ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 14 dicembre 2016

Fiant dies ejus pauci

Su una intervista di Mons. Schneider
Mons. Athanasius Schneider:
«rendere giustizia, tardivamente, all’ingiusta soppressione della FSSPX nel 1975 da parte della Santa Sede»



In un’intervista rilasciata al giornale Present, sabato 10 dicembre 2016, Mons. Athanasius Schneider ha pronunciato parole del tutto nuove nei confronti della Fraternità San Pio X fondata da Mons. Lefebvre.

Présent: Il Sommo Pontefice ha prorogato la possibilità di confessare per i sacerdoti della Fraternità San Pio X, oltre l’Anno della Misericordia. Le sembra una decisione importante?

Mons. Schneider: Sì, certo, e ne sono molto felice! Ecco un gesto molto pastorale, molto misericordioso, secondo me uno dei gesti più importanti del pontificato di Papa Francesco, che aiuta il processo d’integrazione canonica di questa realtà ecclesiale che esiste da cinquant’anni e che dà dei frutti spirituali evidenti. Molte delle giovani famiglie raggruppate intorno alla Fraternità San Pio X amano la Chiesa, pregano per il Papa, come facevano i loro antenati prima di loro. La Chiesa contiene diverse case, diverse spiritualità. Solo gli ecclesiastici ostili alla Fraternità le presentano delle esigenze esagerate. Giovanni XXIII e Paolo VI hanno sempre insistito sul carattere pastorale del Concilio. Il dogma non è cambiato. Noi abbiamo la stessa fede. Quindi non c’è problema per un’integrazione canonica della Fraternità San Pio X.

Piccoli rigidi crescono..

Segno di “rigidità mondana” o di appartenenza alla chiesa?
(di Mauro Faverzani) È il Codice di Diritto Canonico a precisare, al can. 284: «I chierici portino un abito ecclesiastico decoroso secondo le norme emanate dalla Conferenza Episcopale e secondo le legittime consuetudini locali». E cosa preveda la Cei è reso molto chiaro dalla sua delibera n. 12 del 23 dicembre 1983, in cui si legge testualmente: «Salvo le prescrizioni per le celebrazioni liturgiche [che prevedono vesti apposite – NdR], il clero in pubblico deve indossare l’abito talare o il clergyman».  

Onori & oneri

I doveri irrinunciabili dei cardinali di Santa Romana Chiesa

Nel suo intervento alla Fondazione Lepanto, il 5 dicembre 2016, il cardinale Raymond Leo Burke ha detto: «Il peso sulle spalle di un cardinale è molto grande. Siamo il Senato del Papa e i suoi primi consiglieri e dobbiamo soprattutto servire il Papa, dicendogli la verità. Porre delle domande, come abbiamo fatto al Papa, è nella tradizione della Chiesa, proprio per evitare divisioni e confusione. Lo abbiamo fatto con sommo rispetto per l’Ufficio Petrino, senza mancare di reverenza alla persona del Papa. Ci sono tante domande, ma le cinque domande principali che abbiamo posto devono necessariamente avere una risposta, per la salvezza delle anime. Preghiamo ogni giorno per avere una risposta, fedele alla Tradizione, nella linea apostolica ininterrotta che rimanda a Nostro Signore Gesù Cristo».
Con queste parole il cardinale Burke ha ricordato l’importanza della missione dei cardinali, la più alta, nella Chiesa cattolica, dopo quella, suprema, del Sommo Pontefice. Essi sono infatti i principali collaboratori e consiglieri del Papa nel governo della Chiesa universale. La loro istituzione è antichissima, visto che già sotto il pontificato di Silvestro I (314-335) si trovano i termini di diaconi cardinales. Sembra che si debba a san Pier Damiani la definizione del Sacro Collegio come “Senato della Chiesa”, recepita dal Codice piano-benedettino del 1917 (can. 230). Il Sacro Collegio ha una personalità giuridica che gli attribuisce la triplice natura di organo coadiutore, organo supplente ed organo elettore del Sommo Pontefice.

La verità non cambia col tempo.

CHI AVEVA RAGIONE ?

    «Tradidi et quod accepi» vi ho trasmesso soltanto ciò che avevo ricevuto. Sono le parole che si possono leggere incise su una tomba presso il seminario di Ecône in Svizzera ed è quella dell’arcivescovo cattolico Marcel Lefebvre 
di Francesco Lamendola  




