ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 13 novembre 2014

Giallo o noir?

Radio Maria, il giallo continua

Eliminato un altro giornalista cattolico. Un gruppo di ascoltatori affida un’inchiesta al famoso Ispettore Juve. Di questo passo P. Livio si farà la radio tutto da solo? Riscossa Cristiana è venuta in possesso di un documento riservatissimo.
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Il giallo di Radio Maria continua. Come noto, i collaboratori cattolici della famosa emittente sono, da oltre un anno, epurati per oscuri motivi. Ma alle volte è oscura la stessa epurazione. Ultimissimo, il caso di Gianpaolo Barra, direttore del Timone, titolare di una rubrica che andava in onda il sabato sera. La sua epurazione non era stata comunicata, ma diversi ascoltatori hanno notato, leggendo il palinsesto della Radio, che la sua rubrica è sparita. Preoccupati, hanno deciso di chiedere al celeberrimo Ispettore Juve, l’investigatore francese che si è guadagnato il titolo di “Re dei poliziotti” per la sua pluriennale lotta contro il criminale Fantomas, di indagare per capirci qualcosa. Juve, che, pensionato, si è dato all’attività di detective privato, ha accettato l’incarico e ha già redatto un primo rapporto, riservatissimo, di cui siamo venuti in possesso, e che qui di seguito pubblichiamo:

Il cielo pre modernista e quello gesuita (che ride..)


IL CIELO IN UNA STANZA - FOTO INCREDIBILI RIVELANO LE MERAVIGLIE ARCHITETTONICHE DEI SOFFITTI DELLE CHIESE ITALIANE - TRA AFFRESCHI E SIMMETRIE PERFETTE, BASTA UN ”CLIK” PER SENTIRSI DA DIO

Il fotografo newyorkese Richard Silver offre il proprio punto di vista sui soffitti mozzafiato delle chiese italiane. Dopo viaggio durato due anni attraverso i luoghi più spirituali d’Italia, pubblica questa serie di fotografie a dir poco strepitose...

Da SanRemo a SanPietro

CHE PAPA ROCK! - PER NON SORBIRSI SOLO L’ESIBIZIONE DI SUOR CRISTINA, BERGOGLIO CHIAMA PATTI SMITH PER IL CONCERTO DI NATALE - LA CANTANTE QUALCHE SETTIMANA FA E’ STATA AVVISTATA A PIAZZA SAN PIETRO DURANTE UNA CELEBRAZIONE DEL PAPA

Proprio in quell’occasione ha stretto la mano al Pontefice e gli avrebbe sussurrato: sogno di suonare per lei Santità. Detto fatto - Patti Smith, che ha teorizzato in gioventù l’amore libero ed altre trasgressioni, salirà sul palco con la figlia Jesse Paris…

Ora et magna

Uno chef a guardia del Papa


CITTA’ DEL VATICANO Per certi versi cucinare è un po’ come pregare, equivale a un esercizio d’amore rivolto al prossimo, per saziarlo, farlo crescere. Mescolare spezie, combinare gli ingredienti, trovare l’equilibrio tra sostanza e sapore alla ricerca di un armonia, non solo affina i sensi ma avvicina, toglie le distanze, realizza una comunione, insomma diventa un’arte sublime.

Anzi?

I vescovi americani in “lotta per seguire Francesco”, ma non tutti. Anzi

Il cardinale Francis Eugene George,
tra pochi giorni arcivescovo emerito di Chicago


Roma. I vescovi americani riuniti in assemblea tentano di mettersi in sintonia con l’agenda di Francesco, nonostante l’eco della rimozione del cardinale Raymond Leo Burke si sia fatta sentire fin dentro l’aula del confronto – il sito del liberal National Catholic Reporter è stato costretto a chiudere i commenti al post riguardante la destituzione del porporato del Wisconsin perché ritenuti “inaccettabili” nei confronti dei vertici vaticani.

Non è tutto oro quel che luccica..!

Le grandi assenti dal sinodo, le famiglie neocatecumenali

Nessuna di esse è stata ammessa a parlare. Eppure sono le più impegnate nel mettere in pratica il modello del matrimonio cattolico. Un documento riservato del vertice del Cammino, a commento del sinodo

di Sandro Magister



ROMA, 13 novembre 2014 – Nell'intervallo tra i due sinodi convocati da papa Francesco sul tema della famiglia tutti sono stati sollecitati a prendere la parola.

Quindi anche coloro che nel primo dei due sinodi, tenuto lo scorso ottobre, non poterono parlare in aula perché non invitati.

A fare scalpore fu soprattutto la forzata assenza dal sinodo dell'istituto pontificio che aveva i maggiori titoli per esservi chiamato:

> Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia

Meno notato è stato invece il mancato invito a esponenti di realtà cattoliche tra le più vigorosamente impegnate nel tradurre nella vita concreta la visione cristiana della famiglia.

Fede o buonismo.

Il Sangue di Gesù Cristo o il rosolio dei nuovi teologi? 

Un saggio di Maurizio Blondet

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La legge è questa: tutto ciò che, per diventare importante, ha bisogno del numero, è eo ipso privo di importanza ed è tanto meno importante quanto più grande è il numero di cui abbisogna. Tutto ciò che non può essere realizzato, arrangiato, compiuto se non per via del numero e che poi gli uomini ammirano stupefatti, come se ciò fosse la cosa importante, è proprio cosa senza importanza. Ciò ch’è veramente importante sta in senso inverso, ha sempre meno bisogno del numero per poter compiersi, e per la cosa più importante di tutte, per quella che muove cielo e terra non c’è bisogno che di un solo uomo, se c’è bisogno di più questo sottrae. Le guerre europee, le rivoluzioni, le esposizioni d’arte e i giornali a tiratura gigantesca ecc. non possono certamente essere allestiti da un uomo solo. Ma la cosa più importante di tutte, ciò che interessa angeli e demoni, è che un uomo si metta in rapporto con Dio: per questo un solo uomo basta”  – Soren Kierkegaard
di Piero Vassallo

Fede e allarmi

Incontro con la veggente di Medjugorje. Il Vescovo di Anagni-Alatri Lorenzo Loppa: "la vera Fede è altro"

