“Terza guerra mondiale” è una frase che andrebbe applicata alla guerra contro la vita che si combatte senza quartiere in tutto il mondo, con un bilancio annuale di 50 milioni di vittime: tanti sono gli aborti che vengono praticati. Nessun'altra guerra è mai stata più cruenta e più globale di questa.
Era il febbraio 1995, dal palco della Conferenza Internazionale dell’ONU sullo sviluppo sociale, a Copenhagen, l’allora first lady americana Hillary Clinton arringava la platea dei delegati invocando il diritto all’aborto “raro, legale, sicuro”. Non era certo una posizione nuova e già pochi mesi prima alla Conferenza del Cairo si era tentato di inserire l’aborto tra i mezzi consigliati di controllo delle nascite.
Ma il pulpito da cui partiva l’appello e l’autorità di chi lo lanciava imprimeva oggettivamente una forza che non poteva passare inosservata. A 21 anni di distanza appare chiaro che quel discorso non era un semplice esercizio di retorica, ma l’esplicitazione di una priorità politica per gli Stati Uniti che era destinata a incidere profondamente sulla realtà di molte popolazioni.
Ma il pulpito da cui partiva l’appello e l’autorità di chi lo lanciava imprimeva oggettivamente una forza che non poteva passare inosservata. A 21 anni di distanza appare chiaro che quel discorso non era un semplice esercizio di retorica, ma l’esplicitazione di una priorità politica per gli Stati Uniti che era destinata a incidere profondamente sulla realtà di molte popolazioni.