Una presunta “apertura” della Chiesa ad una prassi che ammetta, sebbene in certi casi, la comunione a chi vive more uxorio al di fuori del matrimonio sacramentale, comporterebbe necessariamente «accettare in linea di principio che l’attività sessuale, al di fuori di un matrimonio indissolubile e basato sulla fedeltà, sia compatibile con la comunione con Cristo e con la vita cristiana». Sarebbe il cavallo di Troia che avvierebbe nella Chiesa cattolica quella catena di disastri che ha travolto la Comunione Anglicana. Pucclichiamo il settimo estratto dallo studio dei Padri domenicani pubblicato l’estate scorsa sulla rivista “Nova et Vetera”.