“Se anche solo una persona avesse deciso di non partecipare a quel raduno, io sarei comunque soddisfatto”. Non si è fatta attendere la puntualizzazione del Vescovo della diocesi di Anagni-Alatri, don Lorenzo Loppa, ad un paio di giorni di distanza dalla assemblea pubblica di Fiuggi con la veggente di Medjugorje Vicka Ivankovic, tenutasi sabato e domenica scorsa. Come noto, l’incontro era stato preceduto da una lunga scia di polemiche, con Loppa che aveva diramato una comunicazione per invitare i fedeli a non partecipare.

mercoledì 12 novembre 2014

Dio non ha bisogno del nostro permesso

FUORI DALLA CHIESA VISIBILE NON C’E’ SALVEZZA?
I MEZZI ORDINARI ED I MEZZI STRAORDINARI DI SALVEZZA:
DIO NON HA BISOGNO DEL NOSTRO PERMESSO 

Extra Ecclesiam nulla salus, o salus extra Ecclesiam non est, è un monito rivolto a noi, un invito a non abbandonare mai la via, la verità e la vita. È un monito coerentemente, dogmaticamente e dottrinalmente legato ai mezzi ordinari di salvezza. A meno che, all’apice della follia farisaica, qualcuno non voglia contestare a Dio Padre l’uso legittimo di mezzi straordinari di salvezza, a Dio Figlio di avere celebrato l’Eucaristia nel corso dell’Ultima Cena senza il messale della «Messa di sempre», ed infine, a Dio Spirito Santo, di non essersi attenuto per le sue azioni di grazia a qualche enciclica del magistero, di carattere puramente politico, scritta un paio di secoli fa, essendo con essa stato legato un nodo che, lungi dall’essere un dogma di fede, a parere di alcuni avrebbe vincolato in eterno e per sempre la Terra e il Cielo.


Autore Padre Ariel
Autore
Ariel S. Levi di Gualdo
vipere
“Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio della Geenna? Perciò, ecco, io vi mando dei profeti e dei savi e degli scribi; di questi, alcuni ne ucciderete e metterete in croce; altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città, affinché venga su voi tutto il sangue giusto sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che voi uccideste fra il tempio e l’altare” [Mt 23 , 33-35]

Molti cosiddetti tradizionalisti che dicono di rifarsi al tomismo ed alla più genuina scolastica, in verità si rifanno a quattro formule trite della neoscolastica decadente; che rispetto alla scolastica, al tomismo ed alla buona scienza metafisica è tutt’altra cosa. Formule che usano allo stesso modo in cui gli antichi farisei usavano la Legge con formalismo fine a se stesso, tanto da procacciarsi i severi rimproveri del Verbo di Dio fatto uomo che trattandoli più volte a dure parole li accusa di filtrare il moscerino e di ingoiare il cammello [Cf. Mt 23, 24].

Promozione pubblica

Dalle fessure del Tempio all’errore in cattedra

di Mauro Faverzani) La saggezza degli antichi latini fornisce le coordinate del problema: «Contra facta non valet argumentum». È un fatto, dunque, che padre Pablo d’Ors si sia più volte espresso «assolutamente» a favore del sacerdozio femminile. L’ultima occasione è stata l’intervista da lui rilasciata al quotidiano “Repubblica” lo scorso 5 novembre.
Intervista durante la quale ha aggiunto: «Che la donna non possa essere prete per il fatto che Gesù era un uomo e che avesse scelto solo uomini è un argomento molto debole». Ed è un fatto anche il veto viceversa posto in modo chiaro ed impegnando il Magistero, quindi parlando come Pietro, da Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis il 22 maggio 1994, laddove scrisse: «Al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa». Specificando come ciò derivi dalle Sacre Scritture, dalla pratica costante della Chiesa e dal Suo vivente Magistero.

Punizione pubblica.

La rimozione di un grande Cardinale

(di Roberto de Mattei) Il Papa, in quanto supremo pastore della Chiesa universale, ha il pieno diritto di rimuovere dalla sua carica un vescovo o un cardinale, anche insigne. Celebre fu il caso del cardinale Louis Billot (1846-1931), uno dei maggiori teologi del Novecento, che il 13 settembre 1927 rimise il berretto cardinalizio nelle mani di Pio XI, con il quale era entrato in contrasto sul caso dell’Action Française, e finì la sua vita, quale semplice gesuita, nella casa del suo ordine a Galloro.

Quiz antimodernista

Riconosci Una chiesa moderna da un edificio in stile sovietico? Mettiti alla prova con quiz 


Riconosci Una chiesa moderna da ONU edificio in stile sovietico?  Mettiti alla prova con quiz delle Nazioni Unite
Un gioco Molto istruttivo , per piccoli e grandi commenti, Proposto dal sito «Chiesa Pop». 

Modernismo aggiornato

L'Omoeresia nella Chiesa attuale

Due anni fa la rivista polacca “Fronda” pubblicò un lungo articolo, ripreso successivamente dalla rivista teologica tedesca “Tehologisches” su quella che era definita "Omoeresia", e "Homomafia". Cioè della presenza a tutti i livelli nella gerarchia della Chiesa, compresa la Curia romana, di una rete di sacerdoti omosessuali impegnati nel proteggersi a vicenda. L'autore, oggi: "Mi pare che stia maturando sempre di più la consapevolezza dei problemi affrontati nel mio studio".

Piacioni e vincenti


Ecco come Papa Francesco sta rivoluzionando la Curia

Ecco come Papa Francesco sta rivoluzionando la Curia

Nomi, ricostruzioni e indiscrezioni
La riforma della Curia, messa subito in cantiere dal Papa già un mese dopo l’elezione a successore di Benedetto XVI, stenta a concretizzarsi. Il gruppo degli otto cardinali consiglieri poi diventati nove con l’aggiunta del segretario di Stato Pietro Parolin continua a riunirsi, passa in rassegna competenze di congregazioni e pontifici consigli, studia accorpamenti o abolizioni.

