Il “Papa emerito”, il “Vescovo di Roma” e il giudaismo
Mercoledì 20 marzo 2013, presso la Sala Clementina, Papa Bergoglio ha affermato: “Inizio il mio ministero apostolico durante quest’anno, che il mio venerato predecessore, Benedetto XVI, con intuizione veramente ispirata, ha proclamato per la Chiesa cattolica Anno della fede. Con questa iniziativa, che desidero continuare e spero sia di stimolo per il cammino di fede di tutti, egli ha voluto segnare il 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II. [...] Insieme con voi non posso dimenticare quanto quel Concilio abbia significato per il cammino ecumenico. [...] Da parte mia, desidero assicurare, sulla scia dei miei Predecessori, la ferma volontà di proseguire nel cammino del dialogo ecumenico. [...] Ed ora mi rivolgo a voi distinti rappresentanti del popolo ebraico, al quale ci lega uno specialissimo vincolo spirituale, dal momento che, come afferma il Concilio Vaticano II, «la Chiesa di Cristo riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè, e nei profeti» (Decr. Nostra aetate, 4). Vi ringrazio della vostra presenza e confido che, con l’aiuto dell’Altissimo, potremo proseguire proficuamente quel fraterno dialogo che il Concilio auspicava (cfr ibid.) e che si è effettivamente realizzato, portando non pochi frutti, specialmente nel corso degli ultimi decenni”.
Come abbiamo già visto in altri studi, il cammino ecumenico voluto da Cristo non è certo l’irenismo e il pancristianesimo [1].