del “nuovo corso” inaugurato proprio da quell'evento funesto che fu il Vaticano II. Particolarmente, l’ecumenismo e il dialogo interreligioso che in quella sede vennero affermati come necessari affinché la Chiesa potesse essere “al passo coi tempi” e continuare a relazionarsi col mondo. Ma la Chiesa non è del mondo: essa è nel mondo per assolvere al compito che da Cristo stesso le venne affidato – quello di guidare e difendere il gregge, nonché quello di evangelizzare e di condurre tutte le anime alla salvezza – ma non è del mondo, poiché il mondo appartiene alle tenebre.
L’immanentismo fu tra i princìpi ispiratori del Concilio, ed esso è alla base di ogni eresia e di ogni deviazione: infatti, negando l’esistenza di una realtà al di sopra di quella abitata dall’uomo, esso inevitabilmente finisce per porre al centro l’uomo stesso, con la sua soggettività, le sue emozioni, i suoi desideri, i suoi bisogni e la sua coscienza. Tutto procede e tutto si risolve dall’uomo e nell’uomo. L’uomo diviene il fulcro da cui tutto si irradia come principio e al quale tutto tende come fine, l’alfa e l’omega. Se si nega la realtà soprannaturale in favore di quella naturale, ecco che la conseguenza implicita di tale aberrazione filosofica è la negazione di Dio e l’esaltazione dell’uomo come “esponente di spicco” della natura (umanesimo ateo), oppure il panteismo, per cui Dio non è un Ente trascendente ma immanente, presente nella natura e nelle creature che si equivalgono a Dio. Ecco svelato il segreto e la radice malata del montiniano “culto dell’uomo”.
Il dialogo ecumenico, caratteristica precipua della “neo-chiesa” fuoriuscita dal Concilio, ha la sua origine proprio in questa concezione errata: se infatti l’uomo è al centro di tutto (antropocentrismo), se è egli stesso creatore, conservatore e distruttore di ogni cosa in quanto principio e fine di tutto, ecco che Dio e le religioni, come la verità, sono un prodotto della coscienza o dei bisogni umani: ergo, non esiste un solo Dio, Uno quanto alla Natura e Trino quanto alle Persone, bensì potrebbero esistere tante divinità quante sono le persone di questo mondo; non esiste una sola Verità, in campo religioso come in ambito etico-morale, assoluta, oggettiva ed universale, che procede dall’unico vero Dio, bensì tante verità quanti sono gli individui o le comunità umane.
Di conseguenza, nessuno può dire di credere nel vero Dio, di appartenere alla vera Chiesa o di agire secondo l’ordine morale oggettivo: bisogna aprirsi all’altro, dialogare con lui, tollerarlo, viverci assieme pacificamente ed astenersi dal condannarne gli errori. È l’elogio del relativismo e del soggettivismo, i quali preludono al nichilismo: se infatti l’uomo crea la religione o il codice morale più confacente alle proprie aspirazioni e ai propri bisogni, ecco che allo stesso modo può cambiare o distruggere quando e come vuole ciò che ha creato.
L’ecumenismo (che è relativismo teologico-religioso) nel tessere le lodi del dialogo, dell’incontro e della pacificazione presta il fianco al progetto massonico di distruzione dell’unica vera religione – quella cattolica, l’unica in grado di riunire tutta l’umanità in forza della sua origine divina e delle promesse di Nostro Signore Gesù Cristo – al cui posto dovrebbe subentrare una specie di “Religione dell’Amore”, in cui all’amore di Dio viene sostituito l’amore dell’uomo per l’uomo, unito al culto della libertà e per i diritti di tutti. Tale sarebbe il risultato del cattolicesimo completamente svuotato di dogmi e di contenuti che tanto piace ai modernisti. Questa è la religione che, negli scellerati piani dei frammassoni, dovrebbe unire il mondo al posto della Fede cattolica: il mondialismo massonico contro l’universalismo cattolico, l’uno che vuole unire nell’errore mascherato da tolleranza, da dialogo e da fraternità, e l’altro che vuole unire nella Verità di Cristo e della sua Chiesa: la verità... la grande assente dei nostri giorni, quella per la quale ogni cristiano dovrebbe essere disposto a sacrificare anche la sua stessa vita. La verità – si sa – non è democratica, non è ecumenica, non è liberale: la verità semplicemente è, senza nessun compromesso e in maniera assoluta. Ma essa è sconveniente alle orecchie dei moderni: ergo, per quella “neo-chiesa” che non desidera altro che essere nel mondo, del mondo e per il mondo; è molto meglio parlare di ecologia, di migranti o di emarginazione sociale che non dire di essere l’unica Chiesa istituita dall’Unico Vero Dio che assolve ad uno specifico Suo mandato: quello di ammaestrare, guidare e proteggere le genti cristiane per la salvezza della loro anima.