Tradidi et quod accepiVi ho trasmesso soltanto ciò che avevo ricevuto. Sono le parole che si possono leggere, incise su una tomba presso il seminario di Ecône, nella Svizzera francese: il seminario appartiene alla Fraternità sacerdotale san Pio X, fondato nel 1971; la tomba è quella dell’arcivescovo cattolico Marcel Lefebvre, il più risoluto oppositore delle innovazioni dottrinali e liturgiche introdotte dal Concilio Vaticano II, opposizione che gli valse, nel 1988, la scomunica da parte del pontefice Giovanni Paolo II.
Figura scomoda, quella di monsignor Lefebvre, e quanto mai politicamente scorretta; figura controversa, quasi un segno di contraddizione, da pochi ammirata e perfino venerata, da molti criticata e condannata, dalla maggioranza, semplicemente, poco conosciuta e, pertanto, giudicata in fretta, superficialmente, per sentito dire. Monsignor Lefebvre?, si chiedeva qualcuno, ogni tanto, imbattendosi nel suo nome sulla stampa o nel corso dei telegiornali. Ah, sì, quel vecchio vescovo testardo, che rifiuta le novità del Concilio e vuol andare avanti per la sua strada, anche se è solo contro tutti. E si liquidava il discorso con un’alzata di spalle. Il Concilio Vaticano II – il Concilio per antonomasia -, così ci è sempre stato detto e ripetuto, è stato un momento glorioso e luminoso nella storia della Chiesa cattolica; il Concilio ha portato il progresso, la vita, l’aria fresca nelle stanze chiuse, che sapevano di muffa, della tradizione tridentina. Ha rinnovato il culto, ha rinnovato la Messa, ha rinnovato i rapporti con le altre confessioni e con le altre fedi… Insomma, ha messo la Chiesa, per la prima volta, in sintonia con le “conquiste” del mondo moderno: quelle stesse che un secolo prima, nel Sillabo, il papa Pio IX aveva elencate puntigliosamente, ma solo per condannarle tutte, una dopo l’altra. E allora, come si faceva a non esser favorevoli al Concilio? Come si poteva immaginare che monsignor Lefebvre avesse anche solo un pochino di ragione? Nessuno ha ragione contro il progresso, contro la modernità; anzi, chiunque pretenda di opporsi al progresso, fa inevitabilmente la figura di don Chisciotte che parte, a briglia sciolta e lancia in resta, per la sua memorabile battaglia… contro i mulini a vento.
Monsignor Lefebvre, pietra d’inciampo sulle magnifiche sorti e progressive della cattolicesimo finalmente modernizzato. Una figura addirittura incomprensibile per i tanti, troppi cattolici progressisti, per i teologi neomodernisti, per i cardiali, gli arcivescovi e i vescovi propugnatori delle ultime novità in fatto di “misericordia” del Signore: possibilisti sulla Eucarestia ai divorziati risposati, sul matrimonio omosessuale, sul perdono relativamente facile dell’aborto volontario; e, naturalmente, tutti infiammati di sacro zelo sociale e politico, tutti infervorati dalla teologia della liberazione, tutti protesi nell’opera di persuasione, per non dire di costrizione, relativamente all’accoglienza dei cosiddetti migranti, in realtà invasori islamici che si apprestano a colonizzare l’Europa e a fare quel che non seppero fare, con le armi in pugno, Arabi e  Turchi nei secoli passati: non solo sottomettere il nostro continente e convertirlo alla bandiera verde del Profeta, ma, addirittura, sostituirne la popolazione, facilitando l’eutanasia dei popoli cristiani (o post-cristiani), sempre più vecchi, e rimpiazzandoli con i giovani figli dell’Africa e del Medio Oriente, estremamente prolifici. E anche su questo terreno, cioè sul giudizio relativo alle possibilità di “coesistenza pacifica” con l’Islam, bisogna ammettere che monsignor Lefebvre (che era stato, per molti anni, missionario in Africa e poi arcivescovo di Dakar, nel Senegal, e aveva riportato successi straordinari nel convertire al cattolicesimo quelle popolazioni) aveva lanciato l’allarme assai per tempo, e, a quanto pare, aveva avuto la vista migliore di tanti inguaribili ottimisti odierni per partito preso…
Ma che cosa gli si rimproverava, alla fine? Di aver sgarrato in fatto di dottrina? Assolutamente no; al contrario… Di essersi ribellato all’autorità del papa? Sì, ma fino a un certo punto. Monsignor Lefebvre riconosceva pienamente l’autorità del Pontefice; sosteneva, però, che, al di sopra di tutto, viene l’autorità di Colui del quale il Papa è il semplice vicario sulla terra: Gesù Cristo. E sosteneva che, avendo il Concilio Vaticano II deliberato alcuni atti ufficiali, come la dichiarazione Dignitatis Humanae del 7 dicembre 1965, sulla libertà religiosa, che sono in contrasto – a suo dire – con la lettera e con lo spirito del Vangelo, non gli era possibile obbedire agli uomini piuttosto che a Dio. Ma è vero che alcune deliberazioni e alcune riforme del Concilio “tradiscono” il sacro Magistero e la Tradizione della Chiesa cattolica? Questo è il punto; questo è il nodo.

Il «metodo Francesco»

Verità, giustizia, misericordia. Per un’analisi del “metodo Francesco”

    «Io credo in Dio. Non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico, esiste Dio.» Parola di papa Francesco. Il concetto non è nuovo, perché già espresso, più compiutamente, dal cardinale Carlo Maria Martini nell’intervista al confratello gesuita Georg Sporschill. Il problema è che adesso qualcuno si pone una domanda analoga, ma con un soggetto diverso. Al posto di Dio c’è il papa: Francesco è cattolico?
Settembre 2015, vigilia del viaggio di Francesco negli Stati Uniti. Su uno sfondo nero come la pece, il volto di papa Francesco appare in penombra. È la copertina di «Newsweek», e l’espediente è noto: quando si vuol mettere in discussione il romano pontefice lo si dipinge sempre così, oppure di spalle. Ma è il titolo a colpire di più: «Is the Pope Catholic?». Il papa è cattolico?

Miracolo di Maria ≠ Gospa fakes

IL MIRACOLO DELLA «TILMA», TRE FATTI SCIENTIFICAMENTE INSPIEGABILI SULL’IMMAGINE DI GUADALUPE


Il 12 dicembre 1531 la Madonna apparve in Messico a un indigeno di 57 anni di nome Juan Diego, a cui chiese di raccogliere con la sua tilma, un mantello tipico fatto di un tessuto molto povero, delle rose che erano fiorite nonostante fosse inverno e di presentarle all’arcivescovo monsignor Juan de Zumárraga come prova delle apparizioni. Quando Juan Diego dispiegò il mantello con le rose davanti all’arcivescovo, i presenti si resero conto che sulla tilma dell’indigeno era impressa l’immagine che oggi tutti conoscono come Nostra Signora di Guadalupe.

