di P. Giovanni Cavalcoli, OP
Cari Amici,
ho letto l’articolo “Punti fermi” del 31 ottobre scorso. La firma “Dominicus” in una trattazione così sensibile al tema della verità in teologia e nella nostra santissima fede cattolica, con citazioni di autori tomisti, come è il vostro solito, mi ha fatto subito pensare alla mia missione di Figlio di San Domenico, che voi già conoscete e che avete citato altre volte nel vostro Periodico, per cui colgo l’occasione per ringraziarvi nuovamente, da Domenicano docente emerito di teologia a Bologna, che vi segue da molti anni, sin da quanto lavorò, negli anni ’80, in Segreteria di Stato, dove pure arrivava il vostro interessante Bollettino.
Da tempo c’è tra noi una franca discussione su temi importantissimi di attualità ecclesiale, in particolare come interpretare e che valore dare ad alcuni insegnamenti dottrinali del Concilio Vaticano II, i quali presentano una novità rispetto dalla Tradizione e al precedente Magistero della Chiesa, novità la quale fa pensare ad una “rottura” o ad una “contraddizione”, come a dire che il Concilio si sia sbagliato o insegni il falso, in riferimento alla verità immutabile ed irreformabile della dottrina precedente, la quale o è di fede definita (dogma) o comunque, anche se non definita come di fede, è comunque materia di fede. La prima, come sapete bene voi che conoscete l’ermeneutica tradizionale, è de fide credenda o fede divino-teologale, la seconda è de fide tenenda o di fede ecclesiastica.
So bene che voi insistete con molti argomenti tratti dalla Tradizione, dalla Scrittura, dal Magistero precedente e dai teologi, in particolare l’Aquinate, e più recentemente citando le opere di Mons.Gherardini, eminente e dottissimo teologo del quale mi onoro di essere amico, insistete, dicevo, nel sostenere la tesi della “rottura” o della “contraddizione”, cioè mi par di capire, anche se noto in voi un
certo pudore o ritrosia nel dirlo, che secondo voi il Concilio contiene delle eresie e quindi con esso i Papi e la Chiesa stessa docente hanno abbandonato il sentiero della verità di fede precedentemente definita, ci stanno guidando per sentieri fuorvianti, hanno tradito la Tradizione ingannandoci con vuote e non dimostrate assicurazioni di “continuità” adducendo il pretesto del “progresso” o “sviluppo” dottrinale che fa piacere ai modernisti, e questo si può capire perché il Concilio stesso ha ceduto al modernismo(1).