La gerarchia ecclesiastica è ormai completamente asservita a questo modo di pensare: dunque, sorprende fino ad un certo punto che ci siano prelati che propongono alleanze e compromessi coi massoni in nome di una presunta comunanza di “valori” e di obbiettivi. Costoro dovrebbero forse ricordare che Nostro Signore Gesù Cristo ci ha lasciato un messaggio del tutto opposto a quello della tolleranza massonica: Egli ci ha detto che solo Lui è Via, Verità e Vita; solo attraverso il Figlio si arriva al Padre; solo in Lui v’è salvezza e coloro che non lo riconoscono quale Unico Vero Dio moriranno nei loro peccati. Costoro non beneficeranno della sua opera di Redenzione e non avranno la vita eterna. Ciò significa che esiste un abisso, una barriera, un muro (con buona pace di chi sperimenta un’eruzione cutanea al solo sentir pronunciare questa parola) tra coloro che sono di Cristo e coloro che non lo sono, tra coloro che credono nell’Unico Vero Dio e coloro che credono in qualcos’altro o che credono in maniera sbagliata o “personalizzata”. Questi ultimi non erediteranno il Regno dei Cieli: questa è la giusta, amabilissima e sapiente volontà di Dio. Coloro che pensano l’opposto, che pensano ci si possa salvare senza Cristo, senza la Chiesa, con le sole opere o con la sola fede, si macchiano di eresia e di apostasia. Questo è ciò che siamo tenuti a credere.
I modernisti, specialmente quelli d’area progressista, direbbero che ciò appartiene ad una concezione oscurantista e sormontata, ad un’era in cui la Chiesa e i cattolici erano in guerra con tutto e con tutti: ebbene, la fede è un deposito immutabile e non può cambiare nel tempo o a seconda delle mutate circostanze, perché immutabile è Colui dal quale procede la Rivelazione ed è immutabile perché infinitamente perfetto; quanto all’essere in guerra contro il mondo, è esattamente questo che ci si aspetta dalla Chiesa. Essere cattolico vuol dire essere in costante conflitto con un mondo che appartiene alle tenebre e che costantemente cerca di allontanarci dalla Città di Dio per incatenarci nella città dell’uomo, di irretirci in quei piaceri mondani e in quell’attaccamento alla materia che distoglie gli spiriti dall’obbiettivo della salvezza eterna.
Cristo non venne tra noi a portare pace, ma una spada. La “pace” di cui si riempiono la bocca i modernisti non è quella di Cristo, giacché si fonda sul compromesso non dovuto con l’errore, col vizio, con la degenerazione e, in ultima analisi, col male. Cristo non dialogava con l’errore: avvicinava i peccatori, ma non per incoraggiarli nei loro sbagli, bensì per correggerli e per redimerli. Cristo non dialogava col male: lo sconfisse sulla Croce. Cristo venne tra noi per liberarci dal male e dal peccato, per salvarci dalla dannazione e per darci la vita eterna. Nessun uomo, dunque, può costruire una pace vera e duratura con gli altri, se quella pace non si fonda sulla Fede in Gesù Cristo, ma su princìpi sospetti (in odore di massoneria) come la tolleranza. Tollerare per principio il male significa rinnegare il bene. Tollerare per principio il male significa lasciare che esso compia la sua opera di distruzione e di pervertimento. Tollerare per principio il male significa esserne complici. La pace di Cristo è quella che Egli ci dona mediante la Fede e la vita di Grazia. La Sua pace non è quella degli uomini: è una pace che si fonda e si nutre dell’unione intima e filiale con Dio. Solo in Cristo gli uomini possono ritrovare quell’unità perduta a seguito del peccato originale e diventare portatori di pace. Al contrario, la pace costruita sulla tolleranza e sul compromesso con l’errore e col male non è vera pace, ma pura illusione. La pace che gli uomini – quelli di Chiesa in primis – pretendono di costruire senza Dio e senza Verità, basandosi unicamente sull’essere disposti a fare un passo indietro perché gli altri possano farne uno avanti, non è una pace autentica, ma semplicemente un “quieto vivere” che presuppone, come si diceva poc’anzi, un’accettazione e quindi un’intrinseca connivenza col male e con ciò che esso produce.