Con le corna

Note sull’attualità di don Mauro Tranquillo


Gli spettacolari progressi dell’eresia sotto il pontificato di Papa Bergoglio non ci devono mai far perdere di vista la realtà: Papa Francesco non è il primo Papa a porre dei problemi quanto alla sua personale adesione alla fede cattolica, né il primo Papa a dare scandalo pubblico a tutti i fedeli. I problemi posti alla coscienza cattolica da Francesco sono gli stessi posti da Benedetto XVI, Giovanni Paolo II o Paolo VI.

 Qualcuno giustamente vorrà far notare la particolare varietà e violenza degli errori e delle eresie che imputridiscono l’attuale pontificato: ma la quantità maggiore non cambia il problema, perché l’eresia è tale anche quando una sola verità della fede è attaccata; qualitativamente siamo di fronte al medesimo problema.

Prostrati a sodoma

Aiuto, è sparita la famiglia dal governo fotocopia E intanto i vescovi divorziano dal popolo cattolico                                  Nel primo governo post Cirinnà nessuno ha, per ora, la delega alla Famiglia. Stesso discorso per le deleghe alle adozioni internazionali e tossicodipendenze, sulle quali pesano la legge sulle droghe leggere e quella sulle adozioni gay. Eppure il vertice dell'episcopato italiano, invece di fare propria la preoccupazione di famiglie e associazioni cattoliche si inginocchia al nuovo governo, come dimostrano Avvenire e il Forum delle famiglie.                

Nel primo governo post Cirinnà nessuno ha, per ora, la delega alla Famiglia. Stesso discorso per le deleghe alle adozioni internazionali e tossicodipendenze, sulle quali pesano la legge sulle droghe leggere e quella sulle adozioni gay. Un'altra dimostrazione dell'indirizzo laicista di questa maggioranza parlamentare. Eppure il vertice dell'episcopato italiano, invece di fare propria la preoccupazione di famiglie e associazioni cattoliche per la nomina della paladina pro-gender Valeria Fedeli al ministero dell'Istruzione, si inginocchia al nuovo governo, come dimostrano Avvenire e il Forum delle famiglie.

martedì 13 dicembre 2016

“Aiuto, torna Gesù!”


Francia: Cattolici ringiovaniti. In rito antico.


Aiuto, torna Gesù!”, titolava  giorni fa Libération, il quotidiano della gauche (editore Rotschild, naturalmente), sentinella sempre attenta ai  possibili  disturbi dello status quo. Nessun pericolo in realtà: in Francia i cattolici sono, come sempre, il 5 per cento della popolazione,  una minoranza assoluta. La novità è che hanno abbandonato i socialisti e la sinistra, di cui erano i satelliti obbedienti, ed hanno determinato la vittoria alle primarie di François Fillon. Il candidato di centro destra, filorusso, ha dichiarato che “la famiglia deve essere al centro delle politiche pubbliche”; Hollande ha deliberatamente e sistematicamente smantellato le notevoli (ed efficaci) misure di sostegno alla natalità e alla famiglia: ridotta di un terzo  la durata del  congedo maternità,  sostanziale cancellazione di una maggiorazione di pensione per  le donne che hanno allevato tre figli o più, rincaro delle mense scolastiche per famiglie numerose, tagli al sostegno all’affitto per tali famiglie, abbassamento del  tetto per  il quoziente familiare…”Risultato: 19 mila nascite in meno nel 2015”,  denuncia Ludovine de la Rochère.

Tale Chiesa, tale Italia

Il governo della vergogna 

Il nuovo esecutivo, le modalità della sua nomina e della nomina, in particolare, di alcuni ministri: tutto suona come il più vergognoso oltraggio alla libertà e alla dignità del popolo italiano. Questi nuovi grotteschi burattini hanno perso completamente il pudore. È l’ennesima prova della dittatura sotto cui viviamo. Fino a quando durerà la sopportazione della gente?

di Paolo Deotto
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Mettiamocelo bene in testa: il 4 dicembre 2016 non è successo assolutamente nulla. Abbiamo festeggiato la vittoria del “No” al referendum, una vittoria con margini assolutamente chiari e pesanti. Abbiamo spiegato a Renzi e alla sua corte dei miracoli spacciata per governo che li volevamo fuori dai piedi. Lo sapevano tutti, noi come loro, che il vero oggetto del referendum non era quell’aborto di riforma costituzionale, ma se dare o meno un calcio nel sedere al governo. Il calcio nel sedere è stato dato ed era un bel calcione.
Il 4 dicembre 2016 abbiamo vinto? Nossignori, quel giorno forse lo abbiamo sognato. In soli otto giorni la sottocasta, i burattini ben pagati diretti dalla vera casta, che non abita a Roma, sono tornati a galla, sono di nuovo lì, a “governare” un ex-grande paese come la nostra Italia, a continuare l’opera di distruzione iniziata con tanto impegno,ancora felicemente regnante il presidente cingolato Napolitano, con la tragicomica sequenza Monti-Letta-Renzi.

