ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 23 marzo 2017

E sente puzza di trappola

“L’effetto Fra Cristoforo (articolo di OnePeterFive) e riflessioni sullo scopo del nostro blog” di Finan Di Lindisfarne



Un articolo di Steve Skojec su OnePeterFive è intitolato “Anonimato, disinformazione e fiducia: L’effetto Fra Cristoforo”.
Questo è il link: http://www.onepeterfive.com/anonymity-disinformation-trust-fra-cristoforo-effect/
L’articolo è in inglese ma potete tradurlo su Google Traduttore per comprenderne il contenuto.
Farò una sintesi con una mia personale riflessione.
Sarò sincero.
Questo giornalista è un serio cattolico e ha una posizione -dal suo punto di vista- onesta e ineccepibile.
Si domanda infatti come Anonimi della Croce abbia potuto raggiungere la notorietà e fare 700 mila visualizzazioni in due mesi (ce lo domandiamo anche noi…).
E sente puzza di trappola. Come se gli spifferi che riporta Fra Cristoforo fossero soggetti al “troppo bello per essere vero”.

L’ultima prova della Chiesa?

L’apostasia nella Chiesa secondo sant’Agostino: l’anticristo siederà nel tempio di Dio

L’apostasia nella Chiesa è stata predetta da san Paolo nella II lettera ai Tessalonicesi. I padri della Chiesa ne hanno spesso parlato, per cercare di capire.

Tra questi sant’Agostino, nel libro XX del De civitate dei.
Di seguito alcuni passi:
Noto che si devono tralasciare molti brani del Vangelo e degli Apostoli sull’ultimo giudizio di Dio, affinché questo libro non si estenda in un’eccessiva lunghezza, ma non si deve tralasciare affatto l’apostolo Paolo. Egli, scrivendo ai fedeli di Tessalonica, dice: Vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e della nostra comunione con lui
di non lasciarvi così facilmente confondere nel pensiero e turbare né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente, affinché nessuno v’inganni in qualche modo. Prima infatti dovrà venire l’apostata e dovrà essere rivelato l’uomo iniquo, il figlio della rovina, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto fino a sedere nel tempio di Dio, ostentandosi come Dio. Non ricordate che, mentre ero ancora tra voi, venivano dette queste cose?

Il grano viene vagliato, e il pavimento spazzato.

EVVIVA LA … POVERTA’ DEI RICCHI!…

Crescita-consumo-e-ricchezzaGli errori di un impiegato di qualsiasi Istituzione, ecclesiastica o civile, sono da attribuire all’impiegato stesso, a meno che non ci sia stata una previa ed esplicita approvazione da parte dell’Istituzione.
Ciò vale anche per i Commissari. Finché le loro idee e parole non ricevano conferma esplicita dalla Santa Sede (non basta sia solo supposta o dichiarata verbalmente), rientrano nella loro personale responsabilità e libertà di azione.
         I Commissari possono fare delle scelte di governo sbagliate? Certo.
         Possono non capire il Carisma di un Istituto? Certo.
         Possono essere incapaci del compito affidatogli? Certo.
         Nel caso dei FFI, i Commissari, dopo 4 anni, hanno dato ai frati motivo per fidarsi di loro?
         Non sembra proprio.
         Hanno dimostrato di conoscere e di conoscere a fondo il Carisma specifico dell’Istituto?
         Non sembra, anzi pare certo il contrario.

Comunicare che cosa ? Il Nulla


PICCOLI SEGNI DI UNA CATASTROFE GRANDE


Mi viene tra mano una copia del Piccolo Missionario, mensile dei missionari comboniani destinato ai giovani. Precisamente, una copia del gennaio 2017, che celebra vistosamente il Novantesimo Anno della rivista (1927 – 2017).
Ricordo, con commozione e gratitudine, che io leggevo il Piccolo Missionario tra il 1950 e il 1960 (scuole elementari e medie), abbonamento donatomi da una anziana zia premurosa della mia formazione.  E infatti anche grazie a quella lettura imparai ad amare e ammirare i missionari cattolici e a considerare un dovere prioritario della Chiesa quello di evangelizzare i popoli pagani e di convertirli, e ancora penso così pur avendo un po’ di cultura in più.
Perciò tutto contento dell’occasione di tornare all’età bella, ho preso a sfogliare il giornaletto.  Ma che cosa ho trovato ?

Grande Ospedaliere da campo? ^

Cavalieri di Malta. Il mistero di quei 30 milioni di franchi svizzeri

Cavalieri
La saga dei Cavalieri di Malta si è arricchita di un nuovo capitolo, messo in scena dal Gran Cancelliere dell'ordine, il barone tedesco Albrecht Freiherr von Boeselager, in un'intervista sul diffuso quotidiano tedesco "Bild" del 16 marzo.
Nell'intervista, raccolta da Nikolaus  Harbusch, noto giornalista specializzato in reati finanziari, il Gran Cancelliere ha confermato che l'ordine ha incassato all'inizio di questo mese la prima tranche di una donazione di 30 milioni di franchi svizzeri, dopo aver verificato la corretta provenienza della somma e l'affidabilità della persona con la quale ha firmato il 1 marzo l'accordo per l'accettazione, identificata dalla "Bild" come "Ariane S." e fiduciaria del trust CPVG di Ginevra, registrato in Nuova Zelanda, che è il depositario dei denari.
Stando alle indagini della "Bild", tuttavia, il percorso di questo patrimonio continuerebbe ad avere dei punti oscuri. E lo stesso ordine di Malta aveva inizialmente denunciato alla magistratura di Ginevra per appropriazione indebita la fiduciaria del trust CPVG, denuncia poi ritirata poco prima dell'accordo quadro del 1 marzo scorso.
Qui di seguito è riportata integralmente l'intervista di Boeselager alla "Bild". Con subito dopo alcune annotazioni sugli interrogativi che fa sorgere.

e-vangel

QUINTO VANGELO DI DE ANDRE'

    È arrivato il quinto vangelo: secondo De André. Ai 4 Vangeli canonici, ormai un po’ troppo vecchiotti non più adeguati alla mentalità dell’uomo moderno se ne è affiancato finalmente un altro, assai più spigliato ed elastico 
di Francesco Lamendola  




Ai quattro Vangeli canonici, ormai un po’ troppo vecchiotti e non più sufficientemente attuali, non più adeguati alla mentalità dell’uomo moderno – perché, come è noto, è il vangelo che deve adattarsi ai modi di sentire e di pensare degli uomini, e non viceversa, come erroneamente ha creduto, per molto tempo, la Chiesa – se ne è affiancato finalmente un altro, assai più spigliato ed elastico, meno serioso, meno brontolone, più sorridente e più invitante, più in linea con questi nostri tempi giocosi e con questa nostra società intelligente ed ironica, che non può accontentarsi, come hanno fatto le passate generazioni, di credere senza vedere, e tanto meno di credere nell’invisibile. Più che affiancato, il nuovo vangelo si è gradualmente sostituito a quelli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, come del resto era giusto che avvenisse, dato che noi siamo figli della civiltà del computer e della bioingegneria, non siamo più figli di una società di pescatori e di pastori, e ci troviamo a disagio con quelle parabole che parlano di pesche miracolose e di campi di grano infestati dal loglio. Ma i nostri bambini non hanno mai visto un pesce vivo, figuriamoci una pecora, e i campi di grano li vedono solo dietro i guard-rail dell’autostrada, quando finisce la scuola e si va in vacanza. Possiamo perdonare ai Vangeli di non essere dei film d’animazione, con tanto di effetti speciali, ma non di parlare un linguaggio obsoleto, con metafore e allusioni di una società patriarcale antica di duemila anni. Ed ecco qua pronto il nuovo vangelo, il quinto, quello che fa per noi: il bello è che l’avevamo già sotto il naso da parecchi anni, però non ce n’eravamo accorti.

mercoledì 22 marzo 2017

Sotto l’apparenza di bene, si cela più facilmente l’inganno.

