ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 15 dicembre 2016

Cervellerandati

CONTRO LA DISINFORMAZIONE OCCIDENTALE CHE SOSTIENE I TERRORISTI TAGLIAGOLA
La campagna mediatica è stata orchestrata alla perfezione: un martellamento quotidiano di menzogne che le persone, pur di buona volontà e con un certo spirito critico, arrivano a credere, non avendo una conoscenza diretta della situazione sul terreno. ‘Non possono mentirci tanto, sicuramente c’è del vero’ pensano.
Se voi mentite, mentite e continuate a mentire, qualcosa delle vostre menzogne sarà creduto. ’’
AsiaNews, 14 dicembre 2016
Questa mattina nuovi, violenti bombardamenti stanno scuotendo la città di Aleppo. Razzi e colpi di artiglieria lanciati dai soldati dell’esercito governativo cercano di abbattere l’ultima sacca di resistenza dei gruppi ribelli e jihadisti, che si sono asserragliati in una piccola porzione della città. Testimoni locali confermano gli scontri a fuoco e la sospensione del piano di evacuazione raggiunto in precedenza, che avrebbe dovuto garantire la fuoriuscita dei civili e degli ultimi miliziani – alcune migliaia – tuttora presenti. I bus governativi sono allineati all’esterno dell’area teatro dei combattimenti, ancora vuoti e in attesa di disposizioni per le prossime ore.
A bloccare le operazioni di evacuazione e innescare la nuova ondata di bombardamenti la richiesta siro-iraniana di avviare, in simultanea, le operazioni di sgombero dei feriti e civili in altre due cittadine sotto assedio delle milizie ribelli.

Per Ipsum, cum Ipso et in Ipso

Noi facciamo...Dio sa e vede tutto


Mi sono giunte non poche e-mail di fedeli che lamentano quanto sia difficile oggigiorno trovare persone di cui ci si possa fidare e con le quali sia possibile condividere un percorso di fede.
Tutto ciò è vero, verissimo: non è per nulla facile fare gruppo, riunirsi, persino aiutarsi vicendevolmente.
Per non citare poi che la fedeltà alla parola data (o agli impegni presi) è merce rara. A volte si assiste attoniti a comportamenti e atteggiamenti davvero difficili da comprendere: nelle comunità legate alla Tradizione (cioè di coloro che frequentano regolarmente la Santa Messa tridentina), questi sono piccoli scandali.
Sarà che il mondo è sempre più maligno e il puzzo velenoso che produce è giocoforza respirato da chiunque: nella società, come nella Chiesa, tutto si degrada giorno dopo giorno. È la conseguenza di una crisi spirituale spaventosa che paralizza tutto: annebbia le menti e soprattutto corrompe i cuori.

Un attivismo senza risultati?












A proposito dell'onda positiva (vedi qui).
Postato  da Cesare Baronio http://opportuneimportune.blogspot.it/2016/12/londa-positiva.html

Presepe vuoto, luoghi pubblici, Francia





Francia, aborto e presepe: per i cattolici due vittorie di Pirro

Sta facendo notizia in queste ore il pronunciamento del Consiglio di Stato francese che ammette l’allestimento del presepe nei luoghi pubblici. A determinate condizioni, almeno, come già anticipato alla fine dello scorso ottobre. Il presepe dovrà, infatti, essere temporaneo, sorgere solo nel quadro di più ampie manifestazioni culturali o di festa e non dovrà essere strumento di proselitismo. Presepi anche in pubblico, dunque. Tutto risolto? Non proprio.

Crescono e si moltiplicano..

L’arcivescovo di Santiago Julian Barrio ordina sacerdoti due uomini omosessuali e conviventi

(di Rodolfo de Mattei suOsservatoriogender.itLa Spagna cattolica post-Zapatero si trova sotto un’inaudita ed estenuante aggressione LGBT. Dopo il caso del cardinale e arcivescovo di ValenciaAntonio Cañizares Llovera, bersaglio di una violenta campagna di odio orchestrata dalle lobby omosessualiste per via di alcune sue, più che legittime, dichiarazioni di condanna dell’ideologia gender, la chiesa cattolica spagnola si trova ora infatti, nuovamente sugli scudi, questa volta per il vergognoso ed inammissibile comportamento antitetico dell’arcivescovo di Santiago Julian Barrio, il quale non si è posto alcun problema ad ordinare sacerdoti due uomini dichiaratamente e notoriamente omosessuali.

Chi non si contenta..si contenterà?

L'errore è alla radice


Quattro cardinali (tra i quali S.E. Card. Caffarra al quale siamo molto legati da sincera gratitudine ed affetto) hanno con coraggio chiesto ⇒spiegazioni al Papa (esternando i cosiddetti dubia) in merito ad alcuni passi dell'esortazione Amoris Laetitia, essendo venuta meno la chiarezza in materia di Dottrina.
Altre personalità di spicco, tra cui lo stimatissimo S.E. Mons. Schneider, sono intervenute a ⇒sostegnodei Porporati.
Tuttavia troviamo sia un colossale errore sottolineare la confusione generata da alcuni documenti e discorsi di Papa Bergoglio indicando al contempo i documenti del Concilio Vaticano II quale punto di riferimento per dirimere ogni questione.
Peraltro proprio il Pontefice non perde occasione per sottolineare quanto il suo operato sia in perfetta linea con le indicazioni e lo “spirito” del Vaticano II.

