Don Dolindo Ruotolo e l’abito sacerdotale
“… Non può dire (il sacerdote) che l’esteriorità non conta nulla, né può accomunarsi agli usi del mondo con la scusa che l’abito non fa il monaco; l’abito non lo fa ma lo rivela, e possiamo dire anche che lo aiuta internamente. Un soldato che non veste la divisa non si sente soldato: sub coscientemente si sente ancora libero cittadino, e non avverte la sua fusione al corpo militare cui appartiene come parte di un tutto inseparabile”
Don Dolindo (1882-1970), quinto degli undici figli di Raffaele Ruotolo, matematico, e di Anna Valle, nobildonna proveniente da una famiglia decaduta di origine spagnole, nacque a Napoli nel popolare quartiere Forcella. Il matrimonio dei genitori non resse a lungo e sfociò ben presto in una dolorosa separazione a causa dell’asprezza del carattere del padre e della sua proverbiale avarizia che si scontravano con le abitudini signorili della madre e la sua dolcezza. In una poderosa autobiografia di due volumi Don Dolindo ha raccontato come il suo nome, che significa “dolore” venne coniato dal padre e come “profeticamente” la sofferenza (per le numerosissime umiliazioni, ma anche per le ristrettezze economiche e la fame) fu l’elemento che contraddistinse tutta la sua esistenza, compreso il periodo del seminario e quello sacerdotale.