«L’ecumenismo lascia gli uomini negli errori, li conforta in essi, lasciando credere che potranno essere salvati grazie all’ausilio delle loro false religioni».

Risultati immagini per incontri ecumenici

La nuova base dottrinale su cui tali cambiamenti si fondano si può riassumere in una parola: ecumenismo. Il termine ecumenismo designa il movimento, nato in gruppi di non-cattolici nel XIX secolo, che ha per scopo la collaborazione e l’avvicinamento delle diverse confessioni cristiane. Questa corrente giunse nel 1948 alla fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese e gli stessi princìpi hanno condotto in seguito al dialogo interreligioso con le religioni non cristiane. La Chiesa ne prese subito le distanze e Papa Pio XI pubblicò, già nel 1928, l’enciclica Mortalium animos, in cui lo condannava, non soltanto perché inopportuno a causa delle circostanze, ma perché i princìpi a cui faceva appello sono contrari alla fede e alla buona dottrina, poiché inducono la confusione nelle anime ed il relativismo, lasciando credere che ogni religione possa contribuire alla salvezza. Questa enciclica è molto chiara e direi quasi profetica, perché con essa il magistero della Chiesa condanna in anticipo gli errori attuali. Ne riproduciamo i passaggi più significativi: «Dove, sotto l’apparenza di bene, si cela più facilmente l’inganno, è quando si tratta di promuovere l’unità fra tutti i cristiani.

I “guardiani bendati” a difesa delle mura leonine

Il segreto di Fatima mai rivelato, bufala o verità?

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Sta facendo molto discutere il testo pubblicato nel libro del giornalista e scrittore spagnolo José María Zavala dal titolo  “El secreto mejor guardado de Fatima”, il Segreto meglio custodito di Fatima. In Italia a parlarne per primo è stato il noto vaticanista Marco Tosatti dalla pagina web de La Nuova Bussola Quotidiana, riportando il presunto scoop che lo scrittore spagnolo avrebbe riportato nel suo libro: il testo del terzo segreto di Fatima non rivelato nel 2000 da Giovanni Paolo II. È voce diffusa tra gli specialisti e non che la rivelazione sul terzo segreto di Fatima sia stata parziale, ovvero, sia stata volutamente omessa una parte del testo perché non ritenuta attendibile come le altre. Ovviamente di ciò non c’è alcuna prova documentata, anche se il giornalista e scrittore Antonio Socci tentò nel 2006 di compiere una vera e propria indagine giornalistica su questa pagina misteriosa della Chiesa  pubblicando il libro “Il quarto segreto di Fatima”. Dal web il sociologo Massimo Introvigne e il vaticanista de La Stampa, Andrea Tornielli, hanno manifestato tutto il loro disappunto sulla opportunità di pubblicare quella che definiscono, senza mezzi termini, una vera e propria “bufala….che fa male a Fatima.

Un vangelo con la lettera minuscola

UN CATTOLICESIMO SNATURATO

    Si vuol ridurre la fede a una cosa soltanto umana. E' l’orgoglio umano che vuole abbassare il Mistero di Dio per poterlo maneggiare con disinvoltura: che farsene di una religione evirata del mistero e senza il peccato? 
di Francesco Lamendola  





Vogliono ridurre la fede, e, con essa, anche la Chiesa, ad una realtà puramente umana: questo è l’obiettivo dei preti progressisti e dei vescovi e cardinali modernisti: vogliono abbassare la sfera del divino sempre di più, sino a farla coincidere con l’umano, con la scusa di “umanizzare” il messaggio e di “contestualizzare” il vangelo. Un vangelo con la lettera minuscola, però, perché il vero Vangelo, quello di Gesù Cristo, non è un prodotto di questo mondo: le cose di questo mondo si devono contestualizzare, attualizzare, umanizzare; la Verità divina, no. È quella, e quella resta e resterà, nei secoli dei secoli. Splende immutabile, come il Sole che illumina la terra; non ha bisogno dei nostri ritocchi, dei nostri adattamenti; e non ne abbiamo bisogno neanche noi. Dobbiamo solo imparare ad essere umili, a ricevere la luce nella nostra limitatezza di creature. Ricevere la luce, ripetiamo: non prendere la luce. Noi siamo soliti dire: vado al mare a prendere un po’ di sole. Ma il Sole della Verità divina, non può essere “preso”: siamo noi che lo riceviamo.

Il popolo del Grillo parlante del papa


Il papa non abita più qui

Il papa non abita più qui

All’apparire di Francesco sulla loggia di S. Pietro, quella sera del 13 marzo di 4 anni fa, e all'ascolto del suo primo discorso, così forte e così toccante, così nuovo e così antico, ci sembrava di sognare. Troppi elementi venivano a sovrapporsi e a dar forma reale a un presentimento, cresciuto da decenni, per quanto minacciato da ostacoli, da dimenticanze e da tradimenti.
La luna di miele di Francesco con la Curia romana già allora era destinata a durare un battito d'ali, ma quella con il popolo di Dio sembra proprio perpetuarsi senza fine. 
La Curia – almeno in una sua parte – aveva subito registrato un gesto simbolico potentissimo, percependolo come altamente minaccioso. Aveva capito in un lampo: il papa non abita più qui. Resta periferico, anche stando al centro. Lavora con la Curia, ma non ne fa parte. Resta extraterritoriale, non controllabile, non addomesticabile. Presta servizio, ma resta libero.

Scolapiatto

Card. Scola: «La sveglia di Papa Francesco»

Ricevo queste riflessioni di Andrea Mondinelli a proposito dell'intervista del Card. Scola a Repubblica: “Papa Francesco ci ha dato la sveglia, ora la Chiesa si lasci cambiare”
Caro don Gabriele,
dopo avere letto l’intervista di Repubblica a Scola, mi sorgono spontanee alcune domande e chiose.

• Dice Scola: “Come all’inizio del cristianesimo siamo chiamati ad annunciare la gioia del Vangelo a tutti, nessuno escluso. Abolire coi fatti ogni forma di esclusione”. Cosa significa “Abolire coi fatti ogni forma di esclusione”? Esclusione da che? Dall’annuncio o dalla Chiesa? Siccome, mi risulta, che la Chiesa annunci il Vangelo da circa duemila anni e non abbia mai escluso nessuno da tale annuncio, l’affermazione significherebbe abolizione di ogni forma di esclusione dalla Chiesa. Siccome chi non crede ai dogmi è fuori dalla Chiesa, allora eliminiamo i dogmi?

Pastoral shit

Insulti ai cardinali e "nuova Chiesa del popolo"

Contestazione per il cardinale Muller a Trieste, insulti ai cardinali dei Dubia. L'aria si fa sempre più pesante nella Chiesa, e si capisce il perché: i "papisti" e censori di oggi (vedi Melloni e Bianchi) sono gli stessi che contestavano apertamente san Giovanni Paolo II nel 1989. Della Chiesa e dell'unità intorno al Papa non gliene frega niente, pensano solo a fare avanzare la loro idea di "nuova Chiesa".
C'è un’aria sempre più pesante nella Chiesa: chiunque osi soltanto mostrare qualche perplessità su alcuni interventi di papa Francesco o semplicemente ribadisca le verità di fede che la Chiesa ha sempre annunciato, finisce nel mirino dei nuovi giacobini. L’ultimo in ordine di tempo a fare le spese di questo clima è il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Gerhard Muller, che sarà questa sera a Trieste per un incontro nel quadro dell’iniziativa della cattedra di san Giusto.