Informate l'amico del giaguaro che é meglio cambi mestiere^

Avvenire
(Luca Geronico) Una «visita di cortesia» al presidente Bashar al-Assad dopo quella di una delegazione di Damasco, lo scorso novembre in Vaticano, per la creazione a cardinale del nunzio Mario Zenari. È lo stesso cardinale-nunzio in Siria a confermare ad Avvenire l' incontro con Assad e la consegna di un messaggio di Francesco al leader di Damasco. Una lettera di Francesco, fa sapere la sala stampa del Vaticano, per dare un segnale di «particolare affetto per l' amato popolo siriano», duramente provato in questi ultimi anni.Un nuovo appello - dopo quello deciso e accorato durante l' Angelus di domenica in piazza San Pietro - rivolto al presidente Assad e alla comunità internazionale per «porre fine alle violenze», trovare una «soluzione pacifica delle ostilità» condannando «ogni forma di estremismo e di terrorismo da qualsiasi parte esse provengano». Bergoglio - afferma la Sala stampa vaticana - chiede pure al presidente siriano di «assicurare che il diritto internazionale umanitario sia pienamente rispettato» in particolare per quanto riguarda la «protezione dei civili e l' accesso degli aiuti umanitari ».

Cremate i cappellani

Alcune cose sul Natale – di Luciano Pranzetti

Redazione13/12/2016
Nell’imminenza del divino Natale di Gesù, si moltiplicano, da parte del laicismo e dell’agnosticismo giornalistico, televisivo, salottiero  e stradaiolo, le discussioni imperniate sulla rappresentazione di questo misterioso evento come di un pasticcio mitico, creato ad arte dalla Chiesa e sostitutivo di altri precedenti miti. Con questo intervento redatto nel 2013, ma tuttora attualissimo, l’amico Luciano Pranzetti già confutava, con argomentazioni chiare e precise, queste falsità.
PD
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Parlammo, lo scorso anno, in occasione di un incontro parrocchiale, dei Magi e della loro “stella guida”, proponendoci di affermare, con logica metodologia – il rationabile obsequium paolino – la soprannaturalità dell’evento astrale  adducendo, a sostegno della nostra convinzione, le argomentazioni e le verità della Tradizione e del sacro  Magistero e concludendo che la ragione può e deve, senz’altro, ammettere essersi trattato di un prodigio, operato dalla potenza di Dio, quale annuncio per la nascita del Figlio, ma di non poterne indicare o chiarire la dinamica. Evitammo perciò di soffermarci sul Natale, inteso come evento storico e teologico, poiché avremmo diluito assai il nostro intervento di cui sopra. Provvediamo oggi, anche perché l’argomento va preso singolarmente in quanto gli interrogativi e le interpretazioni che esso suscita esigono che se ne parli e se ne scriva quasi per monografia; ciò che faremo, seppur concisamente. Lo spunto da cui partiamo è una conferenza che un docente di antropologia – di palese tessera catto/gnostica – della Pontificia Università Gregoriana (!) ha tenuto, nello scorso 19 novembre, presso la sala parrocchiale di San Giuseppe, in Santa Marinella (Roma), sul tema: “ Natale indoeuropeo”organizzato da un’Associazione culturale di marca guénoniana.
Che tale convegno fosse stato locato in una Parrocchia è piuttosto grave, ma a parziale discolpa del titolare, va detto che probabilmente egli ignorava il dna del gruppo ma che avrebbe dovuto chiedere, almeno a noi suoi collaboratori, qualche notizia in merito. Ma così vanno gli uomini di Chiesa nel sec. XXI.
Durante lo svolgimento, il docente “gregoriano” ha tracciato una sequenza di conglomerati elementi semantici e simbolici della mitologia classica, egizia, nordica, indoeuropea, nonché delle confessioni islamica, buddista ed induista, trattando in modo particolare il culto di Mithra e collegandone le figure, i tipi e le supposte analogie  al Natale cristiano. Un’operazione, è evidente, di forte connotazione erudita, sapienziale e sincretistica, cioè neognostica, condotta con virtuosismo dialettico, affabulatorio  e magistrale dominio delle connessioni  con cui  l’autore ha disegnato una scena culturale in cui il Natale di Gesù, al pari di altri grandi iniziati – quelli descritti dal pasticcione Eduard Schuré – appare come fatto straordinario ma non unico, al massimo una summa di tutti gli altri. Mito o realtà? – si domandò. Tanto l’uno che l’altro – si rispose – nulla pregiudicando qualsiasi ipotesi all’importanza e alla pregnanza innovativa del messaggio di Cristo. Professata, in premessa, la nostra ferma posizione di cattolico profondamente credente nell’unicità del prodigio del Natale di Cristo per niente affatto assimilabile a pagani teoremi e mitologemi, chiedemmo al camuffato docente “pontificio-gregoriano” se considerasse apprezzato e probante il nuovo, ma trascurato indirizzo ermeneutico  che fonda l’indagine di studio sulla accertata storicità del Natale e, soprattutto, sull’autenticità del 25 dicembre indicato quale giorno esatto della nascita di Cristo. Ci aspettavamo una maggiore pertinenza nella risposta che, in sintesi, s’è coagulata nella considerazione che un giorno o l’altro, un mese o l’altro, un anno o l’altro  non siano così  cogenti ai fini dell’accettazione del mistero dell’Incarnazione di Cristo.
Crediamo, però, che proprio l’autenticazione documentale del 25 dicembre, come verificato riporto di una tradizione che nasce ab antiquo, dia alla stessa tradizione il sigillo probativo e asseverativo certificante un evento che viene, purtroppo anche da esponenti del clero, relegato ora nel mito ora nel simbolismo. Per questo abbiamo creduto opportuno stilare questo breve quadro perché si abbia contezza di alcuni aspetti che, nella maggior parte della pubblicistica, vengono trascurati o interpretati con la lente del deleterio metodo storico/critico /scientifico, così come  paradossalmente appare anche nel libro dell’emerito Benedetto XVI – L’INFANZIA DI GESU’ – Ed. Rizzoli 2012. Vogliamo, però, preliminarmente attestare, per onestà intellettuale, che la più parte di questo nostro percorso  è tratto da un pregevole lavoro del Prof. Michele Loconsole –“Quando è nato Gesù?” – ed. San Paolo 2011 . A lui vada il nostro sentimento di stima e di gratitudine per l’opera apologetica con cui, da anni, egli  “bonum certamen certat” (II Tim 4,7), combatte la buona battaglia a gloria del Signore, della Verità, per il bene della sua Santa Eterna Chiesa.
I fatti sono questi: nel 1947, in località Qumran, in alcune grotte dei costoni prospicienti il Mar Morto, furono rinvenuti,  chiusi in giare, manoscritti e papiri – i famosi Rotoli del Mar Morto – riportanti  argomenti  biblico/teologico/liturgici appartenuti alla comunità essenica che, a ridosso del 70 d.C., ai primi segnali della distruzione di Gerusalemme da parte di Tito e della caduta della rocca di Masada, aveva messo in salvo la propria biblioteca nascondendone  i rotoli, appunto, nelle giare interrate sotto strati di sabbia. Tra questi documenti figura una Cronaca o Libro dei Giubilei (Masḥafa Kufālē) redatta nel II sec. a. C.  In essa – come attesta  I Cronache 24,10 – è riportata la successione delle 24 famiglie o classi sacerdotali che debbono prestare servizio al tempio, da un sabato all’altro.