Fin quando al mondo esisterà il peccato – e con esso le iniquità e le storture che ne sono la conseguenza – non esisterà pace, e qualunque tentativo di costruirla mediante la convivenza con tutto quello che non appartiene a Cristo, che è il Principe della Pace, è destinato a naufragare miseramente. Solo togliendo il peccato dal mondo vi sarà pace, e il peccato dal mondo l’ha tolto l'Agnello di Dio col suo Sacrificio sulla Croce: col Suo Sangue Egli lavò i peccati del mondo. Ma aderire o meno alla Sua opera di Redenzione, corrispondere o meno al Suo immenso amore, accettare o meno la Grazia, dipende dalla nostra volontà, dalla nostra libera scelta, dal nostro essere disposti a rinunciare a tutto per essere parte di qualcosa che è infinitamente più grande di noi e di tutto ciò che conosciamo e che possiamo conoscere nel nostro essere entità finite e limitate.
Parallelamente, a partire dal Vaticano II, nella Chiesa Cattolica è in corso un processo di “protestantizzazione” liturgica – cominciata con l’introduzione del Novus Ordo Missae(giustamente definita la “Messa di Lutero” da Mons. Lefebvre) alla cui elaborazione presero notoriamente parte dei pastori protestanti per volere di Paolo VI – e proseguita con la progressiva negazione dei dogmi fondamentali della Fede cattolica, primi fra tutti l’essenza sacrificale della Messa (non più rinnovamento incruento del Sacrificio di Gesù sulla Croce, ma semplice “memoriale” di quello stesso Sacrificio in forma di banchetto comunitario), la presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nell’Eucaristia (ma semplicemente “simbolo” della Sua presenza spirituale), la Tradizione come fonte di Verità (in favore del luterano “solaScriptura”, la cui interpretazione non è più vincolata a quella data dalla Chiesa, ma affidata all’intendimento soggettivo di ciascun fedele) e il concorso della libertà umana nella salvezza: l’uomo non è libero, ma schiavo del peccato. Egli dunque è necessitato al male ed è incapace di meritare la salvezza. Di conseguenza, egli non può far altro che confidare nella misericordia di Dio (del tutto malintesa) e nel fatto che Egli soprassiederà sulle malefatte umane, poiché l’uomo non è responsabile delle sue cattive azioni. Ecco la teologia della “sola misericordia” di Bergoglio. Ecco che viene negata l’esistenza dell’inferno o il fatto che in esso ci siano delle anime dannate per l’eternità. Le fondamenta di questi errori dottrinali si trovano nell’eresia protestante. Orbene, negata l’essenza sacrificale della Messa, negata la transustanziazione, negato il valore fondamentale della Tradizione, negata la cooperazione tra Grazia e libero arbitrio nella salvezza, si aprono le porte alla demolizione del sacerdozio, e quindi della Chiesa, in favore del “sacerdozio universale”, e in definitiva della Fede cattolica.
Tutto questo mentre da ormai sei anni nella Chiesa imperversa la tirannia di un uomo venuto dall’Argentina, il cui modo di vivere e concepire la Fede farebbe impallidire anche i peggiori e più ostinati eretici della storia. Costui si interessa di immigrazione, di ecologia, di disoccupazione e di povertà, da bravo “leader mondiale della sinistra”, come è stato più volte incoronato dalla sinistra stessa, italiana e straniera. Sostiene che le diverse tradizioni spirituali devono collaborare ai fini della pace (che dicevamo prima?); che la diversità religiosa è la volontà di Dio (empietà gravissima); che la Chiesa Cattolica ha commesso molti errori nel corso della sua storia bimillenaria ai quali è bene che ripari; che bene e male non sono concetti oggettivi ed universali, ma variabili a seconda delle circostanze, delle tendenze e dei bisogni soggettivi; che chi parla di Verità è pericoloso e muove da una concezione ideologica della Fede; che bisogna mettere da parte le differenze ed unirsi per il bene degli uomini (e qual è il posto di Dio in questa mescolanza?). Costui non si genuflette dinanzi al Santissimo Sacramento, ma si dirige carponi a baciare le scarpe dei capi di stato africani. Costui bestemmia Gesù e Maria Santissima pubblicamente, durante quelle che qualcuno ha la faccia tosta di chiamare “omelie”, ma giustifica gli attentati che gli islamici compiono per vendicare le offese alla loro pseudo-religione. Parla di misericordia ed è implacabile con quella evanescente parte del clero che lo contraddice e gli oppone resistenza.