Una trappola per screditare?

Il mistero della visione “inedita” di suor Lucia
Web scatenato dopo la pubblicazione del libro di Zavala su uno scritto attribuito a suor Lucia che parla di apostasia nella Chiesa. Date, perizie, l'ombra della "polpetta avvelenata": ma le ragioni per dubitare dell'inattendibilità si affiancano ai salti logici che portano a pensare che su Fatima non sia stato detto tutto.

Come era prevedibile il libro di José Maria Zavala, uscito ieri in Spagna, “El secreto mejor guardado de Fátima”, di cui abbiamo parlato ieri, ha provocato un’ampia discussione sul web. In particolare per la parte relativa a una presunta lettera di Suor Lucia, che potrebbe essere la parte “mancante” del Terzo Segreto. Un testo analogo a quello pubblicato da Zavala nel suo libro è apparso per la prima volta nel 2010, sempre in formato digitale (cioè nessuno ha mai visto o può dire di aver avuto nelle mani un originale cartaceo) sul sito “Tradition in Action”, gestito da  un brasiliano, Atila S. Guimarães, che sosteneva di averlo ricevuto il 27 aprile 2010, da uno dei suoi lettori.

Più è grossa e meglio passa?

Il cardinale Müller vorrebbe lottare contro il modernismo… 




Il cardinale Müller, ex super progressista e attuale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, avrebbe chiesto alla Fraternità San Pio X di «rafforzare» la Chiesa per lottare contro il modernismo. Tali sono le dichiarazioni riportate ufficialmente da Mons. Fellay, il Superiore generale della Fraternità.

La novità è grossa, enorme, stupefacente! Ma sembrerebbe che, come dice l’adagio: più è grossa e meglio passa! Poiché, in questa manipolazione rivoluzionaria che ha il solo scopo di imbrogliare le carte, è bene ricordare chi è realmente il cardinale Müller che, come con un colpo di bacchetta magica, sarebbe diventato un conservatore desideroso di lottare contro il modernismo!

martedì 21 marzo 2017

Quella tremenda invenzione del Nazareno.

Dio...Punirà il mondo di ( Padre Paul Kramer )




55:02

Perché Dio ...punirà I'intera umanità ( conferenza di Padre Paul Kramer )

Il piano diabolico che Satana ha rivelato durante un esorcismo (dopo le dimissioni di Benedetto XVI!)

RIPORTIAMO LA TRASCRIZIONE DI UN ESORCISMO AVVENUTO IN DATA 11 FEBBRAIO 2013!
(Questo scritto non è materia dogmatica perciò non vincola le coscienze ad aderirvi)
SATANA MOSTRA E SPIEGA IL SUO DIABOLICO PIANO IN SEGUITO ALLE DIMISSIONI DEL PAPA!

Perché succede?


La “divagarite” e la medicina per guarirla

Sempre più spesso, ascoltando i discorsi degli uomini di Chiesa o leggendo i loro testi, mi accorgo che non parlano delle cose essenziali relative alla fede e alla salvezza delle anime, ma si occupano d’altro. Lo fanno anche bene, dimostrando una certa preparazione. Ma non parlano, o parlano molto poco, o non in prima istanza, di Dio e della rivelazione divina. Non si occupano di quelli che un tempo si chiamavano i «novissimi»  (morte, giudizio, inferno, paradiso), ma preferiscono  parlare d’altro, delle cose terrene.
Definirei questo atteggiamento «divagarite». Significa che queste persone divagano.  Per esempio fanno sociologia, discettano di temi ecologici, affrontano alcune questioni economiche, scendono in campo sul piano dei diritti umani.
Non sto dicendo che siano temi di poco conto, né che la Chiesa non se ne debba occupare. Sto dicendo che, privilegiando questi temi, e trascurando Dio, la Trinità, la rivelazione, il giudizio divino e il destino dell’uomo dopo la morte, di fatto viene messa in atto una specie di autocensura. Che può essere conscia o inconscia. Ma c’è.

Non è vero che tutti si salveranno

UOMINI ADORATORI DEL NULLA

    «Fino a quando uomini adorerete il nulla?» sono le parole di Davide: la civiltà moderna è la civiltà nichilista per antonomasia quella che più ha imboccato con lucidità e consapevolezza la via del suicidio biologico e morale 
di Francesco Lamendola  




Fino a quando, uomini, adorerete il nulla? / Cultori d’illusioni, fino a quando / offenderete le mia gloria?, domanda il Salmista (4, 3), invitando ognuno alla vita buona, nel timor di Dio, e ricordando che da Lui solo giunge l’aiuto nei pericoli e il bene inestimabile di una coscienza pura e di un riposo tranquillo: Così attendo sereno la notte, Signore, / e in pace subito il sonno mi coglie: / solo tu mi fai riposare tranquillo (4, 9).
Ecco: se dovessimo dare una definizione complessiva dell’uomo moderno e della sua condizione, useremmo le stesse parole di Davide: adoratore del nulla. La civiltà moderna è la civiltà nichilista per antonomasia: quella che di più di ogni altra, nell’intero corso della storia umana (almeno a quanto ne sappiamo), si è allontanata da Dio; e, nello stesso tempo – come non vedere una relazione fra le due cose? – quella che più decisamente ha imboccato, con lucidità e piena consapevolezza, la via dell’autodistruzione, cioè del suicidio biologico e morale.

Il “Santo Padre’, davanti a una moltitudine che stava lodandolo

Nuova rivelazione su Fatima, l'apostasia nella Chiesa
                                                                                                                                                                      Esce oggi in Spagna un libro del noto scrittore convertito José Maria Zavala, che presenta un documento inedito: una lettera attribuita a suor Lucia con la visione di un grande tradimento del Papa e la distruzione della cattedrale di Roma e la ricostruzione a Fatima. Se il documento fosse veramente autentico risolverebbe molti degli interrogativi sorti in passato sulla completezza dello svelamento.

La Guerra con la Croce in mano

Una santa eccezionale per la Chiesa in crisi: ecco il film per far conoscere Veronica Giuliani
Era pressoché sconosciuta eppure nessun santo ha ricevuto i doni mistici concessi da Dio a santa Veronica Giuliani. Definita dai papi "un gigante della fede", e seconda per grazie solo alla Madonna, la sua missione per la salvezza della Chiesa pare cominciare ora: fu prescelta per vivere il sacrificio delle Croce. A raccontare questa donna, attesa da Cristo "da tutta l'eternità", è il docu-film "il risveglio di un gigante".

La principale causa della Terza Guerra Mondiale

 La principale causa della Terza Guerra Mondiale.


Negli ultimi dieci anni ho fatto ricerche sulla situazione ecclesiale, che appare anche agli occhi degli “esperti”, piuttosto confusa, perché il Diavolo, trasfigurandosi in angelo di luce, riesce ad infiltrarsi nei piani di Dio, fino a deviarli (quasi sempre con l’aiuto dell’uomo) sui propri sentieri tenebrosi, per ingannare e tenere nell’inganno il più gran numero possibile di anime, soprattutto sacerdotali (o presunte tali). – La conclusione cui sono giunto e che ritengo la sola plausibile, anche se difficile da vivere, è la seguente. – La principale causa della Terza Guerra Mondiale è l’eclisse della Chiesa Cattolica, peraltro profetizzata dalla SS. Vergine nella prima delle tre più importanti apparizioni degli “ultimi tempi”: La Salette (1846), cui faranno seguito – come sappiamo – Lourdes (1858) e Fatima (1917). – Il Conclave del 1958 elesse legittimamente il cardinale Siri, (designato dallo stesso Pio XII), che legittimamente accettò. Questa elezione fu agevolata, quasi voluta dalla Massoneria per essere sicura di poter mettere sul trono di Pietro un vero antipapa, completamente privo, cioè, dell’assistenza del temutissimo Spirito Santo e automaticamente sotto il diretto controllo di Lucifero, suo dio.

lunedì 20 marzo 2017

Ubi minor?