Questo rotolo, tradotto nel 1958 dall’erudito Shamarjahu Talmon, dell’università ebraica di Gerusalemme, che ha messo in rapporto la cronologia ebraica con il calendario gregoriano, ci dice che la classe di Abia – quella a cui apparteneva Zaccaria padre di Giovanni il Battista – era VIII nell’ordine di turnazione e svolgeva il servizio in due periodi:  24/30 marzo e  24/30 settembre. I primi padri della Chiesa – Ippolito, Giustino, Ireneo – testimoniano che i cristiani erano soliti, già dal II sec., celebrare il Natale di Cristo il 25 dicembre, e sono attestazioni  piuttosto autorevoli  e  di accertata autenticità se si pensa che, per circa 100 anni, la successione apostolica e gerarchica della Chiesa, e la memoria di essa, fu tenuta dai diretti discepoli di Gesù e, via via, dai loro familiari e conoscenti. Ciò significa che il 25 dicembre era comunemente accettato come vera data del natale di Cristo.
Torniamo, però, al Libro dei Giubilei.  Esso conferma la tradizione della Chiesa paleocristiana in maniera assai netta e indiscutibile. Facciamo allora due conti: Zaccaria entra nel Tempio per il turno a lui spettante (Lc.1,1/25) il 24 settembre rimanendo sino al 30 del mese. In questo periodo, nel giorno della cerimonia dell’incensazione, riceve, dall’arcangelo Gabriele, l’annuncio del concepimento di Elisabetta e del nome del nascituro: Giovanni. Dopo 9 mesi, circa, il 24 giugno nasce Giovanni il Battista, evento che la Chiesa primitiva celebrava già in questa data. Ora tale  elemento ci consente di avanzare altre conclusioni. Maria di Nazareth (Lc. 1,26/38) apprende dall’arcangelo Gabriele la sua prossima divina maternità e, contemporaneamente, il messaggero le comunica che sua cugina, l’anziana Elisabetta, è già nel sesto mese di gravidanza per cui nel 24/25 marzo si fissa la data del divino concepimento e, nel frattempo, si certifica che Elisabetta ha concepito nell’ultima settimana di settembre. Maria va in visita della congiunta e l’assiste per tre mesi, sino alla nascita di Giovanni. Tre mesi da Elisabetta e altri sei a Nazareth dànno  il 25 dicembre quale compimento della divina gestazione e, perciò, giorno della nascita di Gesù.
Due sono le obiezioni che si oppongono a questo ragionamento, e particolarmente quelle riferite ai pastori  e allo stesso periodo di servizio di Zaccaria. Vediamo la prima. Si ritiene  non  credibile, oltre che non possibile che, nel mese di dicembre, a Bethleem paese posto ad 800 m d’altezza, con un clima notturno estremamente rigido, pastori e greggi stiano all’addiaccio su quegli altipiani. Tale circostanza è da configurare, per buon senso, soltanto nei mesi estivi dell’alpeggio. La cosa è, invece, spiegabilissima e ragionevole. Il TALMUD, uno dei più importanti – seppur nefasti – testi del giudaismo rabbinico, nel trattatoMAKKOTH 32b, enumera ben 613 precetti (mitzvòt) di cui 248 obbligatori o positivi e 365 divieti o negativi. Il testo in questione fu redatto tra il II e il VII sec. d.C. e riporta antichi precetti e divieti mosaici. Tra questi vi son quelli che contemplano il tema della “purità” degli animali. Ed ecco che, per quanto concerne le pecore, il Talmud le classifica in tre categorie di purezza: 1) pecore bianche totalmente pure che, al ritorno dal pascolo, possono stazionare all’interno della città e accanto alle mura, sotto tettoie e negli stazzi; 2) pecore pezzate, pure a metà, che non possono entrare nel centro abitato dovendo, perciò,  sostare all’esterno e a ridosso delle mura; 3) pecore interamente maculate che non possono  avvicinarsi alle mura e debbono, pertanto, restare nei pascoli. Ciò spiega come i pastori (Lc.2,8/12) che accorsero all’invito degli angeli fossero nella località, e nessuno può pensare che fossero all’aria aperta perché avranno avuto riparo – come è costume dei pastori – in capanne col gregge riunito negli stazzi e al coperto delle tettoie di frasche e paglia. A smontare un’ eventuale obiezione circa la veridicità che fosse una notte invernale sta l’indicazione di Luca che ci dice come i pastori stessero di turno a guardia delle greggi.
Ora, siccome nel solstizio estivo le notti, alla latitudine di Bethleem, sono molto corte e calde, non si vede la necessità che i guardiani si diano il turno, cosa invece credibile se solo si pensi alla lunghezza e alla glacialità delle notti nel solstizio invernale. Da ciò ne deriva che il servizio di Zaccaria non può essere stato espletato nel periodo  fine marzo- primi di aprile, ma in fine settembre.  Appare logico che qualora non fosse stato così, la Chiesa non avrebbe avuto la minima  difficoltà, nel solco della sua tradizione, a celebrare il Natale non il 25 dicembre ma il 25 giugno. Ma noi sappiamo che la Tradizione ha basi storiche molto solide che, spesso, travalicano la comprensione della ragione stessa per via dell’aspetto trascendente dei suoi contenuti.
Un’ultima considerazione che reputiamo  importantissima poiché tende a rimettere i termini di una questione nei giusti parametri e perimetri storici spegnendo ogni altra qualsiasi farandola che ancora gironzola negli ambienti intellettualoidi alla Corrado Augias. Mi riferisco alla “vexata quaestio” che vede la Chiesa cattolica imputata, e quindi responsabile, dell’erasione della festività mitraica dedicata al Sole vittorioso, cioè il famoso “Sol invictus”  nonché dell’inglobamento della stessa ricorrenza solstiziale, tramite operazione sincretistica, nel contesto natalizio cristiano. Le cose non stanno così, primo: perché la Chiesa non compie mai operazioni sincretistiche ma soltanto di bonifica (sono semmai taluni uomini di chiesa dei nostri tempi che amano giocare con miti e antropologìa); secondo: perché i fatti ci dicono che non fu la Chiesa, ma Roma – con i suoi imperatori – che tentò di occupare il 25 dicembre, apice del solstizio invernale, per cancellare ed oscurare la  festività cristiana di molto precedente.
Ma scrutiamo la storia: il culto del DIO SOLE era stato introdotto a Roma da Eliogabalo (imperatore dal 218 al 222 d.C.), di ritorno con le sue legioni dall’oriente, ma ufficializzato per la prima volta da Aureliano (214 – 275) soltanto nel 274, il quale  proprio il 25 dicembre dello stesso anno consacrava un tempio dedicato al culto del Sol Invictus. La festa pagana prese in tal modo il titolo dal giorno di nascita, o di risalita, del “Sole invitto”, le cui cerimonie cultuali apparvero a Roma  soltanto sul finire del III sec. Stranamente, ma è così, ancora durante il regno di Licinio (imperatore dal 308 al 324), il culto alla divinità solare veniva celebrato, a Roma, il 19 dicembre e non il 25 dicembre. Questa festa, nell’Urbe  come altrove, era celebrata in diverse date dell’anno tra cui, spesso, il periodo tra il 19 e il 22 dicembre. Pertanto, non fu il Natale di Gesù –  come attesta, lo dicemmo sopra, Ippolito (170 -235) e come dimostra l’antico calendario dei martiri, la “Depositio Martyrum”(336) – ad occupare il giorno 25 dicembre a danno della festività mitraica, ma furono gli imperatori che, come Giuliano, nell’intento di restaurare o proteggere il culto della nuova divinità, provarono a scalzare la nuova religione cristiana e la sua più importante manifestazione.
Ciò sia dato “pro veritate”                                                                                                                                                                                                                                                                    
Prof. Luciano Pranzetti
Il prete di Cremona che non vuole il presepe studi almeno la retorica 