Pentole e coperchi

Il caso del Cardinale Burke: la pentola è pronta, manca solo il coperchio

IL CASO DEL CARDINALE BURKE:

LA PENTOLA È PRONTA MANCA SOLO IL COPERCHIO

 Con la sua mossa infelice contro questo suo Cardinale, il Papa forse non si rende conto che in Raymond Leonard Burke non ha colpito tanto lui e solo lui, ma piuttosto, in lui, quella parte migliore del Collegio cardinalizio, che è la più fedele alla sana dottrina, alla difesa della morale e al Successore di Pietro. 
Autore Giovanni Cavalcoli OP
Autore
Giovanni Cavalcoli OP
pentola
La pentola del Diavolo
Dice un noto proverbio popolare: il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. I modernisti, i falsi ecumenisti, i filoprotestanti, i criptomassoni e i rahneriani, partiti baldanzosi, furbescamente e clandestinamente alla conquista del potere supremo della Chiesa cinquant’anni fa, servendosi di un’ottima organizzazione culturale — per esempio la rivista Concilium e numerose case editrici compiacenti —, nonché di un’astutissima e diabolica falsificazione delle dottrine del Concilio Vaticano II, con incredibile ostinazione ed audacia e l’impiego di mezzi potentissimi, economici e politici, penetrando progressivamente negli istituti accademici della Chiesa, gabbando progressivamente ambienti sempre più vasti del mondo cattolico, compresi certi vescovi ed oggi addirittura certi cardinali, sono ormai giunti nei pressi della casa di Pietro, convinti, nella cecità della loro superbia, di avere ormai la vittoria in mano, col persuadere il Vicario di Cristo ad abbracciare le loro eresie e le loro bestemmie.

Prudenza?

I prudenti vescovi francesi bloccano sul nascere il bis del caos sinodale


Il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi

Roma. La conferenza episcopale francese ha deciso che a livello nazionale non vi sarà alcuno sviluppo e approfondimento del dibattito sinodale andato in scena il mese scorso a Roma. Qualche vescovo locale, rimasto a casa mentre nell’Aula Nuova si discuteva di ostia ai divorziati risposati, di aperture più o meno convinte alle coppie omosessuali e di cammini penitenziali da affidare alla supervisione del vescovo diocesano, ha chiesto durante l’assemblea autunnale ospitata come di consueto a Lourdes che, oltre alle dotte ed esaurienti relazioni di chi a Roma c’era, il confronto fosse esteso ai presuli francesi. Il cardinale André Vingt-Trois, resosi subito conto che la discussione avrebbe potuto facilmente travalicare i confini di quanto discusso dai padri sinodali nelle due settimane di lavoro romane, ha preso il microfono e ha invitato i confratelli a “globalizzare il meno possibile e a lavorare lì dove si è”, cioè nelle diocesi.

martedì 11 novembre 2014

Vincitori e vinti

I nuovi Francescani dell’Immacolata: metafisica dell’immanenza? di Don Ambrogio Beretta

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Da circa un anno, si discute dei Frati Francescani dell’Immacolata (sigla: FFI).
Dagli articoli e documenti pubblicati sui siti, blog, profili facebook e riviste (cfr. il sito ufficiale FFI, “Libertà e Persona”, “Riscossa Cristiana”, “All Christian“, “Chiesa e post Concilio”, “Corrispondenza Romana”, “Rorate Coeli”, “Unavox”, la rivista “Testimoni”, articoli dei quotati vaticanisti Tosatti e Magister e altri), nonché dalle “voci del popolo”, si possono ricavare alcune osservazioni, oggetto di questo articolo.
Qui non si vuole dare un giudizio morale e definitivo dei soggetti, in quanto si presuppone la loro buona fede. Si vuole semplicemente offrire un piccolo contributo, sperando che possa essere utile alla riflessione su un caso che ha creato grande scandalo tra i fedeli.
I limiti del lavoro sono imposti dall’articoletto, in quanto tale; dalla mancanza di dati fondamentali, quali:
  1. Le dichiarazioni depositate presso la Santa Sede dai primi accusatori del governo di p. Stefano Manelli, fondatore dei FFI.
  2. La conoscenza della psiche, della moralità e della buona fede degli accusatori.
La carenza di questi, e altri dati, permette un’analisi solo induttiva, che, a partire dalle esperienze, cerca di desumere i principi generali.

I piacioni


La Chiesa si dissolve nel Partito Radicale di Pannella?martedì 11novembre 2014

È pervenuta in Redazione:Caro Alessandro Gnocchi,ho letto recentemente un interessante articolo di Maurizio Blondet che cerco di riassumere nei suoi punti principali, sul quale mi piacerebbe avere un suo parere.Blondet fa la seguente sintesi del pontificato di papa  Bergoglio: cordiale amicizia con Scalfari, il quale ha potuto dire (senza essere smentito) che questo Papa “ha abolito il peccato”; affermazione della libertà assoluta della coscienza privata; aperture agli omosessuali e Comunione ai divorziati risposati; assicurazione che Dio non è cattolico; abbraccio ai pentecostali protestanti americani di cui si dichiara “fratello” e che non ritiene necessario convertire alla Presenza Reale; visita al pastore carismatico-luterano di Caserta, a cui ha chiesto scusa per le “persecuzioni” che  i carismatici avrebbero subito durante il fascismo (una balla); dichiarazione contro la pena carceraria dell’ergastolo.

La luce nella notte dei demoni

Il caso dell’insegnante di Moncalieri e i Pastori tremebondi di una Chiesa allo sbando  

Le dichiarazioni dell’arcivescovo di Torino sono scandalose. La penosa litania su “rispetto e accoglienza” è in verità una resa al mondo, nei suoi aspetti peggiori. Scordandosi anche, il che per un Pastore della Chiesa non è poco, che è in ballo “soltanto” la salvezza – o la dannazione – eterna. Abbiamo comunque avuto, dalle parole stesse di Mons. Nosiglia, la dimostrazione degli effetti devastanti del recente sinodo.