“Spifferi parte XXII: ECCO IL MOTIVO per cui i 4 Cardinali hanno deciso di NON procedere con la correzione formale” di Fra Cristoforo
Abbiamo parlato abbondantemente dell’argomento dei 4 cardinali. Per chi fosse ignaro di cosa stiamo parlando, ecco i link gli articoli precedenti: (https://anonimidellacroce.wordpress.com/2017/03/15/spifferi-parte-xx-appello-ai-4-cardinali-dei-dubia-di-fra-cristoforo/;
Quello che vogliamo spiegare ai lettori, e che forse è stato da tanti frainteso, è che i nostri sono DEGLI APPELLI A QUESTI SANTI CARDINALI, AFFINCHE’ PUBBLICHINO COME PROMESSO, LA CORREZIONE FORMALE ALLA AMORIS LAETITIA.

E quello di Francy?

NOTE D'ATTUALITA' Papa Francesco in copertina su «Rolling Stone»

Risultati immagini per papa francesco sulla copertina dei rolling stone immagini

Gli spettacolari progressi dell’eresia sotto il pontificato di Papa Bergoglio non ci devono mai far perdere di vista la realtà: Papa Francesco non è il primo Papa a porre dei problemi quanto alla sua personale adesione alla fede cattolica, né il primo Papa a dare scandalo pubblico a tutti i fedeli. I problemi posti alla coscienza cattolica da Francesco sono gli stessi posti da Benedetto XVI, Giovanni Paolo II o Paolo VI. Qualcuno giustamente vorrà far notare la particolare varietà e violenza degli errori e delle eresie che imputridiscono l’attuale pontificato: ma la quantità maggiore non cambia il problema, perché l’eresia è tale anche quando una sola verità della fede è attaccata; qualitativamente siamo di fronte al medesimo problema. Si potrebbero perfino, in modo paradossale, trovare dei vantaggi all’attuale stato di cose. Il primo è che la virulenza dell’errore è diventata talmente palese che il gioco dei conservatori di nascondersi dietro alle ermeneutiche è diventato sostanzialmente impossibile. Il secondo è che ogni apparenza di uso dell’autorità è scomparsa: il Papa non usa nemmeno i contenitori che servivano in passato agli insegnamenti magisteriali, ma lancia messaggi che si presentano sostanzialmente come provocazioni di carattere mediatico. 

Il dio di Paglia

Una critica non moralistica dell’arte. Il “risorto” del Duomo di Terni



Ho letto di recente diversi commenti sul Gesù Risorto, anzi, sul Giudizio Universale del Duomo di Terni, realizzato nel 2007, dal pittore argentino Ricardo Cinalli. In genere,tendono a stigmatizzare l’opera sul piano morale,  senza

entrare a sufficienza in merito alle implicanze artistiche e teologiche, assolutamente inseparabili. Lo fa anche notare indirettamente Riccardo Cascioli nel suo articolo del 8-3-2017 su La Nuova Bussola Quotidiana:
«Ma per quanto la polemica di questi giorni si concentri sulla esaltazione della presenza di gay e trans nel piano di salvezza di Dio, la gravità del dipinto va ben oltre questo aspetto. Si tratta infatti di una visione della Resurrezione che si fonde con il Giudizio Universale, ma che non ha niente a che vedere con ciò che i vangeli e la tradizione della Chiesa ci tramandano. In un’opera sacra la libertà creativa dell’artista deve coniugarsi con la correttezza teologica, cosa che qui è lontanissima dalla realtà».
Cascioli nota anche l’assenza della libertà umana. Tutti sono salvati indipendentemente da loro, aggiungo, contraddicendo l’adagio del Dottore Sant’Agostino: Quel Dio che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te.

Muri ecumenici

EX-AGENTE MOSSAD AMMETTE DI AVER UCCISO STUDENTI IN EUROPA

Tzipi Livni ex-ministro esteri israeliano ha rivelato di aver praticato sesso con diversi personaggi arabi mentre lavorava per il Mossad ''per avere informazioni segrete e concessioni politiche in favore di Israele''
Ha anche confessato omicidi nei paesi europei le cui vittime erano studiosi arabi.
In un recente incontro con il quotidiano britannico 'The Times'
Lvini ha detto che non era svantagioso usare il sesso o l'omicidio per il bene di Israele.
Ha detto di essere orgogliosa di quello che fa.

Fonte :

http://12160.info/page/admits-murder-in-europe-sex-for-secrets

Le bestie da soma d’Israele


Storie di «donkey workers», i lavoratori illegali palestinesi nei cantieri israeliani. L’espansione delle colonie attira manovalanza disperata dai Territori Occupati
Pablo Castellani - NenaNews
Hebron, 11 marzo 2017, Nena News – Un gruppo di uomini osserva un punto lontano. Hanno tra i 17 e i 25 anni, indossano abiti da lavoro, parlano poco. Alle loro spalle un pick up con il motore al minimo, nell’aria regna il silenzio. Guardano il muro israeliano con i suoi 700 chilometri di cemento e recinzioni, la “Linea verde” tra Israele e Cisgiordania. Aspettano il momento giusto: qui, solo una recinzione impedisce ai giovani di passare dall’altra parte.
Oltre la rete una superstrada e poi il paesaggio desertico si trasforma in una scena collinare verdeggiante e rigogliosa. Da lì inizia Israele. Il gruppo inizia a correre velocemente verso la recinzione. Alcuni scavalcano da soli, altri tirano il bagaglio e poi passano oltre aiutati dai compagni. Cadono dall’altra parte e si lanciano a testa bassa nell’autostrada fino al guard rail per poi sparire tra gli alberi di un boschetto. Pochi istanti e di loro non c’è più traccia, sono passati. Nella scena torna il silenzio.