Nel frattempo abbiamo a che fare con sacerdoti sempre meno preti e sempre più simili a degli operatori sociali, a degli attivisti impegnati sul fronte della “giustizia sociale”, dei “diritti umani”, dell’accoglienza di clandestini o di chissà cos’altro. Intrisi di ideologia costoro sono venuti meno al loro compito di santificare le anime, di guidare il gregge affidatogli dal Signore verso il Regno dei Cieli, di amministrare in maniera decorosa i Sacramenti (magari evitando di distribuire la Comunione in maniera sacrilega, di dire Messa col naso da pagliaccio o in costume da bagno, di profanare le chiese organizzando danze tribali africane al suo interno, concelebrando coi protestanti o invitando i musulmani a pregare assieme, di tenere omelie simili ad un comizio da centro sociale). Un sacerdote dovrebbe essere un uomo d’altare (liturgia e preghiera), di spada (la lotta per convertire, guidare e santificare le anime) e di Croce (l’accettazione della sofferenza e della responsabilità enorme che ciò implica).
Gli uomini di Chiesa modernisti sono venuti meno al loro compito di pascere il gregge e difenderlo dai lupi nella misura in cui hanno aderito a visioni mondane per le quali bisogna privilegiare il bene materiale a quello morale e spirituale. Un esempio in questo senso – come ci fa notare l’autore – è la discesa in politica, a favore della sinistra, della gran parte degli uomini di Chiesa (e di Bergoglio primo fra tutti), particolarmente sul tema cruciale degli ultimi anni, che è quello delle migrazioni. Al di là delle strumentalizzazioni compiute sul Vangelo – cosa di per sé gravissima – e la completa ignoranza (volontaria o meno) della tradizionale dottrina su tale questione, ciò che emerge è proprio l’accordo tra Chiesa modernista e mondialismo liberal-massonico per fini tutt’altro che evangelici: primo fra tutti il completo assoggettamento e distruzione dei popoli europei, della civiltà cristiana d’Europa alla cui edificazione la Chiesa contribuì in maniera preponderante. Chi collabora a tale piano non è di Cristo, ma del demonio, che è omicida fin dal principio, e lo è tanto nei confronti delle anime quanto dei corpi; tanto nei confronti dei singoli quanto delle comunità umane. I Vescovi che prendono parte, sia pure col loro silenzio remissivo e pavido, al progetto di sostituzione etnica in corso non appartengono a Cristo e alla sua Chiesa, ma al maligno.
Sarebbe però ingiusto imputare la responsabilità di tutto quello che avviene nella Chiesa, della crisi profonda che la attraversa, solo al pontificato di Bergoglio: il male è molto più antico ed ha radici proprio in quell’eresia modernista che, lentamente ma inesorabilmente, ha scalato la gerarchia ed è giunta sino al Soglio Pontificio con papa Roncalli e col conseguente Concilio Vaticano II, con tutto quello che ne è seguito. Bergoglio è semplicemente l’espressione più radicale – e particolarmente fastidiosa proprio per la sua sfrontatezza – di un processo di dissoluzione iniziato sessant’anni fa: egli è il “frutto maturo” del modernismo conciliare. Il Concilio Vaticano II ha preteso di trasformare la Fede cattolica in un “umanesimo ateo” (parole del tristemente noto de Lubac), senza dogmi – a parte la difesa della dignità umana e dei diritti ad essa connessi fine a sé stessa – e con una liturgia anch’essa totalmente proiettata verso l’uomo e privata dei contenuti teologici. Quella Messa che è il cuore pulsante della cattolicità, quella Messa che tutti i nemici di Cristo – dai protestanti ai massoni – hanno cercato di distruggere poiché troppe erano le anime da essa santificate nel corso dei secoli, troppa la Grazia della quale essa è fonte. Col Vaticano II i nemici di Dio sono entrati nel Corpo Mistico della Chiesa (il “fumo di Satana” che Paolo VI denunciava ma al quale proprio lui spalancò bene porte e finestre lasciando che appestasse ogni cosa) e ne hanno causato la malattia che oggi la affligge dolorosamente.