Tantissimi auguri ( rigorosamente ANTICIPATI!)

TOTO' E LA JELLA PAPALE

    Papa Bergoglio in versione Totò dixit: "Grazie a tutti per gli auguri per il mio prossimo compleanno, grazie ma dirò una cosa che vi farà ridere: nella mia terra fare gli auguri in anticipo porta jella e chi fa gli auguri in anticipo è uno jettatore"





Incredibile "Papa Francesco": grazie per gli auguri, ma in anticipo portano jella


Un vero "Grande Fratello" della porta accanto, che richiama incredibilmente, lui erede di Pietro e di Cristo sulla terra, alla "profana Jella". Anche oggi Jorge Maria Bergoglio ha eseguito il suo personalissimo show e da consumato attore comico, riferendosi al suo prossimo compleanno, ha sbottato:"Grazie a tutti per gli auguri per il mio prossimo compleanno, grazie, ma dirò una cosa che vi farà ridere: nella mia terra fare gli auguri in anticipo porta jella e chi fa gli auguri in anticipo è uno jettatore". 

Abuso? O il frutto sperato..?!


ABORTO: IN BRASILE USANO IL PAPA COME TESTIMONIAL. FANNO CREDERE A UN PERDONO A PRIORI…

Un’organizzazione abortista brasiliana, l’ANIS – Istituto di Bioetica, collegata alla multinazionale Planned Parenthood statunitense, quella che finanziava Hillary Clinton e sotto accusa per aver venduto parti dei bambini abortiti, ha lanciato sulle reti sociali una singolare campagna promozionale, usando la foto del Pontefice e facendo capire che in realtà dopo le parole del Papa abortire è un gesto di gravità minore.
C’è una bella foto di papa Francesco, come potete vedere, sorridente, accompagnata dalla frase: “Donne che abortiscono: sono migliaia in Brasile. Tutte perdonate da papa Francesco”. Insomma l’atto di misericordia e attenzione del Pontefice durante l’anno giubilare, e prolungato poi indefinitamente, si è trasformato per quell’organizzazione in un implicito invito ad abortire. L’eterogenesi dei fini…

C'é aria di Bergoglio, non di Pietro°

C'è aria di Ario nella Chiesa
Ario
Caro direttore,
mi sembra interessante tornare sulla lettera di 23 personalità appartenenti prevalentemente al mondo anglosassone che hanno appoggiato l’iniziativa dei 4 cardinali che hanno espresso al Papa i loro Dubia (clicca qui). Gli studiosi pensano che i Dubia esprimano domande “pertinenti” sull’insegnamento della Chiesa a proposito dei sacramenti e della legge morale. Si fa anche riferimento all’episodio riportato nella lettera ai Galati in cui un Pietro “che evidentemente aveva torto” viene ripreso “a viso aperto” da Paolo.
I 23 avanzano un possibile parallelo tra la crisi vissuta dalla Chiesa nel quarto secolo, provocata dall’eresia ariana, e l’attuale situazione. Questo accostamento è venuto in mente a molti, me compresa. Che Satana avrebbe scatenato contro la Chiesa persecuzioni ed eresie lo sappiamo da sempre perché ne parlano tutti gli autori del Nuovo Testamento (così, per esempio, Paolo scrive a Timoteo: “Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall’ipocrisia di impostori”, e così Pietro nella sua seconda lettera: “ci saranno in mezzo a voi falsi maestri che introdurranno eresie perniciose”). 

E' morto il gatto di Jorge?

Aleppo è liberata ma a media e politici occidentali sembra che sia morto il gatto. Nostalgia dell’Isis?

aleppo_free4
Per i media di regime e per la gran parte dei politici, i jihadisti sono diventati come la Nutella: che mondo è senza di loro? Viene da chiederselo, perché nel tardo pomeriggio di ieri, quando da Mosca veniva annunciata la liberazione totale di Aleppo dal cancro dell’Isis, non si è assistito a scene di giubilo. Anzi. Sembrava quasi che russi, siriani e iraniani avessero liberato la città da una compagnia di teatro che per quattro anni aveva fatto divertire grandi e piccini: nella migliore delle ipotesi, silenzio e due righe di notizia, nella peggiore ma più diffusa, l’immediato coro di indignazione.
aleppo_free3
Già, perché pochi istanti dopo che l’ambasciatore di Mosca presso l’Onu, Vitaly Churkin, nel corso di una riunione del Consiglio di sicurezza, annunciava che “le operazioni anti-terrorismo sono concluse” e che “i ribelli e le loro famiglie stanno attualmente passando attraverso i corridoi umanitari nelle direzioni che hanno scelto volontariamente, inclusi quelli in direzione di Idlib”, ecco che parte la grancassa mediatica, alimentata dalla stessa Onu e dalle cancellerie europee. Le quali denunciano esecuzioni sommarie, bambini e donne bruciati vivi, civili in fuga costretti con la tortura ad arruolarsi nell’esercito lealista. Ma come, hanno creato corridoi umanitari per far loro abbandonare la città? Non ci vuole molto con i droni a capire chi dice balle ma, si sa, l’Occidente quando a scuola di politica internazionale spiegavano la raccolta e l’uso delle prove aveva il raffreddore. Tanto più che, stranamente, dopo aver chiesto di andarsene, ora i “ribelli moderati” stanno boicottando l’esodo, accampando scuse di ogni genere, spalleggiati dall’ineffabile Osservatorio per i diritti umani. E il cessate il fuoco traballa.
syrian_map

mercoledì 14 dicembre 2016

Fiant dies ejus pauci

Su una intervista di Mons. Schneider
Mons. Athanasius Schneider:
«rendere giustizia, tardivamente, all’ingiusta soppressione della FSSPX nel 1975 da parte della Santa Sede»



In un’intervista rilasciata al giornale Present, sabato 10 dicembre 2016, Mons. Athanasius Schneider ha pronunciato parole del tutto nuove nei confronti della Fraternità San Pio X fondata da Mons. Lefebvre.