Lavoratori palestinesi illegali entrano in territorio israeliano 

Ci troviamo nel governatorato di Hebron, in un villaggio che confina direttamente col muro di separazione: si è consumato un evento che si ripete quotidianamente in tutta la Palestina. Il fenomeno dei palestinesi che entrano in Israele per andare a lavorare come irregolari nei cantieri. Tra di loro si definiscono donkey workers, bestie da soma, la forza lavoro occulta di Israele.
L’immigrazione illegale, secondo il Population and Immigration Authority israeliano, coinvolge ogni anno circa 17mila persone che entrano in Israele dai Territori Occupati, ma il numero potrebbe essere più alto. Secondo fonti palestinesi e indipendenti, potrebbe riguardare 50mila persone per la sola Cisgiordania, che lavorano o vivono senza permesso oltre la Linea Verde.
Secondo B’Tselem, centro di informazioni israeliano per i diritti umani nei Territori Occupati, sono «decine di migliaia i palestinesi disperati disposti a correre il rischio di entrare in Israele senza permesso. Ogni settimana migliaia di questi lavoratori sono catturati dalle forze di sicurezza israeliane». Questa zona è particolarmente interessata dagli attraversamenti per via della sua posizione geografica privilegiata: il muro ancora in costruzione sorge poco distante.
Attraverso strade dissestate, i pick up dei trafficanti fanno avanti e indietro per portare i lavoratori. Il punto di raccolta è in uno spiazzo del villaggio, dove ad ogni ora del giorno e della notte si radunano uomini in attesa del proprio turno per scavalcare, sperando di essere fortunati come chi li ha preceduti. Quando si raggiunge il numero minimo per un viaggio, si parte.
Riusciamo ad ottenere un incontro con alcuni lavoratori pochi istanti prima che salgano sui pick up, in un edificio adiacente l’area di raccolta. Un sottoscala spoglio di mobili, qualche sedia, materassi negli angoli. Nessuno rivela il proprio nome, ma sono disposti a raccontare la loro esperienza.
I donkey workers sono diretti in varie località di Israele per lavorare, soprattutto nei cantieri e nell’agricoltura: «Tutti quelli interessati a dirigersi in una determinata zona si organizzano con una macchina», ci dicono. Secondo uno studio ufficiale israeliano del settembre 2015, la maggior parte dei lavoratori irregolari sono impiegati nel settore dell’assistenza (caregiving), mentre un migliaio lavorano nei cantieri.
Tuttavia anche questi numeri sono sottostimati: secondo il sindacato indipendente israeliano Wac Maan, il numero di cantieri israeliani aperti nel biennio 2014/2015 era di 13mila. Con la sua prolifica industria del mattone e la costruzione continua di insediamenti illegali nei Territori Occupati, Israele ha bisogno di manovalanza.
Ciò che spinge i lavoratori palestinesi ad andare all’interno di Israele o negli insediamenti è lo sfruttamento che subiscono nei propri cantieri e il basso reddito all’interno dei Territori Palestinesi, schiacciati da una crisi economica senza via di uscita a causa dell’occupazione israeliana e dell’inattività dell’Autorità Palestinese.
La paga è alta per lo standard di un palestinese: gli stipendi medi di un operaio in Cisgiordania si aggirano sui 50/60 shekel (10 euro) al giorno, «mentre in Israele puoi fare 200, 300 shekel (50 euro)».
Il costo del trasporto è variabile ma non certo economico: può andare da 100 fino a 500 shekel se si intende raggiungere un luogo molto a nord, per cui si tende ad aggregare più persone nello stesso posto per abbassare il costo del viaggio e ad allungare il periodo di permanenza, da un paio di settimane fino ad alcuni mesi. A carico dei lavoratori ci sono anche i costi di vitto e mantenimento. «Non è semplice – ci dice uno di loro – A volte torniamo con le tasche vuote, perché abbiamo dovuto coprire le spese».
I rischi cui queste persone vanno incontro sono tanti: «Non possiamo girare liberamente per Israele – raccontano – per cui dobbiamo nasconderci quando finisce il turno. Dormiamo dove lavoriamo, nei sotterranei, sui tetti o vicino al cantiere, nelle foreste, qualsiasi luogo dove nascondersi. Costruiamo un muro finto nei cantieri e poi lo buttiamo giù al mattino. Facciamo tutto ciò che serve per nasconderci dalla polizia. Se ci arrestano, ci lasciano in cella per diversi giorni e se ci va bene ci ributtano al confine».
Secondo B’Tselem, la procedura per gli irregolari arrestati dalle forze di sicurezza israeliane va dalla multa all’incarcerazione fino al respingimento. Accanto alle procedure ufficiali, però, B’Tselem denuncia l’esistenza di una serie di «protocolli informali» che comportano «abusi ed umiliazioni» per i palestinesi catturati.
In molti casi, continua l’organizzazione, «i palestinesi sono vittime di aggressioni violente e gravi maltrattamenti da polizia e soldati. Anche se le autorità israeliane condannano ufficialmente tale comportamento, nella stragrande maggioranza dei casi non riescono a perseguire i responsabili e, tra le omissioni e questi comportamenti, il fenomeno resiste».
L’esistenza di lavoratori irregolari sfruttati nei cantieri è ben conosciuto in Israele e, sulla carta, si cerca di contrastarlo. A marzo 2016, la Commissione Affari Interni della Knesset (il parlamento israeliano), ha approvato un progetto di legge che mira ad arrestare l’afflusso di lavoratori illegali dai Territori Occupati: il datore di lavoro israeliano potrebbe essere punito fino a quattro anni nel caso abbia assunto un manovale per più di 24 ore, eppure questo provvedimento non sembra essere applicato alla lettera dalle forze di polizia.
In caso di incidenti sul lavoro, il destino di queste persone è infausto: nella migliore delle ipotesi gli operai devono trovare il modo di raggiungere un ospedale palestinese con le proprie gambe, in quanto il costruttore non gli garantisce assistenza. «Piuttosto avviene il contrario! – spiegano – In caso di incidenti, all’arrivo della polizia, il datore di lavoro nega di conoscere il lavoratore infortunato, e spesso la passa liscia».
Uno degli intervistati, rimasto in silenzio e con il volto nascosto per tutto il tempo, mostra una mano mutilata: ha avuto, ci dice, un incidente sul lavoro con una sega elettrica circa sei mesi prima. Il costruttore lo ha lasciato senza provvedere al primo soccorso. Un altro interviene mostrando anche lui i segni di un grave incidente. Il suo datore di lavoro lo ha portato fino ad un ospedale palestinese, assicurandogli che avrebbe pagato l’assicurazione.
«Quando sono uscito – ci dice – il mio capo ha negato ogni coinvolgimento». Entrambi dopo quella esperienza hanno cambiato mestiere e sono passati dalla parte dei trafficanti: «Si rischia meno e si guadagna di più».
Secondo B’Tselem, «i datori di lavoro israeliani sfruttano il disagio dei palestinesi, in particolare i lavoratori che non hanno permessi per entrare e soggiornare in Israele, per pagare bassi salari e fornire condizioni squallide, negando i diritti previsti dalla legge».
La Coalizione contro gli incidenti sul lavoro, organizzazione di avvocati, lavoratori e attivisti per i diritti umani, insieme al Wac Maan, ha denunciato una condizione di enorme irregolarità sui luoghi di lavoro. Secondo queste organizzazioni, nel 2015 solo 17 ispettori del lavoro hanno vigilato su 13mila cantieri aperti: circa 750 cantieri per ispettore, una media impossibile da sostenere.
Una situazione di irregolarità che ha portato a un incremento degli incidenti mortali sul lavoro: nel 2014 è stato di 11,53 ogni 100mila lavoratori.
Al di fuori dell’edificio si è creato un gruppo di uomini davanti ai pick up. C’è numero sufficiente per un viaggio verso le recinzioni ed è il momento di partire. Li salutiamo. In pochi istanti lo spiazzale si svuota, i pick up lasciano dietro di loro una scia di polvere. E nel villaggio torna il silenzio.
http://www.vocidallastrada.org/2017/03/le-bestie-da-soma-disraele.html



La narrazione dell’ostaggio e il silenzio stampa
Theo Padnos, il protagonista dell’intervista che segue, è un giornalista statunitense di Atlanta, rapito in Siria nel mese di ottobre del 2012 e durante due anni prigioniero di al-Nusra, fronte siriano di al-Qaïda. Fu liberato nell’agosto 2014 per intercessione del Qatar. Fox news è il canale televisivo ‘’all news’’ più visto in assoluto negli USA, subito prima della CNN. L’autore dell’intervista a Theo Padnos è il rinomato giornalista Tucker Carlson, conduttore del seguitissimo programma di attualità politica ‘’Tucker Carlson Tonight’’, che va in onda dal 14 Novembre 2016.
Questi elementi, uniti all’altalenante, o ambiguo, atteggiamento dell’incipiente amministrazione Trump, soprattutto negli affari internazionali e mediorientali in particolare, dovrebbero aver suscitato l’interesse nei commentatori della nostra stampa mainstream per un’intervista che si può definire strabiliante, proprio per il contesto in cui si svolge. Invece nulla. Silenzio assoluto. Che il timore di veder rovinare le loro narrazioni mendaci sulla Siria li stia mandando sempre più in confusione?
Maria Antonietta Carta