Tuttavia – e su questo punto è bene fare attenzione – bisogna resistere alla tentazione di voltare le spalle alla Chiesa e alla Fede a causa del clima generale di apostasia che imperversa in essa: è esattamente quello che vogliono gli occupanti abusivi del Corpo Mistico che parlano in nome di Cristo ma che di Cristo non sono. D’accordo con le forze anticristiane essi intendono allontanare sempre più persone dall’unica arca di salvezza (la Chiesa, per l’appunto) per spingerle tra le braccia del loro padrone. Proprio in questo consiste il loro diabolico piano: allontanare – anche solo per sfinimento – i cattolici facendo sì che, privati della Fede e della Grazia, diventino facili prede del demonio e “riavvicinare” i peccatori senza convertirli, ma confermandoli nei loro peccati, di modo che condividano la stessa sorte dei primi. Un disegno eminentemente satanico.
Non meno terribile è la situazione all’interno delle società europee: la scristianizzazione avanza inesorabile ed apparentemente inarrestabile. Il relativismo etico impera sovrano ed ha avvelenato le menti degli occidentali e, a causa di ciò, siamo una civiltà agonizzante, una civiltà che sembra debba esalare l’ultimo respiro da un momento all’altro. Non potrebbe essere diversamente nelle società, come quelle europee, che hanno abbracciato una vera e propria “cultura di morte”, fondata sul ricorso massiccio all’aborto e alla contraccezione, sulla legittimazione dell’omosessualità e della più sfrenata licenza in materia di costumi, sul permissivismo in materia di droghe e di pornografia. L'Europa è pervasa da quello che potremmo definire un “fondamentalismo liberale” che possiamo far coincidere con l’ideologia radicale: sì, quella di Marco Pannella e di Emma Bonino. La vera vittoria di costoro non è stata di tipo politico-elettorale, ma socio-culturale. La vittoria dell’ideologia radicale e dei suoi esponenti è stata quella di irretire le menti, i costumi e la società facendole piombare nella più assoluta devianza e, quindi, nella dissoluzione.
Si tende spesso a sottovalutare la pericolosità sociale dell’ideologia liberal-radicale, ammantata com’è di quell’aura di apparente “neutralità”: che male può fare chi vuol lasciare piena autonomia e libertà di scelta a chiunque? Ma proprio in ciò sta la sua malizia: nella sua capacità di seduzione. Il liberalismo racchiude in sé qualcosa di veramente diabolico: la pretesa di emanciparsi da ogni vincolo, da ogni regola e da ogni autorità, di bastare a sé stessi, di non dover rendere conto a niente e a nessuno, di poter vivere avendo i propri desideri, aspirazioni ed opinioni individuali come unico punto di riferimento. Ebbene, possiamo ben dire che il primo liberale della storia fu proprio il demonio, che da angelo pretese di potersi emancipare da Dio e di poter essere “dio di sé stesso” e che, per questo, venne precipitato negli abissi. Sostituirsi a Dio: questo fu il peccato degli angeli ribelli e questo è il peccato dei liberali. La forza di quest’ideologia consiste proprio nella sua capacità di solleticare le concupiscenze umane (prima fra tutte l’orgoglio e solo in seguito l’avidità e la lussuria), nello stuzzicare la natura umana ferita dal peccato originale illudendo l’uomo di poter essere principio e fine a sé stesso, di poter vivere avendo sé stesso e la sua coscienza come unico punto di riferimento. La debolezza dell’umana natura è la forza dell’ideologia liberale. Contemporaneamente, siamo letteralmente invasi – e ben presto saremo anche dominati – da immigrati, per lo più musulmani. La loro presenza cresce nella misura in cui la popolazione europea autoctona diminuisce: a loro favore gioca sicuramente l’essere nettamente più prolifici e l’incapacità dei nostri politici di stabilire dei limiti ai flussi migratori. Proliferano moschee e centri culturali islamici nella misura in cui chiudono le chiese, i seminari e i conventi. Di questo passo, l’Europa – e l’Italia che ne è la “porta”, come spesso si dice – diventerà un villaggio musulmano.
