La “divagarite” e la medicina per guarirla
Sempre più spesso, ascoltando i discorsi degli uomini di Chiesa o leggendo i loro testi, mi accorgo che non parlano delle cose essenziali relative alla fede e alla salvezza delle anime, ma si occupano d’altro. Lo fanno anche bene, dimostrando una certa preparazione. Ma non parlano, o parlano molto poco, o non in prima istanza, di Dio e della rivelazione divina. Non si occupano di quelli che un tempo si chiamavano i «novissimi» (morte, giudizio, inferno, paradiso), ma preferiscono parlare d’altro, delle cose terrene.
Definirei questo atteggiamento «divagarite». Significa che queste persone divagano. Per esempio fanno sociologia, discettano di temi ecologici, affrontano alcune questioni economiche, scendono in campo sul piano dei diritti umani.
Non sto dicendo che siano temi di poco conto, né che la Chiesa non se ne debba occupare. Sto dicendo che, privilegiando questi temi, e trascurando Dio, la Trinità, la rivelazione, il giudizio divino e il destino dell’uomo dopo la morte, di fatto viene messa in atto una specie di autocensura. Che può essere conscia o inconscia. Ma c’è.