Theo Padnos ostaggio USA in Siria

Theo Padnos, ostaggio statunitense sopravvissuto all’ordalia terroristica in Siria, consegna un impressionante messaggio alla combriccola USA-UK per il ‘cambio di regime’ in Siria.
21st Century Wire, 7 Marzo 2017
Un piccolo miracolo. Un raro momento di verità sui media mainstream. Nascosto sotto i volgari e sensazionalistici titoli in prima pagina ed i finti intrighi russi a Washington della scorsa settimana, il conduttore di FOX News Tucker Carlson ha diffuso una breve ma sorprendente intervista a Theo Padnos, giornalista americano che, per due anni (2012 – 2014), fu prigioniero in Siria dei terroristi di Al-Nusra, alias Al-Qaïda, sostenuti da USA-UK e dalle Monarchie del Golfo.
Nel corso degli ultimi sei anni, durante la presidenza di Barack Obama, funzionari statunitensi inadempienti, come Hillary Clinton e John Kerry, hanno occultato la vera natura dei cosiddetti “ribelli moderati” in Siria – etichettandoli ripetutamente come legittimi ‘combattenti per la libertà’ ‘per una democrazia embrionale in Siria’. Padnos cancella l’inganno delle istituzioni governative statunitensi e dei media su questo tema, e ristabilisce la verità sulla violenza perversa dei cosiddetti “ribelli ‘, molti dei quali nemmeno siriani.
“Assassinano la gente per strada e utilizzano bambini come torturatori. Stanno distruggendo la società di quel Paese.”
“Alcuni sono interessati al denaro, altri al potere e altri ancora amano le armi. Per tutti loro, la jihad è una stagione meravigliosa (…). Hanno le chiavi di pick-up nuovi fiammanti e del buon cibo gratis …”
” Laggiù, stanno edificando un vero e proprio arcipelago carcerario, con una moltitudine di prigionieri e una moltitudine di persone che a loro non piacciono. ”
“Un incredibile asse del potere per molti giovani uomini che nella loro esistenza non ne hanno avuto nessuno fino ad ora. Nelle regioni non controllate dal governo siriano, si sta sviluppando una situazione pericolosa.”
L’intervistatore chiede poi a Padnos un giudizio sul governo di Assad, e alla CNN o alla NBC una risposta simile non si è mai sentita da alcuno degli ‘esperti’ che, sin dallo scoppio delle ostilità nel 2011 e per tutti questi anni, hanno sostenuto pienamente il cambio di regime:
“Il regime di Assad? In questo momento, circa 16 milioni di persone vivono in condizioni di sicurezza. Le scuole, le Università, e gli ospedali funzionano, e i vigili regolano il traffico nelle strade. Certo, non è la Svizzera – non è una società perfetta – penso che loro stessi lo ammettano. Chiunque voglia la pace in Siria saprà riconoscere e rispettare la pace che hanno in questo momento, anziché pregiudicarla e danneggiarla in qualunque modo – come ha fatto l’amministrazione Obama inviando missili e ogni genere di armi ai “ribelli ‘- il che mi è sembrato indecente perché ha distrutto la pace che c’era.”
” Sussiste la realtà di ’enclave’ dei ribelli. Queste ’enclave’ non sono tranquille, certo che no. Sono state distrutte. Guarda, è una guerra civile. Nelle ’enclave’ dei ribelli vive solo una minoranza della popolazione. La maggior parte dei Siriani vivono in una relativa calma sotto il regime di Assad. Sì, questo è preferibile ai bombardamenti e alle crocifissioni nelle strade a cui si assiste, all’assassinio di cittadini, alle torture e all’imprigionamento indiscriminato che [i terroristi ‘ribelli’] esercitano.
Trad. Maria Antonietta Carta
http://www.controinformazione.info/siria-cinque-minuti-di-verita-sugli-schermi-degli-usa/#

Per i bambini di Mossul, la Goracci non piange. Chiediamoci perchè.


“Non abbiamo né pane né acqua”, dice la donna: “Facciamo appello alle organizzazioni umanitarie,   che ci invino aiuti, soprattutto pane e acqua, e anche beni come gas, combustibile, generatori elettrici”.  E’ una delle forse  centomila persone fuggite da Mossul, sottoposta ai bombardamenti americani dall’ottobre scorso per “liberare Mossul da Daesh”. L’operazione  è stata chiamata “Inherent Resolve”, che sarebbe “determinazione innata”. Gli  americani però, agli sfollati non offrono alcun aiuto umanitario.   Migliaia  di sfollati si  affollano nel villaggio  di Hammam al-Alil, 30 chilometri a Sud di Mossul, dove non è nemmeno in allestimento un campo-profughi provvisorio:  mancano tende, tutti i generi di prima necessità;   i fuggitivi non hanno denaro – la donna che parla, insegnante, non riceveva lo stipendio da due anni nella città occupata dall’IS – né piccoli beni da scambiare per il cibo e l’acqua. Non c’è nemmeno un qualche serbatoio dove raccogliere  l’acqua.  “L’aiuto umanitario non arriva fino a noi.  I pacchi sono aperti, saccheggiati e poi richiusi”.   La situazione igienica è ovviamente   critica. La catastrofe umanitaria è imminente.

Questa assenza  internazionale ha un motivo: il silenzio dei media. Le ONG sono assenti, perché il caso non è mediatico.  Nulla di simile alle lacrime sparse su Aleppo Est bombardata dai russi  spietati, che colpivano  gli innumerevoli ospedali pediatrici di una città che, occupata da Daesh,  era piena di bambini.  Eppure ci sono bambini anche  con gli sfollati di Mossul, oltre 50 mila secondo l’Unicef.
E in pericolo imminente. Niente: qui niente convogli Onu guidati dal valoroso Staffan de Mistura, niente Caschi Bianchi premiati ad Hollywood che  tiravano fuori i bambini di Aleppo dalle macerie e li fotografavano.  E  nessuna lacrima della inviata della Rai, la animosa Goracci: le ha spese tutte per singhiozzare su “L’ultimo ospedale di Aleppo eliminato” dai cattivi russi (era sempre l’ultimo rimasto),  per i bambini affamati e senza medicinali, che richiedevano assolutamente una tregua, perché Daesh si potesse riorganizzare.
Intendiamoci,  la Goracci c’è stata a Mossul: ai primi di novembre, embedded nelle truppe irachene . Ha fatto i servizi d’ordinanza su un quartiere  liberato, le necessarie foto-opportunity. Poi basta.  I bombardamenti americani stanno ammazzando civili, donne e bambini di Mossul, ma cò non interessa più.
Il perché è spiegato in un saggio dal titolo Shadow Wars, Guerre-Ombra, scritto dal professor Christopher Davidson: il quale non esita a chiamare esplicitamente l’ISIS  un “patrimonio strategico” per l’amministrazione Obama.  Uno “strumento da utilizzare contro   i nemici”.