In questo contesto si inserisce la critica del nostro autore alla politica italiana ed europea. Deboli, incapaci, conniventi: queste sono i tre aggettivi che meglio descrivono i nostri governanti. Si dice che l’inferno sia vuoto (Bergoglio): forse perché tutti i demoni sono sulla terra e governano le nazioni occidentali, sostiene il nostro autore. Costoro hanno permesso che le nostre società venissero devastate da leggi inique, che lungi dal combattere il male – come si converrebbe alle leggi – lo hanno prima tollerato, poi legittimato ed infine incentivato e protetto. Costoro sono responsabili dell’olocausto di sei milioni di italiani uccisi nel grembo delle loro madri per volontà di queste ultime, dello sfacelo in cui versa l’istituzione famiglia, del rincretinimento di massa della popolazione più giovane i cui neuroni sono stati inceneriti dalla cannabis, dai superalcolici e dal porno, della diffusione massiva dell’omosessualità e – come conseguenza delle migrazioni incontrollate – di un meticciato socio-culturale e religioso funzionale alla distruzione del senso di appartenenza, dell’identità dei popoli. Costoro sono colpevoli di aver governato non per il bene comune, ma per interesse personale, primo fra tutti la conservazione del potere, da consolidare anche dando al popolo “pane e divertimento”, ossia legittimandone ogni sorta di desiderio e di rivendicazione, indipendentemente da considerazioni sulla loro bontà.
Tutti i politici europei si sono uniti – o perlomeno hanno integrato le idee – in quello che Augusto Del Noce definì “partito radicale di massa”, ossia una forma di liberalismo radicale, onnipervasivo ed interiorizzato da parte delle istituzioni e della società. Il risultato è il cosiddetto “pensiero unico”, quello per il quale o si è allineati al relativismo e nichilismo dominanti o si diventa dei pericolosi estremisti da ostracizzare e da liquidare prima che sia troppo tardi e che qualcuno si svegli dal torpore indotto. Vi è di più: la forza del pensiero unico consiste proprio nell’impedire l’esercizio del giudizio. Il giudizio è il fondamento del retto ragionare ed ogni creatura intelligente deve giudicare per poter esercitare questa sua facoltà. È il giudizio temerario a dover essere evitato, non quello veritiero: così si esprime il Signore nel Vangelo. Tuttavia, è naturale che il pensiero unico si sforzi di sopprimere la capacità di giudizio se prima ancora si è sforzata si sopprimere il concetto stesso di verità: se non esiste la verità allora non esiste neppure il giudizio, perché ogni giudizio è soggettivo e dunque non è un giudizio, ma una semplice impressione, un parere.
Di pareri soggettivi, di opinioni personali e di impressioni sradicate dalla realtà si nutre la morale permissiva, l’etica della complicità col male, con l’errore. Ma il male è per sua natura distruttivo, poiché è privo di essenza ed esiste solo come parassita del bene: accettare il male significa, sostanzialmente, accettare la propria distruzione. È una specie di suicidio. Ed è in questo senso che il relativismo, inevitabilmente, sfocia sempre nel nichilismo. L’aggettivo che ben si addice all’Europa odierna è “suicida”. Non può definirsi in altra maniera una società che – forse per pavidità, per “spirito democratico” o per semplice idiozia – mentre accetta di essere decimata dagli aborti e dai liberi costumi che insteriliscono le nazioni, si rassegna ad essere invasa e definitivamente annichilata da stirpi e culture diverse che finiranno per diventare maggioranza o che, mediante la mescolanza con gli autoctoni, muteranno radicalmente la composizione etnico-sociale della comunità, che in entrambi i casi ne uscirà distrutta nella sua essenza.
I mali dell’Europa contemporanea, siano essi politici, sociali e finanche economici, hanno tutti la loro origine nell’abbandono di Dio. L’Europa, che Cristo scelse come culla del suo Regno Sociale, e l’Italia che Egli scelse come sede della sua Chiesa, ha finito per tradirlo e per voltargli vergognosamente le spalle in nome di quei princìpi di ispirazione liberal-massonica, affermati a partire dalla Rivoluzione Francese (ma che erano già presenti in nuce nell’umanesimo rinascimentale e nel protestantesimo) e che lentamente hanno soggiogato il “Vecchio Continente”. L’uomo senza Dio non può fare nulla, non può compiere alcun bene: può solo far del male a sé stesso e agli altri. Lo stesso principio vale, naturalmente, per le società. Togliete Dio – che tutto crea e tutto conserva nell’essere – dalle società e queste sprofonderanno nel caos e nel delirio auto-distruttivo nel quale, ad oggi, versano drammaticamente. La “Religione della Libertà” non è che un culto luciferiano nel quale si pretende di sostituire l’uomo a Dio, la creatura al Creatore.