Più che la decisione presa per rispetto delle altre religioni, scandalizzano le argomentazioni addotte. Ma il cappellano la Bibbia l'ha mai letta?

Rinunciabile o no?


Un processo a Francesco  
    
Un Papa che non capisce i princìpi non negoziabili è per me, che sono laico e devoto, un filosofo che non accetta la ragione, la mette di lato, che risolve tutto nella storia. Il pamphlet di Valli con postilla sul relativismo all’ingrosso
                              
Papa Francesco (foto LaPresse)

Dall’interno della chiesa o se preferite del mondo cristiano-cattolico è nato e si consolida un “caso Bergoglio”.
Il Papa è messo in discussione apertamente. Cardinali dissenzienti, tra i quali l’ottimo Arcivescovo emerito di Bologna Carlo Caffarra, così simile a Pio IX nel volto ottocentesco, rispettosamente scrivono al Beatissimo Padre sul “divorzio cattolico” della Amoris laetitia, esortazione pontificia seguita ai famosi due sinodi sulla famiglia, e non ricevono altra risposta se non una sorta di censura morale, più qualche controverso sberleffo del selfie-gesuita confidente di Francesco, il Reverendo Padre Spadaro della Civiltà Cattolica, e di vari cortigiani anche laici. Apocalittici intelligenti e argomentati contestano tutto nel segno del rigetto (il Papa non è il Papa, ci sono due papi l’un contro l’altro armati, il problema è che ormai si tocca una dimensione eretica: letteratura Socci). I tradizionalisti come il professor Roberto de Mattei, in uno con una vasta rete di bloggers combattivi, insistono nella loro critica dottrinale spietata degli errori, cioè delle eresie moderniste, di cui il successore di Pietro si renderebbe colpevole protagonista. Ora arriva un pamphlet di Aldo Maria Valli per Liberilibri (titolo: “266. Jorge Mario Bergoglio Franciscus P.P.”).