di Paolo Deotto
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Il caso dell’insegnante di Moncalieri, finita sotto il fuoco dei difensori delle perversioni solo perché ha detto cose arcinote riguardo al problema degli invertiti (clicca qui e qui), ha messo in luce per l’ennesima volta lo stato confusionale grave in cui versa buona parte della gerarchia della Chiesa cattolica. E sappiamo bene chi è il principale artefice della confusione, figlia della menzogna.
Possiamo parlare a lungo di ciò che hanno detto le varie associazioni pro-perversioni; possiamo deprecare quanto vogliamo le solite dichiarazioni di presidi, politici, e vari “maitre à penser” di cui è infestata la nostra società malata. Non troveremo nulla di nuovo, né dobbiamo stupirci, sia per la diffusissima tendenza al conformismo, sia perché il vento di pazzia ha ormai travolto buona parte della società.
Il vero scandalo è stata la dichiarazione di Mons. Nosiglia, arcivescovo di Torino, che anziché schierarsi con decisione in difesa dell’insegnante, ha iniziato l’ormai consueta arrampicata sugli specchi, fatta di frasi trite e ritrite («Non credo che a scuola, per di più in una scuola pubblica, si debba affrontare la discussione in questo modo. Si è in un ambiente educativo, dove si forma la persona, bisogna ispirarsi a principi quali il rispetto e l’accoglienza. Soprattutto ora, dopo la discussione che c’è stata all’interno della Chiesa») e provvedendo anche, con scarsa eleganza, a “scaricare” l’insegnante che ha espresso solo “opinioni personali”.
La sodomia è uno dei quattro peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio”. Questo un arcivescovo può scordarlo? Oltretutto, continuando con questa stucchevole faccenda del “rispetto e dell’accoglienza” si ottiene il lodevole risultato di non aiutare l’omosessuale a correggere la sua condotta, che inevitabilmente lo porta alla dannazione eterna. Il vero rispetto, per un cattolico, non può certo prescindere dall’operare per la salvezza delle anime.
Cerchiamo anche di non usare le parole a casaccio. “Rispetto e accoglienza”? E per chi? Per gli omosessuali?
Ma, scusate tanto, perché mai dovrei accogliere con rispetto chi coltivando un ripugnante vizio rovina sé stesso e corrompe chi gli è accanto? L’invertito non fa nulla di rispettabile, né tantomeno nulla degno di essere accolto. L’invertito è un individuo pericoloso, per sé stesso e per gli altri, e tanto più lo diventa in questo clima di pazzia generalizzata nel quale il vizio viene ormai contrabbandato come normalità, se non addirittura anche come cosa bella e buona.
“Rispetto e accoglienza” sono dovuti a tutti, in quanto esseri umani, ma non è possibile, e ripugna anche alla ragione, che si prescinda dalle azioni che una persona compie. Se ci sono azioni perverse ci sarà il chiaro e indiscutibile dovere di fare il possibile per bloccare queste azioni e anche, ovviamente, per far capire al reo la necessità, per il suo bene, di cambiare strada.
Che ne direste se qualcuno si mettesse a predicare “rispetto e accoglienza” per rapinatori, o per assassini o, cosa – pare – terribile, per mafiosi e per evasori fiscali? Le prefiche in servizio permanente effettivo ululerebbero dallo sdegno.
Ora, chi fa più danni? Un assassino o un invertito, tanto più se ostenta e addirittura propaganda la sua perversione?
Un omosessuale, non scordiamocelo, e a maggior ragione un omosessuale “convinto”, che vuol difendere il suo stile di vita, offende direttamente il Creatore, negando le evidenze stesse della creazione, bestemmiando ogni volta che paragona le sue perverse abitudini all’amore, perché l’amore, quello vero, trova il suo primo e indiscutibile parametro nel Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo.
Riserviamo il “rispetto e accoglienza” a quegli omosessuali che vivono nel dolore e nel segreto il loro atroce vizio e fanno il possibile per guarirne, e cercano chi possa aiutarli in questo. Ma il fatto che un arcivescovo, un pastore della Chiesa, un successore degli Apostoli, si dimostri così conformista da rifugiarsi in generiche affermazioni che lo “salvano” dalle critiche del mondo e che favoriranno la dannazione eterna di tanti omosessuali, che si sentiranno per l’ennesima volta “de facto” giustificati, un fatto di questa portata è a nostro avviso scandaloso.
Del resto, cosa attendersi da una Chiesa che nel recente sinodo ha messo in discussione, dietro l’ormai logoro paravento della pastorale, gli stessi principi fondamentali della morale cattolica? Cosa attendersi da una Chiesa che perseguita senza il minimo pudore i pochi sacerdoti, religiosi o secolari che siano, che ancora vogliono custodire e vivere la vera Fede?
Quando Don Abbondio, cercando goffamente una scusante per aver ceduto alle prepotenze di Don Rodrigo, dice al Cardinale che i bravi del prepotente signorotto lo avevano minacciato di morte, il Cardinale cosa gli dice? Gli dice che nessuno, al momento dell’ordinazione sacerdotale, garantisce la vita al sacerdote, poiché questi dovrà essere sempre e comunque testimone della Verità. “Usque ad effusionem sanguinis”.
Questa è la Chiesa che abbiamo, guidata del resto dal Papa che abbiamo; non ce ne sono altre. Assistiamo turbati a viltà, tradimenti, mondanizzazione. Si fa sempre più urgente, insieme alla denuncia da fare sempre, senza paura, un intenso apostolato della preghiera perché la Chiesa ritrovi sé stessa. Solo per Grazia di Dio si potrà uscire dall’abisso in cui si è caduti e la Grazia di Dio si ottiene con le opere buone, mai disgiunte dalla preghiera e dal digiuno, armi necessarie per vincere i demoni. Ripeto: i demoni.

