È qui, in mezzo a noi; ma non sappiamo vederlo. Lo "zampino del diavolo" nei casi di Aldo Bianchini e Kaylee Muthart ? il suo solo obiettivo è la rovina degli uomini e allora non potrebbero, certi delitti, portare la sua firma?
di Francesco Lamendola
In ventisei anni di professione non ho mai visto niente di simile. Per fare una cosa del genere occorre una forza disumana. Questo aveva detto il dottor Gino Barbacci, il medico di servizio presso il Pronto soccorso dell’Ospedale Versilia, al Lido di Camaiore, dove, il 2 novembre 2011, era stato trasportato d’urgenza un uomo di 46 anni, italiano nato in Scozia, che però viveva da sempre con la madre settantasettenne a Viareggio, per essere sottoposto a un intervento immediato ed estremamente delicato. Aldo Bianchini era un uomo colto, aveva una laurea in chimica e parlava cinque lingue, ma soffriva di disturbi psichici, per cui non era mai riuscito a trovare e svolgere un lavoro; lui e la madre vivevano con la rendita proveniente dalla Gran Bretagna, dove avevano qualche proprietà. Recentemente aveva smesso di assumere gli psicofarmaci prescritti; aveva interrotto la terapia con la Asl ed era passato a uno specialista privato; tuttavia passava periodicamente per una vista di controllo ambulatoriale. In ospedale, l’uomo era arrivato con il volto trasformato in una maschera di sangue, senza più i bulbi oculari; questi erano stati recuperati sul luogo del dramma e portati pietosamente all’ospedale dai carabinieri, ma i chirurghi non erano stati in grado di reimpiantarli, e così l’uomo aveva perso la vista per sempre. È arrivato cosciente, insieme all’anziana madre, anche lei a bordo dell’ambulanza. (Questo particolare si rivelerà inesatto, perché la povera donna era stata accompagnata da due conoscenti a bordo della loro automobile.) Non si lamentava e pareva che non sentisse dolore nonostante fosse una maschera di sangue. Poi ci ha dato le sue generalità.