“IS, patrimonio strategico per gli Usa”

Magari i lettori del nostro blog lo sapevano già. Ma il punto è che il professor Davidson non è un alternativo: cattedratico di studi medio-orientali alla Durham University britannica, è consulente della NATO, del Parlamento Britannico, della British Petroleum (BP) e dei ministeri degli esteri di  Olanda e Nuova Zelanda. Secondo l’Economist, è “uno degli universitari meglio informati  sull’area del Medio Oriente”.  Il suo libro quindi è discusso e recensito sui media anglo-americani.
Davidson racconta come l’operazione che sta “liberando Mossul” secondo i media, stia facendo anche un’altra cosa: “La concentrazione degli aerei dell’operazione Inherent Resolve nei cieli  della maggior parte dei territori occupati dallo Stato Islamico”, hanno costretto “le forze russe a restringere il perimetro dei loro attacchi nel Nord-Est della Siria”.  In altre parole,  coma ha confermato anche la rivista TheArabist.net, la Russia “è stata ostacolata nella sua capacità di bombardare Daesh, perché la coalizione diretta dagli Stati Uniti ha messo in essere una zona di esclusione  aerea effettiva”  a protezione del Califfato

Christopher Davidson

Davidson riconosce che, “a un anno dall’inizio di Inherent Resolve  nei cieli”,  di Irak e Siria durante l’estate del 2015, “lo Stato Islamico appare più libero che mai di percorrere la maggior parte del suo territorio. I suoi convogli, a volte formati da centinaia di veicoli ad ogni spostamento”  raggiunsero nel 2015  “gli avamposti del governo di Assad a Palmira”, e “in Irak […] riuscirono a impadronirsi di Ramadi […]  ancora una volta avendo attraversato un territorio largamente   allo scoperto”,  semidesertico.     “Abbiamo  continuamente sentitole forze irachene e curde lamentare che  gli attacchi aerei del comando americano erano  largamente inefficaci, colpendo spesso costruzioni vuote e installazioni non occupate […]  In Irak, le autorità hanno parimenti denunciato che Daesh riceveva avvertimenti preventivi”.

Davidson ritiene  che anche l’ultima e più recente “riconquista” di Palmyra da parte di 4 mila guerriglieri di Daesh, nel dicembre 2016, “meriterebbe un’inchiesta approfondita”. Ciò  perché l’aviazione americana aveva avvertito i russi (come di routine per evitare  “incidenti” fra le due aviazioni) che “il Pentagono s’era ‘riservato’  quella data dell’8 dicembre per occupare lo spazio aereo  di Palmyra”  perché intendeva lanciare  “il più vasto bombardamento  dell’anno”  contro  le fonti petrolifere di finanziamento di Daesh. Di fatto, la US Air Force s’è accanita contro un convoglio di autobotti vuote e senza autisti (lo ha precisato Usa Today:    http://www.usatoday.com/story/news/world/2016/12/09/airstrike-syria-united-states-coalition-islamic-state/95210166/
“I russi erano stati informati che si dovevano tenere alla larga di Palmyra e della sua periferia, mentre i combattenti di Daesh avanzavano liberamente in direzione della città”. Il che ci dice  che gli Usa hanno aggiunto ai loro crimini di guerra e contro l’umanità, anche la voluta distruzione della zona archeologica  più preziosa della Siria,  al solo scopo – si direbbe – di azzerare una  fonte di onesti guadagni turistici futuri per la nazione.
Allungherei troppo a riferire tutte le altre volte in cui la zona di esclusione aerea di fatto imposta dagli Usa  sopra Daesh ha reso possibile, anzi agevolato,  le puntate offensive e  le conquiste dello Stato Islamico. Dato il continuo sorvolo di droni e aerei da ricognizione, “i pianificatori di Inherent Resolve hanno certo una conoscenza precisa dei movimenti dell’IS da trenta mezzi[…]. Secondo le mie fonti in Irak e Siria, che vivono per lo più  nelle  zone occupate da Daesh, è impossibile spostare imponenti colonne di combattenti da un luogo all’altro senza essere osservati”.
Per esempio nel giugno 2016, quando un  convoglio di centinaia di veicoli  in uscita dalla città di Falluja, lo stato iracheno chiese  agli americani di usare la forza aerea per distruggerlo. Il CENTCOM (il comando delle operazioni nell’intero Medio Oriente) addusse “il cattivo tempo” e”la protezione dei civili” per non fare nulla:  i militanti di Daesh avevano  con loro donne, bambini, famiglie o scudi umani che fossero. Alla fine è stata la piccola aviazione irachena a  neutralizzare il convoglio.
La preoccupazione umanitaria del CENTCOM  si è manifestata vivamente anche nell’agosto 2014,quando non ha voluto incenerire le centinaia di camion-cisterna  che  portavano il greggio rubato da Daesh ai turchi (al figlio  di Erdogan), motivando con la sua paura di “colpire dei civili”  fra gli autisti delle cisterne.  Una delicatezza che dormiva nel vent’anni precedenti, quando la conquista dell’Irak ha  prodotto 4  milioni di morti, quasi tutti civili, e l’uso abbondante di uranio impoverito, che ha conseguenze catastrofiche  sulla discendenza degli iracheni e dei siriani, senza contare la disgregazione della società tutto sommato avanzata e   civile instaurata da Saddam Hussein,  con i servizi pubblici regolari e la sicurezza mantenuta fra sciiti e sunniti. Adesso,  poi, la viva ansia umanitaria del Pentagono è  tornata nel sonno verso la popolazione civile dello Yemen:  perché la “coalizione” anti-IS, oltre  a garantire la esclusione aerea a  protezione di Daesh in Irak e Siria (Davidson ci spiega che l’aviazione francese ha tirato “una bomba al giorno in una regione grande come la Gran Bretagna”, perché Hollande combatte sì l’IS, ma, ha detto,  “Non voglio fare il gioco  di Assad”),  affianca l’Arabia Saudita nella sua guerra contro gli Houti. Dove il massacro  di civili dal cielo è quotidiano, e la loro uccisione per fame e distruzione delle poche infrastrutture è cosa fatta – ma senza strappare una lacrima al TG3.
“Le scuole sono state colpite 800 volte. Perché fare questo, se non per uccidere più gente possibile?” si lamenta Kim Sharif, direttrice   del Centro per i diritti dell’Uomo nello Yemen.  Anche gli americani non sono stati di meno: “Quando i Navy Seals sono atterrati a Shabwah un mese fa, hanno sparato a tutto quello che si muoveva: le vittime sono state solo donne e bambini”.   L’impresa è stata motivata come la necessità di debellare, in Yemen, una base di Al Qaeda. Va a sapere: di fatto hanno ammazzato 25  persone, di cui 10 bambini e  9 donne.
Ma sono milioni i civili che rischiano di morire per fame. In Yemen  sta già avvenendo la catastrofe umanitaria   fra le più spaventose del secolo. Senza una lacrima della Goracci, della Merkel, della Mogherini, dell’ONU.
Il professor britannico evoca come nacque Inherent Resolve: agosto 2014, l’uccisione del giornalista americano James Foley.

Qualcuno dubita che sia vero.

