–  di Paolo Deotto Redazione

La società fondata sulle parole – di Patrizia Fermani

Redazione
Nella società contemporanea si è verificata una sorta di appropriazione indebita del termine “diritto” che un po’ tutti usano con negligenza e irresponsabilità. Senza mettere in conto che soprattutto sui suoi equivoci viene costruito l’ariete per demolire giorno dopo giorno la cinta muraria di una intera società.
di Patrizia Fermani
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zztrrbblLa confusione delle idee domina il discorso pubblico come quello privato, ed è confusione di parole che, come diceva Ratzinger, non hanno la riserva aurea del pensiero. Ma non è un fatto casuale. L’omologazione forzata dell’occidente, è avvenuta attraverso la illusione della libertà totale che ha fatto a meno della verità e delle parole che la esprimono . La parola non trasmette più il pensiero per il quale è stata forgiata, e quindi un suo codice tendenzialmente stabile, ma diventa ottimo veicolo di persuasione occulta adattabile a tutti gli usi del momento. Infatti siamo indotti ad appagarci facilmente di parole fasulle incapsulate nelle formule, rinunciando sia alla fatica personale del ragionamento e alla grazia delle idee sia ad un intero patrimonio di sapienza ed esperienza.
Le parole non sono mai innocue se usate a sproposito. Anche se in una memorabile seduta della Camera, grazie alla sensibilità presidenziale, ne fu ritenuta esecrabile una che era stata usata a proposito anche da Dante.
Ma oggi ad essere falsate sono quelle che esprimono le esperienze fondamentali della vita dell’uomo, e viene edificata così la moderna Babele abitata dall’uomo nuovo, che è al centro della rivoluzione permanente dell’etica, mentre il linguaggio abusato serve alla “ rieducazione “ mediatica del popolo ormai spogliato di un buon senso fuori moda. Del resto tutte le rivoluzioni hanno affidato a parole chiave adattate al programma eversivo, il compito di arruolare i nuovi eserciti.
La dignità, l’amore, la civiltà. Il dialogo. Il confronto, la libertà, la natura, la persona, la famiglia che ha scoperto di poter essere perfino “tradizionale”, e da ultimo anche la misericordia, sono pelletteria contraffatta che trova acquirenti ad ogni angolo di strada. Uno degli articoli più venduti di questa industria delle parole fasulle è stata ovviamente la democrazia. Essa è diventata l’ombrello magico di qualunque realtà politica, comprese le varianti delle dittature comuniste, ma anche delle fantasiose trovate libertarie che ci vengono propinate quotidianamente in nome dell’ egualitarismo democratico o del caos per tutti.
 Ma la contraffazione della “democrazia” va a braccetto con quella del diritto che ne diventa la carta vincente. Ed è proprio sul suo abuso anche linguistico che si consuma ormai la attuale indiscussa rivoluzione culturale. Infatti la mistificazione lessicale del diritto, alimentata mediaticamente, prelude fatalmente all’accettazione collettiva delle scelte legislative più paradossali.
Persino la Chiesa, che era stata antica maestra del diritto, che ne aveva fondato le scuole e custodito il patrimonio, oggi sembra non comprenderne più la sostanza quando, facendo proprie le distorsioni del linguaggio giuridico, perde anche di vista l’unica propria legge di riferimento, la legge naturale dettata da Dio.
 Il paradigma di questo abuso generalizzato ci è dato ora dai cosiddetti “diritti degli omosessuali”, correlati con quelli delle “coppie di fatto”. Formule ritenute imprescindibili persino da chi vorrebbe mostrarsi su posizioni critiche.
Diritto, in senso stretto, sta anzitutto ad indicare le leggi create dall’uomo che, ordinate in sistemi, danno luogo agli ordinamenti giuridici e quindi al diritto oggettivo. Quando poi la legge positiva accorda una certa tutela alla pretesa individuale riconosciuta meritevole di protezione giuridica , nasce il diritto soggettivo che come tale potrà essere fatto valere anche davanti al giudice. Tuttavia poiché la tutela concessa dalla legge ad un certo interesse comporta anche il sacrificio di risorse collettive, è necessario che essa corrisponda in qualche misura anche ad un interesse generale, secondo quell’ orientamento al bene comune che dovrebbe guidare sempre l’attività del legislatore.
 In un senso o nell’altro, il diritto è di per sé realtà di valore relativo, mutevole, perché  legata alla storicità delle leggi dell’uomo, e a quella degli interessi individuali che tali leggi elevano a diritti soggettivi, e alla relatività dei rispettivi valori di riferimento, e lascia irrisolto il problema della giustizia sostanziale delle leggi.  Ma proprio per questo, già molto prima che il Cristianesimo indicasse nella legge naturale scritta da Dio, anche un criterio superiore di giustizia cui devono obbedire le leggi umane,  la cultura antica sapeva che queste non sono necessariamente anche giuste e che sopra la volontà del sovrano c’è la volontà divina. Lo sapeva Salomone quando invocava la grazia di essere un legislatore giusto. Lo aveva gridato Antigone. Questo criterio superiore sul quale le leggi devono modellarsi è la difesa dall’arbitrio del legislatore e da quello dell’uomo sull’uomo.
zzblOra nelle formule che abbiamo preso a campione, vediamo anzitutto che il “diritto” perde il significato di interesse  riconosciuto dal legislatore come meritevole della forte protezione della legge, mentre vi viene incorporata l’idea che ogni pretesa espressiva di una volontà desiderante abbia  già in sé la propria giuridicità. In altre parole, la pretesa nasce già come diritto per il quale si deve richiedere tutt’al più una consacrazione formale da parte della legge positiva. È solo grazie a questa inversione logica, infatti, che si può parlare dei diritti “di “ qualcuno, prima ancora che la legge li abbia creati, li abbia cioè attribuiti “a “ qualcuno, cioè si può parlare quasi compulsivamente di diritti “degli omosessuali“ e dei diritti “delle coppie di fatto”  come fossero una realtà acquisita e indiscutibile che aspetta soltanto di essere formalizzata, prima ancora che  tale riconoscimento giuridico sia avvenuto. Ovviamente non si tratta affatto di un parlare sciatto ma innocuo. La conseguenza sconcertante è infatti che l’esistenza dei “diritti degli omosessuali” o “delle coppie di fatto”, appare tanto pacifica, che quasi nessuno si azzarda più a metterla in discussione, e che tutt’al più si ammette pensosamente l’esistenza di un problema di limiti e di forme. Eppure a nessuno verrebbe in mente di considerarsi titolare del diritto di proprietà di una casa per il solo fatto di volerla acquistare, e a nessuno verrebbe in mente di considerare Tizio proprietario di quella casa per il solo fatto che egli desidera averla per sé a tutti a tutti i costi.
D’altra parte dietro quell’apparente equivoco terminologico c’è in realtà la strategia di una vera e propria campagna di conquista che ha già prodotto i suoi frutti perché il sovvertimento dell’idea di diritto finisce per influenzare le scelte collettive e si fa strada l’abitudine mentale a pensare che quei fantomatici “diritti” esistano e non debbano quindi essere messi in discussione, dato che tutti ne parlano senza esitazioni.