Présent: Il Sommo Pontefice ha prorogato la possibilità di confessare per i sacerdoti della Fraternità San Pio X, oltre l’Anno della Misericordia. Le sembra una decisione importante?

Mons. Schneider: Sì, certo, e ne sono molto felice! Ecco un gesto molto pastorale, molto misericordioso, secondo me uno dei gesti più importanti del pontificato di Papa Francesco, che aiuta il processo d’integrazione canonica di questa realtà ecclesiale che esiste da cinquant’anni e che dà dei frutti spirituali evidenti. Molte delle giovani famiglie raggruppate intorno alla Fraternità San Pio X amano la Chiesa, pregano per il Papa, come facevano i loro antenati prima di loro. La Chiesa contiene diverse case, diverse spiritualità. Solo gli ecclesiastici ostili alla Fraternità le presentano delle esigenze esagerate. Giovanni XXIII e Paolo VI hanno sempre insistito sul carattere pastorale del Concilio. Il dogma non è cambiato. Noi abbiamo la stessa fede. Quindi non c’è problema per un’integrazione canonica della Fraternità San Pio X.

Piccoli rigidi crescono..

Segno di “rigidità mondana” o di appartenenza alla chiesa?
(di Mauro Faverzani) È il Codice di Diritto Canonico a precisare, al can. 284: «I chierici portino un abito ecclesiastico decoroso secondo le norme emanate dalla Conferenza Episcopale e secondo le legittime consuetudini locali». E cosa preveda la Cei è reso molto chiaro dalla sua delibera n. 12 del 23 dicembre 1983, in cui si legge testualmente: «Salvo le prescrizioni per le celebrazioni liturgiche [che prevedono vesti apposite – NdR], il clero in pubblico deve indossare l’abito talare o il clergyman».  

Onori & oneri

I doveri irrinunciabili dei cardinali di Santa Romana Chiesa

Nel suo intervento alla Fondazione Lepanto, il 5 dicembre 2016, il cardinale Raymond Leo Burke ha detto: «Il peso sulle spalle di un cardinale è molto grande. Siamo il Senato del Papa e i suoi primi consiglieri e dobbiamo soprattutto servire il Papa, dicendogli la verità. Porre delle domande, come abbiamo fatto al Papa, è nella tradizione della Chiesa, proprio per evitare divisioni e confusione. Lo abbiamo fatto con sommo rispetto per l’Ufficio Petrino, senza mancare di reverenza alla persona del Papa. Ci sono tante domande, ma le cinque domande principali che abbiamo posto devono necessariamente avere una risposta, per la salvezza delle anime. Preghiamo ogni giorno per avere una risposta, fedele alla Tradizione, nella linea apostolica ininterrotta che rimanda a Nostro Signore Gesù Cristo».
Con queste parole il cardinale Burke ha ricordato l’importanza della missione dei cardinali, la più alta, nella Chiesa cattolica, dopo quella, suprema, del Sommo Pontefice. Essi sono infatti i principali collaboratori e consiglieri del Papa nel governo della Chiesa universale. La loro istituzione è antichissima, visto che già sotto il pontificato di Silvestro I (314-335) si trovano i termini di diaconi cardinales. Sembra che si debba a san Pier Damiani la definizione del Sacro Collegio come “Senato della Chiesa”, recepita dal Codice piano-benedettino del 1917 (can. 230). Il Sacro Collegio ha una personalità giuridica che gli attribuisce la triplice natura di organo coadiutore, organo supplente ed organo elettore del Sommo Pontefice.

La verità non cambia col tempo.

CHI AVEVA RAGIONE ?

    «Tradidi et quod accepi» vi ho trasmesso soltanto ciò che avevo ricevuto. Sono le parole che si possono leggere incise su una tomba presso il seminario di Ecône in Svizzera ed è quella dell’arcivescovo cattolico Marcel Lefebvre 
di Francesco Lamendola  