Qual è il punto sul quale il nostro autore innesta la sua critica lucida e mirata al tempo presente e alla sua desolazione? Il fulcro dal quale si irradia il suo – mi si consenta l’espressione – “j'accuse”? Come dal titolo del libro: la scelta fra Dio e Mammona. Non si possono servire entrambi, come ci dice Gesù nel Vangelo. Bisogna fare una scelta di campo: bisogna decidere se essere soldati di Cristo e combattere sotto il suo stendardo, anche se ciò comporta sofferenza, privazione e lotta continua con un mondo che è schiavo del peccato e della materia; oppure se servire nell’accampamento del demonio, gozzovigliare su questa terra, affidarsi solo alle proprie limitate forze e alla ragione individuale e dannarsi assieme a lui. Chi – come la Chiesa modernista fuoriuscita dal Concilio – pretende di armonizzare le due cose, di non scegliere, di far coesistere Dio con la mondanità e di adeguare la Fede ai “tempi” e alle sempre nuove istanze sociali, in realtà ha già fatto la sua scelta.
Viviamo un momento estremamente drammatico della storia: un momento in cui la tentazione di farsi prendere dallo sconforto e dallo scoraggiamento è forte e lotta prepotentemente per prendere il sopravvento. Guardiamo attorno a noi e non vediamo che rovine fumanti. Ma non bisogna lasciarsi abbattere da ciò: siamo il “piccolo resto” cattolico, ma sappiamo bene che già una volta Dio si è servito di pochissime persone per evangelizzare il mondo e farlo cristiano. Dobbiamo confidare nel fatto che è proprio nei momenti di buio e di apparente sconfitta che la fede e la speranza devono essere ancora più forti: proprio come quella della Madonna ai piedi della Croce ove il Suo Divino Figlio venne barbaramente ucciso: tutto sembrava perduto, ma era solo l’inizio, e Maria questo lo sapeva bene, nonostante il dolore atroce che provava il Suo Cuore in quei momenti terribili. È questo un momento di prova, un momento in cui Dio sta provvedendo ad un’opera di “selezione”, in cui sta chiamando a raccolta tutti coloro che – nella temperie e nella follia di questo mondo apostata – gli sono rimasti fedeli. Non è la prima volta che ciò avviene.
Non bisogna lamentarsi di questa Croce che il Signore ci ha dato come “piccolo resto”: quella di dover sperimentare da una parte il senso della solitudine e dell’impotenza, dall’altra quella di dover essere esposti alla derisione, all’insofferenza e alla persecuzione del mondo. Bisogna ringraziare, perché è in questa Croce che si manifesta l’amore infinito di Dio verso di noi: Egli ci ha scelti tra tanti ed ha provveduto a conservare integra la nostra Fede. Del resto, proprio come non c’è vittoria senza battaglia, non c’è merito senza prova, allo stesso modo non c’è Resurrezione senza Croce. Il Cuore Immacolato di Maria trionferà e attraverso la Madre verrà la restaurazione del Regno Sociale del Figlio. Il nostro compito, nel tempo presente, prima che arrivi la “grande purificazione” e con esso una nuova era di cristianizzazione, è semplicemente quello di resistere, di perseverare nel Bene, di continuare a professare la Verità a prescindere da quanto ciò potrebbe costarci, di riderci del disprezzo, delle calunnie e della persecuzione del mondo (e purtroppo anche degli uomini della Chiesa modernisti) e di pregare. Dice Gesù nel Vangelo: a cosa serve guadagnare tutte le ricchezze, il potere e gli onori di questa terra se poi si perde la propria anima? A che serve temere gli uomini e il loro giudizio, quando il giudizio che bisogna temere è solo quello di Dio? A noi la scelta tra il Cielo e la terra, tra la Città di Dio e la città dell’uomo: tra Dio e Mammona, per l’appunto.
di Immaculatae Miles
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