  Ma attraverso quelle formule, oltre all’idea che il diritto non venga creato dalla legge ma la preceda, ne viene inoculata un’altra. Quella per cui ogni pretesa che esprima una volontà desiderante, sia perciò stesso meritevole di tutela e racchiuda in se stessa un valore, indipendentemente dalle esigenze del bene collettivo.
In questo riconoscimento a priori di valore alla pretesa che ha ad oggetto semplicemente il desiderio personale, ovvero ”lo proprio particulare” eretto a valore, si manifesta il dato che caratterizza tutta la antropologia contemporanea: la supremazia dell’io e delle sue pulsioni. Ciò che viene desiderato deve diventare diritto perché in principio non c’è il Verbo, ma l’io. Quello con cui dialoga quotidianamente Scalfari, per delega pontificia maestro indiscusso in utroque, di morale laica e ora anche cattolica, folgorato dalla teologia ispanica su via della Conciliazione.
Ora è innegabile come questa diffusa pretesa di elevare  i desideri  a diritti soggettivi, sia l’ultimo approdo che segna lo straripamento del relativismo: esso va a fagocitare la stessa funzione ordinatrice del diritto oggettivo, e la volontà individuale diventa il criterio per stabilire ciò che è il bene.
Non per nulla si sventolano le Dichiarazioni dei neonati stati americani in cui trionfa, anche al di là delle intenzioni degli estensori, nientemeno che il “diritto alla felicità”. Che siccome non vuole dire nulla e non significa nulla di serio in seno al diritto, è una pietanza che ora non manca mai nella paccottiglia libraria e televisiva, e neppure manca mai di essere il punto di forza delle pensose riflessioni delle Concia , degli Scalfarotti, dei Recalcati, delle Marzano, di interi eserciti di omo socio psico pedagoghi, persino della sempre dialogante cultura ciellina, e da ultimo, finalmente, della ancor più dialogante, liberatoria, ben arieggiata, teologia vaticana. Così l’aspirazione personale, qualunque ne sia l’oggetto desiderato, viene eretta a causa prima legittimatrice del preteso “diritto”,  non importa se magari in conflitto anche con la legge naturale e con la ragione.
 La carriera folgorante dell’uomo moderno alla fine può essere riassunta tutta in questa conquista del diritto alla felicità, secondo prescrizione di legge, che avrebbe creato qualche turbamento ai giuristi classici come a San Tommaso e che ha il proprio motore nella libertà negativa. Quella in nome della quale oggi si può proclamare persino la bellezza del suicidio proprio e altrui!
Intanto, quasi nessuno dei tifosi della altrui felicità pare rendersi conto che dietro ai “diritti degli omosessuali”, c’è anzitutto una organizzazione potente esperta nelle strategie necessarie per le proprie conquiste di categoria. In questa strategia viene utilizzata con profitto anche la carta fasulla delle coppie di fatto che lungi dal rispondere ad una qualche esigenza “corporativa”, rappresentano solo la trovata strategica capace di consentire agli omosessuali l’accesso all’anticamera del matrimonio, da dove si arriva senza sforzo anche all’adozione dei minori. E la trovata è tanto efficace e ben congegnata da avere catturato senza colpo ferire, con poche confortanti eccezioni, tutta la più aggiornata intellighenzia ecclesiastica.
Intanto un altro fattore lessicale viene a rafforzare questa prospettiva ormai comunemente accolta: con  sapienza persuasiva, per dare peso istituzionale a queste pretese elevate magicamente a diritto, esse vengono addirittura inserite nella teca dei “diritti civili”, categoria per certi versi superata ma munita di innegabile forza suggestiva. Infatti, con i diritti civili non si scherza: essi evocano tutte le storiche rivendicazioni dei sudditi nei confronti dello Stato, e appartengono perciò alla storia patria. Quindi più o meno tutti sentono la gravità del richiamo e nessuno si azzarda più a pensare che la faccenda possa essere trascurata. I “diritti degli omosessuali“ sono “ diritti civili”, come l’elettorato attivo e passivo, per intenderci, la cittadinanza e il diritto al nome. Come si vede, un risultato di tutto rispetto.
Ma  lo smottamento dal concetto di diritto a quello di pretese dissennate che si autocertificano come diritti e addirittura come “diritti civili”, senza incontrare ostacoli,  merita un rilievo ulteriore . Infatti, quando si parla del “riconoscimento “ non “ di diritti “a qualcuno”, ma “dei diritti” di qualcuno,  viene  anche insinuata l’idea che si abbia a che fare con dei valori oggettivi cui spetta solo riconoscimento formale, perché essi sono connessi alla natura umana e appartengono all’uomo in quanto uomo. In altre parole si cerca di suggerire che essi siano sullo stesso piano di quegli altri diritti fondamentali che ognuno si porta appresso e può far valere in ogni momento contro chi ponga ostacoli alla loro realizzazione pratica. Insomma viene ventilato il richiamo sempre suggestivo ai famosi “diritti umani”. L’idea ovviamente è risibile quanto cervellotica , ma la cosa non è banale perché oggi tutto si gioca, appunto, sulla persuasione occulta. Per questo qui può tornare utile considerare un aspetto più generale  e inquietante della attuale manipolazione del concetto di diritto.
Come è noto quella” dei diritti umani “ è conquista moderna.  Prima c’era la visione cristiana dell’uomo che per essere stato forgiato da Dio a Sua immagine e somiglianza, godeva per questo di uno statuto privilegiato rispetto ad ogni altra creatura. Ma la civiltà occidentale ha ritenuto di potersi emancipare dal cristianesimo e di staccare il diritto dalla legge naturale. Marsilio da Padova ha separato la legge divina da quella umana proclamando la indipendenza dello Stato da qualunque sistema di valori diverso da quello che esso stesso si sia dato. Quando è emersa la necessità di una tutela del suddito nei confronti del potere sovrano, è stata teorizzata la intangibilità di certi diritti fondamentali,  anche se legati a situazioni storicamente determinate.  Tuttavia si è trattato di un’etica giuridica tutta concentrata fin dall’inizio  proprio sul rapporto tra suddito e sovrano ovvero tra cittadino e Stato. E in questa prospettiva anche i diritti riconosciuti al suddito sono stati comunque una emanazione del potere dello Stato. Questo era stato anche  il significato della Magna Charta che proclamava i diritti del suddito, ma pur sempre come  elargiti benignamente dal sovrano. Ciò  non toglie che col tempo si sia fatta strada l’esigenza di proclamare universalmente l’intangibilità da parte di qualsivoglia legislatore e potere politico, di quei valori che appartengono all’uomo in quanto uomo, e sono a priori suoi diritti inviolabili.  Su tale idea verranno formulate le  Dichiarazioni universali dei diritti dell’uomo , quasi versione laica della teoria della legge naturale perfezionata da San Tommaso per la teologia cattolica. Ma pur sempre emanazioni  di un potere politico e fondate sul presupposto della  autonomia dei valori di riferimento.