Sgozzato, o almeno così pare, in un video da un tizio mascherato da jihadista a volto coperto, con un accento così  fortemente londoniano,  che verrà chiamato Jihadi John. In esso, Jihadi John  minaccia direttamente il presidente Obama.  Scoperto dal SITE di Rita Katz e amplissimamente diffuso dai media tv,  il video costringe Obama a lanciare l’operazione di “degradare e  infine  eliminare” l’IS. Primo effetto  della “risoluzione inerente”, precisa Davidson, è questo: Usa, Regno  Unito e Francia devo sospendere i tagli programmati alla difesa e anzi aumentare l’armamento  . e la vendita agli altri  alleati della coalizione anti-IS, specie i sauditi.
Grazie a ciò “le più grandi imprese americane hanno conosciuto  un boom importante, le loro azioni  hanno abbattuto record storici. Raytheon ha visto la sua quotazione passare da 75 […] a 125  dollari a fine 2015. Nello stesso periodo,  l’azione Northrop Grumman passò da 95  dollari a uno stupefacente 186,20 dollari. [..] a inizio del 2015, l’amministratore delegato di Lockheed Martin informò un esperto di Deutsche Bank che ogni riduzione di vendite di armi “non era certo prossima ad accadere”, a causa della “instabilità del Medio Oriente”  e delle opportunità di affari  corrispondenti. Questa regione restava “una zona di crescita” per la sua impresa”.
Nel settembre 2013,   Obama proclama che Assad ha superato la linea rossa “gasando il suo stesso popolo”: la reazione russa – che induce Assad a consegnare tutto il suo arsenale chimico all’Onu –  e il voto contrario del parlamento britannico, del tutto inaspettato, costringono Obama a rinunciare all’invasione diretta della Siria. E’ allora che viene lanciata, come ha raccontato lo stesso New York Times solo nel gennaio 2016,
la vasta operazione clandestina della Cia per formare, armare, stipendiare e istruire  decine di migliaia di mercenari anti Assad: “Timber Sycamore”, costata “diversi miliardi di dollari”, in gran parte versati dall’Arabia Saudita, che è anche la più insaziabile compratrice delle  armi americane (sulla carta è  la seconda  potenza militare del mondo, prima di Russia e Cina). Secondo l’esperto Joshua Landis,  i vari stati impegnati hanno dedicato 15 miliardi di dollari allo scopo di rovesciare Assad.  Cifra da ritenere per difetto, perché  le avventure estere dell’Arabia Saudita (e del Katar)  non vengono certo iscritte nei bilanci  formali.

L’ingenuo lettore può  piangere al pensare che con quelle cifre si poteva  sviluppare la Siria, coprire d’oro i siriani invece di ammazzarli e farli ammazzare, per non dire del risollevare le sorti degli americani   che abitano sotto le tende avendo perso il lavoro e, quindi, la casa ipotecata da mutuo.  “Lo Stato Islamico esiste  come struttura politica la cui utilità supera i guadagni militari e politici  che conseguirebbero    alla sua sconfitta, e non solo per gli Stati Uniti ma per le monarchie del Golfo […]. Lo Stato Islamico combatte gli sciiti in Siria e Irak”. Si aggiunga  che le reti islamiste di arruolamento per la guerra santa in Siria e Irak hanno, per le petromonarchie, di “emasculare i sollevamenti popolari  che minacciavano  le monarchie del Golfo” dal 2011.
E in fondo, questo  razionale è validissimo anche per il capitalismo terminale trionfante: consumare  e vendere  enormi quantità di materiali, scongiurando quindi la riduzione della produzione industriale, senza allo stesso tempo aumentare il potere d’acquisto degli americani, e dei lavoratori occidentali in genere, che devono essere  tenuti a stecchetto, precari, minacciati  di disoccupazione.  La Goracci non ci piangerà sopra, perché lei “lavora per la Rai”,dove i giornalisti non conoscono austerità né stecchetto.

Siria ha abbattuto caccia Israele? Ciò cambia le cose. Erdogan cambia ancora cavallo.


Israeliani lo  negano. Damasco lo conferma: nella notte del 17, i suoi S-200 hanno abbattuto un caccia che aveva colpito “armamenti destinati a Hezbollah”.
Certo è che le sirene d’allarme, come per un attacco aereo imminente, hanno suonato alle 2  del mattino  in Israele,  o per meglio dire  nella colonia  giudaica Aqwar presso  il Giordano, mentre   le esplosioni di missili lanciati dalla anti-aerea siriana facevano tremare i cieli di Sion.  Il ministro giudaico della Difesa,  la bestia Avigror Lieberman, a caldo ha ringhiato: “La prossima volta che i siriani useranno  il loro sistema  a/a contro i nostri aerei,  glielo distruggiamo senza la minima esitazione”. Poi, Mosca “ha chiesto spiegazioni” all’ambasciatore di Israele,  convocandolo (‘s’era appena insediato) e da allora la stampa ebraica  ha cominciato a scrivere che lo Stato ebraico “non desidera altre tensioni”. Gli israeliani hanno dovuto lanciare missili Arrow,  del sistema antimissile che è concepito per parare missili balistici;   gli strateghi militari israeliani  ammettono a mezza bocca  che “i missili siriani sono efficienti”: e sono S-200. Figuratevi gli S-400.
Anche il discorso di Hassan Nasrallah, il 18 marzo, pronunciato in ricordo della nascita di Fatima,  ha avuto un certo tono particolare: “L’Asse della Resistenza trionfa in Siria, Israele  è presa   dal panico”.

Sotto: i  resti di un intercettore sparato dai sionisti è caduto in Giordania. Sopra: un S-200.

L’ambasciatore  siriano all’ONU Bashar Jaafari ha dichiarato che  all’ambasciatore sionista convocato, “è stato detto che quel gioco è categoricamente finito”.  Effettivamente è difficile credere  che Damasco abbia potuto prendere una tale decisione –   rispondere all’incursione israeliana – senza l’accordo preventivo degli alleati russi e iraniani.  
Se  Netanyahu credeva di aver quasi convinto Putin ad abbandonare siriani e iraniani,  o ad  averlo minacciato a sufficiente ventilando una escalation della tensione che Mosca non avrebbe potuto  altro che subire,  arretrando e cedendo,   deve riconsiderare le cose.   













Naturalmente    ciò è  l’inizio di un aggravamento  improvviso della crisi nell’area, dove russi e Marines si sfiorano praticamente coi gomiti nella Siria del Nord.

Ed Erdogan? “Condanna l’annessione  russa   della Crimea”.

L’altra novità del giorno è l’ennesimo voltafaccia di Erdogan.   Sabato, ha fatto comunicare al suo ministero degli Esteri che “la  Turchia non riconosce l’adesione della Crimea alla Russia”, in “flagrante violazione del diritto internazionale”,  e “continua a sostenere l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina”.
Ecco che Erdogan è tornato ad avere qualcosa in comune con Angela Merkel.
Il motivo di questo ritorno dell’ostilità di Erdogan con Putin  pare essere l’accordo recentemente stretto fra le truppe di Damasco e i curdi siriani combattenti a Manbij,  attraverso la mediazione russa  – che ha assicurato i crudi di essere pronta ad aiutarli di fronte alla Turchia. A quella condizione i curdi hanno accettato di cedere il controllo di Manbij  all’armata siriana regolare;  cosa che ha bloccato le mire di Erdogan su quella zona.
E  pensare che solo due giorni prima il ministro turco della Difesa, Fikri Isik, aveva dichiarato che Ankara  stava cercando di comprare da Mosca il sistema anti-aereo S-400, promettendo al venditore che non li avrebbe integrati nel  sistema NATO.   Mosca non ha detto subito no, forse   in attesa del prossimo cambiamento  di idee dell’ottomano.
Il quale frattanto non solo ha insultato Berlino e  gli olandesi chiamandoli nazisti, ha incitato gli immigrati turchi in Europa a fare 5 figli per affogare demograficamente gli europei,  ma ha interrotto la collaborazione NATO  tra lui egli altri paesi UE. Per lui, adesso, la NATO consiste nella Turchia  e i paesi non-UE.
Inutile sottolineare il contributo che una tale scheggia impazzita può dare  alla  trasformazione del  già pericoloso conflitto medio-Orientale  in una  terza guerra mondiale.

Profughi somali avevano trovato rifugio in…Yemen. Muniti di carta d’idenitità dell’UNHCR, stavano imbarcandosi per il Sudan per fuggire ai bombardamenti sauditi, quando sono stati sterminate da un elicottero Apache. Niente lacrime, le abbiamo consumate tutte per i civili di Aleppo.