Tradidi et quod accepiVi ho trasmesso soltanto ciò che avevo ricevuto. Sono le parole che si possono leggere, incise su una tomba presso il seminario di Ecône, nella Svizzera francese: il seminario appartiene alla Fraternità sacerdotale san Pio X, fondato nel 1971; la tomba è quella dell’arcivescovo cattolico Marcel Lefebvre, il più risoluto oppositore delle innovazioni dottrinali e liturgiche introdotte dal Concilio Vaticano II, opposizione che gli valse, nel 1988, la scomunica da parte del pontefice Giovanni Paolo II.
Figura scomoda, quella di monsignor Lefebvre, e quanto mai politicamente scorretta; figura controversa, quasi un segno di contraddizione, da pochi ammirata e perfino venerata, da molti criticata e condannata, dalla maggioranza, semplicemente, poco conosciuta e, pertanto, giudicata in fretta, superficialmente, per sentito dire. Monsignor Lefebvre?, si chiedeva qualcuno, ogni tanto, imbattendosi nel suo nome sulla stampa o nel corso dei telegiornali. Ah, sì, quel vecchio vescovo testardo, che rifiuta le novità del Concilio e vuol andare avanti per la sua strada, anche se è solo contro tutti. E si liquidava il discorso con un’alzata di spalle. Il Concilio Vaticano II – il Concilio per antonomasia -, così ci è sempre stato detto e ripetuto, è stato un momento glorioso e luminoso nella storia della Chiesa cattolica; il Concilio ha portato il progresso, la vita, l’aria fresca nelle stanze chiuse, che sapevano di muffa, della tradizione tridentina. Ha rinnovato il culto, ha rinnovato la Messa, ha rinnovato i rapporti con le altre confessioni e con le altre fedi… Insomma, ha messo la Chiesa, per la prima volta, in sintonia con le “conquiste” del mondo moderno: quelle stesse che un secolo prima, nel Sillabo, il papa Pio IX aveva elencate puntigliosamente, ma solo per condannarle tutte, una dopo l’altra. E allora, come si faceva a non esser favorevoli al Concilio? Come si poteva immaginare che monsignor Lefebvre avesse anche solo un pochino di ragione? Nessuno ha ragione contro il progresso, contro la modernità; anzi, chiunque pretenda di opporsi al progresso, fa inevitabilmente la figura di don Chisciotte che parte, a briglia sciolta e lancia in resta, per la sua memorabile battaglia… contro i mulini a vento.
Monsignor Lefebvre, pietra d’inciampo sulle magnifiche sorti e progressive della cattolicesimo finalmente modernizzato. Una figura addirittura incomprensibile per i tanti, troppi cattolici progressisti, per i teologi neomodernisti, per i cardiali, gli arcivescovi e i vescovi propugnatori delle ultime novità in fatto di “misericordia” del Signore: possibilisti sulla Eucarestia ai divorziati risposati, sul matrimonio omosessuale, sul perdono relativamente facile dell’aborto volontario; e, naturalmente, tutti infiammati di sacro zelo sociale e politico, tutti infervorati dalla teologia della liberazione, tutti protesi nell’opera di persuasione, per non dire di costrizione, relativamente all’accoglienza dei cosiddetti migranti, in realtà invasori islamici che si apprestano a colonizzare l’Europa e a fare quel che non seppero fare, con le armi in pugno, Arabi e  Turchi nei secoli passati: non solo sottomettere il nostro continente e convertirlo alla bandiera verde del Profeta, ma, addirittura, sostituirne la popolazione, facilitando l’eutanasia dei popoli cristiani (o post-cristiani), sempre più vecchi, e rimpiazzandoli con i giovani figli dell’Africa e del Medio Oriente, estremamente prolifici. E anche su questo terreno, cioè sul giudizio relativo alle possibilità di “coesistenza pacifica” con l’Islam, bisogna ammettere che monsignor Lefebvre (che era stato, per molti anni, missionario in Africa e poi arcivescovo di Dakar, nel Senegal, e aveva riportato successi straordinari nel convertire al cattolicesimo quelle popolazioni) aveva lanciato l’allarme assai per tempo, e, a quanto pare, aveva avuto la vista migliore di tanti inguaribili ottimisti odierni per partito preso…
Ma che cosa gli si rimproverava, alla fine? Di aver sgarrato in fatto di dottrina? Assolutamente no; al contrario… Di essersi ribellato all’autorità del papa? Sì, ma fino a un certo punto. Monsignor Lefebvre riconosceva pienamente l’autorità del Pontefice; sosteneva, però, che, al di sopra di tutto, viene l’autorità di Colui del quale il Papa è il semplice vicario sulla terra: Gesù Cristo. E sosteneva che, avendo il Concilio Vaticano II deliberato alcuni atti ufficiali, come la dichiarazione Dignitatis Humanae del 7 dicembre 1965, sulla libertà religiosa, che sono in contrasto – a suo dire – con la lettera e con lo spirito del Vangelo, non gli era possibile obbedire agli uomini piuttosto che a Dio. Ma è vero che alcune deliberazioni e alcune riforme del Concilio “tradiscono” il sacro Magistero e la Tradizione della Chiesa cattolica? Questo è il punto; questo è il nodo.

Il «metodo Francesco»

Verità, giustizia, misericordia. Per un’analisi del “metodo Francesco”

    «Io credo in Dio. Non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico, esiste Dio.» Parola di papa Francesco. Il concetto non è nuovo, perché già espresso, più compiutamente, dal cardinale Carlo Maria Martini nell’intervista al confratello gesuita Georg Sporschill. Il problema è che adesso qualcuno si pone una domanda analoga, ma con un soggetto diverso. Al posto di Dio c’è il papa: Francesco è cattolico?
Settembre 2015, vigilia del viaggio di Francesco negli Stati Uniti. Su uno sfondo nero come la pece, il volto di papa Francesco appare in penombra. È la copertina di «Newsweek», e l’espediente è noto: quando si vuol mettere in discussione il romano pontefice lo si dipinge sempre così, oppure di spalle. Ma è il titolo a colpire di più: «Is the Pope Catholic?». Il papa è cattolico?