Per questo non bisogna dimenticare che in realtà, ed è un aspetto non poco inquietante,  anche i “diritti umani” sono legati alle burocrazie internazionali o alle Costituzioni nazionali che li contemplano e sono anch’essi relativi, variabili, riformabili a seconda delle circostanze politiche e dal consenso mediaticamente preparato, e possono non avere nulla a che fare con la legge naturale assoluta, cioè con la legge di Dio.  Non per nulla quelle burocrazie sono arrivate a partorire perfino i “diritti riproduttivi ”, che sono il diritto della donna di uccidere il bambino che ha in grembo, il cui diritto alla vita, garantito questo sì dalla legge naturale, viene così declassato senza indugio di fronte al supposto diritto di libertà della madre.
Così mentre la legge naturale riconducibile alla volontà di Dio, quella che è stata codificata dai comandamenti e dal Vangelo, è immutabile data l’invariabilità del Suo legislatore, (al di là di quello che pensano i Kasper, i Forte e il Parlamento sinodale in sintonia col vescovo di Roma), le Carte dei diritti e le Dichiarazioni solenni adottate nei consessi internazionali, hanno una matrice politica e culturale che ne segna il limite. Così anche i diritti umani tendono a diventare non tanto quelli che appartengono all’uomo, quanto quelli che dall’uomo possono essere creati. Infatti, trovando il proprio modello soprattutto nella Dichiarazione dell’89,  portano con sé l’ insanabile vizio di origine della  libertà assoluta dell’uomo quale valore fondante,  di quella libertà senza limiti in nome della quale si può dare spazio anche ad ogni genere di sopruso. Di qui il paradosso per cui talune pretese  prive di alcun valore morale o sociale, anzi tali che, se soddisfatte, vanno a minare la stessa struttura della società, vanno subdolamente ad accaparrarsi addirittura un posto tra i diritti umani. Anche perché ormai la titolarità di un diritto umano non si nega a nessuno, fosse pure quello alla disumanità, cara all’ eccentrico (rispetto alla dottrina cattolica) segretario della Cei che di certo potrà dire col Vate “io ho quel che ho donato”.
 Nella società contemporanea si è dunque verificata una sorta di appropriazione indebita del termine “diritto” che un po’ tutti usano con negligenza e irresponsabilità. Senza mettere in conto che soprattutto sui suoi equivoci viene costruito l’ariete per demolire giorno dopo giorno la cinta muraria di una intera società.
Ma l‘abuso delle parole avviene anche quando ci si muove su un terreno estraneo come se fosse il proprio, o, in altre parole, quando si confondono i piani concettuali e si pretende di rivedere i propri principi secondo le categorie altrui. È quanto accade tutte le volte in cui la Chiesa dimentica la propria identità, i propri fini e anche il proprio credo, e adotta altri punti di vista, finalità e obiettivi. Basti pensare alla riduzione della propria funzione salvifica a funzione sociale. All’uso promiscuo di parole che appartengono sia al secolo che al cattolicesimo. Primo fra tutti quell’amore che è andato a sostituire con grande sollievo universale la giustizia divina, e che si sposa con la misericordia scesa a rappresentare la giustizia umana. Con il risultato rassicurante che nessuno giudica nessuno perché abolita la legge, sono abolite la trasgressione e la sanzione.
Così la Chiesa va inclinando verso l’incorporazione della morale laica autoassolutoria di Pannella, anzi la sorpassa nel tentativo di suggerire l’abolizione del codice penale come mezzo per risolvere i problemi di edilizia carceraria. E tutto ciò proprio mentre dall’altra parte c’è lo Stato che allunga progressivamente il proprio potere su ogni aspetto della esistenza umana fino ad occupare anche tutto lo spazio della morale.
Con la comparsa dei diritti umani questo processo di positivizzazione della morale è stato potenziato enormemente perché quanto stabiliscono gli organi internazionali è sinonimo di una giustizia superiore e l’assimilazione della loro legge alla legge giusta si è compiuto. Essi nell’utopia di fondare un’etica mondiale pretendono di incorporare la controfigura del diritto naturale, e la guerra ormai anacronistica delle organizzazioni internazionali, contro il cristianesimo, è la lotta contro una forza concorrente ritenuta ancora capace di insidiare il monopolio della nuova moralità universale. Guerra anacronistica dicevamo, perché proprio la chiesa è andata sposando l’idea suicida e irresponsabile che l’etica sovranazionale del nuovo ordine mondiale corrisponda grosso modo alla abbandonata legge naturale.
Infatti, pressata dall’ansia martiniana per l’aggiornamento, non ha trovato di meglio che sconfessare brutalmente come obsoleta proprio la legge naturale, addirittura in un documento ufficiale come l’instrumentum laboris di preparazione al sinodo, ispirato a sua volta a quella dichiarazione della Commissione teologica internazionale del 2009, che, riletta a posteriori, ha tutta l’aria di essere stata preordinata a futura memoria, pronta all’uso per i primi venti rivoluzionari.
A nulla è valso ovviamente il grandioso obiettivo di Benedetto XVI di ricondurre la Chiesa e il mondo alla  profondità e alla bellezza del grande pensiero cristiano, ancorato alla legge naturale e ai suoi principi immodificabili con o senza negoziazione. Ma il pensiero della Chiesa è andato sfilacciandosi nei decenni, tra tentazioni e contaminazioni che hanno fruttato lo scollamento e la degenerazione etica della società contemporanea, ed è approdato ora ad una dissennata resa senza condizioni.
Ora non c’è principe della Chiesa che non rilasci compunte dichiarazioni edificanti sulla importanza di certi valori, tipo quello della famiglia museale, sulla quale convergono tutti, preti celibi, pluridivorziati e aspiranti omogenitoriali, per poi subito precisare che comunque è cosa pia, da parte dello Stato, riconoscere “i diritti “ delle “coppie di fatto”, omo o etero che siano, senza darsi la pena di pensare che se tali coppie sono di fatto, non aspirano a diventare ”di diritto” per la contraddizion che nol consente, e che se dei diritti dovessero essere attribuiti loro, bisognerebbe prima che lo Stato spiegasse al popolo quale interesse collettivo giustifichi una tale attribuzione. Ora, dopo l’entourage di S. Marta e dopo l’ Arcivescovo di Milano,  anche il Patriarca di Venezia ha fatto sentire finalmente in materia la propria voce autorevole che, finora, pareva stentasse ad emergere. Anche lui dice che certi “diritti” vanno riconosciuti a tutti quelli che li accampano, secondo lo spirito democratico che soffia forte anche sulla Serenissima e sul suo consiglio comunale, quello delle favolette omoeducative.
Insomma la Chiesa che aveva avuto il mandato di insegnare le leggi della morale cristiana, quella deducibile senza fatica dal Vangelo e dai comandamenti, adesso propaganda  diritti inesistenti e, almeno secondo  il dettato evangelico, anche irriconoscibili. Forse perché non riesce ad afferrare più neppure il significato, non dico morale, che sarebbe pretender troppo, ma neppure pratico, di una materia trattata e ora maltrattata dalle genti che in epoca remota hanno persino abitato la culla del diritto.
http://www.riscossacristiana.it/la-societa-fondata-sulle-parole-di-patrizia-fermani/