La “quinta colonna”

CHIESA, SIONISMO E POTERI DEVIATI 

    Sionismo e poteri deviati uniti per distruggere la Chiesa di Cristo. E' con Giovanni XXIII e con Paolo VI che ha inizio in modo talora subdolo ed occulto la rivoluzione all’interno della Chiesa, corrosa poco a poco e dal di dentro 
di Cinzia Palmacci




La teoria della congiura contro la Chiesa di Cristo, sostenuta dal libro di Maurice Pinay “Complotto contro la Chiesa” (I ed., Roma, 1962), è divinamente rivelata nel Vangelo di Giovanni (IX,22): “I giudei cospiravano di espellere dalla Sinagoga chiunque riconoscesse che Gesù era il Cristo”. Questo testo è particolarmente interessante anche per quello che rivela a proposito del Comunismo. Nel primo capitolo intitolato "Il Comunismo come distruttore", definisce il Comunismo, "...tra tutti i sistemi rivoluzionari, quello più perfetto, più efficiente e spietato, atto a distruggere qualunque istituzione politica, sociale, economica e morale. Tra le istituzioni morali odia la Santa Chiesa Cattolica, e tutte le manifestazioni culturali e cristiane che rappresentano la nostra civiltà umana". Inoltre, il testo di Pinay, individua negli Ebrei, senza ombra di dubbio, gli inventori del Comunismo. E come tutte le correnti rivoluzionarie di origine ebraica che hanno attaccato duramente il Cristianesimo, il Comunismo non fa eccezione. Lo scopo principale del Comunismo, aggiunge Pinay, è il tenace perseguimento del dominio sul mondo e del potere assoluto su tutti i popoli della terra. 

Clac si gira e si comprano

Cattorottamati, scelgono il disonore, perdono la poltrona
Caro direttore,
“Mi sono posto il problema della controfirma a questa legge (lo ha fatto anche Leone) ma se mi rifiutassi non solo apriremmo una crisi appena dopo aver cominciato a turare le falle, ma oltre a subire la legge sull’aborto la Dc perderebbe anche la presidenza e sarebbe davvero più grave”. Scriveva così Giulio Andreotti sul proprio diario personale nei giorni in cui l'Italia introduceva l'aborto gratuito di Stato nel maggio del 1978. Era il governo Andreotti quater, sarebbe caduto il 20 marzo 1979 per essere sostituito dal quinto governo Andreotti che durerà appena quattro mesi e mezzo. Per subire ciò che riteneva una cosa grave, la perdita della presidenza, la Democrazia Cristiana non dovrà attendere molto; il 28 giugno 1981 nascerà il governo del repubblicano Spadolini. La legge 194 che si avvicina a contare sei milioni di aborti porta in calce la firma di soli politici cattolici.
Ora che Renzi è caduto con gran fragore, ho ripensato a questi fatti vedendo in televisione un Angelino Alfano perdere con una certa facilità la propria compostezza.

La fede o c’è, o non c’è

CONTRASTO "MONDO E VANGELO"

    Anche per san Giovanni Calabria fra mondo e Vangelo il contrasto è insanabile. Don Calabria 1873-1954 santificato da Giovanni Paolo II nel 1999 è stato il fondatore dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Provvidenza 
di Francesco Lamendola  




Don Giovanni Calabria (Verona, 8 ottobre 1873-ivi, 8 dicembre 1954), santificato da Giovanni Paolo II nel 1999, è stato il fondatore dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Provvidenza, la cui missione è rivolta all’aiuto dei bisognosi in un orizzonte di trecentosessanta gradi, ma con una particolare attenzione ai bambini e ai giovani orfani o poveri, ai quali occorre imparare un mestiere per entrare da persone oneste nella vita della società; più tardi, anche per i portatori di handicap e per la gioventù dei Paesi poveri.
Un tratto assai caratteristico della personalità di don Calabria era l’abbandono assoluto alla Provvidenza, al punto che, per statuto, i membri della sua Opera non devono chiedere nulla in cambio di quel che fanno, ma devono donare sempre, gratuitamente, secondo la sua lapidaria massima: La fede o c’è, o non c’è;come dire che, se si ha fede, l’aiuto di Dio non verrà mai a mancare, secondo l’assicurazione di Gesù Cristo (cfr. Matteo, 6, 225-26): Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o che berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?

lunedì 12 dicembre 2016

Habemus dubia

Non si può più tacere

L’analisi di numerose dichiarazioni di Papa Francesco rivela che siamo in presenza di un’eterodossia tale da non poter più avere dubbi nel dire che non vi è continuità con la Tradizione o, in altre parole, che tali dichiarazioni non sono proferite alla luce della Fede cattolica. L’intento dottrinale di tali esternazioni non può essere sminuito affermando che si riferiscono ad un ordine prettamente pastorale, dal momento che anche una dottrina pastorale è comunque una dottrina.
I tre munera, o uffici, della Chiesa sono: l’insegnare, il reggere, ed il santificare. Questi uffici vanno esercitati dai ministri della Chiesa per la salvezza delle anime. In quanto si tratta della salvezza delle loro anime, i fedeli hanno l’obbligo di vigilare, per assicurarsi che queNon sti uffici siano esercitati in modo adeguato. Se non lo sono, hanno il diritto di palesarne il fatto. Allo stesso tempo, se un ministro inferiore della Chiesa vede che un prelato abusa del suo munus docendi (non insegnando la Fede o insegnando dottrine ad essa contrarie), ha l’obbligo di esercitare lo stesso munus per rivelarne l’abuso e per comunicare la verità.