Miracolo di Maria ≠ Gospa fakes

IL MIRACOLO DELLA «TILMA», TRE FATTI SCIENTIFICAMENTE INSPIEGABILI SULL’IMMAGINE DI GUADALUPE


Il 12 dicembre 1531 la Madonna apparve in Messico a un indigeno di 57 anni di nome Juan Diego, a cui chiese di raccogliere con la sua tilma, un mantello tipico fatto di un tessuto molto povero, delle rose che erano fiorite nonostante fosse inverno e di presentarle all’arcivescovo monsignor Juan de Zumárraga come prova delle apparizioni. Quando Juan Diego dispiegò il mantello con le rose davanti all’arcivescovo, i presenti si resero conto che sulla tilma dell’indigeno era impressa l’immagine che oggi tutti conoscono come Nostra Signora di Guadalupe.

Con le corna

Note sull’attualità di don Mauro Tranquillo


Gli spettacolari progressi dell’eresia sotto il pontificato di Papa Bergoglio non ci devono mai far perdere di vista la realtà: Papa Francesco non è il primo Papa a porre dei problemi quanto alla sua personale adesione alla fede cattolica, né il primo Papa a dare scandalo pubblico a tutti i fedeli. I problemi posti alla coscienza cattolica da Francesco sono gli stessi posti da Benedetto XVI, Giovanni Paolo II o Paolo VI.

 Qualcuno giustamente vorrà far notare la particolare varietà e violenza degli errori e delle eresie che imputridiscono l’attuale pontificato: ma la quantità maggiore non cambia il problema, perché l’eresia è tale anche quando una sola verità della fede è attaccata; qualitativamente siamo di fronte al medesimo problema.

Prostrati a sodoma

Aiuto, è sparita la famiglia dal governo fotocopia E intanto i vescovi divorziano dal popolo cattolico                                  Nel primo governo post Cirinnà nessuno ha, per ora, la delega alla Famiglia. Stesso discorso per le deleghe alle adozioni internazionali e tossicodipendenze, sulle quali pesano la legge sulle droghe leggere e quella sulle adozioni gay. Eppure il vertice dell'episcopato italiano, invece di fare propria la preoccupazione di famiglie e associazioni cattoliche si inginocchia al nuovo governo, come dimostrano Avvenire e il Forum delle famiglie.                

Nel primo governo post Cirinnà nessuno ha, per ora, la delega alla Famiglia. Stesso discorso per le deleghe alle adozioni internazionali e tossicodipendenze, sulle quali pesano la legge sulle droghe leggere e quella sulle adozioni gay. Un'altra dimostrazione dell'indirizzo laicista di questa maggioranza parlamentare. Eppure il vertice dell'episcopato italiano, invece di fare propria la preoccupazione di famiglie e associazioni cattoliche per la nomina della paladina pro-gender Valeria Fedeli al ministero dell'Istruzione, si inginocchia al nuovo governo, come dimostrano Avvenire e il Forum delle famiglie.

martedì 13 dicembre 2016

“Aiuto, torna Gesù!”


Francia: Cattolici ringiovaniti. In rito antico.


Aiuto, torna Gesù!”, titolava  giorni fa Libération, il quotidiano della gauche (editore Rotschild, naturalmente), sentinella sempre attenta ai  possibili  disturbi dello status quo. Nessun pericolo in realtà: in Francia i cattolici sono, come sempre, il 5 per cento della popolazione,  una minoranza assoluta. La novità è che hanno abbandonato i socialisti e la sinistra, di cui erano i satelliti obbedienti, ed hanno determinato la vittoria alle primarie di François Fillon. Il candidato di centro destra, filorusso, ha dichiarato che “la famiglia deve essere al centro delle politiche pubbliche”; Hollande ha deliberatamente e sistematicamente smantellato le notevoli (ed efficaci) misure di sostegno alla natalità e alla famiglia: ridotta di un terzo  la durata del  congedo maternità,  sostanziale cancellazione di una maggiorazione di pensione per  le donne che hanno allevato tre figli o più, rincaro delle mense scolastiche per famiglie numerose, tagli al sostegno all’affitto per tali famiglie, abbassamento del  tetto per  il quoziente familiare…”Risultato: 19 mila nascite in meno nel 2015”,  denuncia Ludovine de la Rochère.

Tale Chiesa, tale Italia

Il governo della vergogna 

Il nuovo esecutivo, le modalità della sua nomina e della nomina, in particolare, di alcuni ministri: tutto suona come il più vergognoso oltraggio alla libertà e alla dignità del popolo italiano. Questi nuovi grotteschi burattini hanno perso completamente il pudore. È l’ennesima prova della dittatura sotto cui viviamo. Fino a quando durerà la sopportazione della gente?

di Paolo Deotto
.
Mettiamocelo bene in testa: il 4 dicembre 2016 non è successo assolutamente nulla. Abbiamo festeggiato la vittoria del “No” al referendum, una vittoria con margini assolutamente chiari e pesanti. Abbiamo spiegato a Renzi e alla sua corte dei miracoli spacciata per governo che li volevamo fuori dai piedi. Lo sapevano tutti, noi come loro, che il vero oggetto del referendum non era quell’aborto di riforma costituzionale, ma se dare o meno un calcio nel sedere al governo. Il calcio nel sedere è stato dato ed era un bel calcione.
Il 4 dicembre 2016 abbiamo vinto? Nossignori, quel giorno forse lo abbiamo sognato. In soli otto giorni la sottocasta, i burattini ben pagati diretti dalla vera casta, che non abita a Roma, sono tornati a galla, sono di nuovo lì, a “governare” un ex-grande paese come la nostra Italia, a continuare l’opera di distruzione iniziata con tanto impegno,ancora felicemente regnante il presidente cingolato Napolitano, con la tragicomica sequenza Monti-Letta-Renzi.