Una luce nella notte


Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare? (Sal 12 [11], 3).
Oggi sono proprio le fondamenta della verità cristiana e le esigenze imprescindibili che ne derivano ad essere non solo scosse, ma in via di demolizione. Non sono soltanto questioni – di per sé già gravissime – come l’indissolubilità e la natura stessa del matrimonio ad essere in gioco, ma la distinzione basilare tra grazia e peccato, tra santità ed empietà, tra giustizia e iniquità. Di fronte all’avanzare di questa barbarie intellettuale e alla conseguente barbarie morale, non è soltanto la civiltà cristiana ad essere in pericolo, ma la stessa civiltà umana che ne è il sostrato: Gratia non tollit naturam, sed perficit Se, infatti, peccati tra i più gravi che esistano sono ammessi come opzioni del tutto lecite, perché altri non dovrebbero esserlo? Se la materia di un atto diventa indifferente per rilevarne l’intrinseca bontà o malizia e, nel secondo caso, riconoscerne la gravità, quale discernimento morale è più possibile?
Quanto sta succedendo – cosa purtroppo ormai più che evidente – è dovuto anche al fatto che una parte della gerarchia cattolica, anche ai più alti livelli, ha tradito Cristo per vendersi al mondo e a chi lo governa, cioè a Satana. In nome di una lotta puramente ideologica e apparente contro l’idolo del denaro, non si fa che incensare l’idolo dell’uomo e della sua riuscita temporale, trasmettendo un’idea di Dio come semplice funzione di essa. Questo, d’altronde, è il risultato diretto delle opinioni eterodosse di quella pseudo-teologia tedesca – che di propriamente teologico non ha più nulla nemmeno nel metodo – che, con il convincente sostegno del fiume di soldi estorti ai fedeli con l’iniqua tassa per il culto (Kirchensteuer) e dirottati verso l’America Latina sotto la voce «Aiuti allo sviluppo», è stata sdoganata in quelle regioni con l’intento di un’esecranda liberación… dalla fede cattolica e dalla sua dottrina morale.
Se ci è ormai insopportabile vivere in questa società regredita nella barbarie (ma in una barbarie tecnocratica ben peggiore di quella antica), è ancor più duro appartenere a questa Chiesa che si è in parte pervertita. È un vero e proprio martirio bianco, un interminabile martirio della coscienza. La Chiesa di Cristo, d’altronde, è una e non la si può abbandonare. Ma questa notte oscura, che pur dura già – nonostante schiarite passeggere – da ben mezzo secolo, sembra non avere fine… «Perché hai abbattuto la sua cinta, così che ogni viandante la vendemmia, la devasta il cinghiale del bosco e se ne pasce l’animale selvatico?» (Sal 80 [79], 13-14). Amando con tutto l’essere il Signore e la sua vigna diletta, possiamo rimanere indifferenti di fronte a tale catastrofica sorte?
In realtà, nonostante sembri dormire a poppa della barca (cf. Mc 4, 38), in questa notte Gesù è presente e all’opera. È Lui stesso che non solo l’ha permessa per distinguere chi Gli appartiene veramente, ma anche la rischiara suscitandovi focolai di speranza: sono tante persone che, singole o associate, resistono con la propria fedeltà, sostenuta dalla Sua grazia, allo sbandamento generale. È così che, grazie a Lui e anche per merito loro, per certi aspetti «la notte è chiara come il giorno» (Sal 139 [138], 12). È anche grazie a questa luce che possiamo continuare ad avanzare sulla linea retta del nostro cammino senza minimamente defletterne e a proclamare la verità senza mai venir meno, nonostante l’odio che essa suscita in chi ha preferito il mondo e le sue menzogne.
Come ci insegna sant’Antonio di Padova nei suoi Sermoni, «la verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell’odio degli ascoltatori, velano la bocca con il manto del silenzio. Se predicassero la verità, come la verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente impone, essi incorrerebbero nell’odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro ambienti. Ma siccome camminano secondo la mentalità dei mondani, temono di scandalizzarli, mentre non si deve mai venir meno alla verità, neppure a costo di scandalo». Noi facciamo semplicemente il nostro dovere di cristiani, fedeli figli della Chiesa cattolica. Abbiamo dunque tutte le ragioni per essere nella pace e nella gioia.
«Una luce si è levata per il giusto, gioia per i retti di cuore. Rallegratevi, giusti, nel Signore, rendete grazie al suo santo nome» (Sal 97 [96], 11-12).

Don Giorgio Ghio
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CRISTIADA: i Cristeros secondo il Vaticano II

Quod non fecerunt sectæ, novatores fecerunt

Baronio
Un film sui Cristeros? Incredibile, a dir poco. E la scarsissima diffusione che questo film sta ottenendo dovrebbe esser prova sufficiente della bontà del suo messaggio, non fosse che in ragione del fatto che i nemici di Dio e della Chiesa sono ancora gli stessi, anche se la guerra contro Cristo Re è meno frontale ma proprio per questo più pericolosa. Così è legittimo ritenere che sia buona cosa diffonderlo e promuoverne la visione, in attesa che qualche distributore si decida a vincere le resistenze ideologiche, se non altro in vista di un qualche vantaggio economico. Ma ciò che inizialmente appare come un raggio di luce nelle tenebre del secolo presente alla fine dimostra di non essere all'altezza del compito. Ed è un gran peccato, anche in considerazione del cast e della qualità del film.

I nuovi fans della Gospa








Il vescovo sfida il diktat del Vaticano. “Sì a Medjugorje”   
Invitata a Palestrina la più celebre veggente mariana Mille Fedeli nonostante il divieto del capo dell’ex Sant’Uffizio -- «Ecco, la Madonna di Medjugorje mi ha parlato. Dice che ha tutti noi nel cuore, che vuole la pace nel mondo, che dobbiamo pregare. Alcune cose, però, non le posso dire, perché sono fra me e lei. Ma comunque farà altre apparizioni».
C’è chi applaude, chi sviene, chi si indigna.