Vermilingui abbattuti

Chiesa cattolica, così i gesuiti hanno perso il referendum


Anche i Gesuiti hanno perso il referendum. O almeno le loro due riviste prestigiose Civiltà Cattolica (pubblicata a Roma) eAggiornamenti sociali, Milano. Esplicitato alla vigilia il loroappoggio al Sì, sono rimaste travolte dalla valanga di Noinsieme a tutto l’establishment economico e politico schieratosi con Renzi.

Fake pope


“Trump aiutato da Putin” e altre fake news – Lotta senza esclusione di colpi in Usa

Rigor mortis (tuae)

Un giovane risponde a Papa Francesco


S. Messa tradizionale: Oxford Oratory, 2009


Sì, la Messa antica è rigida – è questa una delle ragioni per cui noi giovani l’amiamo

Essa è bella, profondamente cattolica e senza compromessi


In un’intervista pubblicata recentemente, Papa Francesco ha detto che era perplesso davanti ai giovani che sono attratti dalla Messa latina tradizionale. « Cerco sempre di capire che cosa c’è dietro persone che sono troppo giovani per aver vissuto la liturgia preconciliare e che però la vogliono. A volte mi sono trovato davanti a persone molto rigide, a un atteggiamento di rigidità. E mi chiedo: come mai tanta rigidità? »
(citazione dalla conversazione introduttiva in
“Jorge Mario Bergoglio - Papa Francesco, Nei tuoi occhi è la mia parola- Omelie e discorsi di Buenos Aires, a cura di Antonio Spadaro, Rizzoli editore, 2016, Milano”

Come persona nata dopo le riforme liturgiche, ma che preferisce la Messa antica, sento di poter rispondere a questa domanda.

Serve nequam!



Appena terminati i Mattutini, dopo una notte insonne trascorsa nelle più aspre penitenze, scende nella cappella di Santa Marta il novello Savonarola. Emaciato di digiuni, il volto austero, nel freddo più rigido dell'inverno come nella canicola dell'estate romana, il fustigatore dei vizj si appresta a celebrare il divin Sacrificio, circondato da pochi eletti desiderosi di far tesoro delle sue alate parole.

La penombra del sacello, che profuma di cera e di incenso, risuona dei passi di qualche prelato, delle voci sommesse di pie monache, del ritmato ticchettio della piccola pendola della sacristia che, alle cinque in punto, scandisce i suoi rintocchi proprio mentre egli sale all'altare, preceduto da due monsignori in cotta. La Messa è celebrata nel silenzio più assoluto, mentre i famigli recitano il Rosario ed un anziano Cardinale dice l'ufficio, muovendo le labbra in silenzio, la veste caudata raccolta compostamente.

domenica 11 dicembre 2016

Chi eri tu per non essere giudicato?

LA VIA DELLA VITA E DELLA MORTE

    Didaché: la via della vita e la via della morte. La Dottrina dei 12 Apostoli uno dei testi più antichi e ispirati della Chiesa. Dobbiamo ritrovare le leggi morali inscritte nelle nostre coscienze e il senso della domanda su Dio di Francesco Lamendola  



Uno degli aspetti da cui appare più evidente il fatto che la modernità è una vera e propria malattia è la crescente, sempre più diffusa, sconcertante irresponsabilità delle singole persone riguardo alle loro scelte e ai loro comportamenti: persone che, forse, già non sono più realmente tali, ma anonimi componenti - partecipanti sarebbe già dire troppo, perché indicherebbe una volontarietà - della massa, nella quale vivono costantemente immersi e alla quale hanno delegato, in un certo senso, il proprio giudizio etico, estetico, intellettuale, spirituale, in quasi ogni ambito del reale, compresa la loro stessa vita, e, anzi, incominciando proprio da quella.
Gli uomini moderni, infatti, hanno una strana pretesa: replicano all’infinito i medesimi eccessi, si immergono coscienziosamente negli stessi errori (non vogliono chiamarli “peccati”, perché non riconoscono la relazione filiale con il loro Creatore), e poi si lamentano che troppe cose, nella loro vita, non vanno bene, protestando contro il destino, accusando il prossimo, incolpando i figli, i mariti, le moglie, i vicini, i colleghi, e naturalmente i dottori, se niente va per il verso giusto, se la loro salute non è come dovrebbe, se i loro meriti non vengono riconosciuti come meriterebbero, e se la loro quotidiana esistenza è costellata di fastidi, di contrarietà, di pene. E, per completare questo capolavoro di saggezza, si arrabbiano terribilmente con chi fa notar loro la contraddizione.

La coppa del Nonno?

AMORIS LAETITIA, DUBIA, ERRORI. S’I FOSSE PAPA…ANDREI A TROVARE BENEDETTO XVI, IL “NONNO”.


“S’i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei”,
cioè metterei nei guai, scriveva quel bello spirito di Cecco Angiolieri. Ma certamente il povero Francesco non aveva intenzione di mettere nei guai nessun cristiano; però, ahimè, con la sua esortazione apostolica Amoris Laetitia qualche problema l’ha creato, altroché.
Ci riferiamo a qualche cosa che la maggior parte di chi ci legge conosce bene e meglio di noi. Cioè al nodo dei divorziati risposati, senza che il primo matrimonio sia stato riconosciuto nullo dalla Chiesa. Possono avere l’eucarestia? Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno detto di no. Francesco in una noticina dell’esortazione apostolica ha fatto capire che in certi casi, sì.