Informate l'amico del giaguaro che é meglio cambi mestiere^

Avvenire
(Luca Geronico) Una «visita di cortesia» al presidente Bashar al-Assad dopo quella di una delegazione di Damasco, lo scorso novembre in Vaticano, per la creazione a cardinale del nunzio Mario Zenari. È lo stesso cardinale-nunzio in Siria a confermare ad Avvenire l' incontro con Assad e la consegna di un messaggio di Francesco al leader di Damasco. Una lettera di Francesco, fa sapere la sala stampa del Vaticano, per dare un segnale di «particolare affetto per l' amato popolo siriano», duramente provato in questi ultimi anni.Un nuovo appello - dopo quello deciso e accorato durante l' Angelus di domenica in piazza San Pietro - rivolto al presidente Assad e alla comunità internazionale per «porre fine alle violenze», trovare una «soluzione pacifica delle ostilità» condannando «ogni forma di estremismo e di terrorismo da qualsiasi parte esse provengano». Bergoglio - afferma la Sala stampa vaticana - chiede pure al presidente siriano di «assicurare che il diritto internazionale umanitario sia pienamente rispettato» in particolare per quanto riguarda la «protezione dei civili e l' accesso degli aiuti umanitari ».

Cremate i cappellani

Alcune cose sul Natale – di Luciano Pranzetti

Redazione13/12/2016
Nell’imminenza del divino Natale di Gesù, si moltiplicano, da parte del laicismo e dell’agnosticismo giornalistico, televisivo, salottiero  e stradaiolo, le discussioni imperniate sulla rappresentazione di questo misterioso evento come di un pasticcio mitico, creato ad arte dalla Chiesa e sostitutivo di altri precedenti miti. Con questo intervento redatto nel 2013, ma tuttora attualissimo, l’amico Luciano Pranzetti già confutava, con argomentazioni chiare e precise, queste falsità.
PD
.
Parlammo, lo scorso anno, in occasione di un incontro parrocchiale, dei Magi e della loro “stella guida”, proponendoci di affermare, con logica metodologia – il rationabile obsequium paolino – la soprannaturalità dell’evento astrale  adducendo, a sostegno della nostra convinzione, le argomentazioni e le verità della Tradizione e del sacro  Magistero e concludendo che la ragione può e deve, senz’altro, ammettere essersi trattato di un prodigio, operato dalla potenza di Dio, quale annuncio per la nascita del Figlio, ma di non poterne indicare o chiarire la dinamica. Evitammo perciò di soffermarci sul Natale, inteso come evento storico e teologico, poiché avremmo diluito assai il nostro intervento di cui sopra. Provvediamo oggi, anche perché l’argomento va preso singolarmente in quanto gli interrogativi e le interpretazioni che esso suscita esigono che se ne parli e se ne scriva quasi per monografia; ciò che faremo, seppur concisamente. Lo spunto da cui partiamo è una conferenza che un docente di antropologia – di palese tessera catto/gnostica – della Pontificia Università Gregoriana (!) ha tenuto, nello scorso 19 novembre, presso la sala parrocchiale di San Giuseppe, in Santa Marinella (Roma), sul tema: “ Natale indoeuropeo”organizzato da un’Associazione culturale di marca guénoniana.
Che tale convegno fosse stato locato in una Parrocchia è piuttosto grave, ma a parziale discolpa del titolare, va detto che probabilmente egli ignorava il dna del gruppo ma che avrebbe dovuto chiedere, almeno a noi suoi collaboratori, qualche notizia in merito. Ma così vanno gli uomini di Chiesa nel sec. XXI.
Durante lo svolgimento, il docente “gregoriano” ha tracciato una sequenza di conglomerati elementi semantici e simbolici della mitologia classica, egizia, nordica, indoeuropea, nonché delle confessioni islamica, buddista ed induista, trattando in modo particolare il culto di Mithra e collegandone le figure, i tipi e le supposte analogie  al Natale cristiano. Un’operazione, è evidente, di forte connotazione erudita, sapienziale e sincretistica, cioè neognostica, condotta con virtuosismo dialettico, affabulatorio  e magistrale dominio delle connessioni  con cui  l’autore ha disegnato una scena culturale in cui il Natale di Gesù, al pari di altri grandi iniziati – quelli descritti dal pasticcione Eduard Schuré – appare come fatto straordinario ma non unico, al massimo una summa di tutti gli altri. Mito o realtà? – si domandò. Tanto l’uno che l’altro – si rispose – nulla pregiudicando qualsiasi ipotesi all’importanza e alla pregnanza innovativa del messaggio di Cristo. Professata, in premessa, la nostra ferma posizione di cattolico profondamente credente nell’unicità del prodigio del Natale di Cristo per niente affatto assimilabile a pagani teoremi e mitologemi, chiedemmo al camuffato docente “pontificio-gregoriano” se considerasse apprezzato e probante il nuovo, ma trascurato indirizzo ermeneutico  che fonda l’indagine di studio sulla accertata storicità del Natale e, soprattutto, sull’autenticità del 25 dicembre indicato quale giorno esatto della nascita di Cristo. Ci aspettavamo una maggiore pertinenza nella risposta che, in sintesi, s’è coagulata nella considerazione che un giorno o l’altro, un mese o l’altro, un anno o l’altro  non siano così  cogenti ai fini dell’accettazione del mistero dell’Incarnazione di Cristo.
