ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 28 maggio 2017

Achab e la ciurma

Un papa molto popolare, ma non tra i vescovi


Con la nomina a presidente del cardinale Gualtiero Bassetti, dopo quella tre anni fa del segretario generale, papa Francesco ha ormai il pieno controllo della conferenza episcopale italiana, nella quale già un terzo dei vescovi sono stati insediati da lui, anche in diocesi di prima grandezza come Bologna, Palermo, il vicariato di Roma e presto anche Milano.
Le nomine sono un elemento chiave della strategia di Jorge Mario Bergoglio. Basti vedere come sta rimodellando a sua immagine il collegio dei cardinali, quello che in futuro eleggerà il suo successore. Dopo l'ultima infornata di porpore, annunciata una settimana fa per la fine di giugno, si fa più lontana l'ipotesi che il prossimo papa possa segnare un ritorno al passato.
Italia a parte, la conquista del consenso dei vescovi è però per Francesco un'impresa tutt'altro che facile.
Gli unici episcopati nazionali su cui oggi può contare sono quelli della Germania, dell'Austria e del Belgio, cioè delle nazioni in cui la Chiesa cattolica è in declino più drammatico.
Mentre viceversa le molto più vitali Chiese dell'Africa sono quelle che si sono schierate compatte, nei due combattuti sinodi sulla famiglia, contro le innovazioni volute dal papa.
Se poi si guarda alle Americhe, sia del Nord che del Sud, per il papa il quadro appare ancor più sfavorevole.
In Canada, i sei vescovi della regione dell'Alberta hanno preso pubblicamente posizione contro il via libera dato da Francesco alla comunione ai divorziati risposati, mentre negli Stati Uniti la conferenza episcopale ha eletto lo scorso novembre come suo presidente il cardinale Daniel N. Di Nardo, cioè proprio uno dei tredici cardinali della memorabile lettera di protesta che fece infuriare Bergoglio all'inizio dell'ultimo sinodo.
Sui media americani questa elezione fu seguita come un referendum su papa Francesco, e il motivo c'era. Un anno prima, in visita negli Stati Uniti, Francesco aveva ordinato ai vescovi di cambiare rotta e di mettersi al passo con lui; e aveva fatto corrispondere a questi suoi comandi una serie di nomine vicine al suo sentire, in primo luogo quella di Blase J. Cupich ad arcivescovo di Chicago e a cardinale.
Ma se referendum ci fu, Bergoglio l'ha perso in pieno. Nella preselezione della nomina a presidente, su dieci candidati eletti ne entrò solo uno di quelli a lui graditi. E anche le elezioni del vicepresidente – l'arcivescovo di Los Angeles José H. Gómez, membro dell'Opus Dei – e dei capi delle commissioni furono tutte contrarie alle aspettative del papa.
Anche in America latina Bergoglio è poco amato.
In Colombia, ai vescovi non è piaciuto, e l'hanno fatto capire, l'appoggio pregiudiziale dato da Francesco al "sì" nel referendum per l'accordo con i guerriglieri delle Farc, accordo che molti vescovi giudicavano un cedimento e che in effetti fu respinto dal voto popolare.
In Bolivia i vescovi proprio non sopportano il rapporto così ostentatamente amichevole intrattenuto da Bergoglio con il presidente "cocalero" Evo Morales, loro acerrimo nemico specie da quando hanno accusato pubblicamente le "alte strutture" dello Stato di legami con il narcotraffico.
Nel Venezuela precipitato nella catastrofe, tra i vescovi c'è dolore e rabbia ogni volta che il presidente Nicolás Maduro si scaglia contro di loro facendo appello a papa Francesco, del quale egli vanta l'appoggio. E purtroppo per i vescovi le parole dette dal papa a commento della crisi venezuelana durante la sua ultima conferenza stampa in aereo, di ritorno dal Cairo, sono suonate troppo benevole per il presidente e malevole per l'opposizione.
Un analogo sentimento d'essere traditi dal papa era sorto anche tra i vescovi dell'Ucraina dopo l'abbraccio tra Francesco e il patriarca di Mosca Kirill all'Avana, da loro vissuto come un ennesimo "appoggio della Sede Apostolica all'aggressione russa".
Per non dire della Cina, dove Francesco continua a dichiarare che "si può praticare la religione" proprio mentre alcuni vescovi, e proprio quelli che più vogliono obbedire al papa, sono perseguitati e imprigionati.
----------
Questa nota è uscita su "L'Espresso" n. 21 del 2017, in edicola il 28 maggio, nella pagina d'opinione dal titolo "Settimo Cielo" affidata a Sandro Magister.

Settimo Cielo di Sandro Magister 28 mag


BERGOGLIO FA LA CHIESA A SUA SOMIGLIANZA        Gualtiero Bassetti alla presidenza della Conferenza episcopale italiana, cioè un suo alter ego, poco politico (all'apparenza) e molto sociale

di Carlo Valentini , da italiaoggi.it 26.5.2016
A differenza di quanto finora è successo in Europa, dove (in genere) cambiano le maggioranze di governo e i premier, ma più o meno tutto rimane come prima, Stati Uniti e Vaticano, dove pure questa era la prassi, hanno virato e rotto col volemose bene. Per questo il colloquio tra Papa Francesco e Donald Trump è stato glaciale. Entrambi vogliono mettere in pratica le loro (diverse) idee, cambiare di conseguenza lo status quo, cedere il meno possibile ai compromessi.
Trump ha limato talune forme rozze ma, nella sostanza, ha smentito coloro che prevedevano una sua resa al politically correct: sta cancellando la riforma sanitaria di Barack Obama, sta riuscendo a imporre agli alleati maggiori contributi alle spese di difesa e in questo modo rastrella risorse ingenti per tagliare le tasse, sta disincentivando i decentramenti produttivi all'estero, ha messo i primi paletti per un maggior controllo agli ingressi negli Usa, ha disdetto l'accordo sul clima e l'ambiente, ha venduto armi all'Arabia Saudita contro l'Iran. Si tratta di un ribaltamento della politica interna e internazionale degli Stati Uniti e il presidente sembra fermamente intenzionato a procedere, in modo da arrivare alle (delicate per lui perché è in gioco la maggioranza repubblicana) elezioni del congresso, forte della realizzazione delle sue promesse elettorali apertamente alternative a quelle dei suoi predecessori (non solo di Obama).
Papa Francesco non è da meno nella determinazione e lo ha dimostrato con la nomina del cardinale Gualtiero Bassetti alla presidenza della Conferenza episcopale italiana, cioè un suo alter ego, poco politico (all'apparenza) e molto sociale. La nomina avviene dopo quella di alcuni vescovi: a Bologna, per esempio, mezza curia si è inalberata per l'arrivo di Matteo Zuppi dalla comunità di Sant'Egidio dopo gli ultratradizionalisti Giacomo Biffi e Carlo Caffarra. Il Pontefice sta plasmando la Chiesa italiana a sua immagine e non si tratta di un mutamento di poco conto. Inoltre continua imperterrito nella sua politica dell'accoglienza, dell'embrasson nous tra le religioni, delle porte aperte a chi come i divorziati erano esclusi dai sacramenti.
Caratteri forti. Disposti a sfidare gli establishment per realizzare i loro convincimenti. Sono stati eletti proprio perché alternativi e intendono tenere fede al ruolo per il quale si sono proposti e hanno vinto. Per questo né il Papa né Trump hanno indietreggiato di un centimetro nel loro colloquio che più gelidamente franco non poteva essere.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.