Crediamo, però, che proprio l’autenticazione documentale del 25 dicembre, come verificato riporto di una tradizione che nasce ab antiquo, dia alla stessa tradizione il sigillo probativo e asseverativo certificante un evento che viene, purtroppo anche da esponenti del clero, relegato ora nel mito ora nel simbolismo. Per questo abbiamo creduto opportuno stilare questo breve quadro perché si abbia contezza di alcuni aspetti che, nella maggior parte della pubblicistica, vengono trascurati o interpretati con la lente del deleterio metodo storico/critico /scientifico, così come  paradossalmente appare anche nel libro dell’emerito Benedetto XVI – L’INFANZIA DI GESU’ – Ed. Rizzoli 2012. Vogliamo, però, preliminarmente attestare, per onestà intellettuale, che la più parte di questo nostro percorso  è tratto da un pregevole lavoro del Prof. Michele Loconsole –“Quando è nato Gesù?” – ed. San Paolo 2011 . A lui vada il nostro sentimento di stima e di gratitudine per l’opera apologetica con cui, da anni, egli  “bonum certamen certat” (II Tim 4,7), combatte la buona battaglia a gloria del Signore, della Verità, per il bene della sua Santa Eterna Chiesa.
I fatti sono questi: nel 1947, in località Qumran, in alcune grotte dei costoni prospicienti il Mar Morto, furono rinvenuti,  chiusi in giare, manoscritti e papiri – i famosi Rotoli del Mar Morto – riportanti  argomenti  biblico/teologico/liturgici appartenuti alla comunità essenica che, a ridosso del 70 d.C., ai primi segnali della distruzione di Gerusalemme da parte di Tito e della caduta della rocca di Masada, aveva messo in salvo la propria biblioteca nascondendone  i rotoli, appunto, nelle giare interrate sotto strati di sabbia. Tra questi documenti figura una Cronaca o Libro dei Giubilei (Masḥafa Kufālē) redatta nel II sec. a. C.  In essa – come attesta  I Cronache 24,10 – è riportata la successione delle 24 famiglie o classi sacerdotali che debbono prestare servizio al tempio, da un sabato all’altro.
Questo rotolo, tradotto nel 1958 dall’erudito Shamarjahu Talmon, dell’università ebraica di Gerusalemme, che ha messo in rapporto la cronologia ebraica con il calendario gregoriano, ci dice che la classe di Abia – quella a cui apparteneva Zaccaria padre di Giovanni il Battista – era VIII nell’ordine di turnazione e svolgeva il servizio in due periodi:  24/30 marzo e  24/30 settembre. I primi padri della Chiesa – Ippolito, Giustino, Ireneo – testimoniano che i cristiani erano soliti, già dal II sec., celebrare il Natale di Cristo il 25 dicembre, e sono attestazioni  piuttosto autorevoli  e  di accertata autenticità se si pensa che, per circa 100 anni, la successione apostolica e gerarchica della Chiesa, e la memoria di essa, fu tenuta dai diretti discepoli di Gesù e, via via, dai loro familiari e conoscenti. Ciò significa che il 25 dicembre era comunemente accettato come vera data del natale di Cristo.
Torniamo, però, al Libro dei Giubilei.  Esso conferma la tradizione della Chiesa paleocristiana in maniera assai netta e indiscutibile. Facciamo allora due conti: Zaccaria entra nel Tempio per il turno a lui spettante (Lc.1,1/25) il 24 settembre rimanendo sino al 30 del mese. In questo periodo, nel giorno della cerimonia dell’incensazione, riceve, dall’arcangelo Gabriele, l’annuncio del concepimento di Elisabetta e del nome del nascituro: Giovanni. Dopo 9 mesi, circa, il 24 giugno nasce Giovanni il Battista, evento che la Chiesa primitiva celebrava già in questa data. Ora tale  elemento ci consente di avanzare altre conclusioni. Maria di Nazareth (Lc. 1,26/38) apprende dall’arcangelo Gabriele la sua prossima divina maternità e, contemporaneamente, il messaggero le comunica che sua cugina, l’anziana Elisabetta, è già nel sesto mese di gravidanza per cui nel 24/25 marzo si fissa la data del divino concepimento e, nel frattempo, si certifica che Elisabetta ha concepito nell’ultima settimana di settembre. Maria va in visita della congiunta e l’assiste per tre mesi, sino alla nascita di Giovanni. Tre mesi da Elisabetta e altri sei a Nazareth dànno  il 25 dicembre quale compimento della divina gestazione e, perciò, giorno della nascita di Gesù.
Due sono le obiezioni che si oppongono a questo ragionamento, e particolarmente quelle riferite ai pastori  e allo stesso periodo di servizio di Zaccaria. Vediamo la prima. Si ritiene  non  credibile, oltre che non possibile che, nel mese di dicembre, a Bethleem paese posto ad 800 m d’altezza, con un clima notturno estremamente rigido, pastori e greggi stiano all’addiaccio su quegli altipiani. Tale circostanza è da configurare, per buon senso, soltanto nei mesi estivi dell’alpeggio. La cosa è, invece, spiegabilissima e ragionevole. Il TALMUD, uno dei più importanti – seppur nefasti – testi del giudaismo rabbinico, nel trattatoMAKKOTH 32b, enumera ben 613 precetti (mitzvòt) di cui 248 obbligatori o positivi e 365 divieti o negativi. Il testo in questione fu redatto tra il II e il VII sec. d.C. e riporta antichi precetti e divieti mosaici. Tra questi vi son quelli che contemplano il tema della “purità” degli animali. Ed ecco che, per quanto concerne le pecore, il Talmud le classifica in tre categorie di purezza: 1) pecore bianche totalmente pure che, al ritorno dal pascolo, possono stazionare all’interno della città e accanto alle mura, sotto tettoie e negli stazzi; 2) pecore pezzate, pure a metà, che non possono entrare nel centro abitato dovendo, perciò,  sostare all’esterno e a ridosso delle mura; 3) pecore interamente maculate che non possono  avvicinarsi alle mura e debbono, pertanto, restare nei pascoli. Ciò spiega come i pastori (Lc.2,8/12) che accorsero all’invito degli angeli fossero nella località, e nessuno può pensare che fossero all’aria aperta perché avranno avuto riparo – come è costume dei pastori – in capanne col gregge riunito negli stazzi e al coperto delle tettoie di frasche e paglia. A smontare un’ eventuale obiezione circa la veridicità che fosse una notte invernale sta l’indicazione di Luca che ci dice come i pastori stessero di turno a guardia delle greggi.
Ora, siccome nel solstizio estivo le notti, alla latitudine di Bethleem, sono molto corte e calde, non si vede la necessità che i guardiani si diano il turno, cosa invece credibile se solo si pensi alla lunghezza e alla glacialità delle notti nel solstizio invernale. Da ciò ne deriva che il servizio di Zaccaria non può essere stato espletato nel periodo  fine marzo- primi di aprile, ma in fine settembre.  Appare logico che qualora non fosse stato così, la Chiesa non avrebbe avuto la minima  difficoltà, nel solco della sua tradizione, a celebrare il Natale non il 25 dicembre ma il 25 giugno. Ma noi sappiamo che la Tradizione ha basi storiche molto solide che, spesso, travalicano la comprensione della ragione stessa per via dell’aspetto trascendente dei suoi contenuti.
Un’ultima considerazione che reputiamo  importantissima poiché tende a rimettere i termini di una questione nei giusti parametri e perimetri storici spegnendo ogni altra qualsiasi farandola che ancora gironzola negli ambienti intellettualoidi alla Corrado Augias. Mi riferisco alla “vexata quaestio” che vede la Chiesa cattolica imputata, e quindi responsabile, dell’erasione della festività mitraica dedicata al Sole vittorioso, cioè il famoso “Sol invictus”  nonché dell’inglobamento della stessa ricorrenza solstiziale, tramite operazione sincretistica, nel contesto natalizio cristiano. Le cose non stanno così, primo: perché la Chiesa non compie mai operazioni sincretistiche ma soltanto di bonifica (sono semmai taluni uomini di chiesa dei nostri tempi che amano giocare con miti e antropologìa); secondo: perché i fatti ci dicono che non fu la Chiesa, ma Roma – con i suoi imperatori – che tentò di occupare il 25 dicembre, apice del solstizio invernale, per cancellare ed oscurare la  festività cristiana di molto precedente.
Ma scrutiamo la storia: il culto del DIO SOLE era stato introdotto a Roma da Eliogabalo (imperatore dal 218 al 222 d.C.), di ritorno con le sue legioni dall’oriente, ma ufficializzato per la prima volta da Aureliano (214 – 275) soltanto nel 274, il quale  proprio il 25 dicembre dello stesso anno consacrava un tempio dedicato al culto del Sol Invictus. La festa pagana prese in tal modo il titolo dal giorno di nascita, o di risalita, del “Sole invitto”, le cui cerimonie cultuali apparvero a Roma  soltanto sul finire del III sec. Stranamente, ma è così, ancora durante il regno di Licinio (imperatore dal 308 al 324), il culto alla divinità solare veniva celebrato, a Roma, il 19 dicembre e non il 25 dicembre. Questa festa, nell’Urbe  come altrove, era celebrata in diverse date dell’anno tra cui, spesso, il periodo tra il 19 e il 22 dicembre. Pertanto, non fu il Natale di Gesù –  come attesta, lo dicemmo sopra, Ippolito (170 -235) e come dimostra l’antico calendario dei martiri, la “Depositio Martyrum”(336) – ad occupare il giorno 25 dicembre a danno della festività mitraica, ma furono gli imperatori che, come Giuliano, nell’intento di restaurare o proteggere il culto della nuova divinità, provarono a scalzare la nuova religione cristiana e la sua più importante manifestazione.
Ciò sia dato “pro veritate”                                                                                                                                                                                                                                                                    
Prof. Luciano Pranzetti
Il prete di Cremona che non vuole il presepe studi almeno la retorica 


Più che la decisione presa per rispetto delle altre religioni, scandalizzano le argomentazioni addotte. Ma il cappellano la Bibbia l'ha mai letta?